3° incontro dei Gruppi Famiglia a Musano
03 Febbraio 2002

Uomo e donna: quale identità
Alla riscoperta della vera mascolinità e femminilità

Relatore: Prof. Silvano Bordignon
Nel titolo di questo incontro c’è già una tesi che sta a cuore a tutti voi. È il valore della diversità tra l’uomo e la donna. Questo in un mondo in cui la cultura contemporanea sta attraversando momenti di crisi. Oggi si sente spesso parlare di unisex, di scambio dei ruoli, ecc.
Il tema sarà affrontato nella prospettiva della crescita di coppia.

Identità maschile e identità femminile
Vorrei partire con una battuta, citando un proverbio francese che dice così: "Vive le difference!" (Viva la differenza!).
Fortuna che siamo uomini e siamo donne. Uno studioso francese, psicanalista, parla di rapporti "sessuati" nella società. Cosa sono i rapporti sessuati? Sono tutti i rapporti sociali nei quali non siamo tutti uguali ma ci esprimiamo come maschi e come femmine. Se nell’ambiente di lavoro ci sono solo maschi o solo femmine ci sarà una situazione ben diversa rispetto ad un ambiente promiscuo. Ossia quel tipo di relazione tra esseri appartenenti a due generi diversi, maschile e femminile. Questa è una esperienza che facciamo tutti, e rappresenta un grande valore.
Approfondendo il nostro argomento osserviamo che l’identità della persona, il sentirsi maschio o femmina, si articola in tre punti:
1. identità biologica (esseri di sesso maschile o di sesso femminile),
2. identità culturale (siamo maschi e femmine perché ci sentiamo tali),
3. identità sociale (identità di ruolo maschile e femminile).

1. L’identità biologica
È ovvio che siamo diversi, che c’è questa differenza maschile e femminile, e che non è solo una differenza anatomica. C’è una differenza di sistema nervoso, del cervello che è alla base poi della nostra vita intellettuale, psichica e affettiva. Gli studi in questo settore ci dicono che il cervello maschile è diverso da quello femminile. Le ricerche ci dicono, ad esempio, che il nostro cervello è diviso in due parti: la parte destra e la parte sinistra (emisferi) che comandano l’uno la parte sinistra e l’altro la parte destra del nostro corpo. Però le due parti sono unite fra loro da una specie di cordone attraverso cui passano tutti i messaggi nervosi, una specie di ponte. Si è osservato oggi, con strumenti sofisticati, che quando un uomo elabora dei pensieri generalmente occupa o la parte destra o la parte sinistra, alternativamente. La donna invece nella sua elaborazione del pensiero usa sia alternativamente che contemporaneamente entrambi i lobi in maniera più frequente. Uno dei due emisferi è preposto alla razionalità e l’altro alla fantasia, all’intuizione e all’emotività. Questo fatto porta già delle conseguenze: gli uomini, quando sono razionali, sono razionali e freddi sino in fondo; quando sono intuitivi od emotivi lo sono ugualmente fino in fondo. L’uomo esagera da una parte e dall’altra. L’uomo quando è razionale ha una razionalità immensa, quando è emotivo ha un’emotività immensa. Pensate alla guerra in Jugoslavia dove rancore e odio sono stati portati all’estremo. Quello che fa l’uomo non lo fa nessun altro animale nei confronti della propria specie. Da notare che si tratta di una guerra recentissima condotta da gente civilizzata non da primitivi.
La donna invece, usando contemporaneamente parte destra e sinistra, ha nella razionalità una forte componente intuitiva ed emotiva e nell’emotività mantiene sempre una componente razionale, di calcolo. Questo permette di identificare in termini neurobiologici, non psicologici, una differenza maschile e femminile.

2. L’identità culturale
Le differenze maggiori tra uomo e donna sono di ordine culturale. La cultura non è il sapere ma il modo di pensare, di agire, di sentire all’interno di una società, di una comunità. Per esempio il feto, al concepimento, per una quindicina di giorni è sempre di un unico sesso, la differenziazione inizia a prodursi dopo due o tre settimane. Inizialmente, possiamo dire, siamo tutti donne; la differenziazione maschile avviene dopo quindici, venti giorni, con la produzione dei primi testosteroni ma in fase embrionale siamo uguali. Nella differenziazione ci sono varie e tante complessità, vari e tanti equilibri biochimici per cui la nascita di un maschio e la nascita di una femmina, è un miracolo. È veramente un miracolo della natura. Basta una differenziazione minima durante la gestazione (di presenza abnorme di testosterone o altro) e un bambino può nascere con l’apparato genitale di un sesso e poi a sette otto anni ci si accorge che in realtà biologicamente è dell’altro sesso. Chirurgicamente si possono sistemare le cose ma gli stessi biologi si sono accorti che l’intervento chirurgico non è sufficiente per sistemare l’identità culturale di un bambino, che era femminuccia e diventa poi maschietto grazie all’operazione riacquistando la sua identità biologica. È stato considerato e cresciuto per quei sette od otto anni come una femminuccia e a livello cerebrale quello si crea quasi una specie di codice maschile o femminile che con l’operazione non può essere eliminato. Questo sta a dimostrare che dentro di noi non siamo maschi e femmine soltanto perché abbiamo organi maschili o femminili, ma perché la cultura ci ha cresciuto tali. Questa è l’identità di genere, come il fatto che il color rosa si identifica con il femminile e l’azzurro con il maschile. È interessante vedere quanto siamo maschi o femmine proprio perché la nostra cultura ci ha dato questa differenziazione maschile e femminile.
Per esempio oggi assistiamo ad una modifica di elementi di identità di genere maschile e femminile. Un’antropologa notava che il passaggio di elementi maschili al genere femminile è ormai accettato mentre l’inverso molto meno. Esempio: le ragazze hanno la tendenza a portare i pantaloni, anzi sono rare quelle che vestono gonne, ma il pantalone è nato come elemento maschile. Noi accettiamo la donna con i pantaloni ma non accettiamo l’uomo con le gonne, con gli orecchini o con il rossetto sulle labbra. Questa società sta accettando ciò che passa dal maschile al femminile mentre non accetta ciò che dal femminile passa al maschile. In questa mutazione dell’identità si assiste stranamente a questo fenomeno di passaggio.
Occorre dire anche che la nostra parte biologica influenza l’identità di genere, ossia culturale. Il bambino nei primi due anni di vita ha una comunicazione con il mondo che è identica sia per il maschietto che per la femminuccia. A tre anni comincia la prima differenziazione: i bambini e le bambine cominciano ad aprirsi al mondo. Quando inizia a correre si ritiene che un bambino sia autonomo nel camminare, ed è veramente autonomo verso i tre anni, ed allora va in giro dappertutto. Questo andare in giro si chiama intrusione nello spazio degli altri e questo modo di rompere lo spazio degli altri caratterizzerà poi tutta la vita.
Verso i tre anni dunque si nota una differenza: il maschio comincia ad avvertire la sua identità, (proprio come l’orientamento del suo organo genitale) si orienta verso l’esterno e l’approccio con il mondo, con gli altri nel bambino è frontale. Il bambino affronta l’altro, si misura e ama la lotta, è aggressivo, in qualche modo è la manifestazione sociale e culturale di quella che è la sua natura anatomo-biologica. La femminuccia invece si misura con gli altri con un rapporto non frontale, ma avviluppante. La bambina lo accerchia e in qualche modo comincia a mettere in atto già delle forme di seduzione: è carina, è simpatica, è ruffiana. Questo tratto in parte resta per tutta la vita. Il maschio naturalmente è portato più ad affrontare frontalmente le situazioni, a misurarsi, ad essere aggressivo; lo sport maschile per antonomasia una volta era la spada, spada che è il prolungamento ideale dell’organo maschile. I maschi si misuravano frontalmente, amano gli sport frontali. Le donne invece agiscono in modo diverso.
In un articolo in occasione dell’8 marzo, ho scritto che l’intrusività, questo aggredire gli altri e il mondo esterno, non è solo maschile ma anche femminile con modalità diverse. In un gruppo di persone di ragazzi e ragazze, il ragazzo dice la parolaccia, è manesco (comportamento intrusivo), la ragazza è intrusiva in uguale misura quando arriva con una minigonna vertiginosa, truccatissima, col seno prorompente. È anch’essa intrusiva, anche se sta immobile, ma di un’intrusività diversa. Anche a livello sociale la donna tende più a forme di coinvolgimento, di seduzione, di convincimento e non ama la situazione frontale. Non occorre essere dei grandi antropologi per capire che anche questo è proiezione sociale della propria struttura anatomo- fisiologica. Anche nell’atto sessuale l’uomo si da frontalmente e la donna cerca di avvinghiarsi. Si tratta quindi di una proiezione sul piano culturale e sociale di una differenza biologica. Gli ultimi studi fatti stanno sottolineando la differenza del modo di pensare maschile da quello femminile. A Verona c’è un gruppo di studiose (donne) che sta proprio lavorando sulla specificità del pensiero femminile.
Non si tratta di differenze di ordine biologico ma culturale. Nella storia dell’universo lo sviluppo dell’uomo sembra ormai datato in 200 milioni di anni e, secondo gli ultimi studi degli antropologi, in questo lungo periodo le sedimentazioni culturali ad un certo momento sono diventate struttura nostra, quasi un fatto genetico.
Immaginate l’organizzazione della vita dell’uomo delle caverne milioni di anni fa. Il maschio andava a caccia per procurare il cibo mentre la donna restava nella caverna a difendere i cuccioli dell’uomo. Le rispettive attività sono emblematiche. Per l’uomo che andava a caccia l’obbiettivo era unico e lineare: trovare la preda, ucciderla e portarla a casa, ossia azione d’andata e ritorno. Oggi la definiremmo un’azione logica, di una logica lineare.
La donna invece, dentro la caverna, accudiva i bambini ripetutamente, riordinava la caverna varie volte, nella giornata compiva molte volte le stesse operazioni. Questo comportamento da l’idea di azione circolare, di andamento non lineare. C’è chi sostiene che, come tendenza, la donna abbia un pensiero con la caratteristica della circolarità, l’uomo un pensiero con la caratteristica della linearità.
E questo è interessante: il rapporto uomo - donna è bello perché i due modi di pensare si stimolano a vicenda. L’eccesso di linearità maschile viene in qualche modo sollecitato, messo in crisi dalla circolarità femminile, come la circolarità femminile ha bisogno della semplificazione della linearità maschile. Le donne hanno bisogno di questa semplificazione mentre l’uomo ha bisogno della ricchezza, della varietà, della fantasia e della molteplicità del pensiero femminile. Anche oggi la vita di un uomo è per lo più impostata sul lavoro, sulla carriera, … cioè "andata e ritorno"; la donna sul piano psicologico, al di là delle trasformazioni fisiche, si ricicla sempre per cui anche a settanta anni riprende da capo, per lei il tempo non passa mai. La donna ama il presente, l’uomo il futuro e quando questo si accorcia guarda al passato e diventa "storico".
Culturalmente dai secoli passati abbiamo ereditato una realtà che tenterò di chiarire partendo da due parole. Quando due persone si sposano diciamo che contraggono un MATRIMONIO, parola che deriva da "matris munus" cioè il compito, l’impegno di madre; la caratteristica della madre che in questo caso prevale è il legame affettivo. Il matrimonio (ricordiamo che ci si sposa in due) è un legame affettivo.
Il parallelo maschile è significativamente PATRIMONIO, "patris munus". La società in tanti secoli ha caratterizzato come tipico della madre la dimensione affettiva, come tipico del padre la dimensione patrimoniale. Cioè l’uomo è preposto a salvaguardare il patrimonio, i beni fisici, culturali, le leggi e le norme. Nell’uomo si riconosce questo compito di garanzia patrimoniale. Nella donna si riconosce questa dimensione matrimoniale.
In qualche modo oggi noi stiamo cambiando: gli studiosi dicono che la società è di tipo matrimoniale, perché è basta sul privilegio degli affetti, cioè ci si sposa perché ci si vuol bene, non c’è più il matrimonio combinato per i soldi. Si sta insieme fin che ci si vuol bene. La preoccupazione è volersi bene, anche verso i figli il rapporto affettivo è primordiale.
Un tempo anche con i figli c’era un’ottica patrimoniale, non affettiva. Infatti il primogenito ereditava tutto e agli altri non spettava niente. Se noi consideriamo un tempo all’interno della famiglia c’era la dimensione dell’affetto e la dimensione della regola, della norma e della legge. Anche oggi, in qualche modo, dobbiamo garantirle tutte e due.
Una docente di filosofia dell’università di Genova diceva che il punto di vista femminile porterà a riconsiderare molte cose, ad esempio l’etica, cioè l’insieme delle norme da rispettare che in una prospettiva maschile si concretizza nell’etica della legalità (l’importante è rispettare le regole); in una prospettiva femminile si traduce nell’etica della cura, (l’importante è prendersi cura delle persone, risolvere loro i problemi e le regole vanno adattate). Nell’etica maschile c’è il rispetto della norma e della legge, in quella femminile quello della cura. Quante volte in casa nostra accade che con i figli noi maschi diciamo: "Le regole sono queste…", e poi la mamma invece sistema le cose!

3. Identità di ruolo, di genere
Esistono delle funzioni nella famiglia che da molti anni individuiamo come caratteristiche maschili oppure come caratteristiche femminili. Oggi si dice che è importante che ci siano, però possono indifferentemente essere prerogativa sia di uno che dell’altro. È indubbia l’autorità in casa identificata culturalmente dal ruolo di genere maschile, mentre l’accudimento, la cura e la tenerezza identificata con l’identità di ruolo femminile. Ma ci sono famiglie che funzionano benissimo con l’identità di ruolo maschile dell’autorità svolto dalla madre e con l’identità di ruolo di cura svolto dal padre. Dunque è importante che ci sia identità di ruolo, che può essere svolto dall’uno e dall’altro.
L’importante è non rinunciarvi in nome di una parità tra i due. Oggi gli psicologi dicono che cresce meglio un bambino e una bambina dove i ruoli sono chiari e distinti che non in una casa dove sono mescolati. In realtà ci si è accorti che il bambino cresce e si struttura meglio dove i ruoli sono chiari. Non significa però che i ruoli siano predefiniti per il maschio e per la femmina. Dobbiamo imparare un nuovo modo di giocare i ruoli all’interno della coppia, il ruolo di autorità lo può svolgere anche la donna, non necessariamente l’uomo, però una certa differenziazione di ruolo garantisce condizioni di identificazione e di crescita migliori.

Aspetti legati all’identità maschile – femminile
A
desso passo a noi, all’interno della coppia.
Il rapporto sessuato è stupendo, sia in casa che fuori.
Riporto un fatto di cui si è occupata mia moglie che è stata incaricata di coordinare un centro culturale. Ad ottobre, dopo i fatti dell’undici settembre, ha organizzato un ciclo di incontri sulle donne delle diverse culture e sono state portate sul palco otto donne: quattro italiane e quattro islamiche. È stato un incontro pieno di sorprese, tra l’altro raccontavano le donne nostre che erano state a Oman nello Yemen, che lì le donne in pubblico erano incappucciate ma in casa erano senza velo, belle, truccate. Quando è stato chiesto loro il perché di tale comportamento risposero che dovevano farsi belle per il marito. Qui da noi succede il contrario, quando le mogli devono uscire: ore per truccarsi, in casa invece trasandate, in tuta,…!?
Prima conclusione: dobbiamo apprezzarci e capirci nella differenza.
Il primo impatto con la differenza è sempre un po’ fastidioso perché tenderemmo a cercare l’omogeneità. Dopo invece la differenza si rivela arricchente perché raddoppia i nostri punti di vista. Per esempio è noto che la donna è più legata psicologicamente al presente, all’apparire e l’uomo invece al futuro, alla realtà. L’uomo pensa alle cose e pensa al futuro. La donna pensa al presente e cura molto l’apparire. Generalmente la donna privilegia sempre la relazione umana. Bambine e bambini alla scuola materna, elementare: la bambina gioca con le bambole, i maschi con le cose. Il maschio tende più a misurarsi con le cose, la donna coglie i particolari, i diversi aspetti. L’uomo è generalmente più sintetico, la donna è più analitica. La donna ama generalmente il piccolo gruppo, l’uomo ama invece il grande gruppo.
Queste sono caratteristiche che possiamo riscontrare e che spesso sono anche la base di quei piccoli bisticci familiari che si accendono quando siamo un po’ stanchi. L’uomo pensa all’utile, la donna al bello.
In un negozio:
"Guarda che bello, starebbe bene…", dice lei.
" Ma serve?", dice lui. Poi si trova sempre una mediazione.

Due o tre cose finali: come cambia la società d’oggi?
La società sta cambiando e questo fatto porta con sé un grosso problema nei rapporti maschili e femminili. Qual è il problema? Lo accenno soltanto. Vi racconto un episodio: mi capita una sera d’essere invitato a parlare ad un gruppo di donne del Cif sulla figura femminile. In quella sede è emersa questa situazione pratica: quarant’anni fa, quando le coppie si sposarono c’era un’idea di uomo e un’idea di donna sia nella mente femminile che in quella maschile. E pur disposti a modificarsi, le donne hanno cambiato notevolmente l’idea di sé stesse mentre molti mariti sono rimasti con l’idea che avevano quaranta anni prima sia di sé che dell’altro. Si crea una sottile e profonda spaccatura sul piano ideologico e una pericolosa sfasatura su quello psicologico che genera distanza e incomprensioni.
Tra marito e moglie, quando ci siamo sposati avevamo un’idea dell’altro e l’altro un’idea di noi, ma il tempo fa cambiare, noi ci modifichiamo continuamente. In particolar modo la cultura di questi anni costringe a cambiare con velocità vertiginosa. Il problema allora è di attrezzarci a cambiare, di amare e rispettare l’altro per quello che è.
Le donne del Cif di quella sera esprimevano la convinzione che i propri mariti le ritenessero ancora quelle di quarant’anni fa. È triste sentire di aver fatto un percorso di vita, di atteggiamento, di crescita e la persona che ti ama di più neppure se n’accorge. Si avverte quel sottile stato di disagio che inavvertitamente produce freddezza. La donna nella società d’oggi sta cambiando moltissimo.
Per i genitori di bambini piccoli. Subito come il bambino nasce si scontra con le due idee diverse che papà e mamma hanno su di lui. Allora cosa succede? O i due genitori decidono di uccidere la loro idea di bambino e sono attenti alla personalità che pian piano emerge dall’io del figlio e cercano di seguirlo ed accettarlo, o uno dei due genitori decide che quel bambino deve seguire la propria idea di bambino e a quel punto questo bambino deve sempre rispondere all’idea che il genitore ha di lui. Questo diventa un grosso problema.
Di recente con i fidanzati ho tirato fuori la progettualità: esiste una progettualità di coppia e una progettualità individuale, di lui e di lei. A volte bisogna trovare un equilibrio tra le tre progettualità, quella di coppia quella individuale. L’individualismo è una delle caratteristiche della società di oggi. C’è la convinzione che si vive una volta sola e ci si vuole realizzare, e non è detto che l’autorealizzazione passi solo attraverso la famiglia. Passa anche attraverso la famiglia come può passare attraverso il lavoro, la cultura, gli hobby, le attività personali. Se impostiamo il rapporto a due sulla "differenza" il rapporto diventa ricco e stimolante. Tra l’altro la mascolinità e femminilità non sono mai chiare fino in fondo per cui nell’incontro c’è sempre qualcosa da scoprire nell’altro. D’altro canto proprio il fatto di essere diversi come struttura psichica, mentale, biologica fa sì che si crei quel senso di mistero che stimola alla ricerca dell’altro.
Chiudo ricordandovi che eros non è possesso dell’altro ma è ricerca del bene dell’altro. Dice Platone che eros è amante non amato. Quindi nel rapporto di coppia l’amore, anche di tipo erotico, fa sì che noi ci cerchiamo continuamente e dove questo cercarsi continuamente è il fondamento dell’amore tra due persone.