4° incontro dei Gruppi Famiglia a Vedelago
11 Gennaio 2009

Uscire dai vicoli ciechi.
Perdonare per avere e dare speranza, per essere uomini e donne nuovi.

Relatrice: Suor Anna Roberta

Dal Vangelo della domenica del Battesimo del Signore
Partiamo dalla lettura del Vangelo di oggi. La nostra vita spirituale inizia dal Battesimo che abbiamo ricevuto; è stato una specie di compromesso che altri hanno fatto al posto nostro e che noi, arrivati a diciotto anni, abbiamo dovuto ratificare.
Il brano del vangelo dice che: "In quel tempo, Giovanni proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento""(Mc 1, 7 – 11).
Le parole sono poche ma esprimono una grande realtà. Venire da Nazareth e andare al Giordano, luogo che è il punto più basso della terra, 400m. sotto il livello del mare, per incontrare i peccatori che stavano in fila per farsi battezzare da Giovanni con l’acqua.
Giovanni dirà: "Dopo di me viene uno che vi battezzerà in Spirito Santo". Quel gesto di essere battezzati con l’acqua è stato fatto su tutti noi, ma quello di essere battezzati con il fuoco siamo noi stessi che dobbiamo darcelo questo battesimo. E questo darcelo vuol dire prima metterci in questa condizione estremamente bassa, per poter davvero incontrare Gesù.
Lo abbiamo incontrato, poco tempo fa, a Betlemme, anche lì fuori dal suo villaggio Nazareth, in un ambiente anonimo, sconosciuto dove solo la gente che viveva in questa bassezza, i pastori, lo hanno potuto riconoscere.
Nella sua vita pubblica incontrerà poi prostitute, peccatori,…gente che stava talmente in basso che solo Gesù, che si è messo al loro passo, ha potuto incontrare.
La nostra verità sta lì, nel riconoscerci "in basso", salvati da Dio in Gesù e attraverso lui poter salire, prendere coscienza che siamo figli di Dio, creati a sua immagine, tempio dello Spirito. Questo è il cammino di risalita, tante volte faticoso, che lasciamo per fare cammini più facili. Una cammino di salita per salire dalla nostra profondità a un livello dove possiamo incontrare Gesù, figlio di Dio.

Incontrarsi nella parità di condizione di fratello / sorella
Lui non si è vergognato di noi ma neppure noi ci dobbiamo vergognare di lui, cioè di dirci "figli di Dio". Il mondo lo ha salvato Gesù e noi non possiamo salvare nessuno se non abbiamo questa particolarità di essere figli di Dio e, come figli dello stesso Dio, fratelli.
L’altro lo incontro come figlio di Dio nella parità di fratello / sorella. Possiamo avere rapporti che non sono alla pari quando, dalla nostra posizione di superiorità, incontriamo l’emigrato, la prostituta, il carcerato, la famiglia divisa, il divorziato, gente che non ha più speranza.
La speranza invece è proprio questa: incontrare l’altro perché sono figlio di Dio e quindi fratello, sorella di quell’altro nelle sue povertà, mettendomi al suo stesso livello.
E poi anch’io, come figlio di Dio, devo sentire questa parola: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi". In un tempo in cui non c’erano più profeti, non c’era più un contatto con Dio, proprio in questo tempo Dio è sceso, è venuto, ed ogni Natale ci ricorda questo fatto. Dio è venuto e ha già salvato questo mondo e ci vuole dire che, proprio per questo, noi dobbiamo prendere sul serio il nostro battesimo, non nell’acqua ma nello Spirito.

Trenta anni a Nazareth
Desidero sempre parlare di questa vita di Gesù a Nazareth perché è lì che ha vissuto la sua vita, è lì che ha lottato, pregato, mangiato, lavorato, che ha fatto tutto quello che anche noi siamo in grado di fare. A Nazareth non ha fatto nessun miracolo perché la gente era incredula verso quel loro compaesano, ma ha fatto tutto quello che anche noi possiamo fare, eppure era figlio di Dio; ma anche noi siamo figli di Dio.
Come noi anche lui ha vissuto e rispettato i rapporti con la sua mamma, con suo padre che non era suo padre.
Non posso parlare della vita di coppia, ma immagino che ci siano delle difficoltà. Posso parlarvi della vita di comunità e sicuramente i problemi non sono diversi da quelli di una famiglia. Quella sorella che ha un’altra mentalità, quell’altra che ha un’altra cultura, con un’altra idea, quella che vuol comandare. Se siamo in una comunità non è perché lo abbiamo scelto ma perché siamo state scelte da Dio. Se dunque siamo stati scelti da Dio il nostro modello di vita è solo Gesù Cristo.
Quel Gesù che non ha fatto tanti discorsi a Nazareth, anzi un certo discorso lo hanno fatto gli altri: "Che cosa può uscire di buono da Nazareth?" , "È un mangione, un beone, sta insieme con le prostitute".
Ci lamentiamo dei giovani di adesso, ma che cosa gli abbiamo preparato? Che cosa abbiamo dato loro? Era più importante dare a questi giovani il computer, il telefonino o un mondo più pulito, più giusto, più umano? "Ma è la mentalità!". A quale mentalità siamo andati dietro? Sono cose che ci toccano da vicino e che ci fanno male per certi aspetti perché quando incontriamo questa gioventù non sappiamo più da che parte orientarci.

Per – dono
La convinzione profonda che dobbiamo maturare è che tutto mi è stato dato per dono. Per dono ricevo questa giornata di sole, per dono ho ricevuto la vita, dei genitori, dei fratelli e li ricevo ogni giorno. Questa è la discesa in me stesso, nel profondo di me stesso.
Sono stata in Nicaragua 7 anni ed ho cercato di lavorare con le donne a fare ceramica per guadagnarci da vivere.
Poi siamo andate a venderla al mercato. Siamo state per 15 giorni con la polvere, sotto il sole, con poco cibo. Un giorno riposavo un po’ e stava con me una donna che per la prima volta usciva dal suo villaggio. Lei mi sostituiva alla bancarella. Passò una signora e cominciò a chiedere delle cose, poi, quando capì che c’eravamo anche noi, questa disse: "Ah! Ma voi avete le suore…". E lei rispose: "Le suore, abitano, dormono, lavorano come noi…sono solo venute a risvegliare quello che noi avevamo già!". In quel momento ho capito il senso della mia vita lì a fare palline di terra, bagnandomi le dita con la saliva che mi si asciugava in bocca!

Guardare alla nostra profondità
Ognuno di noi ha in profondità questo suo essere figlio di Dio. Se è in questo mondo non è per un caso o per occupare un posto per niente. È perché un piano di Dio, una storia con questa umanità che ne combina di tutti i colori, viene portata a compimento. Noi dobbiamo solo guardare nella nostra profondità e vedere qual è il nostro cammino.
C’è un libro che ho letto a suo tempo che riportava questa frase: bere al proprio pozzo. La Samaritana è andata a bere e continuava ad andare ad attingere acqua, ma quando ha scoperto che poteva bere al suo pozzo non ha avuto più bisogno di andare là a cercare gli uomini a mezzogiorno che andavano ad abbeverare il bestiame.
Gesù dice a questa donna: io ti do un’acqua che tu hai già. "Venite a vedere qualcuno che mi ha detto quello che sono!", ma solo perché prima lo aveva scoperto lei. "Hai detto la verità…", questo è l’importante, scoprirsi nella verità. Quando la ho scoperta posso andare a raccontarla all’altro che forse sta vivendo quello che anch’io sto vivendo.
Nella mia storia, a 19 anni, quando è morto mio fratello, ho avuto un momento nel quale ho pensato veramente a quale significato ha la vita ed ho scoperto che è un dono. Quando uno scopre che la vita gli è stata data per-dono, farà di tutto per viverla.
Il mondo ti prende e ti porta dove tu non intendi andare, dove non ti immagini. Il mondo ti trascina.

Essere dono – per
Puoi andare ovunque anche in discoteca ma per diventare dono-per. Da una parte bisogna cogliere il per - dono per me, e dall’altra farmi dono - per gli altri.
Quando quei due amici, che si dicevano atei, ritornarono dal Nicaragua, dopo essere stati lì ad aiutare, era il periodo nel quale ci fu l’uragano e avevamo perso tutto, dissero:
"Questa sera andiamo in una discoteca per raccontare quello che abbiamo visto. Vieni anche tu?"
"Certo!"
, risposi.
Lì per lì sono rimasta un po’ titubante: una suora che va in discoteca. Ma perché? Era anche quello un modo di essere dono-per. Vi dico che non ho mai trovato un’accoglienza ed un ascolto uguale a quello. Nelle nostre assemblee di chiesa c’è sempre chi deve dirti qualcosa, lì no! Tanti di quei giovani sono andati a fare esperienza nei campi di lavoro in Nicaragua. Il per-dono unito al dono-per non lascia mai senza una fecondità.
Alle volte le aspettative sono diverse perché abbiamo perso il senso del ricevere come dono e di dare come dono.
Ho sempre cercato di dare senza bisogno di essere ricambiata. Ricordo la mia nonna, quando io ero bambina, che mi mandava sempre, quando faceva il minestrone, con un pentolino da una famiglia che era più povera di noi con 6 bambini, il marito malato, e questa donna non sapeva che cosa dar da mangiare a quei piccoli.
Ecco l’importanza del guardare dentro di noi per guardare poi fuori di noi. Farsi dono per l’altro nel nome di Gesù Cristo senza guardare se l’altro ha sbagliato.

Perdonare
Quante volte sbaglio anch’io! Perdonare 70 x 7, disse Gesù a Pietro, cioè sempre. Se tante volte in una giornata ricevi per-dono come puoi misurare questo tuo dono-per?
Non potrò dimenticare quando in Nicaragua (qui è più difficile perché la nostra mentalità è condizionata da un certo tipo di ambiente) andavamo a piedi per 12 chilometri sotto un caldo infernale.
Non avevamo quasi più acqua e passavamo vicino ad un villaggio. Quella gente, la prima cosa che ci hanno dato, fu un bicchiere d’acqua. Nessuno può immaginare che cosa vuol dire un bicchiere d’acqua in un posto dove non c’è niente di niente.
Incontrare l’altro vuol dire anche chiedergli qualcosa per permettere all’altro di avere una relazione con te. La relazione la devi offrire perché l’altro è il volto umano di Dio.
Anche lui è figlio di Dio come me e Gesù è venuto a salvare tutti indistintamente: che siano mussulmani, ortodossi, cristiani, atei.
La cosa ci riguarda perché, se noi vogliamo essere cristiani, dobbiamo prendere coscienza di essere figli bene amati.
Se vogliamo che il Padre si compiaccia abbiamo bisogno di percorrere questa strada di Dio, la strada della fratellanza.

Essere "cristi"
Se vogliamo che il mondo creda dobbiamo essere dei "cristi" ed essere cristi vuol dire salire a Gerusalemme. Ci deve essere ancora meno gente nelle nostre chiese, ma chi ci entra sia più cristiano. Gerusalemme l’abbiamo prima di tutto nella nostra famiglia. Per forza di cose la famiglia è una scuola di amore; se non diventa una scuola d’amore, di dono-per, sarà l’inferno.
L’inferno è fatto di incomprensioni, separazioni, abbandono e rifiuto della vita.
Le litigate si fanno in ogni comunità, anche in quelle religiose, quello che ci salva sempre è Gesù Cristo che è venuto per ciascuno di noi, non per la famiglia o per la comunità, in secondo luogo è l’essere dono per l’altro.
Non sempre quando sei dono e fai un servizio utile e importante sei riconosciuto, anzi spesso sei criticato. Questo è sacrificio ma proprio per questo è fecondo, se ho fatto tutto quello che potevo fare.
E la nostra offerta sale a Dio e Dio ne farà quello che vuole.
Cerchiamo anche di pregare, ma gratuitamente, non perché le cose cambino come voglio io. Anche il silenzio a volte aiuta a vivere, a riacquistare la serenità, a non interrompere un dialogo costruttivo.
Il silenzio è importante perché dentro di noi non trovi spazio la collera, la vendetta, ma la carità, e sminuisca un po’ il nostro io che vorrebbe sempre emergere.

Dono gratuito
La gratuità è difficile. Ci aiuta il meditare la Parola, il rivedere i gesti di Gesù. Gesù salva senza condizioni; le cadute fanno parte della fragilità umana. Gesù questa fragilità la ha assunta completamente nascendo a Betlemme e vivendo a Nazareth. Nei tre anni di vita pubblica non ha fatto altro che ripetere quello che a Nazareth aveva imparato. Avrà visto sua madre Maria accendere la candela alla sera, impastare la farina con l’acqua e il sale ed ecco l’esortazione per i discepoli: "Voi siete il sale della terra e la luce del mondo."
Se ogni giorno facciamo un gesto di amore, saremo sale e luce e il mondo lieviterà. Ma bisogna farlo quel gesto ogni giorno. Se tutti quelli che si dicono cristiani avessero fatto ogni giorno quel gesto per un altro fratello non saremmo in certe situazioni.
A Gaza le nostre sorelle sono lì da 46 anni e se loro non avessero permesso che i mussulmani si incontrasse nella loro casa e che gli israeliani, anch’essi, entrassero nella loro casa per incontrare i palestinesi in questo momento sarebbe veramente la fine di tutto. Ci sono gruppi di israeliani e palestinesi che si incontrano ogni giorno, sotto i bombardamenti, per tessere delle relazioni e per dire: è possibile vivere insieme.
Sono i grandi che bombardano per i loro interessi. Se le sorelle vivono ancora là è perché da una parte e dall’altra le hanno volute e le stanno sostenendo. Una sorella è stata intervistata per caso da un giornalista e ha detto che sono rimasti senza cibo, acqua, luce. Il patriarca di Gerusalemme la ha richiamata dicendo che non doveva dire queste cose. Lei gli ha risposto: "Che io sapessi o no che quel tale era un giornalista, ha poca importanza. Lui è venuto a vedere come erano le nostre condizioni. Lei invece non è venuto!"
Sono rimaste tre sorelle, uniche cristiane.

Ogni giorno un gesto di comunione
Da questi esempi cerchiamo di trarre la conclusione di saper fare un gesto giornaliero di comunione, in famiglia, fuori, con chicchessia.
Tutte le ferite sono state sanate da Gesù Cristo, noi abbiamo questo modello. Lui è salito sul calvario e poi lo hanno messo nel sepolcro: un’altra discesa, il punto più nero della storia per andare a tirar fuori tutti quelli che ci stavano dentro.
"Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno."
Non ho mai incontrato nessuno nella mia vita, anche tra quelli che si dicono atei, che dica: non voglio essere salvato.
Ricordiamo che il giudizio universale sarà su delle cose molto concrete, non sulle ideologie: ho avuto fame, ho avuto sete, …tutte cose che sono nelle nostre possibilità di fare o di non fare.
Vorrei finire con leggere delle beatitudini che non sono quelle del mondo. Il mondo dice beato chi ha tanti soldi, chi fa carriera, chi è furbo, chi supera l’avversario, umiliandolo. La logica di Cristo è diversa e potrebbe essere così riassunta:
Beato chi decide di perdere: come il chicco di frumento sotto terra darà abbondanti frutti.
Beato chi porge l’altra guancia: spezzerà la catena della violenza.
Beato chi non ricorre a metodi sleali per fare carriera: sarà ricompensato dalla sua virtù.
Beato chi non pretende di avere il monopolio della verità: troverà gioia nel mendicare amore e bellezza, nascosti in ogni essere umano.
Beato chi non si scoraggia: rimarrà giovane come il suo ottimismo.
Beato chi sposa la povertà: genererà figli innamorati della vita.
Beato chi per la non-violenza muore, libero come il vento: competerà in bellezza con le stelle e creerà sulla terra la civiltà dell’amore.