LA LETTERA DI PAPA GIOVANNI PAOLO II ALLE FAMIGLIE

In concomitanza con l'iniziativa promossa dall'organizzazione delle Nazioni Unite e con l'anno della famiglia iniziato nella chiesa con la festa della "Santa Famiglia" è arrivata la lettera di Giovanni Paolo II che riteniamo di grande stimolo per riscoprire la nostra identità come "famiglia" e per vivere con pienezza il nostro ruolo sia all'interno della Chiesa sia nell'ambito della società in cui siamo inseriti.
A grosse linee la lettera è suddivisa in due parti.
La prima che ha per titolo "La civiltà dell'amore", partendo dall'origine dell'uomo e dalla sua vocazione naturale all'amore porta all'affermazione della famiglia come comunità che ha dei doveri e dei diritti ben precisi in un contesto più ampio che sono le varie istituzioni.
La seconda parte che ha per titolo "Lo sposo è con noi" sottolinea l'analogia che c'è tra l'amore di Gesù per la chiesa e l'amore sponsale.
Non è facile riassumere in poche righe quanto il Papa ha voluto dirci con questa lettera: la soluzione migliore è quella di leggerla, per ché le argomentazioni trattate ci toccano nel cuore e credo ci facciano scoprire nel nostro essere famiglia sia profondi motivi di vera gioia e serenità, sia una nuova grinta che ci porta ad essere veri testimoni di comunione nei confronti di altri nostri amici che, può darsi, in questo momento si trovino in difficoltà.
Per questo motivo, lasciando la seconda parte della lettera alla lettura e riflessione personale, ci limitiamo ad accennare ad alcuni passaggi per noi particolarmente arricchenti.

"E Dio disse: facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza..." (Gen. 1,26). Sembra quasi che Dio sia entrato in Se stesso per parteciparci qualcosa di Suo. E che cosa poteva trasmetterci Dio se non il suo Amore che si realizza nel mistero del Suo essere trinitario e successivamente nella creazione?
Quindi anche noi, nel momento che "esistiamo" siamo portati a realizzarci diventando comunione con qualcun altro e con la partecipazione all'attività creativa di Dio.
L'uomo e la donna sono spinti a costituire un'alleanza nella quale " si danno e si ricevono ".
"L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gen. 2,24).
Questo fatto si realizza in modo più specifico di ventando genitori. La comunione dei genitori da inizio alla comunità familiare, l'unica condizione è prendere coscienza di quello che si è:
1) l'uomo immagine e somiglianza di Dio
2) da questa somiglianza scaturisce la voglia di verità e di amore.
L'amore delle persone prende inizio dall'amore di Dio che è dono e diventa necessità di dare, di condividere. La famiglia diventa naturale sbocco di questo bisogno.
Questa riflessione su come siamo noi ci porta ad analizzare quale sia il bene comune per i coniugi e per la famiglia: per i primi l'amore, la fedeltà, per la seconda il fatto che la paternità e la maternità non sono un compito semplicemente fisico, ma spirituale.
Noi ci sentiamo contenti, quando abbiamo dato, e ci realizziamo solo passando attraverso la donazione sincera di noi stessi: e perché questo dono sia tale esige per sua natura di essere duraturo e irrevocabile, e raggiunge il suo culmine nella nostra disponibilità ad aprirci ad una nuova vita.
La società di oggi crea non pochi problemi alla realizzazione delle persone in questa direzione.
La famiglia si trova oggi a dover combattere con una visione positivista della vita che ha come frutti l'agnosticismo in campo teorico e l'utilitarismo in campo pratico.
Bisogna che venga ribaltata questa visione perché l'amore è esigente: è vero solo se cerca il bene dell'altro, delle persone, della comunità.
La famiglia è una comunità di relazioni in terpersonali particolarmente intensa: tra coniugi, tra genitori e figli, tra generazioni; è una comunità che va garantita in modo particolare.
Con il quarto comandamento Dio non trova garanzia migliore di questa: "Onora".
Onora = Ama, Onora = Riconosci.
In questo modo la famiglia realizza nello stesso tempo il bene dell'essere insieme e il bene della soggettività.
Infine è da sottolineare il ruolo attivo della famiglia nell'educazione dei figli.
Questo aspetto sta particolarmente a cuore alla Chiesa, che desidera educare soprattutto attraverso la famiglia a ciò abilitata dal sacramento del matrimonio, con "la grazia di stato" che ne consegue e lo specifico carisma che è proprio dell'intera comunità familiare.
Caterina e Claudio Restagno