Dall'ultimo campo scuola invernale
IL LIBRO DI RUT

Il libro di Rut è un piccolo gioiello della letteratura ebraica, piccolo perché si compone di soli cinque capitoli; fu scritto nel V, IV secolo a.c., dopo il ritorno di Israele dall'esilio di Babilonia e narra un episodio collocabile tra il libro dei Giudici e quelli dei Re cioè diversi secoli prima (anni 1100, 1000 a.c.).

CONSIDERAZIONI GENERALI
Come stile narrativo si tratta di una novella, una favola, anche se racchiude in sé intendimenti storici, liturgici e disciplinari.
Il riferimento storico più evidente è rappresentato dal figlio di Rut e Booz: Obed (Rut 4,17) che fu padre di Iesse, a sua volta padre di Davide.
Un secondo riferimento, più generico, riguarda l'inserimento del nome di una straniera in un libro del canone ebraico che indica l'inserimento di stranieri, in questo caso Moabiti, nella comunità ebraica.
Proprio perché antenata di Davide Rut è riportata nella genealogia di Gesù (Mt 1,5) insieme a Tamar (Gen 38), Racab (Gs 2) e Betsabea (2 Sam 11 e 12).
S.Girolamo commenta così queste figure femminili: "Rut è straniera, le altre sono peccatrici (prostitute o adultere): questo elenco non è quindi, come può sembrare, un arido elenco di nomi ma non è neanche facile da comprendere"; infatti Dio, per realizzare il suo disegno di salvezza: Cristo Gesù, si serve anche di persone estranee ad Israele e spesso segnate dal peccato.
Un discorso a parte merita il significato simbolico dei nomi dei personaggi: Noemi significa dolcezza, Mara amarezza, Rut amica fedele, Orpa colei che volta le spalle, Booz forza e questo vale anche per gli altri protagonisti minori del libro.
L'intendimento liturgico deriva dal l'uso che veniva fatto da Israele di questo libro: infatti veniva letto a Pentecoste poiché la stagione in cui cade questa festa è la stessa in cui è ambientato il libro, la stagione della raccolta dell'orzo, o meglio perché la festa Pentecoste per Israele è il ricordo del patto tra Dio e il suo popolo, patto che è aperto anche agli stranieri.
Notiamo che anche la Pentecoste cristiana contiene in sé, tra le altre cose, questo carattere universale di apertura.
L'ultimo intendimento è quello disciplinare: il libro prende posizione contro una disposizione nata subito dopo il ritorno dall'esilio in Babilonia (Esd 9,12) che ordinava l'allontanamento delle donne straniere.

IL RACCONTO
Passando al racconto vero e proprio lo possiamo suddividere in tre momenti: la stagione del benessere, quella della prova e la felice conclusione.
Collegati a questi tre momenti vi sono nel racconto quattro scene importanti: la strada, il campo, l'aia, la porta della città.
La strada (1,1-22) segna il ritorno di Noemi con le due donne, mogli dei suoi due figli; colpisce in questa parte il legame che Rut dimostra nei confronti di Noemi (vers.16 :"... il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio...").
Il campo (cap.2) è il luogo dell'incontro tra Rut e Booz, in particolare le premure che quest'ultimo ha nei confronti di Rut (2,11:"...il Signore ti ripaghi di quanto hai fatto...") e l'importanza che può avere per Rut questo incontro (2,20:"...Questo uomo è nostro parente stretto...").
Nell'aia (cap.3), di notte, Rut si dichiara disponibile a sposare Booz, che per la legge del levirato ha diritto a prenderla in moglie (3,9:"...stendi il mantello sulla tua serva...") e la gratitudine di Booz (3,10:"...non sei andata in cerca di uomini giovani, poveri o ricchi...").
Alla porta della città (cap.4), un luogo a quei tempi simile ai nostri mercati, il giorno dopo c'è l'incontro tra Booz e l'altro parente che ha più diritto di lui di prendere in moglie Rut (4,5:"...se acquisterai il terreno dovrai prendere in moglie Rut..."); Booz usa il diritto di riscatto che l'altro ha sui beni di Noemi per imporgli la legge sul levirato.
Gli ultimi 4 versetti del libro, infine, sono un'aggiunta successiva per spiegare la discendenza fino a Davide.

I TEMI TRATTATI
Il libro affronta e tocca parecchi temi spirituali: cinque in particolare sviluppati di seguito.

L'universalismo della salvezza
Dio chiama tutti gli uomini alla salvezza e tutti gli uomini si possono salvare, il libro vuole superare una certa rigidità dell'interpretazione della Legge (4,11).
S.Ambrogio, commentandolo, accosta la figura di Rut a quella di Lia e Rachele, le due mogli di Giacobbe (Gen29) anch'esse straniere e termina: nella Chiesa possono e devono entrare tutti.
Per attualizzare questo punto nelle nostre famiglie si può rileggere il n.64 della Familiaris Consortio che parla della famiglia aperta e individua tre livelli di accoglienza: nella famiglia stessa tra i suoi membri, nella comunità dei credenti, nel mondo.

Dio salva l'uomo attraverso l'uomo
Il piano di Dio si sviluppa nella storia degli uomini servendosi degli uomini stessi, questo nel libro è rappresentato dall'amore vicendevole tra le due donne, Rut e Noemi, amore che è un segno della lealtà e della misericordia di Dio.
La nostra è una religione storica perché Dio si manifesta nella Storia, la vita quotidiana diventa il luogo normale della salvezza e anche le difficoltà e le prove, se accettate, sono sacrifici graditi a Dio: la salvezza è raggiungibile, non nonostante il mondo, ma operando nel mondo.
Rapportando questo alla famiglia si può dire che in essa tutti evangelizzano e sono evangelizzati, ci si santifica a vicenda (vedi Lumen Gentium n.34 e 41).

La misericordia di Dio
La misericordia di Dio si rivela nel libro attraverso la testimonianza di Rut (2,11-12), bella la conclusione di questi due versetti:"...il tuo salario sia pieno da parte del Signore...sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti"; questo concetto è proposto più volte nei Salmi (Sal 17,8 e 91,4).

La preghiera
Il libro è pieno di formule di preghiera, soprattutto preghiere di benedizione e di lode (2,12; 2,20; 3,10; 4,11-12 e 14-15).

L'amore preferenziale per i poveri
L'amore preferenziale di Dio per i poveri è il sottofondo del libro, d'altronde le vedove, insieme agli orfani e agli stranieri sono i poveri d'Israele, i prediletti di JHWH.
Questo concetto di "Bibbia dei poveri" è un filo rosso che attraversa tutta la Scrittura, solo per citare qualche esempio la scelta di Israele da parte di Dio (Dt 7,7-8), non per i meriti di questo popolo ma perché lo ama; la scelta di Davide, il più piccolo dei fratelli, di cui neanche il padre quasi si ricorda, da parte di Dio (1Sam 16 11-12); la sfida di Davide a Golia (1 Sam 17,45), Gesù che sceglie come primi suoi discepoli dei pescatori (Mt 5,18-19).
Anche alcuni inni famosi della scrittura come quello di Mosè (Es 15), di Debora (Gdc 5) di Anna (1Sam 2) e di Maria (Lc 1,46-55) contengono al loro interno questo tema.
Questo argomento viene anche ripreso, ai giorni nostri, da diversi documenti del Magistero; restando ai più recenti la lettera del Papa alle donne e il messaggio del Papa per la pace all'inizio di quest'anno rivolto ai bambini: la pace ci sarà se gli uomini avranno la semplicità di cuore dei bambini, la loro fiducia, il loro abbandono.

Il ruolo di Noemi nel libro
Come ultima considerazione vale la pena considerare il ruolo di Noemi nel libro: è lei la vera protagonista, non Rut, è lei, la donna provata, che "partita piena, ritorna vuota" (1,21), amareggiata, delusa, ma che grazie a Rut riscopre l'amore di Dio, anche se Egli sceglie strade strane e incomprensibili per gli uomini.
Quello che a Noemi è stato tolto (il marito, i due figli) le viene ridato attraverso l'amore di Rut che "vale più di sette figli" (4,15) e il nipotino che per la gente è "figlio di Noemi" (4,17).
Il libro narra anche la storia di una conversione, quella di Noemi, che da parte sua sa superare la delusione è fa la sua parte, coglie la provvidenzialità dell'incontro tra Rut e Booz, suggerisce a Rut come fare per arrivare al matrimonio: Dio opera servendosi degli uomini ma gli uomini devono saper cogliere le occasioni che il Signore pone sulla loro strada.

IL LIBRO DI GIUDITTA

Il libro di Giuditta è la narrazione della straordinaria liberazione di Israele da un nemico terribile, gli Assiri, da parte di una donna: Giuditta. Giuditta è una donna molto sicura di sé, forte e coraggiosa ma, soprattutto pia e fedele a Dio.

CONSIDERAZIONI GENERALI
Questo libro è una storia romanzata e vuole essere uno scritto edificante pur partendo da avvenimenti reali; contiene anche una visione allegorico apocalittica della storia rappresentando la lotta tra il bene e il male, il giusto e l'empio.
Il libro si presenta come romanzo storico ma molti elementi storici sono errati perché si riferiscono a persone o fatti distribuiti nell'arco di alcuni secoli.
Ci sono in esso molti episodi raccontati in altri libri precedenti come: la liberazione di Israele per mano di una donna (Gdc 4, la profetessa Debora), il ricorso all'inganno (Gen 25,29-33, Esaù che cede la primogenitura a Giacobbe per un piatto di lenticchie), la penitenza e il digiuno per ottenere la misericordia di Dio (Gn 3,7-8, il digiuno di Ninive dopo la predicazione di Giona).
L'autore è ignoto, ma risulta persona colta e profonda conoscitrice dei testi sacri, e ha scritto il libro nel II, I secolo a.c.; probabilmente perché tardo, il libro non è stato inserito nel canone ebraico.

IL RACCONTO
Il racconto è divisibile in tre momenti: le mire espansionistiche di Nabucodònosor, (cap.1-3), l'opposizione di Israele al sovrano e i pericoli che fanno seguito a questa decisione (cap.4-8),l'impresa di Giuditta per salvare il popolo e la liberazione finale (cap.9-16).
Il libro si compone di sedici capitoli; per la sua comprensione si possono leggere anche solo alcuni passi elencati di seguito.
Israele fa resistenza all'esercito nemico e, per non essere sopraffatto, ricorre alla preghiera e alla penitenza (4,9-13).
Achior, condottiero degli Ammoniti, spiega a Oloferne, comandante dell'esercito di Nabucodònosor, che la sconfitta di Israele è possibile solo se il popolo diventa infedele al suo Dio (5,5-21); Achior nella sua spiegazione esprime un concetto religioso molto forte: la forza di Israele non è tanto nelle armi ma nella sua fedeltà a JHWH (5,17).
Achior, scacciato da Oloferne, viene salvato e accolto da Israele (6,10-21), ritorna qui un concetto già trovato in Rut, l'accoglienza di stranieri da parte del popolo eletto.
Oloferne, consigliato dai suoi alleati, fa occupare le fonti d'acqua della città in cui Israele è asserragliata e il popolo è stremato dalla fame e dalla sete (7,8-15).
Israele è allo stremo ma il gran sacerdote Ozia ottiene dal popolo una proroga di cinque giorni (7,30).
Giuditta è vedova, ricca ma si è consacrata totalmente a Dio (8,4-8), saputo di quanto promesso da Ozia, chiama i capi del popolo e tiene loro un discorso la cui sostanza è:" Dio ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri, ma per mia mano il Signore provvederà" (8,11-36).
Giuditta prega il Signore, dalla sua preghiera traspare l'angoscia per sé e per il popolo ma anche una grande confidenza in Dio (9,11-14).
Giuditta si reca nel campo di Oloferne e gli tiene un discorso ,simile a quello di Achior, in cui spiega al capo nemico che egli potrà conquistare Israele solo con l'inganno: ella gli dirà quando il popolo diventerà infedele a Dio (11,5-23).
Oloferne, colpito dalla bellezza di Giuditta, le crede e la lascia libera di muoversi per il campo; nella notte del quarto giorno Giuditta uccide Oloferne e riesce a tornare dai suoi (13,4-20).
Grazie a ciò Israele sbaraglia il nemico e il libro termina con il canto di vittoria di Giuditta (16).

I TEMI TRATTATI
I temi spirituali toccati dal libro sono cinque in particolare, alcuni già incontrati nel libro di Rut.

Gli strumenti di salvezza usati da Dio
Dio salva il suo popolo in ogni avversità con mezzi umili, poveri come possono essere una donna e un inganno.
L'inganno va letto nello spirito della lotta contro le potenze nemiche per salvaguardare la purezza della fede; per l'antico Israele la guerra e gli atti di guerra erano avvenimenti normali.

Apertura universalistica verso gli stranieri
Questa apertura, che è l'elemento di fondo del libro di Rut, è qui rappresentata dalla figura di Achior.
Un episodio analogo si trova anche nel libro dei Numeri ed è ricordato come "l'asina di Balaam" (Nm 22,22 e ss): Balaam è un indovino pagano che viene invitato da un re pagano a maledire Israele ma non ci riesce e, invece di maledire, benedice il popolo eletto.

La preghiera
L'aspetto più importante della preghiera che scaturisce dal libro è rappresentato, più che dalle preghiere del testo, dal concetto di preghiera che lo attraversa, e che si esprime soprattutto nella persona di Giuditta.
Per attualizzare questo punto nelle nostre famiglie si può rileggere il n.39 della Familiaris Consortio che parla della preghiera nella famiglia, preghiera che va fatta in comune e basandosi sulla Parola di Dio: la preghiera nella famiglia si nutre della vita stessa della famiglia.

Le vedove
Giuditta è vedova, e il pensiero va a tutte le donne che sono rimaste vedove.
La vedovanza è un'esperienza della famiglia e, nonostante la prova che rappresenta, può diventare un'occasione di grazia (1Tm 5,3-16).

La Vergine Maria
Un ultimo motivo di riflessione che nasce dal libro di Giuditta è una riflessione sulla Madonna, poiché brani di questo testo sono usati nelle S. Messe in onore della Vergine Maria.
Su di Lei e sulle nostre famiglie la Familiaris Consortio al n.86 riporta questa bella invocazione:" Che la Vergine Maria, come è Madre della Chiesa, così anche sia madre della "Chiesa Domestica" e, grazie al suo aiuto materno, ogni famiglia cristiana possa diventare una "piccola Chiesa"nella quale si rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo...".

Don Douglas Regattieri