Un frère di Taizé ci parla del matrimonio
L’ALLEANZA E IL PERDONO
Alla base della vita di coppia

Se sfogliamo l’Antico Testamento troviamo un tema che ricorre in continuazione: è il tema dell’Alleanza. Quest’Alleanza è proposta da Dio, nasce dalla sua libera iniziativa, e Dio la ripropone senza mai stancarsi ad Israele.
Anche nel Nuovo Testamento il tema dell’Alleanza è ricorrente.
Nel Nuovo Testamento troviamo un passo di Giovanni che ci propone da un’altra angolazione il tema dell’iniziativa di Dio: "Dio ci ha amati per primo" (1 Gv 4,19); rispondere all’invito di Dio per vivere un’alleanza con Lui vuol dire rispondere ad un Amore che Lui ci ha offerto per primo.

LA PARABOLA DELLA COPPIA UMANA
Ho spostato il discorso dall’Alleanza all’Amore perché nell’Antico Testamento c’è anche un secondo modo per presentare questa Alleanza e che è utilizzato soprattutto dai profeti: la parabola della coppia umana. La coppia di questa parabola vive in una società tradizionale, dove è sempre l’uomo che prende l’iniziativa, e la donna può solo dare una risposta. Noi che viviamo in una società con valori ben diversi non possiamo prendere quest’immagine come norma, però capiamo che questa parabola, in cui l’uomo prende l’iniziativa, lascia la sua casa, va dalla donna e questa dà una risposta, riflette molto bene la proposta di Dio, dove Lui prende l’iniziativa e l’uomo è chiamato ad una risposta.
Così come i profeti hanno usato la parabola della coppia umana per parlare dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo, così credo sia possibile fare anche l’inverso: partire da questa Alleanza come modello per quella che si instaura tra un uomo e una donna, nel matrimonio.
Che cosa possiamo attingere dall’alleanza umano-divina che serva per la nostra unione di coppia? Prima di tutto ci devono essere proposte e risposte, importa poco da quale delle due parti queste provengono, e ci deve anche essere reciprocità.
L’Alleanza che Dio ci offre richiede un SÌ e non: forse, chissà; anche le nostre alleanze di coppia, di comunità, richiedono un SÌ, per tutta la vita: è qualcosa di così lontano dalla mentalità del nostro tempo!
All’epoca dei nostri nonni si poteva davvero dire che la famiglia era la base della società tradizionale, una società che era, a tutti gli effetti, lineare.
La società attuale è invece una società in rottura costante, tutto può cambiare rapidamente, tutto appare effimero, precario e il sentimento che prevale è l’incertezza: ciò mal si concilia con il mio impegno nella comunità dei frères, col vostro impegno coniugale che è per tutta la vita.
Che cosa ci aiuta in questo impegno? Non certo la società ma solo Dio, il Dio dell’Alleanza, che continua instancabile a riproporcela sempre in modo nuovo.
Siamo chiamati a vivere la nostra fedeltà, che diventa testimonianza cristiana essenziale, contando solo in Dio, certi che Egli ci ha amato per primo e che ci propone un’alleanza gli uni con gli altri sul modello che Lui ci offre.
Se so che Dio mi ama, partendo da questo fondamento, posso avere una piccola dose di fiducia in me stesso e posso offrire questa fiducia ad altri, riuscire ad accettare che altri mi vogliano bene, iniziare così ad amare l’altro senza avere paura di essere divorato o disprezzato.
Quindi l’alleanza con Dio e l’alleanza con l’altro si integrano e si rischiarano a vicenda.
Dio, nella sua alleanza con gli uomini, non riduce l’umanità a un nulla, non annienta ma, al contrario, rispetta e permette agli uomini di diventare se stessi, di realizzarsi.
Anche nell’alleanza coniugale, tra un uomo e una donna, la regola è la stessa: ciascuno diventa sempre più se stesso, sempre in dialogo con l’altro, pur restando l’altro un mistero incomprensibile.
Il mistero rappresentato dall’altro è come la fede: se capissimo tutto di Dio non servirebbe la fede; allo stesso modo se io capissi tutto dell’altro non servirebbe più la fiducia, l’amore.
E’ grazie all’amore che due persone possono stare insieme, volersi bene, è dall’amore che nasce quella fiducia che permette di rinnovare la nostra alleanza giorno dopo giorno.

COLTIVARE IL PERDONO
Tornando all’Alleanza, quello che colpisce è la perseveranza di Dio nell’offrire il suo perdono ad Israele che lo tradisce.
Dio fa tutto ciò che può, ma non può fare tutto, tutte le nostre risposte all’Alleanza sono risposte libere, e quando Egli ci perdona per la nostra infedeltà il nostro compito è di afferrare l’Alleanza, perché altrimenti questo perdono non ha effetto.
Possiamo ora passare dalla parabola della coppia umana alla realtà del rapporto con Lui e da qui trarre un insegnamento per la nostra coppia e per la nostra comunità.
La fiducia, che è la vita della coppia, può in un attimo svanire, andare in fumo e solo il perdono può ristabilire questa fiducia, che permette di ripartire, di ricominciare.
Quindi possiamo dire che la dinamica di qualsiasi comunità è fondata sul perdono.
Spesso noi abbiamo del perdono un’immagine statica, come se il perdono dovesse ristabilire lo stato precedente, il ritorno al giardino dell’Eden; il perdono non funziona così: abbiamo vissuto, siamo cresciuti, si riparte da dove si è arrivati e il perdono restituisce la fiducia necessaria per riprendere il cammino.
Abbiamo visto prima che quello che ci permette di amare, di dare fiducia ad altri è la certezza che Dio per primo ci ha amati: ora vediamo che quello che ci permette di perdonare è la certezza che Dio per primo ci ha offerto il suo perdono.

UN DIO RAGIONIERE?
Forse abbiamo ricevuto dal catechismo che abbiamo studiato da bambini, 20-30 anni fa, l’immagine di un Dio che punisce, che fa i conti come un ragioniere.
Ma quest’immagine di certo non si trova nei Vangeli che ci propongono invece la figura del padre nella parabola del figliol prodigo, forse il ritratto più bello che abbiamo di Dio (Luca 15,11-32).
Guardiamo a questo padre, che lascia al figlio questa libertà incredibile, che soffre dell’infedeltà, che vive nell’attesa del ritorno del figlio, e anche quando il figlio ritorna semplicemente perché aveva fame lo accoglie e, tramite questa accoglienza, accoglie il miracolo della conversione del figlio, lo abbraccia e non gli lascia neanche il tempo di scusarsi.
E’ quindi questa l’accoglienza di Dio e siamo molto lontani dall’immagine del Dio severo, che punisce e castiga.
Ci sono altri testi del Vangelo che parlano del perdono, per esempio Matteo 18,21-22 e 5,23-24.
Nel primo caso Pietro chiede a Gesù: "quante volte devo perdonare?"; Pietro pensa di essere generoso offrendosi di perdonare fino alla settima volta, ma Gesù risponde: "non sette, ma settanta volte sette". Ciò vuol dire che non c’è limite nel numero delle volte che si perdona, ma anche che non c’è limite nella dimensione del mio perdono, e ancora che non c’è limite al numero delle volte che io offro il mio perdono a colui che lo rifiuta.
Nel secondo testo di Matteo Gesù insiste molto sull’urgenza del perdono: "quando vai verso l’altare per portare la tua offerta se ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta, vai prima a riconciliarti con tuo fratello e poi ritorna". Dio può attendere, quello che Lui vuole da noi non è il sacrificio, l’offerta, è invece la misericordia e il perdono; riconciliamoci prima coi fratelli, dopo potremo fare l’offerta, e sarà un’offerta di lode per celebrare la misericordia di Dio che permette agli uomini di perdonarsi a vicenda.
Infatti è sempre il perdono di Dio che è la fonte del nostro perdono, che ci rende capaci di perdonare gli altri; il perdono che ricevo da Lui ogni giorno è ciò che mi rinnova dentro e mi permette di andare verso mio marito, mia moglie, gli altri fratelli della comunità per offrire questo perdono e rendere attuale questa riconciliazione.
Spesso non è necessario esprimere il proprio pensiero, si possono usare gli occhi, lo sguardo; non dobbiamo poi dimenticare che, al contrario del perdono di Dio, quando noi perdoniamo gli altri i torti sono sempre condivisi: se io perdono ma questo mio perdono lo faccio calare dall’alto chi mai lo potrà accogliere?
frère Denis, luglio 1990

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