LE COMPLESSE RELAZIONI TRA GENERAZIONI
Siamo di fronte ad una trasformazione profonda e radicale della società che investe tutte le sue istituzioni, compresa la famiglia. La sigla di questa trasformazione è la "provvisorietà".

E' sempre più difficile, in famiglia, la comunicazione tra genitori e figli. Gli adulti considerano gli atteggiamenti dei giovani "amorali", i figli considerano le idee dei genitori "sorpassate" e "fuori della realtà". Tutto ciò provoca sofferenza, interrogativi, ma le cause non sono solo da ricercare nella famiglia, anzi…

Crisi dei valori e generazioni
Il mutamento culturale che caratterizza la società post-moderna non è un semplice cambiamento, ma una trasformazione profonda e radicale, i cui aspetti fondamentali sono rappresentati dalla provvisorietà.
L’aumento del numero di opportunità offerto dalla società determina un aumento di stimoli e il moltiplicarsi delle relazioni sociali in cui si è coinvolti; ciò si traduce spesso in uno stato di indeterminatezza e all'incapacità di operare scelte definitive.
Insicurezza ed incertezza spingono gli individui ad assumere posizioni ritenute sicure solo perché adottate da altri, così nascono modelli e miti che divengono fattori di orientamento dell’agire.
Questo ha come conseguenza l’aumento della distanza tra le generazioni e l’emergere di una crisi di ruoli che investe sia gli adulti che i giovani.
All’aumento delle opportunità di comunicazione e di confronto, offerte dalla presenza di più generazioni nella stessa famiglia, non corrisponde un analogo intensificarsi dello scambio di opinioni e della solidarietà.
Sempre più si sente parlare di "malessere generazionale" e di necessità di una nuova etica culturale che supporti le relazioni generazionali al di là dei legami biologici o della semplice tradizione culturale.

Il difficile intreccio tra generazioni
La storia è sempre stata un susseguirsi di generazioni in tensione fra loro.
La famiglia è rimasta l’unico luogo tendenzialmente multi generazionale, in contrasto con tutti gli altri ambiti della vita sociale che sono andati differenziandosi per l’una o per l’altra generazione.
Tuttavia la famiglia, oggi, è sempre più in difficoltà e pare perdere i suoi connotati di legame e di trama inter generazionale e ciò provoca: nuclei frammentati, incomunicabilità dei contenuti, distanze di valori. Il risultato è che le famiglie implodono, si richiudono su se stesse, oppure esplodono, si rompono, si frammentano ed entrano in conflitto.
Rispetto al passato la famiglia, intesa come parentela, consta oggi di un numero maggiore di generazioni compresenti e questo è dovuto soprattutto a fattori demografici, in primo luogo l’allungamento della vita media.
Ma, se un tempo i genitori crescevano i figli per poi essere a loro volta accuditi quando diventavano anziani, oggi le generazioni intermedie si trovano a dover fronteggiare una situazione più complessa: da un lato hanno figli e/o nipoti che sono ancora socialmente dipendenti e dall’altro si trovano i genitori anziani che necessitano di cure. Così i membri di una famiglia debbono occupare i loro ruoli, di genitore o di figlio, per un tempo maggiore rispetto al passato anche recente.

La famiglia lunga del giovane adulto
In Italia va affermandosi una prolungata permanenza dei figli in famiglia, nel senso di un tardivo abbandono del nucleo d’origine, dovuto alla diffusa scolarizzazione, all’elevato accesso agli studi universitari e alla crisi occupazionale ed abitativa che inevitabilmente protraggono nel tempo l’impossibilità a mantenersi economicamente.
Le generazioni giovanili vedono la famiglia di origine come un "nido", capace di offrire affetto e protezione, competenze, informazioni ed aiuti di tipo materiale. Se la convivenza con i genitori è una scelta di comodo da parte del figlio, rimane tuttavia un’esperienza difficile da gestire.
Per una parte sempre più lunga della loro vita, i genitori si trovano a dover convivere con figli grandi, fisicamente maturi e legalmente maggiorenni, che chiedono parità nelle relazioni ed un livello di libertà proprio degli adulti, anche se non sempre si assumono le corrispettive responsabilità.
Si vive insieme, ma, spesso, in un crescente disagio reciproco; nessuna generazione è più sicura dei propri sentimenti, del modo di rapportarsi con le altre generazioni e per questo si preferisce evitare il confronto.
Se si prova a ragionare insieme, si finisce per sottolineare la distanza delle prospettive, la lontananza dei punti di vista, modi diversi di concepire la vita e il mondo.
Genitori, figli, nonni, sembrano vivere in mondi tra loro separati più che conflittuali, ciascuno con le proprie caratteristiche.
Le difficoltà di dialogo non sono dovute tanto alla diversità del modo di comunicare, quanto dal che cosa comunicare: si capisce cosa l'altro vuole dire ma non hanno più gli stessi valori in comune.

Una transizione valoriale
Una volta uno strumento abituale di comunicazione era offerto dalla condivisione della stessa professione tra le diverse generazioni, ora questo si è ridotto o annullato a causa della rapida obsolescenza delle tecniche e da scelte lavorative o professionali da parte dei figli profondamente diverse da quelle dei genitori.
La difficoltà di trasmettere il proprio patrimonio di esperienze e professionalità muta pesantemente il rapporto genitori - figli; ci si sta avviando verso una società "senza padre" perché molti ragazzi non hanno più la possibilità di conoscere il padre, essendo venute meno le occasioni concrete per rendersi conto di come egli affronti le difficoltà o svolga il proprio lavoro.
Lavori diversi, scelte diverse collocano genitori e figli in gruppi socialmente ed economicamente diversi limitando ulteriormente lo scambio ed allargando le distanze.

Riduzione degli ambiti relazionali
L’organizzazione sociale dell'attuale società, basata sull'organizzazione dei propri tempi e spazi in modo sempre più mono generazionale, non favorisce l’incontro e il confronto tra generazioni.
In primo luogo, è cambiato lo spazio domestico e familiare. Fino a qualche decenni fa, la presenza di più figli, di età diverse, assicurava una più prolungata continuità al ciclo di vita familiare, una maggiore vicinanza delle generazioni e una gradualità del loro avvicendamento, ora non è più così.
Anche lo spazio di socializzazione per eccellenza, quello lavorativo, tende ad essere sempre meno variato sotto il profilo generazionale. L’ingresso ritardato nel mercato del lavoro e la scarsa mobilità della forza lavoro rendono l’attività lavorativa patrimonio delle persone di età centrale, né troppo giovani, né troppo anziane.
Ma questa selezione della popolazione in funzione dell’età avviene anche per altre attività della vita quotidiana, soprattutto in relazione agli spazi frequentati, e alle ore del giorno in cui si realizzano: ad esempio sono in numero maggiore i giovani che vanno al cinema la sera, sono le donne delle classi di età centrali che frequentano maggiormente i centri commerciali, sono principalmente gli anziani o le donne adulte che fanno la coda agli sportelli dei servizi pubblici.
Si può dunque affermare che l’attuale organizzazione sociale tende a circoscrivere le generazioni in ambiti largamente auto referenziali e poco esposti allo scambio reciproco.
La società deve avviare opportunità per aiutare la famiglia a costituirsi come trama di relazioni multi generazionali positivamente differenziate e integrate tra loro. Si parla di un nuovo patto fra le generazioni, che stabilisca diritti e obblighi reciproci. Il patto è possibile solo se viene sostenuto da una nuova alleanza tra famiglie e società che consenta all’una e all’altra di ripensarsi e di relazionarsi per generazioni. E' necessaria un'inversione di tendenza, è necessario un nuovo patto fra le generazioni, che stabilisca diritti e obblighi reciproci. Ma questo è possibile solo se viene sostenuto da una nuova alleanza tra famiglie e società che consenta all’una e all’altra di ripensarsi e di relazionarsi per generazioni. E’ necessario organizzare la vita quotidiana, dentro la famiglia e fuori, secondo un intreccio generazionale che risponda ai mutati rapporti e tempi delle generazioni.

Per una sussidiarietà tra generazioni
Secondo Donati, il welfare state deve essere riletto e reinterpretato come un contratto fra generazioni. Occorre una "politica generazionale", individuare mete e strumenti per favorire le relazioni tra generazioni ed avviare un sistema di incentivi affinché le generazioni producano una maggiore solidarietà familiare.
Si delinea, così, un nuovo concetto di rete sociale la cui espressione consiste nell’emergere di movimenti, di gruppi informali, di relazioni di vicinato, cui si affianca la consapevolezza di un legame generazionale di tipo longitudinale che si realizza nell’avviare iniziative di attenzione all’altro, nuovi orientamenti valoriali.
Il ripensare il rapporto inter individuale nei termini suesposti può dare origine a nuove modalità dello stare insieme, a nuove relazioni sociali, ove il passato segna l’appartenenza e il futuro la continuità. Si può pervenire ad uno scambio reciproco tra dimensione individuale e sociale, attraverso la generatività e il rapporto generazionale, che può permettere il rispetto e la gratitudine verso il passato e la speranza verso il futuro in una comunità locale che persegue valori solidaristici.
La comunicazione diretta tra giovani e anziani può emergere, in particolare, in tre momenti: nel lavoro, nell’assistenza e nella socializzazione.

Attraverso i contatti col passato cresce il senso di realtà: per il bambino (ed anche per adolescenti e giovani) il rapporto coi nonni costituisce la scoperta delle radici e contribuisce alla costruzione della sua identità di adulto e ciò, oltre ad essere positivo per il bambino, è fonte di realizzazione ed autostima per gli anziani. In questo rapporto ha una fondamentale importanza la mediazione degli adulti che devono agire da collegamento fra la prima e la terza generazione.
Guido Lazzarini, sociologo