L’EUCARISTIA: PRIMA, DURANTE, DOPO
Gesù si fa dono perché anche noi possiamo diventiamo un dono per gli altri

di padre Giordano Muraro o.p.
Che cosa intendiamo per eucaristia?
La parola eucaristia in senso etimologico vuol dire: azione di grazia.
Provo a spiegarlo con un esempio: quando noi guardiamo un prato di montagna fiorito, l'incanto della natura ci spinge a ringraziare Dio per le bellezze che Egli ha creato.
Così, nell'eucaristia, noi ringraziamo Dio per tutto quello che ha fatto con la sua opera di salvezza, che trova il suo culmine nel mistero eucaristico.
Nell'eucaristia viviamo il mistero di un Dio che si abbassa fino a noi, prende la nostra carne. Solo così Lui, mistero inaccessibile, si può comunicare a noi e farci partecipi della sua divinità.
Ma Dio ha voluto ancora abbassarsi di più e, per essere ogni giorno con noi, si fa pane e vino perché possiamo nutrirci di quel cibo spirituale che ci apre le porte del cielo.
Eucaristia è quindi Dio che si dona: noi assimilando l’eucaristia o meglio, come dice sant'Agostino, assimilati dall’eucaristia, non tanto conteniamo Dio quanto è Dio che contiene noi nella sua vita.
Egli si fa dono perché anche noi possiamo diventiamo un dono per gli altri.
Come si diventa dono? La risposta è molto semplice e si ritrova nello svolgimento della celebrazione eucaristica.

L'atto penitenziale
Esaminiamo allora alcuni aspetti della celebrazione che possono utili alla nostra riflessione : il primo gesto dell’azione eucaristica è l’atto penitenziale con il quale ci dichiariamo peccatori e chiediamo con umiltà perdono a Dio e non solo ai fratelli.
Che cos'è il peccato?
Tutto quello che abbiamo e tutto quello che ci dà "significato" proviene da Dio. In noi sta impressa e si riflette la bellezza, lo splendore, la santità di Dio. Ma il peccato ci offusca e Dio non può più riflettersi in noi, non ci può più dare tutto il suo amore. Chiedendo perdono ci riconosciamo amati da Lui, al punto da essere stati salvati a prezzo del sangue del suo Figlio.

La parola di Dio
Il secondo momento della messa è il tempo della lettura della parola di Dio.
La parola di Dio è come uno specchio nel quale ci riflettiamo e vediamo quello che siamo, ascoltiamo quello che dovremmo essere per trovare un itinerario che ci aiuti a modificarci e a essere sempre più come Dio ci desidera.
Il Signore non è venuto solo a salvarci ma ci spiana la via per la salvezza, attraverso la sua parola. L’importanza di quello che facciamo non è il lato esteriore, ma l’intenzione interiore e l’amore con cui faremo qualunque cosa.
Davanti a Dio cosa porteremo? porteremo quello che abbiamo dato e fatto con amore perché è solo quello che resta.
Anche le azioni più modeste, più ripetitive, più quotidiane se sono fatte con amore assumono uno spessore e una solidità che resiste al tempo, mentre le azioni che non sono fatte con amore, anche se sembrano grandiose, consistenti, scompaiono e non resta nulla nel tempo.

L'offertorio
Il terzo momento della messa è il momento in cui il sacerdote riceve e prepara le offerte. Vorrei sottolineare qui un piccolo gesto che viene sovente trascurato: preparando il calice il sacerdote versa il vino e aggiunge poche gocce d’acqua; quell’acqua, unita al vino, è "segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana". La nostra piccola natura umana, l’acqua, è diluita nella grande natura divina, il vino, che diventerà sangue di Cristo.
All’offertorio quindi anche noi veniamo offerti a Dio ed è un pensiero molto bello, perché poi, durante la settimana, se coltiveremo questa riflessione, avremo la consapevolezza che quello che facciamo diventa una offerta a Dio, tutta la nostra vita può essere regalata a Lui.

La consacrazione
L’altro momento è la grande preghiera della consacrazione in cui ritroviamo la consacrazione del sangue e del corpo di Cristo donati per la nostra salvezza.
La messa non è solo il memoriale del sacrificio della croce, ma è il rinnovamento di tutto il mistero salvifico di Cristo, dalla passione all'Ascensione. Nel mistero eucaristico noi incontriamo Cristo morto e risorto, un Dio che non ci ha abbandonato quando ci siamo, col peccato, allontanati da Lui, ma ci è venuto incontro, nella carne, perché tutti quelli che lo cercano lo possano trovare.

Il Padre nostro
Poi c'è la preghiera del Padre nostro.
La nostra vita è la vita dei figli di uno stesso Padre che è nei cieli e che ci rende tutti fratelli; è l’incontro di tutta l’umanità con il Cristo. Padre è il grido dello Spirito che Dio ha mandato nei nostri cuori, la prova che non solo siamo chiamati, ma siamo realmente figli.

La comunione
Il sacramento dell’eucaristia è l’unione con il corpo mistico, con Cristo che è il capo e con tutte le altre membra, l'umanità intera.
La comunione non è, quindi, solo un fatto privato, ma è un evento in cui tutti siamo coinvolti per formare, in Cristo, un'umanità nuova, disponibile ad essere trasformata in dono.

Prima, durante e dopo
Cosa significa: prima, durante e dopo?
Il "prima" significa che dobbiamo arrivare all'incontro con Lui preparati per diventare, per quanto possibile, simili a Dio che si fa dono.
Dio lascia libero l’uomo, non rende dono un’anima che non è preparata a diventare dono per sé e per gli altri.
Fare la comunione implica tutto un lavoro precedente: sapere l’importanza di Dio per la nostra vita e per la nostra salvezza, essere consapevoli che Egli vuole trasformare la nostra vita e renderla simile alla sua.
Dio è amore e vuole farci diventare capaci di amare come Lui ci ama. Tutta l'azione eucaristica è orientata a questo fine; questo è ciò che avviene "durante" la celebrazione.
Il "dopo" è la novità di vita che Dio ha posto in noi: diventare un dono vivente nella vita di tutti.
Accostandoci all'eucaristia siamo stati illuminati da Dio e, se ci siamo lasciati illuminare, diventiamo luce e dono per tutti coloro - coniuge, familiari, parenti, amici - che incontriamo nella nostra vita.
E' questa la vocazione del cristiano.
Sintesi a cura di Mariarosaria Chiauzzi, testo non rivisto dall'autore

Le cinque parole dell'amore che si dona

Se vivo con profondità l'eucaristia, l'incontro con Cristo, la mia vita diventa vita donata. E la prima persona a cui sono chiamato a donarla è colui o colei che mi sta al fianco.
Incontrando Cristo, faccio esperienza di come nasce, cresce e si sviluppa l’amore fra due persone.
Per descrivere questa esperienza san Tommaso usa cinque parole: 1) la compiacenza; 2) l’accordo; 3) l’unione profonda; 4)l’estasi; 5) lo zelo o ardore.
La compiacenza è il primo gesto dell’amore: è lo stare bene con la persona amata,l’essere felice della sua presenza. A questo primo gesto segue l’accordo, cioè l’adattamento della persona ai desideri della persona che si ama: ci si trasforma, ci si modifica per rispondere alle attese dell’altro. All’ adattamento segue l’unione profonda non conoscitiva, ma affettiva, una affettività che nasce dalla conoscenza progressiva dell’uno nella vita dell’altro.
Questa unione o comunione comporta l’estasi. La parola estasi, dal greco extasis, vuol dire"uscire fuori". L’estasi è l’offrire se stesso per fare comunione con l’altro. Uscire dal proprio io per andare verso l’altro,uscire dai propri pensieri e dai propri desideri per entrare nei desideri e nei pensieri dell’altro. Anche Maria, che pur aveva i suoi progetti, è uscita dalla sua vita per entrare nella vita di Dio.
All’estasi segue lo zelo: questa è ormai una parola obsoleta,che non si usa più, ma che significa il desiderio di proteggere il proprio amore e la propria unione, di conservare quasi con gelosia i propri sentimenti. E’ con la coerenza della propria vita che bisogna dimostrare di stare bene assieme.
Quindi questi sono i cinque momenti dell’amore: amare vuol dire trasformarsi secondo i desideri della persona che si ama, assimilando così i pensieri e i desideri dell’altro, uscendo dal proprio io per entrare nell’altro mondo cercando di proteggere il proprio amore da qualunque pericolo possa minacciarlo.
padre Giordano Muraro o.p.