COME IL PADRE: ADULTI, FAMIGLIA E CARITA’
Per un cammino di formazione alla testimonianza della carità di adulti e famiglie

di Alessandra De Bernardis*

Il Giudizio Finale (Mt 25, 31-46)
"Venite, benedetti del Padre mio"
La famiglia, ambiente di "vita buona", può essere pensata in diversi modi.
Prima di tutto, come luogo in cui sperimentare relazioni "forti", significative, che educano e permettono di crescere; dove si vive un amore gratuito, che non giudica; ambiente aperto all’ascolto, in cui costruire speranza; spazio d’incontro tra generazioni e di riscoperta e riaffermazione dei valori presentando modelli educativi veri.
La famiglia è il primo ambiente nel quale è possibile vivere l'attenzione reciproca che diventa poi attenzione agli altri.
Per vivere questo la coppia dovrebbe basarsi non su un contratto ma su un'alleanza, costruendo la propria indissolubilità giorno per giorno.
In questo a volte faticoso cammino di fedeltà alla vocazione di ciascuno dei due e all'alleanza promessa il giorno del matrimonio, la coppia, e la famiglia che da essa nasce, possono diventare una forza per chi non ne ha, anzitutto per i figli, ma anche per tutte le persone che nel tempo la famiglia si trova ad incontrare ed accogliere.

Il ricco cattivo e il povero Lazzaro (Lc 16, 19-31)
"La mensa come quotidianità"
L'educazione alla carità passa dalla quotidianità. Una quotidianità fatta di piccoli gesti, e proprio per questo efficace.
Prima ancora di compiere grandi opere e progetti, il cristiano è chiamato a vivere l’accoglienza e la solidarietà in questi piccoli gesti, nelle cosiddette "relazioni di buon vicinato".
Le parole servono a poco se non sono correlate ai fatti.
In famiglia è possibile valorizzare l’altro, accompagnarlo nella quotidianità lasciandolo sempre protagonista della sua storia. In famiglia si trasmettono accoglienza e rispetto delle differenze, solidarietà e perdono.

Parabola dei talenti (Mt 25, 14-30)
"Talenti: modi e momenti differenti della famiglia di vivere la carità"
La coppia che scopre una vocazione comune, quella alla famiglia, si trova a giocare la propria apertura alla carità nei diversi momenti della sua vita.
Primo fra questi momenti è il fidanzamento, in cui ci si incontra, e ci si interroga su come sviluppare il rapporto di coppia.
Successivamente arriva la scelta del matrimonio: cosa vuoi dire fare scelte orientate alla carità, vivere la carità in coppia?
Ci si interroga su quale famiglia formare: secondo un modello centrato unicamente su se stessi o cercando una dimensione nuova, di coppia che si apre anche ai figli, su un modello che potremmo definire "consumistico" (bella casa, bella macchina, ecc.) o attento agli altri e a una dimensione "etica" del vivere (abbiamo un letto in più per…).
Dal momento di crescita costituito dal matrimonio, si arriva a decidere di avere dei figli.
All'interno della coppia la nascita dei figli (1 + 1 non fa due!) comporta la ridefinizione di tutti gli equilibri.
Ci si trova a fare i conti anche con i "limiti" che la giornata di un bambino piccolo pone (p.e. cosa vuol dire andare a messa con i figli piccoli?).
Gli studiosi di psicologia della famiglia infatti mettono la nascita dei figli come un momento di "criticità" rispetto alla coppia.
Un'altra tappa della vita familiare, che può essere un momento di crisi, intesa anche e soprattutto in modo costruttivo, come nascita di qualcosa di nuovo, è quella dell'adolescenza dei figli.
Questa tappa è un momento forte di ridefinizione degli equilibri di tutta la famiglia e della coppia. Ci si deve rivedere come genitori, passando da una funzione di accudimento e di dipendenza da parte dei figli, ad un momento in cui i figli tentano di prendere le distanze, scoprono altri mondi, ti mettono in questione come genitori, chiedono rispetto, tolleranza, disponibilità.
E' anche il primo momento in cui la coppia, molto impegnata attorno alla crescita dei figli, si ritrova un po' più centrata su se stessa, perché "finalmente" i figli iniziano ad essere un po' più autonomi.
Qualche volta ci si ritrova da soli. In un primo momento l'esperienza è sconcertante, ci si chiede cosa fare. Ci è chiesta una ridefinizione della nostra vocazione familiare, di riscoprire noi e il nostro partner in un'altra dimensione, di pensare eventualmente ad altre forme di "apertura" della famiglia stessa.
Un altro momento che viene definito di crisi, addirittura a rischio di rottura della coppia è quando i figli se ne vanno di casa. E’ la cosiddetta "sindrome del nido vuoto" in cui i genitori veramente si ritrovano di nuovo come coppia.
Ci sono coppie che anni si sono parlate solo attraverso i figli, hanno parlato solo di loro e quando se ne vanno scoprono, con una lacerazione perfino drammatica, che non hanno più niente da dirsi o comunque devono ritrovare faticosamente un dialogo.
Questo significa ancora una volta riscoprire la propria vocazione come famiglia e come coppia, riscoprire tempi e spazi nuovi.
L'ultima tappa è quella dell’anzianità.
Cosa vuoi dire riscoprire la propria vocazione da anziani, evitando la rassegnazione e vivendo anche questo periodo come dono, vivendosi come dono per gli altri? E cosa vuoi dire scoprire la propria vocazione quando si resta da soli (la vedovanza), dopo anni e anni di vita di coppia?

Parabola del buon Samaritano (Lc 10, 30-37)
"il samaritano si china su un povero"
Povero è colui che è piegato a forza di chiedere.
Che cosa preoccupa in questo momento nel nostro paese? Non solo l'orizzonte dei poveri, cioè di coloro che sono sotto la soglia di povertà, ma anche l'orizzonte di quelle fasce che da un semplice, banale imprevisto possono ritrovarsi nella soglia di povertà.
Basta una malattia, un incidente stradale, una piccola fragilità nel lavoro e ci si ritrova dall'altra parte: nell'orizzonte del "piegato", costretto a mendicare. Una società che premia chi è più forte inevitabilmente costruisce le disuguaglianze.
Noi dovremmo diventare un orizzonte, uno strumento per costruire un argine contro questa progressiva erosione dei diritti.
E’ compito del volontariato rispondere alle necessità primarie (sfamare, dare un tetto) e andare ad interrogare le politiche della casa, le politiche della sanità, della scuola...
II volontariato deve essere anche una risorsa etica, culturale e politica di cittadinanza, capace di rileggere i bisogni come diritti, senza prestare il fianco a orizzonti mediocri che rattoppano deficienze di mercato dove il cittadino è ridotto a cliente.
Il volontariato non può non denunciare. Se perdesse la sua capacità di parola diventerebbe semplice erogazione di servizi, ma non aiuterebbe la politica a cambiare, a crescere.
La denuncia deve essere puntuale, competente, mirata e, se possibile, accompagnata da proposte.
Una modalità per essere "garanti" dei diritti dei poveri è quella di essere presenti sul territorio, sui diversi tavoli di programmazione locale, consci della propria identità e del proprio valore.
Questa presenza deve essere fatta attraverso un’attenta lettura dei bisogni, un’individuazione delle priorità, una programmazione politica di cittadinanza che progetta servizi.
La parabola del buon Samaritano ci insegna la gratuità genuina, non quella eccessiva che rischia di innescare legami di dipendenza rendendo l’altro in ginocchio.
Il buon Samaritano, dopo aver fatto tutto quello che doveva (obbedire all'urgenza, salvare dall'abbandono, portare il ferito alla locanda, pagare il debito), scompare prima che l'altro lo possa riconoscere. Compie ogni suo gesto gratuitamente, non vuole riconoscimenti né ringraziamenti.
Si può ipotizzare così il proseguimento della parabola: quel poveretto non capisce dove si trova, chi lo ha portato lì, non sa come ringraziare il suo soccorritore ma ciò non lo preoccupa, non importa. A sua volta egli va, soccorre, aiuta, consegna la sua libertà in obbedienza ai bisogni degli altri, restituisce autonomia a chi è in difficoltà, ma viene via prima che l'altro debba ringraziarlo.
Ecco come la gratitudine assume una dimensione transpersonale: dato che non posso ringraziare tutti coloro che nella mia vita sono passati e hanno fatto del bene, io faccio lo stesso: costruisco una possibilità prestando molta attenzione che l'altro non debba sentirsi dipendente.
In realtà, non si dona mai "per nulla": l'incontro con l'altro è sempre e comunque una ricchezza!
* responsabile del settore famiglia presso la Caritas di Milano
Testo tratto dal convegno Caritas della diocesi di Torino, 20 marzo 2004
Sintesi a cura di Gabriella Rastrello

Brani per la Lectio:

Domande per la RdV:

Interroghiamoci su questi punti: