IL MATRIMONIO IN CRISTO E' MATRIMONIO NELLO SPIRITO SANTO
Alcuni fondamenti del sacramento

Per seguire la riflessione che segue può essere utile far riferimento al disegno di pag.16 dove, in modo schematico, è stato sintetizzato tutto il discorso.

Il livello assoluto
La storia della Salvezza ci mostra come si è passati dall'unico Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe alla realtà Trinitaria: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Israele fonda la sua fede in un unico Dio, che si manifesta nella Storia e viene adorato come il Liberatore dalla schiavitù dell'Egitto. Ma, con l'esilio in Babilonia, il popolo si chiede: Perché Dio ha permesso questo? Ci ha abbandonati?
Il secondo Isaia risponde a questa domanda parlando di Dio come il Creatore, l’eterno creante che agisce nella storia e, come tale, libererà ancora Israele (1). Si formano in questo periodo anche i primi capitoli di Genesi in cui troviamo il concetto di Spirito, soffio vitale nella natura e nell'uomo, che aleggia sulle acque, che dà vita all'uomo, che rende asciutto il Mar Rosso.
Tutto il Primo Testamento ha continui richiami allo Spirito. Questi apre la mente dell'uomo per capire la realtà e le scritture, lo abilita a compiere la sua missione regale e profetica.
Gesù, pienezza della Rivelazione, annuncia il Dio dell' A.T., ma con alcuni tratti innovativi: la misericordia e la paternità.
Egli è "Abba", termine poco usato nell' A.T., il Padre con cui il Figlio è in profonda comunione e di cui tutti gli uomini possono diventare figli.
Lo Spirito è sempre presente nella vita di Cristo, ma in particolare in tre momenti: nell'Incarnazione - "lo Spirito Santo scenderà su di te" - (Lc1,35), nel Battesimo sul Giordano - "scese su di Lui lo Spirito Santo come colomba" - (Lc3,22), nella morte in croce - Cristo esala, effonde lo Spirito su tutti gli uomini - (Gv 19,30c; 20,22).
Partendo dalla vita e dalle opere di Gesù, la prima comunità cristiana, già verso il 100 d.c., professa Dio come Uno e Trino. La teologia poi definisce la realtà trinitaria in ciò che essa è in sé stessa, e non solo come si è manifestata nella storia della salvezza. Noi oggi abbiamo, dopo 20 secoli di riflessione, un'immagine comunionale della Trinità: il Padre ama il Figlio ed è a sua volta riamato, questo amore è lo Spirito Santo, vincolo che unisce il Padre ed il Figlio. Ma l'Amore che sgorga dal Padre avvolge il Figlio e che il Figlio, nell'obbedienza, ricambia non può essere rinchiuso nella sola dimensione ad intra ma trabocca ad extra e si manifesta nella Creazione, nella Rivelazione, nella Redenzione (2).
Ma lo Spirito Santo è realmente una delle tre Persone della Trinità? Sì, perché la persona è relazione, relazione d’amore che si dona, e lo Spirito è la massima espressione dell'amore oblativo, interamente donato e relativo al Padre ed al Figlio.

L’archetipo
Per legare la realtà di Dio e dello Spirito al matrimonio abbiamo bisogno di un secondo passaggio: individuare l’archetipo - cioè il sigillo, il primo esempio assoluto - su cui si fonda il sacramento.
Lo troviamo in un passo della lettera agli Efesini: "e voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ama la Chiesa, ed ha dato se stesso per Lei..." (5,25).
Dopo la sua resurrezione Cristo ha effuso il suo Spirito sulla Chiesa e nella misura in cui questa lo accoglie e lo ricambia - rendendo grazie a Dio per il dono ricevuto - si apre ad extra generando nuovi figli alla fede.
Tutto ciò è descritto nella Pentecoste: i suoi seguaci da discepoli diventano apostoli, dal chiuso del cenacolo si aprono alla gente di Gerusalemme per annunciare le grandi opere che Dio ha compiuto: "e quel giorno si unirono al loro circa tremila persone" (At 2,41b).

Il simbolo
Il simbolo è qualcosa che richiama concretamente la realtà a cui fa riferimento, pur esprimendo solo in modo analogico quella realtà. Così il matrimonio cristiano è simbolo dell’amore sponsale che unisce Cristo alla sua Chiesa anche se l’amore coniugale è solo in modo analogico paragonabile a quello di Cristo.
L’amore che unisce gli sposi cristiani è un amore reso fecondo dal dono dello Spirito che entrambi hanno ricevuto con i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Nella misura in cui essi accolgono lo Spirito Santo nella loro vita interiore lo manifestano anche nella loro vita relazionale che diventa una relazione spirituale.
Come nei due modelli precedenti anche l’amore sponsale è un amore fecondo, che non può stare chiuso all’intero della coppia, ma si apre ad extra, attraverso la fecondità, fecondità nella carne e nello spirito, facendoli diventare genitori, sia in senso materiale che spirituale.
Marc Quellet suggerisce questa bella immagine della realtà nuziale che congiunge i tre livelli visti fino ad ora: "L’alleanza della Trinità e della famiglia, in Cristo, significa un meraviglioso scambio d’amore umano e divino, nel quale gli sposi danno il loro amore nuziale a Cristo e Cristo dà loro in cambio l’Amore stesso di Dio nella modalità nuziale del Dono dello Spirito" (3).

L’escatologia
Ma questo quadro, per essere completo, ha forse bisogno di un quarto livello.
Se le nozze sono il simbolo attraverso il quale siamo in grado di comprendere qualcosa del mistero della Chiesa e della Trinità, dobbiamo sempre ricordarci che il matrimonio - pur fondamentale per la vita dell’uomo e della donna - è una realtà transeunte, che passa, che si esaurisce nella morte. Le nozze definitive sono quelle con l’Agnello (Ap 21,2b). Allora l’umanità intera incontrerà il suo vero sposo e "Dio sarà tutto in tutti" (1 Cor 15,28c).
Il nostro matrimonio, per quanto bene ci vogliamo, è solo un anticipo di queste nozze che ci attendono. È bene ricordarlo perché al primo posto, anche nel matrimonio dobbiamo mettere Dio: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso" (Lc 10,27).
Al primo posto nel cuore dell’uomo ci deve essere Dio e ogni altro amore deve essere relativizzato e relativo a Lui. In questo contesto s’inserisce l’amore coniugale: senza la donna l’uomo manca della sua metà, è monco - e lo stesso vale per la donna! - Ma la vera parte che manca all’uomo e alla donna per essere completi è Dio (Sal 16,5) (4).
formazionefamiglia@libero.it

Domande per la RdV:

Brani per la Lectio:

Note:

  1. Cfr. Panteghini. G., L’uomo. Scommessa di Dio. Antropologia teologica, EMP, Padova 1998, p. 56-74.
  2. Cfr. Collo C. - Poggio M.G., Dio: interrogativi e risposte, SEI, Torino 1991, p. 66-77.
  3. Bruniera D. - Pozzobon A., Sposi per essere genitori, Editrice San Liberale, Treviso 2005, p. 25. Questo articolo è debitore in più parti di questo lavoro.
  4. Cfr. Fausti S., Una comunità legge il Vangelo di Luca, EDB, Bologna 1994, p. 526.

2-IL FRUTTO DELLO SPIRITO SANTO NEL MATRIMONIO
"Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, contro queste cose non c’è legge" (Gal 5,22-23).

San Paolo, al contrario di parecchi cristiani oggi, conosce bene lo Spirito Santo e sa che dimora nel cuore di ogni credente (cfr. 1Cor 3,16).
La sua è una presenza attiva, produce azioni positive che Paolo chiama frutto, proprio perché dono, qualcosa di bello, gustoso come un frutto.
Il frutto dello Spirito non è qualcosa di straordinario, riservato ad alcuni e solo ogni tanto, ma è per tutti, per tutti i giorni della nostra vita.
Grazie a questo frutto noi possiamo vivere il nostro matrimonio nel segno dell’amore, della gioia e della pace.
L’amore sembra scontato nel matrimonio: ci siamo sposati perché ci volevamo bene! Ma con il tempo… Per farlo durare serve un cuore buono per poter pensare bene, parlare bene, agire bene, innanzi tutto nei confronti dell’altro.
Si esprime anche nella capacità immediata di capire le sofferenze e le gioie di ciascun membro della nostra famiglia.
Non dimentichiamoci che l’amore nasce dalla riconciliazione: se prima non abbiamo perdonato ci è difficile amare. Come l’amore anche il perdono è, prima di tutto, un dono di Dio.
La gioia è l’atteggiamento che rende tutto più facile e rende manifesta la speranza. È un chiaro segno della presenza dello Spirito Santo. Per capire se lo Spirito sta operando nella nostra famiglia dobbiamo verificare la presenza o l’assenza della gioia.
La gioia è anche la capacità di rendere gli altri contenti, non solo di accontentarli; dare loro quello che davvero serve e non solo soddisfare capricci passeggeri. Siamo chiamati in famiglia a portare gioia, una gioia che diventa servizio.
Dobbiamo anche educare ed educarci alla gioia: accettando i nostri limiti e quelli degli altri, cercandola e condividendola, accettando gli imprevisti della vita, conservando la capacità di stupirci.
La pace è "trovarsi bene" a casa nostra, non sentire nessuno "estraneo". Essere a casa con Dio, in Dio.
Essere operatori di pace in famiglia penso voglia dire: saper semplificare la vita, saper smussare gli spigoli, mitigare i conflitti.
Lo Spirito di pace cerca di sciogliere, di far chiarezza, di costruire una famiglia e una società buona e vera, cioè ricercare il bene in sé e non quello che sembra.
Quanto c’è bisogno oggi di operatori di pace!
Noris Bottin

(Cfr. Martini C.M., Il frutto dello Spirito nella vita quotidiana, Gribaudi, Milano 20025).