Realtà naturale o culturale?        La famiglia tra crisi e speranza        Famiglia e società: due realtà autonome ma interagenti

REALTÀ NATURALE O CULTURALE?
La continua messa in discussione della famiglia fondata sul matrimonio

di Giordano Muraro*
Piero Ottone su “Il Venerdì” de “La Repubblica”, tempo fa ha scritto: “La famiglia non è un fatto naturale; è una costruzione della civiltà... Allo stato di natura la famiglia esiste solo per un breve periodo di tempo e poi si scioglie”.
La Chiesa invece ha sempre sostenuto che la famiglia è un’istituzione naturale e la stessa Costituzione italiana “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
Ma naturale non è solo ciò che esiste indipendentemente dall’uomo ma anche tutto ciò che l’uomo ha costruito come risposta ai bisogni che emergono dalla sua natura e sono ineliminabili.
L’uomo, a livello fisico, ha sempre bisogno di mangiare, bere, curarsi; a livello psitico di relazioni e di affetti; a livello morale di alcune norme essenziali che garantiscano la convivenza (da qui il divieto di uccidere, mentire, rubare, ecc.).
Invece è culturale tutto ciò che è costruito dall’intelligenza e dalla libertà dell’uomo, come risposta ad esigenze legate ad un determinato momento storico. Se muoversi è un fatto naturale, il modo di muoversi, a piedi, a cavallo, in aereo, non lo è perché dipende dal grado di tecnica che l’uomo ha raggiunto.
La Chiesa sostiene che la famiglia è un fatto naturale perché è una realtà costruita dall’uomo (quindi non preesistente alla creatura) che gli permette di essere e svilupparsi come uomo. Dove c’è natura umana c’è anche esigenza di famiglia.
Questa affermazione si basa sulla Parola di Dio (cfr Gn cc.1-3) e sulla realtà stessa dell’uomo.
L’uomo è un essere relazionale che si rapporta con gli altri uomini o per la formazione del bene comune (la società) o per la sua specifica formazione (bisogno di solidarietà e di amore). Tra queste trovano un posto importante le relazioni affettive stabili e totalizzanti.
Si vive di cibo, di acqua, di cultura, di lavoro, ecc. ma alla base di tutto serve il respiro dell’amore, un amore che sappia accogliere tutta la persona per sempre.
Si vive perché si ama e si è amati: da fidanzati, da sposi, da genitori.
La persona umana ha sempre bisogno di sentirsi avvolto nell’attenzione amorosa e continua di un’altra persona, che lo accoglie e lo ama come è, per quello che è.
La risposta migliore a questa esigenza non è una successione di persone che entrano ed escono dalla vita, ma quella fornita dalla famiglia fondata sul matrimonio.
Ma in queste due realtà l’uomo ha sempre portato la mentalità e la sensibilità della società e della cultura del suo tempo. Di qui sono nati i diversi “modelli” di famiglia, per questo quando si parla di famiglia bisogna distinguere i valori di fondo dal rivestimento storico di questi valori. Senza questa consapevolezza corriamo il rischio di cogliere solo le carenze dell’istituto familiare (e ve sono in ogni periodo storico) senza vedere il valore di fondo, l’amore, seppure segnato dal limite dell’uomo e dal suo peccato.
* Teologo Morale

 

LA FAMIGLIA TRA CRISI E SPERANZA
Nella storia è sempre stata oggetto di amore e di odio

di Giordano Muraro *
Quando si parla di famiglia qualcuno ironizza: in una società ad alto livello tecnologico, la famiglia ha perso gran parte delle funzioni che la rendevano indispensabile ed è diventata un’istituzione superata.
Eppure la Chiesa, nonostante tutto lo sviluppo culturale e tecnico, continua a considerare la famiglia come un luogo insostituibile di crescita e di sviluppo della persona (GS cap. 1).
I sondaggi sembrano confermare questa posizione. La gente, nonostante le apparenze, continua ad apprezzare e ad amare la famiglia. I dati più recenti (2003) ci parlano di un 4% di “unioni libere” sul totale delle famiglie. Si può quindi affermare che in Italia la famiglia “tiene” e non è sulla via del tramonto come molti vanno ipotizzando ormai da un secolo.
Sul tema “famiglia” troviamo tre filoni di pensiero che non si fermano al dato culturale ma determinano anche dei comportamenti pratici nella famiglia e verso di essa.

La famiglia e la sua “morte”
Il primo filone, pessimistico, auspica “la morte della famiglia” per due motivi:
•    perché a livello personale questa è il luogo dell’oppressione, una gabbia in cui si finisce con l’inganno dell’innamoramento;
•    perché a livello sociale la famiglia è una cinghia di trasmissione delle idee conservatrici.
Queste idee sono portate avanti a livello ideologico (la famiglia è una realtà superata e quindi dannosa) ma soprattutto divulgativo, specie tra i giovani. Ciò si riflette anche sul pensiero della gente comune che finisce per qualificare la famiglia come “tomba dell’amore”, “prigione”, “palla al piede”, “solitudine a due”.
Anche in ambito religioso cristiano è circolata per lungo tempo una certa disistima nei confronti del matrimonio: una scelta di serie B rispetto alla vita consacrata, un “rimedio alla concupiscenza”. Lo stesso sacramento veniva visto più come un aiuto per affrontare le difficoltà della vita che una vocazione.
Questo ha inciso molto sui ritardi della teologia nei confronti del matrimonio.

La famiglia ”utile”
Questo filone è portatore di un messaggio pseudo-positivo: apparentemente sostiene il valore del matrimonio e della famiglia ma nasconde una mentalità sociale strumentalizzante.
Si manifesta soprattutto a livello sociale: la società, nonostante l’ambizione a trasformarsi in stato assistenziale, constata frequentemente che è incapace di garantire a tutti “dalla culla alla tomba” l’assistenza di cui hanno bisogno.
Così si riscopre la famiglia come luogo dove quelle situazioni che richiedono grandi investimenti economici, dedizione e affetto (anziani, handicappati, drogati, malati mentali, ecc.) possono essere “ributtati”.
Non c’è il riconoscimento dei valori della famiglia ma meramente di una visione utilitarista che concepisce questa istituzione come “funzionale alle carenze della stato”.
Questo ha risvolti anche a livello personale: il bisogno d’amore, anche se ignorato dalla società come elemento indispensabile per la persona, è sempre più forte tra i giovani. Ma gli stessi giovani incorrono facilmente in due errori.
Il primo è concepire l’amore come il “riposo gioioso nel possesso della persona amata”; la vita di coppia viene vista come fonte di felicità che bisogna solo accogliere. Ma l’amore è un’altra cosa e ciò genera delusione e la fine precoce della relazione.
Il secondo, legato al primo, riguarda l’esagerato investimento personale nel rapporto affettivo, come se in esso la persona possa trovare una risposta globale ai suoi bisogni, ignorando i limiti che questa grande esperienza di vita comunque possiede.

La famiglia “dono dell’amore”
Il terzo filone, decisamente positivo, è quello proposto dalla Chiesa a partire dal Vaticano II fino ad oggi.
Le speranze e la fiducia che la Chiesa oggi ripone nel matrimonio e nella famiglia non sono - come qualcuno ha insinuato - una rivalutazione funzionale alla carenza di clero, ma sono fondate sulla persuasione che la famiglia è depositaria del dono fondamentale per la vita della persona: il dono dell’amore.
Nella famiglia, grazie all’amore, ciascuno viene accolto per quello che è e non per quello che ha o produce.
In famiglia ciascuno può esprimersi senza camuffamenti e senza la paura di essere rifiutato, è tra tutte le esperienze umane quella che è più simile all’Amore con cui Dio ci ha donato la vita, ci conserva in essa e dà senso e finalità al nostro esistere.

Pura utopia?
È proprio su questo messaggio positivo che si accentuano le critiche.
L’esperienza dimostra che l’amore è un sogno che non diventa mai realtà oppure è puramente episodico.
L’amore non esiste, è un inganno della natura, è un sentimento che promette molto ma poi non mantiene quasi nulla di quanto promesso. E questo è ancora più accentuato nel matrimonio e nella famiglia.
Ma il problema è mal posto.
Siamo consapevoli che la coppia e la famiglia possono fallire e trasformarsi da luogo d’amore in un inferno segnato dall’astio se non dall’odio.
Ma la conclusione non deve essere l’abolizione della famiglia ma la necessità di una seria preparazione per coloro che aspirano a entrare in questa esperienza, perché la vivano in modo costruttivo. Ogni fatto umano è come un campo in cui può nascere grano o zizzania (Mt 13,24-30); non per questo si è autorizzati a falciare tutto!
Il problema è un altro.
L’uomo per nascere, crescere, vivere e svilupparsi ha bisogno di un rapporto d’amore in cui si senta accolto e preso in carico per sempre e in ogni situazione di vita; un rapporto che contemporaneamente lo faccia sentire responsabile della vita della persona che lo ha accolto, in modo totale e per sempre.
La risposta che l’umanità ha dato a questa domanda è il matrimonio e la famiglia. Si potranno modificare all’infinito le modalità storico-culturali che rivestono gli elementi essenziali (rapporto totalizzante, reciproco, fedele, per sempre, fecondo) e perfezionarne alcuni aspetti, come le modalità di rapporto tra uomo e donna, tra genitori e figli, tra nuova famiglia e famiglia d’origine, tra famiglia e società. Ma, per quanto si sia cercato, non si è ancora trovato niente di meglio per rispondere a queste esigenze fondamentali della persona. In una battuta: se matrimonio e famiglia non esistessero bisognerebbe inventarli!
* teologo morale

Per il lavoro di gruppo:
L’esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II è uno dei documenti più completi per conoscere il pensiero aggiornato della Chiesa sul matrimonio e la famiglia.
L’invito è quello di leggere, da soli o in coppia, i numeri 4-10 del documento, che sono un piccolo trattato su come la Chiesa oggi concepisce la pastorale familiare, sottolineando i passi che più ci colpiscono e condividendoli poi nell’incontro di gruppo.

 

FAMIGLIA E SOCIETÀ: DUE REALTÀ AUTONOME MA INTERAGENTI
Non sottovalutiamo la forza della famiglia!

Di Giordano Muraro*
La famiglia e la società sono due realtà che ci accompagnano per tutta la vita, perché la famiglia è il luogo in cui viviamo e la società è lo scenario in cui abitiamo. Due realtà originali, autonome ma non indipendenti e autosufficienti, bensì interagenti.
La famiglia vive nella società e ne accoglie suggerimenti e condizionamenti. La società a sua volta riceve forme e condizionamenti dalla famiglia, e si costruisce tenendo conto di questi influssi.

Due aggregazioni umane originali e interattive
Nessuna delle due aggregazioni si comporta in modo passivo, subendo quanto una influisce sull'altra; ma ognuna di esse reagisce e adatta tutto ciò che riceve alle sue esigenze. Sono entrambe due realtà vive, per cui non subiscono, ma accolgono ciò che serve alla loro vita, e rifiutano ciò che le danneggia.
Spesso questa operazione non avviene in tempi brevi, senza scossoni e squilibri; talora il processo di armonizzazione tra queste due aggregazioni umane è lento e doloroso, e avviene con traumi e ferite.
Ma entrambe hanno la forza di reagire e di riassestarsi sia al loro interno, sia nella reciproca relazione.

La famiglia subisce la società?
Sappiamo molto bene che non è facile accettare l'idea che la famiglia goda di una sua autonomia e che non sia tutta funzionale alla società e da essa dipendente.
Siamo giunti ad accettare la definizione della famiglia come "cellula della società": una definizione falsa e fuorviante, frutto di ideologie che tendono a mettere in ombra e a negare (talora senza accorgersene) la naturalità e l'originalità della famiglia rispetto ad ogni altro tipo di aggregazione umana, compresa l'aggregazione sociale.
Questa definizione è entrata purtroppo in modo pieno anche nei documenti ecclesiali, contribuendo a creare confusione sulla natura e funzione della famiglia di fronte alla società.
Siamo stati abituati a considerare la famiglia come una entità passiva, succube delle trasformazione della società e da essa condizionata nella sua vita e nelle modalità della sua vita.

La forza della famiglia
Ma gli studi di alcuni autori (Laslett, Ariès, Tocqueville, la Scuola di Francoforte) apparsi in varie epoche, soprattutto recentemente, sono stati di grande aiuto per far capire quanta forza la famiglia possieda e quale capacità di influsso abbia su tutta la società.
In estrema sintesi, Laslett mostra come la famiglia nucleare sia di molto anteriore alla rivoluzione industriale e ne sia uno dei presupposti. Ariès dimostra come la scoperta del ruolo del fanciullo sia avvenuta molto prima del processo industriale, per una modificazione interna delle relazioni familiari.
Tocqueville ipotizza che "i processi di democratizzazione riscontrabili negli Stati Uniti d'America siano strettamente collegati agli analoghi processi precedentemente intervenuti nella sfera domestica, con il riconoscimento di un nuovo ruolo della donna e dei figli".
In negativo, la Scuola di Francoforte lega strettamente l'origine del nazismo al carattere fortemente autoritario della famiglia tedesca. Analogamente possiamo parlare della famiglia borghese e latifondista che favorisce (anche se non crea) il fascismo.
In campo ecclesiale questa consapevolezza è stata espressa con l'affermazione che la famiglia è "soggetto e non solo oggetto di pastorale": interagisce con la comunità ecclesiale ap-portando e ricevendo vita.

Le relazioni società-famiglia.
Possiamo ipotizzare tre tipi di relazione tra famiglia e società.
La prima è la relazione passiva, in cui la famiglia diventa succube delle trasformazioni sociali e adatta sé a queste trasformazioni.
È la famiglia che stabilisce con la società un rapporto di sudditanza, e un conseguente atteggiamento di mendicante che elemosina dalla società l'aiuto per vivere.
La seconda è la relazione indifferente, in cui la famiglia si ritira nel suo privato, e vive di vita propria, disinteressandosi della società. La famiglia tende a diventare autonoma, e risponde alla società con un atteggiamento di indifferenza e diffidenza, perché si sente da essa ignorata e trascurata: anzi giudica la società come un pericolo (non solo non è aiutata, ma nella società trova la microcriminalità, la droga, l'aids, l'irrisione dei valori, l'assenza di aiuti promessi, ecc.) dal quale si difende con la "doppia morale" o con il corporativismo familiare.
L’ultima è la relazione interattiva, in cui la famiglia prende coscienza di essere una aggregazione umana naturale, dotata di vita propria e originale, che interagisce alla pari con un'altra aggregazione naturale, la società.
È la famiglia che pretende di essere riconosciuta nella sua dignità e che stabilisce con la società un rapporto paritario, regolato da reciproci diritti e doveri, in vista della formazione del bene comune di entrambi, quello sociale e quello familiare.

Società, famiglia e persona
Noi riteniamo che questa sia il vero rapporto richiesto dalla natura di queste due naturali aggregazioni. Non solo perché l'esperienza lo dimostra, ma soprattutto perché solo in questo modo le due prime e uniche aggregazioni naturali possono vivere e potenziarsi per il bene della persona.
Questa affermazione parte da uno schema che capovolge quello al quale siamo stati abituati.
Ci è stato sempre insegnato che il rapporto tra società, famiglia e persona è configurabile in una linea verticale che ha alla sommità la società, quindi la famiglia, e in ultimo la persona.
Questa schema deve essere sostituito dalla figura di una piramide che ha al vertice la persona, e alle due estremità della base la società e la famiglia che esistono e agiscono in funzione della persona. Nulla è al di sopra della persona, perché è la persona è l' "unico essere che Dio ha creato per se stesso", quindi non subordinabile ad alcun'altra realtà che non sia Dio.
Società e famiglia sono tra loro pari ed autonome (anche se interdipendenti); ed entrambi - ognuna per quello che ha - sono funzionali alla crescita umana - e cristiana - della persona.
Cioè la ragione del loro esistere e agire è il bene delle persone.
* Teologo morale

FAMILISMO E INFORMAZIONE AMORALE

La promozione della persona non si ottiene quando la famiglia prevarica nei confronti della società né quando la società prevarica nei confronti della famiglia.
La famiglia prevarica soprattutto quando si ritira in se stessa - il riflusso nel privato - e dà vita alla doppia morale, cioè quando non contribuisce al bene comune con la formazione del cittadino e con gli interventi nel sociale nei luoghi dove si trova per lavoro o per educazione dei figli o per volontariato.
Un esempio di familismo amorale non è solo quello praticato nelle famiglie legate a clan malavitosi (p.e. assalendo la polizia nel caso di arresto di uno dei membri) o in gruppi ben precisi di nomadi che fanno del furto la norma di vita, ma è anche presente in televisione, ben camuffato sotto la forma di finction.
Come definire, infatti, il cosidetto “metodo Cesaroni” che consiste nel raggiungere quello che vuoi anche usando sistemi discutibili, p.e. come nel caso di Lucia, che per farsi dare la maglietta di Totti, arriva a dire che il figlio è malato terminale? Oppure nel caso dello zio che suggerisce ai nipoti di scaricarsi i nervi andando a rigare la automobili parcheggiate in strada? (1).

La società prevarica nei confronti della famiglia quando la obbliga ad essere funzionale ai suoi progetti di potenza, come nelle società autoritarie e dittatoriali, o ai suoi progetti economici, come nelle società liberal-capitalistiche, o entrambi, come nella società dittatoriale materialista.
Un esempio, sempre preso dalla televisione, è dato dall’informazione: ci sono programmi tv assolutamente brutti, come Grandi fratelli e Isole dei famosi, ma il sospetto è che la spazzatura sia da cercare nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento (2).
Citazioni riprese, a cura della redazione, da Massimo Gramellini (1) e Gianni Vattimo (2) da: La Stampa, 5 ottobre 2008, p. 10-11.

I testi sono tratti dalle dispense fornite dall'autore nel corso: Teologia morale sociale e famiglia, Biennio di specializzazione in Teologia Morale, Torino anno 2007-2008. Sintesi della redazione.