Anteprima foglio di collegamento
GF66 - settembre 2009 - Genitori e figli

p.2 INTRODUZIONE
EMERGENZA EDUCATIVA? di Franco Rosada

p.3-4 GENITORI E FIGLI
L’ARTE DI EDUCARE di Maria Poetto, psicologa
Nell’educare si fa riferimento alla propria esperienza, al bagaglio educativo ricevuto, agendo per imitazione o per opposizione. Serve invece un'elaborazione personale.
Offrire una relazione che aiuti a crescere.
L’essere umano è costitutivamente un essere in relazione. Nella relazione capiamo chi siamo, qual è il nostro valore attraverso il rimando che gli altri ci danno.
Dio stesso è relazione (è Uno in tre Persone) e cerca la relazione con l’uomo.
Per costruire una buona stima di sé il figlio deve aver sperimentato una relazione "sufficientemente buona".
Nella famiglia curare soprattutto la relazione emotiva.
Le emozioni vanno vissute, fanno parte di noi.
Ogni emozione contiene un messaggio, mi dice qualcosa, non può essere considerata a priori buona o cattiva.
Anche Gesù ha vissuto in pienezza la sua umanità e le sue emozioni!
L’aggressività non è solo negativa, non è sempre in contrasto con l’essere buoni.
Anche Gesù si è arrabbiato, indignato quando i discepoli gli allontanavano i bambini.
È sano arrabbiarsi quando vengono calpestati dei valori.
Serve coerenza tra ciò si dice e ciò che si fa, altrimenti si perde credibilità.
I ragazzini sono molto abili nel cogliere disarmonie e contraddizioni. È inutile dare delle regole se non si vivono o almeno si cerca di viverle.
Gesù ci ricorda: "Non chi dice: Signore… ma chi fa…".
Curare l’ascolto anche di ciò che è aldilà del messaggio verbale.
Prima di rimproverare, punire, dare regole serve chiederci perché si comporta così.
Così è l’atteggiamento di Dio nei nostri confronti: quello del Buon Samaritano.
GF di Pinerolo, incontro a Buriasco, 25 gennaio 2009

p.5-6 NOI E I BAMBINI
L'INFANZIA INTERROGA IL MONDO ADULTO di Giovanni Capello, psicologo
La famiglia non sta benissimo ma continua ad essere un punto di riferimento.
Dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva.
Oggi il compito dei genitori sembra quello di rendere i figli felici.
Ma bisogna distinguere tra felicità e soddisfazione.
Essere soddisfatto (fatto sazio) è aver avuto un bel voto, un complimento: ma se questi non arrivano?
Essere felice (etimologicamente) vuol dire che io sono utile a qualcun altro.
Se ricevo un regalo sono soddisfatto, se faccio un regalo con il cuore sono felice!
Un mondo individualista
De Rita: siamo come tanti coriandoli, accanto ma non insieme.
Non c'è più la piazza, il luogo d'incontro, di scambio e di confronto.
Siamo incapaci di lavorare in gruppo, noi adulti e i nostri figli.
Uno è coppia perché coltiva la coppia, è famiglia perché coltiva la famiglia.
O si lavora sulla famiglia o la famiglia si rompe.
Il ruolo della madre
Alla mamma interessa la vita del figlio, al padre i suoi risultati.
Oggi le mamme fanno di tutto per rendere ai figli la vita comoda, sente il bisogno di essere perfetta e va in crisi.
Ma a i figli servono delle mamme non proprio perfette, che si sappiano fare desiderare e non precedano sempre i desideri del figlio.
Oggi per la donna e tutto più complicato: deve essere moglie madre e lavoratrice.
Questo fa nascere sensi di colpa, si fa un solo figlio che viene trattato come un imperatore. Il rischio è che a 25 anni qual figlio non sia autonomo.
Il ruolo del padre
Il padre è il terzo, che si interpone tra madre e figlio. È compito del padre dare dispiaceri al figlio perché dire dei NO.
Ma i padri oggi sono narcisisti, hanno bisogno di sentirsi dire che sono bravi.
Così la valutazione dei genitori sembra finita nelle mani dei figli.
Il ruolo di entrambi
I nostri figli colgono l'idea che abbiamo sul modo con cui l'altro/a fa il genitore.
Per crescere un bambino è necessario che la madre salvi comunque un pezzo del padre e viceversa.
Suggerimenti
Raccontare storie: le nostre storie, quelle della nostra famiglia, della nostra coppia.
Sfogliare album di foto con le nostre fotografie (non quelle dei figli).
Questo perché nella nostra storia c'è il loro futuro.
Scuola per genitori, Torino, 18 gennaio 2008

p.7-8 NOI E GLI ADOLESCENTI
L'ADOLESCENZA INTERROGA IL MONDO ADULTO di Giovanni Capello, psicologo
Le domande d'auto arrivano dai genitori, non dai figli.
Il bullismo
Foto su YouTube di maltrattamenti ad un ragazzo handicappato: ma cosa abbiamo fatto di male? Non c'è la percezione del male compiuto, non ci si mette nei panni dell'altro, non si pensa alle sofferenze procurate.
Ma è un problema di adulti che non riescono ad educarli.
Il bullismo è molto esteso e riguarda anche gli adulti, l'ambiente di lavoro, anche se non si chiama così.
Una questione di giustizia
Il bullismo non è un problema di regole ma di giustizia. Ciò che scatena l'aggressività è un diffuso sentimento d'ingiustizia.
Ma L'adulto se vuole insegnare la giustizia deve esser giusto, coerente affidabile.
Noi adulti, anche se non lo cogliamo, siamo molto importanti per gli adolescenti.
Proteggere i figli
Proteggere può voler dire soccorrere, difendere (e allora alla prima nota si è dall'insegnante a protestare) oppure favorire un'attività.
Cosa va incrementato nei giovani perché diventi un fattore di protezione? L'autonomia!
L'educatore deve aiutare i figli a sentirsi cittadini del mondo.
E la sicurezza?
Il bisogno di sicurezza oggi è fortissimo. Ma se si popola il mondo di nemici non si potrà che avere più paura e non ci saranno mai abbastanza poliziotti. La sicurezza è un bene stabile quando ci si sente in compagni a di amici e non di nemici.
Noi siamo responsabili di come presentiamo il mondo ai nostri figli.
Che mondo presentiamo?
Come adulti siamo responsabili di come presentiamo il mondo ai nostri figli.
È un mondo che cambia di continuo e che possiamo desiderare diverso ma che siamo tenuti a presentare in modo autorevole, assumendocene la responsabilità.
Uno dei compiti dell'adulto e quello della generabilità: si tratta di farsi carico della vita, di tutte le vite, anche se non sono nostri figli biologici.
Siamo, seppure inconsapevolmente, mediatori tra gli adolescenti e la realtà.
I figli sembra che non ci ascoltino, ma colgono i nostri commenti su quanto passa in TV, su quello che diciamo tra adulti.
Non è una questione etica, ma educativa: attraverso quanto dico e faccio trasmetto ai giovani il mio modo di intendere il mondo, i rapporti con gli altri.
Suggerimenti
De Rita: le soluzioni possono venire solo dalle minoranze, e la famiglia è minoranza.
Quando una famiglia si mette con altre famiglie, non solo per far festa ma anche per confrontarsi, si creano occasioni. Coltivare relazioni buone, positive è un investimento educativo.
Scuola per genitori, Torino, 9 febbraio 2008

p.9-10 L'ARTE DI EDUCARE
PERCHÉ I SOGNI DEI GIOVANI NON DIVENTINO UNA TRAPPOLA di Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e dell'associazione Libera
Educare è parola sospetta perché ancora nella testa di troppi c’è l’idea che c’è chi educa e chi è educato. Educare vuol dire invece fornire gli strumenti, accompagnare.
Il coraggio di essere analfabeti
Sono avvenuti nel mondo dei cambiamenti così veloci che ci impongono di essere analfabeti, cioè non sentirsi mai a posto, mai arrivato. Dobbiamo avere paura di chi ha capito tutto e di chi sa tutto.
Il passaggio dai sogni alla responsabilità
Con i ragazzi è importante confrontarsi, produrre sapere, imparare a leggere la realtà.
Soprattutto, noi dobbiamo aiutarli a passare dai sogni alla responsabilità perché viviamo in una società dove l’informazione, la televisione, la pubblicità spesso ci vogliono "rubare" i sogni. Oggi i nostri ragazzi sono sommersi da un mondo virtuale. Chi li aiuta a calare il virtuale nel reale?
Il passaggio dal virtuale al reale
Paradossalmente, anche i suicidi dei 15,16enni riflettono questa confusione tra reale e virtuale. Quando queste ragazzine mandano sms a tutte le amiche in cui dicono che si ammazzano mi viene il dubbio che non abbiano la percezione che quel gesto è per sempre, che non è virtuale.
Dobbiamo aiutare i ragazzi a liberare i veri sogni, è questa una nuova sfida educativa.
Educarci a consumare
Oggi più che mai dobbiamo educarci a consumare perché il rischio è di consumare noi stessi. Sprechiamo energie, denaro, forze, tempo, si sprecano cibi.
Se si dà troppo importanza alle cose si finisce per non attribuirne alcuna a ciò che non è palpabile come il senso delle cose, la ricerca dei significati, la dimensione spirituale…
COME AIUTARE I RAGAZZI A CRESCERE?
La chiave di tutto sta in pochi elementi, prettamente educativi.
Il primo, che per me è quello fondamentale, è la relazione.
L’ascolto e il confronto
La relazione è il mezzo per crescere, per capire, per progettare insieme ai nostri ragazzi. Che vuol dire l’ascolto, vuol dire la comunicazione, vuol dire il confronto fatto nelle piccole cose. E i ragazzi hanno bisogno di trovare degli adulti veri, credibili, coerenti.
Il riconoscimento delle competenze
Il secondo passaggio consiste nel riconoscere ai ragazzi le loro competenze. I ragazzi devono essere aiutati a capire che anche loro possono portare il loro contributo a un cambiamento. E il cambiamento inizia dagli stili di vita, dalle azioni minori.
Dare spazio alle emozioni

Un altro elemento importante è deve dare spazio alle emozioni e ai vissuti dei ragazzi. Che a noi possono apparire banali, ma quando hai 15 anni sono vitali. Uno degli aspetti su cui chiedo oggi attenzione a tutti sono le domande mute, non solo quelle espresse.
Ritrovare il senso dell’altro
Un ultimo punto consiste nell'aiutare i ragazzi a vivere la dimensione soggettiva ma anche quella collettiva. Non ci sei solo tu, i tuoi problemi, le tue sicurezze. Ci sono anche gli altri.
Io non sono un tecnico, non sono un esperto, non sono un economista, non sono un insegnante, ho una laurea in scienze confuse. Però ogni giorno credo nell’incontro con i ragazzi, con le scuole, con gli insegnanti, con i genitori.
Gruppo Abele, Quaderni di Animazione Sociale, aprile 2008