IL NUOVO TESTAMENTO: IL COMPIMENTO DELLE PROMESSE
Quanto annunciato nell’AT, in Cristo si realizza
L'esperienza fondamentale del cristianesimo è il mistero pasquale, dal quale i discepoli comprendono che "Principio del Vangelo" è "Gesù, Cristo, Figlio di Dio" (Mc 1,1).

di Maria Rita Marenco*
Il fondamento teologico del NT è la memoria di Gesù (anamnesi) mentre il terreno di base su cui si innesta è l'AT.

L'anamnesi
Il ricordare, il fare memoria, sia del Gesù terreno che del Cristo risorto, caratterizzano gli inizi del cristianesimo. È proprio il linguaggio usato nel NT che ci trasmette questa informazione: in esso compaiono per 75 volte verbi che fanno riferimento alla memoria.
Lo sviluppo dei testi è simile a quelli dell'AT, prima c'è la tradizione orale e solo in un secondo tempo c'è quella scritta, anche se in questo caso i tempi sono molto più ristretti (i primi testi sono di Paolo, nel 50 d.c., Marco è stato scritto negli anni 60 d.c.).
È Gesù stesso che invita i suoi al ricordo: "fate questo in memoria di me" è la frase chiave dell'ultima cena; a questo si aggiunge una memoria "raccontata" tipica di Giovanni: "i discepoli si ricordarono…" (p.e. Gv 2,17; 2,22; 12,16).
Attraverso la memoria Gesù viene compreso come rivelazione di Dio, il compimento della rivelazione iniziata con l'AT. È l'antica alleanza che diventa eterna alleanza..
Attraverso l'esperienza di fede dei testimoni di Gesù è possibile per noi oggi parlare di Lui.
Nel NT troviamo l'azione di Dio nella Storia ma anche la fede dei testimoni, attraverso documenti storici e di fede, narrazioni teologiche. Fatto curioso: sia l'ultimo libro della Torah (il Deuteronomio) che l'ultimo dei Vangeli (Giovanni) sono attraversati da un richiamo continuo, il dovere di ascoltare e custodire.
Nel primo testo la frase "ascolta Israele" risuona per sette volte, nel secondo le parole "ascolta", "ascoltare", "ascoltate" ricorrono nove volte.

Nuovo e Antico Testamento
L'AT è il terreno su cui si sviluppa la tradizione su Gesù. Il NT parla il linguaggio dell'AT, quando si riferisce ai Profeti, ai Salmi. L'AT contiene la storia profetica, le profezie cristologiche che hanno anticipato Gesù, in cui possiamo collocare la Sua figura.
La struttura del Nuovo Testamento
Parte dai Vangeli e termina con l'Apocalisse. Ma quest'ordine non è di tipo cronologico: infatti, la prima e la seconda lettera ai Tessalonicesi si collocano intorno agli anni 50 d.c. L'ordine con cui sono stati disposti i testi ha un significato teologico: i 27 libro del NT ci parlano tutti di Gesù, seppure in modo diverso.
In essi Gesù vi appare come guaritore e testimone (martire), profeta e maestro.
Ma mentre i maestri giudei venivano scelti dai discepoli in base alla loro fama, è Gesù che sceglie i suoi discepoli, che a loro volta diventano testimoni privilegiati. Egli, al contrario degli altri maestri, che chiedevano l'adesione alla legge, chiede l'adesione alla sua persona. Questo modello controcorrente che Gesù propone si fonda sulle caratteristiche del suo annuncio: il Regno di Dio.
È tra i discepoli che nasce una tradizione coltivata su Gesù: p.e. i detti sulla missione, sulla comunità, sulla centralità del Cristo (il "lasciare tutto", Lc 5,28; il non voltarsi indietro, Lc 9,62).
Il punto di svolta della loro fede è costituito dalla Pasqua: nascono da qui le formule di annuncio sulla resurrezione, i racconti di apparizione. Con la Pasqua Gesù passa da annunciatore ad annunciato.

La genesi del NT
La possiamo sintetizzare in quattro verbi: riconoscere, trasformare, attualizzare, adattare.
Questi verbi rappresentano le quattro tappe del cammino dei primi testimoni, tappe che siamo invitati a compiere anche noi.
Riconoscere. Significa fare esperienza del legame inscindibile che vi è tra il Maestro e il Cristo. Significa per noi riconoscerlo nella nostra comunità.
Trasformare. Questo è un dono dello Spirito, che permette ai discepoli di rileggere tutta la vita di Gesù alla luce della resurrezione. È la trasformazione che dovrebbe produrre in noi la partecipazione all'Eucaristia.
Attualizzare. La trasmissione avviene all'interno di una tradizione viva. Questo vuol dire ricordarsi che la Parola non appartiene solo al passato, ma anche al presente.
Adattare. I testi, tramandati per via prima orale e poi scritta, vengono adattati dall'aramaico al greco, alle esigenze delle comunità per le quali in vangelo è scritto. Per noi vuol dire "vivere" la Parola, renderla riferimento della nostra vita.

L'esperienza della Pasqua
Il NT è frutto di testimoni che ci hanno trasmesso una tradizione fedele, legata sia al Gesù storico sia al Cristo risorto.
L'esperienza fondamentale del cristianesimo è il mistero pasquale, dal quale i discepoli comprendono che "Principio del Vangelo" è "Gesù, Cristo, Figlio di Dio" (Mc 1,1).
Dopo questa esperienza la fede in Cristo si manifesta attraverso l'annuncio, la catechesi, la liturgia (le formule liturgiche): è in quest'ambito che nascono i Vangeli.

La struttura del NT
Troviamo nel NT due correnti di predicazione: la prima parte dalla Pasqua e ci mostra l'inizio delle prime comunità - Atti, Paolo, lettere apostoliche -, la seconda, sempre partendo dalla Pasqua (i racconti della passione) recupera il Gesù terreno - fatti, detti, miracoli -, e dà origine ai Vangeli.
I Vangeli sono una teologia della parola di Gesù, una biografia kerigmatica: parlando di Gesù che annuncia il Regno di Dio ci raccontano, nello stesso tempo, chi è Gesù. Per questo sono i libri che aprono il NT.
Paolo e Atti ci parlano della vita delle prime comunità, di come lo Spirito agisce in esse (p.e. l'inizio di Atti: Lo Spirito che scende sulla Chiesa).
Il NT è quindi una piccola biblioteca della comunità cristiana primitiva.
Questa biblioteca ci offre una lettura a più facce su Gesù.

Entrare nel Vangelo Gesù
Per entrarvi possiamo seguire due letture: la prima è verticale, scoprendo il rapporto che ci deve essere tra l'uomo e Dio; la seconda è orizzontale, scoprendo il rapporto che dovremmo avere con gli altri. Un passo che riassume bene queste due letture lo troviamo nella risposta di Gesù alla domanda: "qual è il più grande comandamento della legge?" (Mt 22,36-40). La Sua risposta è duplice: Dio e il prossimo.
Per entrarvi possiamo seguire diverse vie.
La prima è quella di Pietro. È la più classica, e la troviamo ben descritta in Marco: prima c'è la comprensione di Gesù come il Cristo (Mc 8,29), poi come Figlio nella Gloria di Dio (Mc 9,7), ed infine come Messia sofferente. Solo chi lo riconosce in quest'ultimo modo - il centurione romano, immagine simbolica di Pietro - può stare sotto la croce.
La seconda è la via di Giovanni, il discepolo che Gesù amava. È la più difficile: la sua è una fede illuminante, gli è subito chiaro chi è Gesù (Gv 1,41), è l'unico discepolo sotto la croce (Gv 19,26), crede nella Sua resurrezione appena vede i "segni" nel sepolcro vuoto (Gv 20,8).
La terza è quella di Maria, la più nascosta. Luca di lei sottolinea il suo sì definitivo (Lc 1,38), Giovanni il suo ruolo di mediatrice (Gv 2,3).
L'ultima è la via dell' "antitipo", di colui che abbandona, che rinuncia alla sequela o pone condizioni. Ne sono esempio i tre discepoli di cui parla Luca (9,57 ss). Questo brano sottolinea la radicalità della chiamata, ma se Lui ci chiama a seguirlo ci darà anche la forza, la grazia, per farlo.

* docente di Nuovo Testamento presso la Facoltà Teologica di Torino.
Testo non rivisto dall'autore, sintesi della redazione.

LA CHIAMATA DI PAOLO DI TARSO

L'incontro di Paolo con Cristo risorto è un'esperienza di rivelazione, non di conversione. Paolo ne parla in Gal 1,15, usando praticamente le stesse parole di Geremia ((Ger 1,5).
La chiamata di Paolo è superiore a quella ricevuta dai profeti: questi erano chiamati per annunciare il compimento di una promessa, egli è chiamato per annunciare la realizzazione di un tempo che si attendeva e che si è compiuto in Cristo.
Paolo, incontrando Cristo, non rinnega il giudaismo ma riconosce in Lui il Messia che Israele attendeva. Il compimento delle Scritture è Cristo, e in Lui che si realizzano le promesse dell'AT.
Con Cristo si realizza il disegno (mistero) di Dio di ricapitolare in Lui tutte le cose del cielo e della terra (Ef 1,10), in pratica realizzare in Lui una nuova creazione.
Ricapitolare tutto in Cristo, secondo Romano Penna, non significa porre Cristo a capo del creato, ma innalzare il creato al suo livello.
Il cammino apostolico di Paolo, seppure in tappe successive, è considerato dall'interessato come un unico grande viaggio, che si muove a cerchi concentrici partendo da Gerusalemme. Il centro è Sion perché li si è compiuto il mistero pasquale.
Paolo riprende con i suoi viaggi, un tema tipicamente biblico: pensiamo soltanto a Esodo e al cammino di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme.
Per comprendere le lettere di Paolo, di primo acchito difficili da decifrare, bisogna ricordare che sono destinate a delle Chiese, a comunità che hanno già ricevuto e accolto l'annuncio pasquale.
È solo cogliendo questo annuncio, che traspare tra le righe delle lettere, che queste diventano più comprensibili.

Maria Rita Marenco