Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF72 - marzo 2011 - Peccato e riconciliazione
La riconcilazione, prima che un sacramento, è una condizione del cuore

1-Editoriale: IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE
Un cammino per vivere al meglio la Quaresima
Pratichiamo la preghiera, l’esame di coscienza, la confessione, aiutiamoci con la Revisione di Vita per prepararci bene alla Pasqua di Resurrezione

di Nicoletta e Corrado Demarchi
Nel mondo attuale, dove tutto è permesso, tutto si può fare, tutti ci sentiamo bravi, coerenti ed innocenti, è difficile comprendere ed apprezzare quale grande dono ci viene fatto dal Signore con il Sacramento della Riconciliazione.
Gesù ci ammonisce per la grande facilità con cui siamo sempre pronti nel giudicare gli altri: "Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello" (Mt 7,5).
Le nostre coscienze si sono assopite, intorpidite da una supponenza e da una cecità tipica degli scribi e farisei nel Vangelo.
Di fronte a tutti i Santi che indistintamente si sentivano grandi peccatori, chiediamoci come possiamo noi dirci "santi", se non ci sentiamo mai peccatori?
Non c'è niente di più pericoloso che ignorare il nostro nemico. Nei nostri cuori portiamo il segno del peccato originale dei nostri progenitori. Come possiamo essere così presuntuosi da pensare che Satana - chiamiamolo col suo nome, l'avversario, l'ingannatore - dopo aver tentato il figlio di Dio, possa disinteressarsi di noi?
Il maligno si disinteressa di noi quando siamo già sulla cattiva strada, ma state pur certi che quando ci incamminiamo sulla via della fede si fa sentire; anzi, proprio quando cerchiamo di essere veri testimoni, ci giungono maggiori azioni di disturbo.
Ognuno di noi è soggetto a tentazioni di diverso tenore.
Esse vanno a colpire i nostri punti deboli e possiamo dire che si manifestano dapprima come un cattivo pensiero; il problema nasce quando dal nostro cervello arrivano al nostro cuore, portandoci di fatto a peccare: è un meccanismo molto subdolo, ma sul quale dovremmo tutti essere più attenti.
"Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare" (1Pt 5,8). Una vigilanza che si deve tradurre in azioni concrete di discernimento e prudenza, facendo più attenzione alla scelta dei luoghi ed alle persone che frequentiamo.
Troppo spesso abbiamo la presunzione di poter attraversare un campo infangato uscendone con le scarpe intonse!
Dobbiamo allora, con molta onestà, riprendere l'abitudine di guardare a noi stessi con occhi nuovi, illuminati dalla preghiera, e aprire il nostro cuore alla misericordia di Dio.
La buona regola di un quotidiano esame di coscienza ci aiuterà a non dimenticarci delle nostre azioni di opportunismo e di cattiva testimonianza: un allenamento che, insieme allo strumento della Revisione di Vita, ci faciliterà nel fare cerniera tra la nostra vita ed il Vangelo.
Approfittiamo allora di questo tempo di Quaresima per prendere seriamente in considerazione il nostro cammino di conversione personale.
Le nostre rinunce, i nostri digiuni ci fortificheranno e ci aiuteranno ad essere più umili e forti di fronte alle tentazioni, alimentando la nostra fiducia e la nostra speranza.
La preghiera ci insegnerà a comprendere pienamente il grande dono di Gesù Cristo che per i nostri peccati è morto e risorto, sconfiggendo il male alla radice.
curra@email.it

2-CONFESSO A DIO ONNIPOTENTE E A VOI, FRATELLI, CHE HO MOLTO PECCATO…
PER MIA COLPA, MIA COLPA, MIA GRANDISSIMA COLPA.
Per riconciliarsi è necessario aver prima la consapevolezza di aver peccato ed assumersi le proprie responsabilità

di Franco Rosada
Per sviluppare questa riflessione sul peccato ho provato a seguire il metodo della Revisione di Vita (RdV), che è quello che più da vicino ci può aiutare a fare discernimento su questa realtà.

VEDERE
Il primo punto della RdV prevede il confronto su quello che è il tema dell'incontro, in questo caso il peccato. Per non procede a "ruota libera" ho scelto di commentare le parole del "Confiteor" che costituiscono il titolo di questo articolo.
Confesso…
Confessare cosa? Non sono mica un delinquente! Ucciso non ho, rubato neanche, alla Messa ci vado solo nelle feste "grosse" ma non mi viene in mente altro.
Se c'è un sacramento non più "alla moda" questo è proprio quello della confessione. Ora si preferisce chiamarlo sacramento della riconciliazione ma il popolo cristiano sembra restarne alla larga.
Confessare i peccati a Dio è abbastanza facile, non ti rimprovera, non ti fa domande, non ti dà penitenze, volendo te lo puoi addomesticare a tuo uso e consumo.
Meno facile è confessare il peccato ai fratelli. Certe cose proprio non le posso dire (e neanche lo chiede il confessore): rovinerei la mia famiglia, la mia reputazione. Servirebbe pentirsi, convertirsi, cambiare vita - o almeno provarci - ma questo è tanto faticoso!
Che ho molto peccato…
E poi, diciamocelo: non ho fatto niente di speciale, fanno tutti così!
La pratica dell'auto assoluzione è una via praticata da molti ma ora sembra farsi sempre più spazio un altro concetto: la rimozione del senso del peccato.
Negare il peccato prevede almeno la capacità di riconoscerlo, non avere più senso del peccato significa che tutto è lecito, il bene e il male sono soggettivi. Il bene diventa ciò che mi piace, ciò che mi appaga, mi realizza, il male è tutto ciò che ostacola la mia possibilità di godere pienamente la vita. Una vita che naturalmente non ha speranze extra mondane ma che si gioca tutta nel "qui ed ora".
Il risultato di questa ricerca della felicità a tutti i costi ha sovente un unico risultato: l'infelicità.

GIUDICARE
Il secondo momento della RdV prevede il confronto con la Parola di Dio. Il primo brano scelto è quello della caduta primordiale (Gn 3).
Adamo ed Eva
Nel testo il peccato è descritto come pretesa di realizzarsi senza Dio o contro la volontà di Dio e lacera la realtà relazionale dell'uomo.
Il peccato comporta una rottura del rapporto personale con Dio: è la pretesa di un'autonomia morale. E poiché l'uomo è "immagine" di Dio, l'allontanarsi da Lui si ripercuote a tutti i livelli dell'esperienza umana (Gn 3,5).
La rottura del rapporto con Dio lacera per prima cosa l'equilibrio interiore dell'uomo, che sperimenta la propria lacerazione - tra "carne" e "spirito" - e la propria impotenza - nudità (Gn 3,7).
Poi scardina i rapporti con il prossimo, generando comportamenti disordinati e socialmente ingiusti. Adamo scarica la responsabilità del proprio comportamento su Eva, Eva sul serpente (Gn 3,12-13).
Infine sovverte anche le relazioni dell'uomo con la terra, il creato. Il rapporto iniziale, fatto di cura e di custodia, diventa un rapporto alienato. Il lavoro diventa fatica e dolore (Gn 3,17-19).
Ma il peccato non significa perdita di ogni rapporto con Dio. L'uomo resta "immagine" di Dio ma un'immagine scolorita, deturpata, bisognosa di restauro. Sarà questa una delle prospettive secondo cui il Nuovo Testamento interpreterà l'opera di Cristo, "l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" (Gv 1,29).
Su questa stessa linea si pone un altro brano, tratto dalla lettera ai Romani (Rm 5,12-17).
Adamo e Cristo
Semplificando molto possiamo dire che Paolo vede nelle figure di Adamo e Cristo la duplice situazione dell'uomo peccatore e dell'uomo perfetto e salvato. Tutti hanno una solidarietà con Adamo nella carne e nella debolezza della colpa. È per questa via che l'umanità precipita nella morte, intesa in tutte le sue dimensioni: morali, spirituali e materiali.
Tutti, però, possono accogliere in sé un'altra solidarietà, quella con Cristo attraverso la fede. Questa solidarietà è sorgente della salvezza e della vita, intesa in tutte le sue dimensioni, ma soprattutto espressione della comunione con Dio. Questa seconda solidarietà è ben più alta e più forte: non libera solo dal male ma introduce nella stessa vita divina.
Il peccato originale
I due brani sono stati scelti perché non solo ci parlano di peccato (ma in Paolo anche, e soprattutto, di grazia e di salvezza) ma perché sono stati, nella storia della Chiesa, il fondamento biblico del dogma del peccato originale.
L'autore che ha sistematizzato il tema è stato S. Agostino. Per spiegare l'universalità dell'influsso di Adamo Agostino ricorre all'idea di una trasmissione ereditaria per generazione. Il peccato si trasmette al momento del concepimento per cui si nasce peccatori, membri di una "massa dannata". Questo dogma ha attraversato la storia della Chiesa ed è arrivata praticamente invariato fino ai giorni nostri.
La "naturalità" del male
L'impostazione agostiniana sul peccato originale oggi fa problema e crea imbarazzo.
Perché allora divagare su un tema apparentemente marginale? Perché il "peccato del mondo" (Gv 1,29), anche se non è il peccato di Adamo, è qualcosa che facciamo nostro già succhiando il latte materno.
Nascendo, entriamo in un mondo segnato da una moltitudine di peccati che rendono quasi "naturale" il male, l'egoismo, la vita senza Dio.

AGIRE
Nel terzo e ultimo momento della RdV si tirano le conclusioni, si imposta un cammino di conversione. Vorrei qui soffermarmi su tre punti: la libertà, la coscienza e la grazia, tre elementi che precedono l'agire morale.
La libertà
L'uomo è libero? La società attuale ci dà questa illusione: ci permette di scegliere tra molte alternative, ma non ci dà alcuna indicazione sull'alternativa da scegliere. Così si procede per tentativi e, se anche la scelta fatta risulta soddisfacente, rimane sempre la percezione che una decisione diversa avrebbe potuto condurre a migliori risultati. Questa società ha reso libero l'individuo ma l'ha abbandonato a se stesso.
Nella sua libertà l'uomo può anche rimuovere il senso del peccato ma la realtà gli fa presto scoprire che alcuni atti negativi creano in lui un senso di colpa (vedi riquadro). Si ricorre allora ai confessori laici: psicologi, analisti e, per chi non può permetterseli, a veggenti, cartomanti, sette, ecc.
Allora, a cosa serve la libertà? Non per fare ciò che si vuole ma per scegliere il bene. La libertà è frutto dell'unione dell'uomo con Dio in Cristo; è la liberazione dell'uomo dai suoi capricci per scegliere quello che è il suo vero Bene.
La coscienza
La libertà dell'uomo è orientata dalla coscienza, "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo". Qui egli "scopre una legge che non è lui a darsi… che lo chiama sempre ad amare e fare il bene e a fuggire il male" e che gli "dice alle orecchie del cuore, fa questo, fuggi quest'altro" (GS 16).
La coscienza, come voce di Dio, porta a scelte e a decisioni che richiedono un profondo senso di responsabilità. Ciascuno è pertanto tenuto a formarsi una coscienza "matura", con il concorso dell'intelligenza e dell'esperienza, ma soprattutto mediante la luce dello Spirito.
La formazione della coscienza è un cammino permanente che dura tutta la vita dell'uomo. La percezione del bene e del male cresce e si sviluppa con la persona come dimostrano gli studi di Kohlberg (vedi riquadro). Ma allo sviluppo fisico non corrisponde automaticamente un analogo sviluppo morale. Si può essere adulti ma ragionare come adolescenti. Il grave è, come dimostra Kohlberg, che, se si rimane a questo stadio, certi ragionamenti morali risultano incomprensibili.
Questa incomprensione è molto diffusa nella nostra società, contribuisce ad aumentare il "peccato del mondo" e si ripercuote anche sui nostri comportamenti.
Questo è forse l'aspetto più inquietante di quella che i vescovi italiani chiamano "emergenza educativa" e a cui hanno dedicato gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020.
La grazia
Anche se abbiamo una coscienza formata il peccato è sempre accovacciato alla nostra porta, la tentazione non ci risparmia. Ma ci viene in soccorso la grazia, che è la vita di Dio in noi. Il "peccato del mondo", vecchio come il primo uomo, si deve misurare, dopo la venuta di Cristo, con l'uomo nuovo, con l'umanità redenta dal Suo sangue.
Forti della Sua grazia, possiamo quindi così riformulare l'inizio del Confiteor: "Riconosco di fronte a Dio… che ho molto peccato… con mia piena responsabilità e consapevolezza" e poi proseguire dicendo: "prometto, con il Tuo santo aiuto, di non offenderti mai più".
Riconosciamo la responsabilità dei nostri peccati e, pur nella consapevolezza della nostra debolezza, lasciamoci amare da Lui. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
formazionefamiglia@libero.it
Una versione dell’articolo più ampia e annotata è disponibile cliccando qui

3-SENSO DI COLPA E SENSO DEL PECCATO

di Mario Cascone*
Un abbaglio del nostro tempo è quello di interpretare il peccato in termini puramente psicologici, legandolo al senso di colpa che la persona prova dopo aver compiuto una trasgressione. Una tale concezione è fuorviante, perché porta a pensare che sia peccato solo ciò che fa sentire in colpa, mentre tutto il resto, anche se oggettivamente non rispetta la legge di Dio, non viene ritenuto peccato grave…
Senso della colpa e senso del peccato sono due cose molto diverse tra di loro. Proviamo a coglierne alcune differenze:
• Il senso della colpa è psicologico, mentre il senso del peccato è teologico.
• Il senso della colpa è monologico, ossia consiste nell'io che guarda dentro se stesso; il senso del peccato è dialogico, perché riguarda il rapporto tra l'uomo è Dio, si coglie nel sentirsi guardati e amati dal Signore.
• Il senso della colpa è frustrante, perché produce amarezza, insoddisfazione, rabbia verso se stessi, rassegnazione al male compiuto; il senso del peccato è liberante, perché fa vedere il male come qualcosa da cui la potenza di Dio può trarre il bene; di conseguenza convince il peccatore a "consegnare" il male da lui compiuto alla misericordia del Signore, che sa scrivere dritto anche sulle righe storte della nostra esistenza…
• Il senso della colpa è legato al timore, quello del peccato all'amore: la colpa, infatti, nasce dalla consapevolezza della trasgressione di una regola; il peccato dalla coscienza di aver deluso le sue attese di Padre, la fiducia da lui riposta nei nostri confronti.
• Il senso del peccato è allora maturante, perché ci fa crescere nel desiderio di amare il Signore e, prima ancora, di lasciarci amare da Lui; il senso della colpa invece rischia di farci restare sempre fermi allo stesso punto, perché può portare a fissarci su alcune trasgressioni, impedendoci di verificare tutto l'ampio panorama del nostro rapporto con Dio, con i fratelli e con noi stessi.
• Solo l'autentico senso del peccato genera in noi il dolore perfetto, quello cioè che si lega all'amore e non alla paura del castigo di Dio.
Lo diciamo già nell'atto di dolore: "Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso Te infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa".
* docente di teologia morale e bioetica
Tratto dal sito: http://digilander.libero.it/rinnovamento/documenti/cate_097.html

4-I LIVELLI DI KOHLBERG E LO SVILUPPO MORALE

di Monica Pastraro*
Kohlberg, psicologo di Harvard, circa trent'anni dopo Piaget, studiò lo sviluppo morale sia nei bambini che negli adolescenti e adulti, trascurati dal primo.
Per sviluppo morale si intende la crescita della percezione del bene e del male, non il superamento del male, che non è compito della psicologia ma della teologia morale o dell'etica laica.
Kohlberg individua tre livelli suddivisi ciascuno in due stadi (in tutto sei stadi):
Morale infantile o preconvenzionale
1° stadio: Premio-punizione
Il bambino giudica giusta l'azione che non viene punita.
2° stadio: Edonismo ingenuo
Il bambino giudica giusta l'azione da cui può aspettarsi un vantaggio.
Mancando affatto l'autonomia morale, il "vuoto di potere" crea comportamenti irresponsabili tipici di quest'età.
Morale adolescenziale o convenzionale
3° stadio: Relativismo morale
Il ragazzo comprende che le norme sono frutto di convenzione e che è buono ciò che il gruppo sociale gli chiede (conformismo di gruppo: famiglia, coetanei, classe).
4° stadio: Stadio della legge e dell'ordine
Il ragazzo comprende che le regole sono necessarie per il funzionamento del gruppo e del sistema (matura la coscienza del sistema ed il senso del dovere).
Morale adulta o postconvenzionale
5° stadio: Stadio del contratto sociale
L'adulto comprende che le regole si possono discutere sulla base di principi e che è buono ciò che è stato democraticamente negoziato a livello sociale.
6° stadio: Stadio dell'etica universale (riservato ad un numero limitato di soggetti)
L'adulto comprende che è buono ciò che riflette valori assoluti ed universali (l'inviolabilità della vita, la libertà, il rispetto per la persona…).
Questi sei stadi hanno quattro qualità importanti:
• costituiscono una sequenza invariata (valgono per tutti gli uomini);
• i soggetti non possono comprendere il ragionamento morale che sta dietro uno stadio che sia due stadi superiore al proprio;
• i soggetti sono portati a ragionare secondo un livello che è di una unità superiore a quello che si sta vivendo;
• il movimento da uno stadio all'altro avviene quando si crea uno squilibrio cognitivo, cioè si vive un'esperienza di crisi, di crescita .
In sintesi, solo attraverso una formazione permanente del soggetto è possibile promuovere il suo sviluppo morale. Senza questo cammino, che dura tutta la vita, è possibile incontrare adulti con una percezione del bene e del male estremamente confusa e contraddittoria.
*psicologa e psicoterapeuta (testo non rivisto dall’autore)
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5-HO MOLTO PECCATO IN PENSIERI E PAROLE...
Dio mi ama come sono, mi accetta fino in fondo

Pietà di me, o Dio
secondo la tua misericordia;
Nel tuo grande amore
cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
(Sal 50,3-4)

Di Carlo Maria Martini*
Ho una giusta idea di Dio?
È una domanda importante, perché chi non ha una giusta idea di Dio non la ha neanche di sé e degli altri.
Nel cap. 15 del Vangelo di Luca leggiamo che "i farisei e gli scribi mormoravano" di Gesù perché riceveva e mangiava con i peccatori (Lc 15,1-10).
È questo il tipico atteggiamento di chi considera Dio vendicativo, permaloso, irritabile; un Dio un po' cattivo, che non mi dà giustizia, che richiede troppo da me, che mi ha messo in circostanze difficili, oppure che è troppo difficile Lui stesso e non si lascia raggiungere.
Al fondo di questi sentimenti c'è, probabilmente, la persuasione che Dio non mi ama così come sono, che non è contento di me.
La grande rivelazione del salmo 50 è, invece, che Dio mi ama come sono, che mi accetta come sono, fino in fondo, che è gentile con me, cortese, attento, premuroso, tenero.
Cosa posso fare allora per correggere l'idea sbagliata che ho di Dio? Uno dei modi è certamente l'ascolto della sua Parola, la lettura meditata della Scrittura.
Tradotte, le parole del salmo potrebbero suonare così: "Fammi grazia, o Dio, secondo la tua grande passione per l'uomo. Nella tua tenerezza cancella le idee sbagliate che ho su di te! Mi spiace, o Padre, di averle coltivate: tu solo puoi darmi l'idea giusta perché come posso conoscerTi se non Ti riveli e se Tuo Figlio non apre in me la conoscenza di Te?".
L'idea sbagliata che possiamo avere su Dio si ripercuote in idea sbagliata sul prossimo.
Questo avviene non quando lo critichiamo, perché qualche volta il prossimo è criticabile (lo siamo un po' tutti!), ma quando ci lamentiamo all'infinito di qualcuno, quando non ci va mai bene una persona o una situazione.
Allora vuol dire che non abbiamo assunto l'atteggiamento giusto, quello che Dio ha verso di noi e che è comprensivo, creativo, capace di guardare con occhio nuovo, tenero, positivo, la situazione.
Spesso si creano tra le persone dei blocchi emotivi per cui tutto ciò che un altro fa è sbagliato: talora le nostre stesse confessioni sono lamentele su altri. Se avessimo un'idea giusta di Dio, essa opererebbe in noi in modo da farci guardare i difetti degli altri con occhio diverso, capace di abbracciarli positivamente in una visuale creativa, come Dio fa con noi.
Perché non imitare Dio mettendoci alla sua scuola? Invece di domandarci all'infinito perché l'altro mi ha trattato così, perché mi ha fatto quella tal cosa, proviamo a chiederci: che cosa posso fare per lui, come posso cambiare il cuore, l'animo, la vita, il sorriso di questa persona?
* C.M. Martini; Riflessioni sul salmo "Miserere", Oscar Mondadori, Milano 1985, p.26-29. Sintesi della redazione.
Il libro non è più reperibile ma le riflessioni in esso contenute sono disponibili all'indirizzo http://www.atma-o-jibon.org/italiano7/martini_miserere1.htm

6-TESTIMONIANZE

Pregare di corsa
Suona la sveglia la mattina e, quasi quotidianamente, si cerca di rubare qualche minuto ancora di sonno e così ci si accorge improvvisamente di essere in ritardo e si ha solo qualche minuto per ringraziare il Signore del nuovo giorno che c'è dato, ma, molto spesso, mentre si recita un Padre nostro, si pensa già a come organizzare la giornata.
Conclusione: abbiamo rivolto il nostro pensiero a Dio Padre o a quello che dobbiamo fare, cioè non abbiamo forse omesso di fare qualcosa?
Ernesta

Basta impegni!
Quest'anno nostro figlio più piccolo inizierà il primo anno di asilo.
La retta è elevata e perciò penso proprio che questa volta non mi farò "incastrare" nel comitato di gestione o fra le mamme che confezionano e vendono i lavoretti per raccogliere fondi per l'asilo.
Un mattino la Superiora mi incontra e mi dice: "considerando la fiducia che riponiamo in te, abbiamo pensato di chiederti se sei disponibile a riscuotere le rette dell'asilo dei genitori che effettuano il pagamento in contanti".
Colpita!
Marzia

Dire e fare
Quando penso alla mia famiglia, agli amici che mi circondano non posso che sentirmi benedetta dal Signore, ma poi, nel concreto, constato che le mie opere non sono così coerenti con i miei pensieri.
Tante volte mi accorgo che, dopo aver desiderato e aspettato di avere del tempo da trascorrere in tranquillità con mio marito e i nostri figli, le cose non vanno come vorrei.
E in queste occasioni, ahimè, fiorisco di peccati, riesco a non farmi mancare niente e proprio con le persone che amo di più.
Francesca

Pulire le scale
"È possibile che, con tutto quello che facciamo cercando di aiutare tutti i nostri vicini di casa, non ci sia mai nessuno che dica "Grazie?".
Sembra scontato che dobbiamo comportarci come se tutto il condominio fosse di nostra proprietà e abitato solo da noi… cambiare lampadine bruciate, controllare fiori in giardino, telefonare al ragioniere ecc. ecc.".
Questo andavo ruminando dentro di me mentre pulivo gli scalini che qualcuno aveva sporcato con qualcosa che gocciolava, lasciando segni quasi ovunque.
Ero nervosa, e mi veniva facile pensare male; improvvisamente si è aperta una porta e una voce mi ha chiamato, mi sono alzata un poco imbronciata e la signora del piano di sotto mi ha sussurrato, "quando hai finito, vieni a prendere il the, perché sei proprio una brava ragazza!".
Sarà per il the, ma la scala sporca ha trovato subito una scusa plausibile, "forse chi ha sporcato non si è accorto" e se, alla mia età, sono una brava ragazza, posso ben fare pulizia alle scale!
Franca

Così vanitosa!
È mancata una vecchia signora che è stata per molto tempo nostra vicina di casa.
Conoscevamo molto bene sia lei che la famiglia di suo figlio e tutto il tempo e l’impegno che aveva dedicato per aiutarli ad allevare i due nipoti e a tenere la casa.
Al funerale una conoscente chiede alla nuora, che è sempre stata servita dalla defunta:
- quanti anni aveva?
- Ottantotto, ma non lo voleva dire a nessuno. Sa, mia suocera era così vanitosa!
Paolo

Sempre e mai
"Sei sempre il solito…", "sei sempre disordinato….", "Non chiudi mai il tubetto del dentifricio dopo averlo usato… ", "quando ho bisogno di te hai sempre il cellulare spento…".
Quante volte combatto con le parole SEMPRE e MAI, che entrano di soppiatto nel discorso che sto facendo, complicando i rapporti che si fanno tesi, perché non è vero che è così.
Le parole sono armi improprie che lasciano il segno e quando mio marito, che è saggio, me lo fa notare, devo chiedere scusa e riallacciare i rapporti con chi ho investito con queste parole definitive.
Perché noi siamo mutevoli e abbiamo speranza di cambiare, mentre SEMPRE e MAI sono parole solo di Dio.
Franca

Al volante
Si esce da casa, s'incontrano le solite fila di auto, si cerca di passare, anche se si deve dare la precedenza, oppure si "impreca" verso chi ci taglia la strada perché crede di avere più premura di noi e, intanto, i nostri pensieri sono sempre buoni? Oppure pensiamo male di questo che ci ha tagliato la strada o di quello che non si ferma al passaggio pedonale per fare attraversa i bambini che vanno a scuola?
Ernesta

7-PER PREGARE
Concedi, Signore,
a noi che cerchiamo
la via della penitenza,
di entrare nel giusto cammino
e concedi che questo entrare
sia non soltanto per noi
ma per tutta la nostra comunità
che spiritualmente è qui presente
e cammina con noi.
Tu, Signore,
che hai donato il dolore del peccato
a Davide e a Pietro,
concedi la grazia di un dolore profondo
a noi e alla nostra comunità
per tutto ciò che ti offende.
C.M. Martini, Riflessioni sul salmo "Miserere", op. cit.

PER RIFLETTERE
• Ho professato sempre con coraggio e senza timore la mia fede in Dio e nella Chiesa?
• La mia preghiera è un vero colloquio cuore a cuore con Dio, o è solo una vuota pratica esteriore?
• Ho offeso Dio con la bestemmia, col falso giuramento, col nominarlo invano?
• Sono stato di grave scandalo ai miei fratelli con le mie parole?
• Ho dato il buon esempio ai miei figli? Li ho sostenuti e diretti con la mia autorità?
• Ho avuto comprensione verso il coniuge nei momenti di inquietudine?
• Nel lavoro ho osservato i contratti e tenuto fede alle promesse?
Liberamente tratto da: Rito della penitenza. Rituale romano. App. 3 http://www.liturgia.maranatha.it/Penitenza/a3/1page.htm
Per l'esame di coscienza per i fanciulli vedi http://www.liturgia.maranatha.it/Penitenza/a2/4page.htm

8-HO MOLTO PECCATO... IN OPERE E OMISSIONI
Il bene e il male vengono dal cuore

Non chiunque mi dice: "Signore, Signore",
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa
la volontà del Padre mio che è nei cieli.
(Mt 7,21)

di Vincenzo Salemi*
Dopo aver esaminato i peccati di pensieri e parole, Gesù ci spiega come diventano opere: "L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda" (Lc 6:45). "Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie" (Mt 15,19).
Ovviamente non è una lista completa di peccati, le lettere di S. Paolo ci danno liste molto più lunghe di opere malvagie: questi citati da Gesù sono un "campione" significativo.
I propositi malvagi sono pensieri che diventano opere.
La violenza che uccide non è poi un peccato di altri tempi, non solo gli omicidi che sono spesso sulla cronaca, ma anche il male che viene fatto con cibi contaminati, aria inquinata, sicurezza mancata sul lavoro, sanità volgarmente ridotta a clientelarismo, sono omicidi belli e buoni.
Non sarà più di moda parlare di adulterio e impurità, ma le cronache di questi mesi le hanno riportate prepotentemente alla ribalta.
E i furti? Ho visto in prigione uno che ha rubato pochi euro, ma i grandi truffatori riescono a cavarsela con gli arresti domiciliari.
Le cricche di vario genere che affliggono il nostro paese ci "fanno l'onore" di essere considerati tra i paesi più disonesti del mondo... è una forma di furto legalizzato raramente o poco punito.
Se devo parlare di false testimonianze basterebbe solo guardare i giornali di quest'ultimo anno.
E che dire delle calunnie? Solo i Grandi le commettono? I semplici cittadini che non possono essere disonesti nel grande, si accontentano di calunniare i propri simili, poveracci come loro.
Questi sono i peccati di opere. E poi ci sono i peccati di omissione.
Noi cristiani, per amore di verità, abbiamo l'obbligo di essere luce del mondo, essere onesti e trasparenti, dichiarare da che parte stiamo.
Se ci mettiamo dalla parte dei ricattatori, dei malvagi e degli imbroglioni, anche solo con il nostro silenzio connivente, facciamo gravi peccati di omissione.
Siamo sempre pronti a difendere i nostri diritti, magari i diritti dei cristiani nel mondo, e gli altri?
Ha diritto a vivere quel sesto dell'umanità che muore di fame?
Hanno diritto a vivere quelli che sono costretti ad emigrare come lo fummo noi anni fa?
Se sto zitto, se non mi muovo, se lascio che le cose vadano avanti dicendo che non è affar mio, compio un peccato di omissione!
Il Beato Giuseppe Allamano diceva ai suoi missionari: "Non dire mai non tocca a me". Per quanto poco posso fare non devo tirarmi indietro, e se lo faccio è un peccato di omissione.
* missionario della Consolata
Per saperne di più sui Missionari della Consolata http://www.rivistamissioniconsolata.it/

9-TESTIMONIANZE

A fine giornata
La sera, dopo una giornata piena per tutti, ci si ritrova a casa: la cena da preparare, i piatti da lavare, i figli da ascoltare.
C'è chi lascia in disordine, chi si sdraia sul divano quando c'è ancora tanto da fare.
Così nel mio cuore, a volte poco disponibile alla comprensione, iniziano a combattere pensieri d'invidia, di disappunto sul comportamento degli altri, escono parole non sempre gentili e modi di fare un po' bruschi e a volte scortesi.
Ernesta

Tirarsi indietro
Qualche tempo fa abbiamo ricevuto una mail con la quale ci veniva chiesto il nostro contributo per la preparazione di un articolo su una rubrica che parla della famiglia. L'abbiamo letta e ci siamo subito detti che non abbiamo l'esperienza e la capacità di fare una cosa del genere. Sicuramente c'è chi sa fare meglio di noi. Peccato che proprio in questi giorni nella nostra parrocchia il tema trattato più volte sia proprio la condivisione, il darsi da fare per aiutarsi l'un l'altro e rendere feconda l'esperienza cristiana. - La nostra coscienza non ci lascia tranquilli!
Maurizio

Poveri o fannulloni?
Ogni volta che vado al mercato mi trovo in difficoltà perché vengo assalita da tante persone che, in qualche modo, chiedono elemosina e io vado in crisi.
Alla Caritas mi hanno insegnato di non dare soldi, di mandare le persone da loro che cercheranno di aiutarli, ma come si può fare un discorso ad una persona che ti dice che ha fame?
L'altra volta sono stata ripresa dal mio Don perché ad una donna che diceva di aver bisogno di medicine per sua figlia con handicap, ho dato soldi, per poi scoprire che la stessa faceva questa scena ogni giorno e non aveva nessuna figlia, ma solo poca voglia di lavorare e un marito ubriacone.
Ora vivo con fatica questi momenti, a volte compro del cibo a chi dice che ha fame, ma non do più soldi, anche se questa cosa mi fa sentire sempre a disagio, come se avessi rifiutato aiuto a qualcuno che aveva bisogno.
Franca

Compiti a casa
Cristian, sei anni, martedì è tornato da scuola con il compito di matematica quasi interamente sbagliato.
Le sue sorelline riposavano e io potevo dedicarmi esclusivamente a lui per stargli un po’ insieme, coccolarlo e aiutarlo nei compiti.
Con grande tranquillità ho provato a rispiegargli le cose, finché mi sono stufata delle sue risposte sbagliate in tono "so tutto io" ed è iniziata la trafila dei peccati: possibile che tu non abbia voglia di fare niente e che io debba finire sempre per arrabbiarmi?
E poiché continuava a piagnucolare e a fare lo svogliato mi sono lasciata scioccamente fregare dal Demonio e sono passata alle opere: una sonora sculacciata, nell'illusione che capisse che non ne potevo più e che doveva smetterla.
Francesca

L’esame di coscienza
È ora di andare a letto.
Oggi ho fatto tante cose e sono stanca
Quando riesco, prima di addormentarmi, a restare lucida un attimo per fare l'esame di coscienza mi rendo conto che non ho fatto niente di "male", ma ho certamente da chiedere perdono per i tanti, anche se piccoli, peccati in pensieri, parole opere ed omissioni.
E credo che da queste conclusioni ben poche persone si sentano escluse!
Ernesta

Il solito negro
È sabato pomeriggio. Ho appena terminato le pulizie di casa e posso finalmente sdraiarmi in santa pace sul divano. Suonano alla porta: il solito venditore ambulante di colore!
Apro un po' la porta e cerco di scoraggiarlo: "Non mi serve nulla e non ho niente da darti; scusa ma sono di fretta!". Lui insiste suonando il campanello e ad un certo punto mi chiama per nome: "Marzia, scusa, sono Marcellino, il collega e amico di tuo marito. È in casa Maurizio? Dovevamo incontrarci per lavoro".
Mai provata così tanta vergogna!
Marzia

10-PER PREGARE
Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica...
non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina...
non ci sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro...
non ci sarebbero case.
Se la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua che può fare un fiume...
non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano che può seminare un campo...
non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità…
non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né dignità, né felicità sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota,
come il libro ha bisogno di ogni parola,
come la casa ha bisogno di ogni pietra,
come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua,
come la messe ha bisogno di ogni chicco,
l'umanità intera ha bisogno di te, qui dove sei, unico, e perciò insostituibile.

PER RIFLETTERE
• Amo davvero il mio prossimo, oppure abuso dei miei fratelli, servendomi di loro per i miei interessi e riservando ad essi un trattamento che non vorrei fosse usato con me?
• Nella mia famiglia, ho contribuito con la pazienza e con vero amore al bene e alla gioia degli altri?
• So dare del mio, senza gretto egoismo, a chi è più povero di me? Per quanto dipende da me, difendo gli oppressi e aiuto i bisognosi?
• Che uso ho fatto del tempo, delle forze, dei doni ricevuti da Dio come i "talenti del vangelo"?
• Sono stato inerte e pigro?
• Ho sopportato con pazienza i dolori e le prove della vita?
• Ho agito contro coscienza, per timore o per ipocrisia?
• Mi sono lasciato asservire dalle mie passioni?
• Se ho ricevuto dei torti, serbo in cuore odio e desiderio di vendetta?
Liberamente tratto da: Rito della penitenza. Rituale romano. App. 3 http://www.liturgia.maranatha.it/Penitenza/a3/1page.htm
Per l'esame di coscienza per i fanciulli vedi http://www.liturgia.maranatha.it/Penitenza/a2/4page.htm

11-BASTA CONFESSARSI?
Gesù ci chiede non solo di pentirci dei nostri peccati ma di riparare al male compiuto
La confessione non può diventare un alibi religioso ma deve portare ad una guarigione nei rapporti familiari e sociali

di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese
Nell'ottica di un cristianesimo piuttosto rituale, la riconciliazione coincide sic et simpliciter col Sacramento della penitenza. Il perdono chiesto a Dio "ricco di misericordia", attraverso la mediazione del ministero del sacerdote, può prendere il posto della riconciliazione con il "tu" della vita di ogni giorno, in modo da tranquillizzare la coscienza per il fatto stesso di essersi confessati, anche se non si è mosso un dito verso chi, a torto o a ragione, si sente offeso.
Al Sacramento della riconciliazione le coppie vanno singolarmente, ciascuno presentando la propria versione delle cose. Il sacerdote aiuta a confrontarsi con la Parola di Dio, dà l'assoluzione, indica i comportamenti da assumere. Ma il perdono è più esigente dell'osservanza delle regole.

Penitenza e perdono
Può accadere che, mantenendo un rapporto di autorità tra penitente e confessore (indipendente dai singoli confessori e dalle immancabili eccezioni), il penitente "obbedisca" in via di principio, compia anche dei gesti positivi, ma in modo formale e freddo.
Interiormente conserva un blocco che non si scioglie. Inoltre l'analisi delle proprie colpe può accentuare la dimensione individualistica e morale del peccato, l'attenzione può focalizzarsi in modo ossessivo su un aspetto specifico della vita a due, ad esempio sulla sessualità (il piacere negato, represso, cercato altrove), senza scavare nelle dinamiche umane e relazionali che delineano un determinato contesto coniugale. Può anche accadere che l'altro si senta escluso dal rapporto del coniuge col confessore e alimenti ulteriori risentimenti: la pace in famiglia resta lontana mille miglia.
Forse proprio per evitare una tale riduzione ritualistica, Gesù ha invitato a lasciare l'offerta davanti all'altare quando un fratello ha qualcosa da rimproverare, e ad andare prima a riconciliarsi con lui.

Serve la misericordia
Da un punto di vista più esistenziale che teologico, è d'obbligo constatare la presenza di coppie che si confessano regolarmente ma che non riescono a perdonarsi. Non si imita Dio semplicemente levando gli occhi al cielo, inginocchiandosi, umiliando se stessi, se non si entra in sintonia con la Sua misericordia, non se ne assume lo spirito, non s'indossa il Suo abito di bontà.
Accostandosi al confessionale, un cristiano esprime il suo desiderio di riconciliazione e chiede la Grazia necessaria per superare la prova. Ciò attesta la sua fiducia in Dio, ma lo stesso Dio lo sollecita a ricomporre le scissioni, anche quelle provocate da colpe altrui.
Può capitare che una persona sottovaluti i tempi e i ritmi della vita di coppia, le pecche del modello relazionale adottato e non si applichi a sufficienza sul lavoro umano e orizzontale necessario ad una vera riconciliazione.
Non è possibile fare a meno della dimensione divina (anche se nei non credenti essa può restare implicita e non riconosciuta dai diretti interessati), ma neanche è possibile scavalcare la dimensione umana, se non in casi eccezionali per speciali interventi divini che non rientrano nella norma. Già nella teologia tomista si era convinti che "La grazia non distrugge la natura umana, ma la perfeziona", a testimonianza di un lavoro a diversi livelli, che coinvolge la persona integrale nella sua situazione relazionale concreta, senza rifugi nello spiritualismo e nel moralismo.

Basta la psicoterapia?
Sul fronte opposto può esservi un eccesso di psicologismo, che impone il ricorso all'esperto, impegna risorse, tempo e denaro per analizzare le situazioni, ma che spesso raccoglie effetti limitati e deludenti: tutto è più chiaro ma niente è cambiato.
La causa può essere una diagnosi - e dunque una terapia - non mirata e perciò inefficace. Più spesso però si sottovaluta o si nega l'importanza della Grazia, la quale viene dall'alto e dona risorse impensabili agli esseri umani, trasforma "l'acqua in vino" della festa, precisamente come a Cana. Il perdono ha bisogno di un "di più" che non si ottiene con gli esercizi di volontà e moltiplicando le sedute terapeutiche.
Questa dimensione verticale, ascendente e discendente del perdono (la richiesta, dall'uomo a Dio, e la Grazia da Dio all'uomo) è premessa della purezza del perdono orizzontale. È di grande aiuto se tutti e due i coniugi si riconoscono capaci di commettere il male e per questo chiedono perdono a Dio, specie la sera, separatamente e insieme. Vi sono peccati personali e peccati di coppia. Le responsabilità sono personali, ma, avendo assunto l'impegno della cura dell'altro, del suo essere integrale, compresa la dimensione spirituale, ogni atto singolo ha la sua ricaduta sull'altro, nel male (in che modo lo si è influenzato nelle scelte, quali gesti sono stati omessi?) come nel bene ("La moglie santifica il marito").

L’abito del perdono
Se la domanda di perdono diventa un abito, la sera quando si domanda perdono a Dio viene spontaneo chiedersi reciprocamente perdono. Non occorre aver commesso gravi colpe. Basta chiedere scusa e confermare all'altro il proprio amore, perché la reciprocità offuscata dalla fretta durante la giornata torni a risplendere e sia assicurato un sereno riposo. Insieme, si può prendere in considerazione la ricaduta sociale delle proprie scelte e disporsi al perdono da chiedere o da ottenere dagli altri. Infatti, come scrive il cardinale Danneels, "la confessione è un sacramento sociale. Ogni volta che un solo peccatore si converte, il livello della Grazia sale in tutta la Chiesa e il mondo intero diviene migliore. Il peccato è stato un danno per molti, la conversione guarisce molti".
Si troveranno insieme le vie migliori per attuare le buone intenzioni, ma intanto si concorda sulla spiegazione dei fatti, ci si rafforza nella decisione di fare il passo giusto, si chiede a Dio la forza per riuscirci. Insieme, infine, si può chiedere perdono a Dio del male totale che ci avvolge, delle ingiustizie, delle sopraffazioni, dei bambini abbandonati, delle donne schiavizzate, dello sfruttamento sul lavoro, della nostra scarsa sensibilità, della incapacità di vivere la sobrietà degna di una concreta solidarietà verso i più poveri (chiedere scusa a Dio delle risorse male impiegate, degli sprechi, delle spese superflue).
Infine, come vi è una ritualizzazione del perdono umano (che chiude una lite attraverso una lettera, un incontro, parole appropriate, dette con tatto psicologico e intelligenza d'amore, gesti simbolici, pranzi e doni che mirano a siglare la festa della riconciliazione), così la confessione con la richiesta del perdono e della forza di perdonare rappresenta il punto conclusivo di un percorso, talvolta tortuoso, che conduce ad affidarsi a Colui che solo è buono.
Tratto dal libro degli autori: Perdono... per dono, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2005, p. 84-88.
http://www.effata.it/Libri/Scienzedelmatrimonio/perdono.html
Per approfondire il tema del sacramento della riconcilazione clicca qui!

PER IL LAVORO DI GRUPPO
Brani per la Lectio:
• Mt 18,21-22 (quante volte perdonare)
• Mt 5,23-24 (offerta e riconciliazione)

Domande per la R.d.V.:
• Viviamo la confessione come conversione o come il "prezzo" per ottenere il perdono di Dio?
• Pratichiamo il perdono di coppia o confidiamo che le cose si aggiustino da sole? E con i figli? E i genitori?
• Abbiamo mai la presunzione di cambiare l'altro? Quando l’abbiamo accettato per ciò che è realmente?

12-QUANDO LA PENITENZA COSTA FATICA

di Daniela Bocciardi
Teresa racconta che un giorno andò in chiesa a confessarsi; tra gli altri peccati, raccontò come una volta aveva sottratto trecento euro dai cappotto della sua collega di lavoro. Sperava con quella confessione di togliersi di dosso il brutto gesto che sentiva di aver compiuto e che le pesava nella coscienza.
"Dimmi - le aveva detto il sacerdote - hai poi restituito i soldi al proprietario?".
Lei era rimasta di sasso: "Perché? Bisogna restituirli? ", disse candidamente.
"Ma, Teresa, il sacramento della Chiesa non è una licenza a delinquere! Se uno non inizia con il riparare al male fatto, l'ingiustizia rimane, il sacramento risulta inefficace e inutile (offendendo la sua sacralità e dignità); il male sarà sempre in circolazione.
Colui che è stato derubato, maledirà il prossimo, forse si sentirà spinto a derubare qualche altro e così via.
Certamente si propaga un inquinamento mentale, psicologico e spirituale. In che modo potrà avvenire la guarigione e il ritorno della giustizia? Come il suo peso sarà scaricato dalla tua coscienza? Con un altro sotterfugio fatto qui al chiuso di un confessionale? Il Signore ti ha reso cosciente della ferita aperta al prossimo e alla sua anima; adesso occorre prendere la medicina e cercare di guarire. Gli atti concreti che tu avrai bisogno di fare sono la tua medicina".
"Ma - aveva ribattuto Teresa - che figura ci faccio a presentarmi a quell'amica che ho derubato?".
"Purtroppo nessuna cura è magica e gratis; anche certe diete o esercizi di riabilitazione talvolta richiedono impegno e sacrificio. Ma solo così la cura diventa efficace. Ma non ti rattristare, anzi sii fiduciosa perché il Signore ci ha assicurato una gioia grande, che non gusteremo mai, se resteremo bloccati dentro i nostri peccati, condizionamenti, paure. Coraggio: fa ciò che è necessario! È per il benessere di te, della tua amica e del mondo".
Tratto da: Comunità di Caresto, Di chi è la colpa? Paoline Ed., Milano 2011, p. 42-43.
http://www.paoline.it/SchedaProdottoEC.aspx?IdP=9788831539104

13-ADOLESCENTI "RISORTI"
il perdono è un dono che discende dalla Pasqua di Resurrezione

di Andrea Sech*
Stando in mezzo ai ragazzi e ai loro genitori, capita di incontrare dei casi esemplari, che ti spingono a cercare una Parola del Vangelo per aiutarli.
Così è per un sedicenne, che fa disperare a casa e a scuola. Ormai si è talmente abituato a pagare per quel che combina, che non vede neppure più la possibilità di chiedere perdono.
Così è anche per un genitore che mi contesta, quando spiego che Gesù ci offre il suo perdono prima ancora che ci sia la confessione della colpa. Per lui sembra che così sia troppo facile e non si responsabilizzino i ragazzi.
Eccomi allora a cercare quale Buona Notizia va detta e quale via trovare perché questa parola giunga al cuore degli adolescenti.
L’intuizione di fondo riguarda il perdono: è innanzi tutto un dono che viene dalla Pasqua, è vivere da risorti perché Cristo ci fa partecipi della sua vita nuova.
Mi piacerebbe che i miei ragazzi capiscano che vivere il sacramento della riconciliazione è partecipare alla risurrezione, è risorgere.
Se la confessione si centra su questo, diventa ben altro rispetto ad un elenco dei peccati fatto confrontandosi con una legge che facilmente può scadere nel moralismo.
Se invece è iniziare a vivere da risorti, allora la confessione è fare esperienza di Colui che mi viene incontro perché la mia vita sia liberata dal male e possa giocarsi nel dono di me stesso in una pienezza che cresce.
Per trasformare questo annuncio in un piccolo percorso di gruppo serve articolarlo in diverse tappe.
Per primo vanno approfondite le parole perdono e perdonare, con un gioco di ruolo o con il confronto con alcune storie vere seguita dalla domanda "tu lo perdoneresti?".
Il passo successivo è quello di mettere in campo la parola peccato, smascherando i tanti modi con cui agiamo contro Dio, contro gli altri, contro noi stessi.
Anche il peccato che c’è nel mondo, che nasce dal cuore dell’uomo, ha qui il suo spazio. La domanda "chi può perdonare?" ci fa entrare nel cammino di riscoperta del perdono come esperienza di resurrezione.
Il Vangelo, con gli incontri esemplari di Gesù con alcuni personaggi esemplari, ci può fornire "racconti" di che cosa è il perdono come resurrezione.
Sarebbe bello arrivare a vivere comunitariamente il sacramento della confessione, magari ripescando per l’ "esame di coscienza" quanto il Cardinal Martini ha suggerito più volte ai suoi giovani: la confessione della lode, la confessione della vita, la confessione della fede.
*Direttore dell'Ufficio Catechistico di Vittorio Veneto (TV)
Per la proposta di Martini vedi: http://www.gdp.ch/blog/dcontrog/index.php?/archives/140-Come-confessarsi-Tre-utili-suggerimenti-firmati-Martini.html
e anche http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=125213

14-L’esperienza di un seminarista
LA CORREZIONE FRATERNA IN COMUNITÀ

Una volta all'anno, solitamente in Quaresima, la nostra comunità si ritrova per la pratica della "correzione fraterna", un modo semplice e concreto di prendersi cura gli uni degli altri.
Ci sono infatti alcuni aspetti che solitamente non sfuggono all’osservazione e al commento sottovoce, ma che sfuggono al dialogo personale con i fratelli di comunità. E poiché il silenzio può essere una grande virtù, ma può anche macchiarsi di "omertà", la correzione fraterna si propone come un salutare rimedio a questa tentazione sempre presente in un gruppo.
Come si svolge? Anzitutto, si parte sempre dal positivo: "Mettendomi di fronte a te, quali doni e capacità ti riconosco? Quali miglioramenti ho visto in te negli ultimi mesi?". In questo primo momento la sfida consiste nel saper leggere con "occhi mossi dallo Spirito Santo" i passi che il Signore ha compiuto nella vita di quel mio compagno, ma anche dimostrare "la mia stima per te".
Quindi, si passa al secondo aspetto: quello di esprimere, a mo' di percezione, i limiti e le carenze che sono presenti nell'altro. E qui la fatica più grande è quella di pesare le parole che si dicono e soprattutto, sia da parte di chi parla sia da quella di chi ascolta, avere l'umiltà di comprendere che si tratta pur sempre di un apporto parziale, che non risolve - e nemmeno pretende di farlo - "quel particolare difetto del mio compagno" o "quella cosa del suo carattere che a volte mi dà sui nervi!".
Per esperienza, posso affermare che è faticoso preparare la correzione fraterna. Bisogna mettersi a tavolino, con calma, per non rischiare di lasciar correre a vuoto parole ed emozioni quando arriva il momento della condivisione.
È faticoso anche per un altro motivo: talvolta siamo così ottusi nel giudizio sugli altri che non ci accorgiamo nemmeno dei doni nascosti in essi; doni che in qualcuno brillano fin da subito, ma che in qualcun altro richiedono di essere portati alla luce, poco per vol-ta. E se la correzione fraterna può aiutare questa sempre maggior emersione in vista di una sana identità di sé, ha già ottenuto uno scopo notevole!
In ogni caso, i benefici che si ottengono superano di gran lunga il peso e gli sforzi connessi. Dopo questo annuale appuntamento, la vita comunitaria riparte sempre con un certo slancio. Anche se a volte ho avuto l'impressione di uscirne come da un incontro di boxe, alla fine ho riconosciuto di dover ringraziare i fratelli per il bene dimostratomi e per l'audacia di sapermi indicare strade concrete anche per la vita spirituale e cristiana.
D'altronde, offrire al Signore Gesù un'umanità sempre più "allargata" e matura, consente a Lui stesso di compiere "proprio qui, dentro al solco di ciò che sono e vivo" le sue meraviglie.
Fabio Mantese, Seminario Magg. di Vittorio Veneto http://www.seminario-vittorioveneto.it/

15-TESTIMONIANZE

NON SAPERSI PERDONARE
Se tuo figlio finisce in comunità senti che è anche colpa tua

Sono entrata in crisi quando Davide mio figlio maggiore, ha deciso di en-trare in una comunità terapeutica.
Io stessa ho dato l'idea a Davide perché sentivo che se non avessi sfruttato l'occasione datami dalla comunità avrei perso mio figlio per sempre.
Però non avevo capito che se Davide entrava in una comunità io non l'avrei più visto né sentito per tanto tempo.
Il dolore per quella lontananza, il dolore dell'attesa hanno fatto crescere in me il rancore: verso me stessa perché mi sentivo di non aver protetto i miei figli dai pericoli, verso mio marito perché con il suo carattere duro aveva reso difficile il dialogo con Davide. Con mia figlia Alessia, invece, divenni ossessionante con le mie paure.
Ero arrabbiata con me stessa perché ero convinta che anche Dio era deluso da me e che non mi avrebbe mai perdonato, perché avevo trattato male il dono che Lui mi aveva fatto con la nascita di Davide.
Un giorno ho trovato un libretto di preghiere che era stato regalato ad Alessia ed ho iniziato a rileggere alcune pagine. Mi sono così scoperta a dire "ti prego Signore aiutami a sentirmi degna del tuo perdono". Ogni giorno, da allora, ho ripetuto questa preghiera sentendo che poteva essere la mia salvezza.
Noi facevamo già parte del gruppo famiglie parrocchiale e sulle prime mi sono tenuta dentro il mio dolore; tuttavia durante gli incontri sentivo le loro preghiere arrivare dritte al cuore e ho capito che Dio mi stava chiedendo di alzare la testa e di credere in Lui e nel suo perdono.
La mia vita ha preso un nuovo corso e mi sono messa al servizio degli altri. Mi sono sentita sollevata a poco a poco dal peso del mio dolore e ho ripreso in mano la mia vita.
In questi miei impegni sono riuscita a trascinare mio marito e Alessia, così la mia famiglia ha iniziato insieme un nuovo cammino proprio grazie a questa prova.
Gabriella e famiglia

UN FUOCO ACCESO

Per me la famiglia è come un grande camino dove ci deve essere sempre un fuoco acceso che dà tanto calore. Quando il fuoco si spegne c'è il freddo.
Anche nella famiglia, quando nasce un litigio, viene a mancare il calore.
Bisogna subito riaccendere il fuoco, perdonandoci a vicenda, facendo tornare il calore e l'amore.
Paola, V elementare

L’azione misteriosa e salvifica della Provvidenza
RINASCERE ALLA VITA DOPO IL TRADIMENTO

Abbiamo convissuto per circa un anno e poi ci siamo sposati in Municipio. Dio era lontano dal nostro orizzonte.
È iniziata una vita di coppia tutto sommato tranquilla, ma, passati alcuni anni e le passioni iniziali, si è venuto a creare un reciproco deficit di amore.
Alla ricerca di qualcosa di più mi sono trovato ad iniziare un rapporto extraconiugale. Silvana nel frattempo era rimasta incinta del primo figlio.
Pur rendendomi conto della assurdità e immoralità della situazione, non riuscivo (o non volevo) rinunciare alla mia doppia vita.
Apparentemente Silvana non sapeva; qualche sospetto iniziale poi fugato. Dopo sei anni è rimasta nuovamente incinta: gravidanza voluta; lei voleva un altro figlio, io volevo in qualche modo compensare l'amore che le negavo.
Mi trovavo in Messico per lavoro. Una notte Silvana mi telefona in albergo: aveva scoperto casualmente la mia relazione. La sua reazione era stata pesante e netta: al mio rientro in Italia ci saremmo separati; nel frattempo avrebbe abortito. Un quadro di morte. Ricordo ancora quella tremenda notte. Non sapevo cosa fare. Mi sono trovato in ginocchio a pregare Dio senza neppure sapere cosa chiedere.
Ma qualcosa si era messo in moto sopra le nostre teste. Silvana sospende per il momento ogni decisione affrettata; torno in Italia. Anziché lasciarci sbattendo la porta, nasce in noi la voglia di capire che cosa e perché è successo. Abbiamo così deciso di darci una nuova possibilità di vita, fatta di un dialogo che prima non c'era. Un nuovo quotidiano ci si apriva. Ma Dio non c'era ancora.
È successo tutto in una Domenica della Palme del '93: siamo andati contro voglia a messa per far piacere a un'amica. Il tempo era tremendo, pioggia torrenziale e fredda: ma appena varcata la soglia un caldo senso di accoglienza, Silvana che inizia a piangere: non avrebbe smesso per tutta la celebrazione. Lacrime di gioia: si sentiva finalmente a casa, così mi avrebbe detto poi. Iniziava una vita nuova. La Provvidenza ci aveva fatto incontrare un padre domenicano il cui convento era vicino all'ufficio di mia moglie. Il suo accompagnamento ci portava a sposarci finalmente in Chiesa. Era iniziata la vera vita nuova.
Giulio e Silvana

Le testimonianze di questa pagina sono tratte dal Forum del perdono, promosso dall’Ufficio Famiglia CEI nel 2005. Sintesi della redazione.
http://www.chiesacattolica.it/famiglia/siti_di_uffici_e_servizi/ufficio_nazionale_pastorale_della_famiglia/00002726_Testimonianze.html

16-INIZIAMO CON PERDONARE NOI STESSI
Per accogliere pienamente la misericordia rigenerante e trasformante di Dio

di Maria Poetto*
Il tema del perdono viene spesso trattato e considerato come un atto rivolto verso gli altri, verso coloro che ci hanno feriti, offesi.
Ma qui vorrei affrontare un aspetto particolare del perdono, ugualmente fondamentale ma spesso trascurato: il perdonare noi stessi.
Qualcuno potrebbe domandare: "Cosa abbiamo da perdonarci?".
Ci sono persone che individuano chiaramente il "cosa", usando categorie come errore, sbaglio, o espressioni come: "Continuo a rimproverarmi di…", "Sono stato uno stupido a…".

Accettare i propri limiti
Dietro questi motivi spesso è presente, in forma più o meno inconsapevole, una ricerca di perfezione, una visione di sé ideale e irraggiungibile che generalmente si forma nell'infanzia, interiorizzando aspettative molto alte da parte delle figure più significative (genitori, insegnanti…).
Di conseguenza, la persona si sente in colpa ogni qualvolta fa esperienza dei propri limiti.
Altre volte sono messaggi negativi ricevuti sempre nel passato, come gesti ripetuti di insofferenza, aggressività, rifiuto, trascuratezza, ad aver indotto sensi di inferiorità e dubbi sull'essere degno di amore, in quanto il bambino, nel proprio egocentrismo, tende ad attribuire a sé la causa del comportamento degli altri, per cui pensa: "mi trattano male perché sono cattivo, è ciò che merito" anche quando in realtà l'origine di questi messaggi è altrove (ad esempio un genitore aggressivo e frustrato).
Su questo terreno purtroppo attecchiscono bene autocritiche, autorimproveri eccessivi e anche autopunizioni.
È un terreno che fa fatica ad accogliere il seme della vita nuova offerto nel sacramento della riconciliazione. Pur avendo ricevuto il perdono di Dio, attraverso la mediazione del sacerdote, queste persone continuano a rimuginare e a tornare sul male commesso, ponendo involontariamente degli ostacoli all'accoglienza della misericordia rigenerante e trasformante di Dio.
Si tratterà quindi di ricostruire un'immagine positiva di sé senza colpevolizzazioni indebite.

Perdono o autoassoluzione?
Occorre comunque una precisazione importante, per evitare dei fraintendimenti: il perdonare se stessi non significa affatto autoassolversi, giustificarsi, fare come se nulla fosse accaduto. Ciò che caratterizza la fase adulta è l'assunzione delle proprie responsabilità. Non si vuole negare o minimizzare ciò che in campo morale è considerato colpa e in campo religioso peccato, né che ogni azione abbia le sue conseguenze.
Si vuole invece aiutare a distinguere il reato da chi l'ha compiuto, il peccato dal peccatore, perché il peccatore (per rimanere in queste categorie, facilmente comprensibili) non si identifichi con il proprio peccato e possa riconoscere la sua dignità. Come già accennavamo prima, vi sono alcune persone che, pur avendo confessato più volte il loro peccato e avendo ricevuto ogni volta l'assoluzione, non riescono ancora a perdonarsi.
Perdonare se stessi è dunque riconoscere i propri limiti ("errori", "sbagli", "peccati") ma non fermarsi lì, in un giudizio di condanna che inchioda, tiene legati al passato, pesa come un macigno.
È accettarsi per ciò che si è, creature limitate, e consentirsi di proseguire guardando al futuro con speranza; è darsi altre possibilità, ricominciare daccapo perché l'alba di un nuovo giorno può essere l'alba di una nuova vita.
È riconoscere che il valore di noi stessi e degli altri supera la somma di limiti e qualità, va oltre le azioni - il bene e il male commessi - e affonda le radici nella dignità di ogni essere umano.
È la via per riconciliarci con noi stessi, per ritrovare la pace, la serenità interiore, per essere più benevoli con noi stessi al fine di poterlo essere anche con gli altri.
* psicologa e psicoterapeuta
Per la recensione dell'ultimo libro dell'autrice clicca qui!
http://www.elledici.org/it/libreria/dettaglio.php/Colori-del-cuore-I-/?AREA=libreria&CODICE=04624

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE
• Ho coscienza delle mie ricchezze e delle mie fragilità?
• Ho una visione equilibrata di me stesso?
• Sento di avere qualcosa che non riesco a perdonarmi?
• Sono capace di accogliere il mio limite con umiltà e di accettare l'aiuto altrui là dove mi accorgo di non farcela da solo?
• Giustifico tutti i miei comportamenti? Tendo ad autoassolvermi?
• Cosa penso rispetto alla responsabilità individuale? Ritengo che sia un senso da recuperare?

17-PER APPROFONDIRE IL TEMA
Libri consigliati

CEI, La verità vi farà liberi, Libreria Editrice Vaticana, Città del vaticano (RM), 1995.
Questa è la seconda edizione del catechismo degli adulti, uscita dopo la pubblicazione del C.C.C. Vi sono sviluppati tutti i temi di questo numero in modo organico e scorrevole in una veste tipografica accattante. Personalmente preferisco la prima edizione: Signore da chi andremo, 1986, in cui i temi mi sembra vengano trattati in modo più vicino allo spirito del Concilio. Il volume è fuori commercio ma abbiamo riportato nell'appendice on-line due a questo numero schede: una relativa ad: angeli e demoni e l'altra al peccato originale.

Martini C.M., Riflessioni sul salmo "Miserere", Oscar Mondadori, Milano 1985.
Le sette riflessioni presentate in questo libro affrontano il tema del peccato e della riconciliazione, con Dio e con il prossimo. Martini prende lo spunto dal famoso salmo 50 ma fa continue incursioni nei Vangeli. Ogni riflessione è seguita da alcune articolate domande per l’approfondimento personale e di gruppo. Il volume è fuori commercio ma il testo è reperibile su Internet.
http://www.atma-o-jibon.org/italiano7/martini_miserere1.htm

Di Nicola G.P. e Danese A., Perdono... per dono, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2005.
Il sottotitolo di questo libro è: Quale risorsa per la società e la famiglia. Il tema del perdono è trattato molto ampiamente: si parte dal litigio e poi si passa al perdono, evidenziandone bene le difficoltà e le sue forme illusorie. Il testo rivela la formazione dei due autori che sanno però rendere scorrevole la lettura attraverso una serie di elenchi ragionati ricchi di spunti di riflessione.
http://www.effata.it/Libri/Scienzedelmatrimonio/perdono.html

Comunità di Caresto, Di chi è la colpa?, Paoline, Milano 2011.
Il libro è stato appena pubblicato e come molti altri testi di Caresto è facile e scorrevole. Il testo è suddiviso in brevi capitoli che partono dalla Parola e terminano con una testimonianza che chiarifica ulteriormente il testo. I temi di questo numero vengono tutti in qualche misura toccati.
Unico neo è, a nostro avviso, la mancanza di domande per la riflessione di gruppo.
http://www.paoline.it/SchedaProdottoEC.aspx?IdP=9788831539104

Nicolli S., Tortalla E. e M. (a cura di), Il perdono in famiglia, Cantagalli, Siena 2006.
Il volume comprende le relazioni presentate durante le due settimane di studio organizzate nel 2005 e nel 2006 dall’Ufficio Famiglia della CEI sul tema del perdono. Nel primo anno è stato privilegiato l’approfondimento teologico-spirituale e antropologico e nel secondo l’approfondimento pastorale. Molto utile per approfondire il tema del perdono in famiglia.
Per la scheda del libro clicca qui!
Per una sintesi della settimana di studio 2005 clicca qui!
Per una sintesi della settimana di studio 2006 clicca qui!

Testi magisteriali

Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 1987.
Tra le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volontà di Dio e al bene del prossimo e le "strutture" che essi inducono, i più caratteristici sembrano oggi soprattutto due: da una parte, la brama esclusiva del profitto e dall'altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. A ciascuno di questi atteggiamenti si può aggiungere, per caratterizzarli meglio, l'espressione: "a qualsiasi prezzo" (n.37).
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_30121987_sollicitudo-rei-socialis_it.html

Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 1984.
"L'uomo contemporaneo sembra far più fatica che mai a riconoscere i propri sbagli e a decidere di tornare sui suoi passi per riprendere il cammino dopo aver rettificato la marcia: egli sembra molto riluttante a dire "me ne pento" o "mi dispiace"; sembra rifiutare istintivamente, e spesso irresistibilmente, tutto ciò che è penitenza nel senso del sacrificio accolto e praticato per la correzione del peccato" (n. 26).
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia_it.html

Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem ,1986.
Lo Spirito Santo "sin dall'inizio "viene invocato" per "convincere il mondo quanto al peccato"... Convincere del peccato vuol dire dimostrare il male in esso contenuto... Se il peccato, rifiutando l'amore, ha generato la "sofferenza" dell'uomo che in qualche modo si è riversata su tutta la creazione, lo Spirito Santo entrerà nella sofferenza umana e cosmica con una nuova elargizione di amore, che redimerà il mondo" (n.39).
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_18051986_dominum-et-vivificantem_it.html

Benedetto XVI, Caritas in veritate, 2009.
"La carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. La "città dell'uomo" non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione.
La carità manifesta sempre anche nelle relazioni umane l'amore di Dio, essa dà valore teologale e salvifico a ogni impegno di giustizia nel mondo" (n.6).
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html

Cei, Educare alla vita buona del vangelo, 2010.
"Ogni adulto... diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità... che si esplica nella serietà con cui si svolge il proprio servizio. Senza regole di comportamento, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, e senza educazione della libertà non si forma la coscienza, non si allena ad affrontare le prove della vita, non si irrobustisce il carattere" (n.29).
http://www.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_cei/2010-11/12-3/Orientamenti%20pastorali%202010.pdf

Per altre indicazioni bibliografiche clicca qui!

18-Uomini e donne nella Bibbia
ZACCHEO: una salvezza a domicilio. Dio ci cerca, ci ama, senza giudicarci
Dio precede la nostra conversione, la suscita, ci perdona prima del pentimento, e il suo perdono ci converte.

di Paolo Curtaz
È difficile parlare di peccato, difficile e imbarazzante. Siamo sospesi tra due atteggiamenti frutto del nostro inconscio e della nostra cultura.
Da una parte proveniamo da un passato che aveva bene in mente cosa era peccato, fin troppo.
Oggi, invece, viviamo in un tempo in cui si è abolito per legge il peccato (era l'ora!): la morale comune è ridotta ai minimi termini, cosa è giusto e cosa è sbagliato lo decide la maggioranza, la coscienza, se esiste, si adegui, per cortesia. Severi ed intransigenti con gli "altri", politici in testa, siamo sempre piuttosto morbidi nel valutare le nostre piccole coerenze. Insomma, un bel vespaio.
Consolatevi: c'è di peggio.

Il dentro
Il peggio è il dentro, l'inconscio, la parte profonda che ci ha fatto conoscere un simpatico studioso della parte nascosta, tale Sigismondo. Da allora si è camminato molto e abbiamo capito le tante influenze che pesano su di noi.
Alcune persone riescono a farsi una crosta alta tre dita e spianano tutto e tutti. Altri, più deboli, vivono pieni di paure e sensi di colpa.
In tutto questo è difficile che Dio riesca a dire qualcosa, difficile creare quella sottile armonia che ci avvicini a Dio prendendo coscienza del nostro limite, difficile riconoscere e superare i sensi di colpa. La pagina di Zaccheo (Lc 19,1-10) ci viene in aiuto.

La pazienza di Dio
Dio non ama il peccato, non lo conosce neppure, non lo concepisce.
In ebraico la parola "peccato" significa "fallire il bersaglio", come fa l'arciere inesperto. Così accade e noi, tutti, a dire che il bersaglio è troppo lontano, che l'arco è allentato, che qualcuno ci ha distratto.
Dio, invece, ci tratta da adulti, ha pazienza, ama.
Scordatevi l'idea piccina e demoniaca di un Dio severo assetato di sangue, che giudica duramente le sue creature: egli le ama e sopporta il peccato, perché pensa che ce la possiamo fare.
Noi ci ostiniamo ad essere dei polli, Dio vede in noi dei falchi che volano alto; noi ci ostiniamo a copiare improbabili modelli, Dio vede in noi il capolavoro unico che siamo. Chiedetelo a Zaccheo.

Piccolezze, piccinerie
Zaccheo è un manager riuscito: ha fatto soldi a palate, grazie all'appalto delle tasse dall'invasore romano. Un usuraio, diremmo oggi, un furbo senza scrupoli come i caimani che squartano la finanza italiana, al centro il profitto, il resto è relativo. È rispettato, temuto dai suoi concittadini: basta un suo gesto e i soldati romani intervengono.
Ma è rimasto solo.
La ricchezza e il potere sono avari di amici e di gratuità.
Zaccheo ha sentito parlare del Galileo, quel tale Nazareno che la gente crede un guaritore, un profeta e, curioso, lo vuole vedere senza farsi vedere.
E accade l'inatteso: Rabbì Gesù lo stana, lo vede, gli sorride "scendi, Zaccheo, scendi subito, vengo da te". Zaccheo è interdetto: come fa a conoscere il suo nome? Cosa vuole da lui? Non importa, Zaccheo scende, di corsa. Perché?
Gesù non giudica, né teme il giudizio dei benpensanti di ieri e di oggi: va a casa sua, si ferma, porta salvezza.
Zaccheo è confuso, turbato, vinto: in dieci minuti la sua vita è cambiata, il famoso Jeshua bar Joseph è venuto a casa sua. Si sente ribaltato come un calzino, Zaccheo. Proprio lui cercava Gesù, non si è sbagliato di persona. Proprio lui voleva, non c'è dubbio. Gesù non ha posto condizioni, è venuto a casa di un peccatore incallito.
Zaccheo fa un proclama che lo porterà alla rovina (leggete! Restituisce quattro volte ciò che ha rubato!), ma che importa? È salvo ora. Non più solo sazio, solo temuto, solo potente.
No, salvo, discepolo, finalmente. Lui, temuto ed odiato, ora è discepolo.

Meditando
Dio ti cerca, lui prende l'iniziativa; Dio ti ama, senza giudicarti.
Noi cerchiamo colui che ci cerca. La nostra vita è una specie di rimpiattino, lasciamoci raggiungere, finalmente! Gesù non giudica Zaccheo, lo aspetta.
L'amore di Dio precede la nostra conversione. Dio non ci ama poiché siamo buoni ma, amandoci ci rende buoni. Gesù non chiede: dona, senza condizioni.
Se Gesù avesse detto: "Zaccheo, so che sei un ladro: se restituisci ciò che hai rubato quattro volte tanto, vengo a casa tua", credetemi, Zaccheo sarebbe rimasto sull'albero.
Dio precede la nostra conversione, la suscita, ci perdona prima del pentimento, e il suo perdono ci converte: è talmente inaudita e inattesa la salvezza, che ci porta a conversione.

Ai discepoli
Eccoci, amici, discepoli. Chi vuole seguire Rabbì Gesù batta un colpo, scenda dall'albero, si schieri. Non importa chi sei, né quanta strada hai fatto o che errori porti nel cuore.
Non importa se scruti il passaggio del Rabbì per curiosità. Oggi, adesso, Gesù vuole entrare nella tua casa.
Sintesi da: www.tiraccontolaparola.it

19-LA REVISIONE DI VITA
Un metodo molto utile per fare il punto sul proprio cammino di fede e di conversione

di Paolo Albert e Tony Piccin
Nella società attuale tutto sembra orientato a separare la vita dalla fede, il mondo da Dio, il lavoro quotidiano dalla coscienza.
C'è bisogno di ricucire, ricomporre in unità la nostra esistenza. Viviamo tante esperienze, fatti, ma spesso non sappiamo trovarne il senso, riconoscere che Dio è presente dentro il nostro vissuto. In questo contesto ci può essere di aiuto la Revisione di Vita (RdV) che è uno strumento forte per rileggere la nostra esistenza alla luce della Parola di Dio.

Cosa è la RdV
La RdV è uno strumento per imparare a dialogare nel rispetto delle persone; si fonda sull'ascolto umile, rispettoso, affettuoso, ma anche dà la possibilità di aprire il proprio intimo in libertà e profondità, e di essere accolti dagli altri. In sostanza è:
• una rilettura di un momento della propria vita fatta con altri fratelli, e con gli occhi ed il cuore di Gesù;
• un metodo comunitario di lettura dei fatti quotidiani, illuminati dalla Parola di Dio e guidati dallo Spirito Santo.

Cosa non è la RdV
La Revisione di Vita non è:
• un dibattito culturale, un'analisi sociale, una specie di tavola rotonda su qualche tema importante;
• un esame di coscienza, un intimismo, ma la volontà di spezzare il proprio egoismo.

Con che spirito fare la RdV
La RdV si fa con un gruppo di 4 - 5 coppie, con un responsabile il cui ruolo è importante per creare un clima di apertura e cordialità.
La durata della RdV non dovrebbe superare l'ora, l'ora e un quarto.
Non è materia adatta alla RdV la sessualità, la castità… questi sono temi da affrontare da persona a persona.
Ognuno è impegnato alla trasparenza, dire con coraggio la verità, presentandosi a Dio ed ai fratelli come Lui ci vede, comunicando non i fatti ma ciò che uno è, condividendo il negativo ed il positivo. Non cercheremo scuse o attenuanti alle nostre mancanze.
Chiedere perdono spezza l'orgoglio ed apre i cuori, il pentimento vero è umile.
Non giudicare, cioè mettersi sopra al fratello, perché spezza l'unità di gruppo.
Ascoltare con il cuore, perché il fratello si senta accolto, evitando tecniche espressive rivelatrici tipo: guardarsi attorno, gingillarsi con un oggetto, guardare l'orologio...

La tecnica della RdV
Alla base della RdV vi deve essere una domanda precisa per delimitare il campo di riflessione. La domanda può scaturire da un Annuncio, dall'intervento di un relatore, o concordata nell'incontro precedente.
Il singolo e la coppia sono invitati a riflettere sulla domanda per non arrivare all'incontro impreparati.
La RdV consta di tre momenti: Vedere, Giudicare, Agire, ed è preceduta da una preghiera di invocazione allo Spirito Santo.

Vedere (la risonanza)
La risonanza è ciò che annuncio e riflessione hanno prodotto nel nostro intimo: senso di meraviglia, di gioia, di sofferenza, di rifiuto…
Dopo una decina di minuti di silenzio, ognuno comunica le sue riflessioni con molta semplicità e umiltà. Riflessioni serie, vere, personali ma che non devono mai profanare la profonda intimità della coscienza.
Si parla di se stessi, non degli altri, neppure del partner.
Insieme si vedono meglio i fatti, le persone ed i loro atteggiamenti, e ci si aiuta a cogliere i perché (le cause).
Il gruppo aiuta ad esercitare il distanziamento che permette di superare la visione miope della realtà.

Giudicare (noi e la Parola)
Per meglio comprendere senza giudicare occorre interiorizzare il tutto ricorrendo alla Parola di Dio, perché sia essa che aiuti l'azione dello Spirito in noi.
Ognuno cercherà o citerà a memoria quanto ritiene possa dare una risposta al proprio vissuto.
Ancora dei minuti di silenzio e di ricerca biblica, poi ognuno riporta quel brano, quella frase che più lo illumina e che meglio corrisponde alle esperienze riportate prima.
Tutta la Parola di Dio, messa in comune, ha il potere di far cogliere i valori presenti, i segni dell'amore di Dio e ci avverte dei controvalori, delle chiusure, dei rifiuti.

Agire (la conversione del cuore)
Non si tratta di azioni da compiere o di propositi ma di un sincero desiderio verso ciò che dona serenità al nostro cuore. Ognuno del gruppo è invitato nel silenzio a chiedersi quale cambiamento di mentalità, di atteggiamenti, di sentimenti… Si tratta di convertirsi.
Ognuno cerca di esprimere, magari in forma di invocazione - lode - ringraziamento, una preghiera che dica la sua voglia di essere migliore.
Ognuno si fa carico delle gioie e sofferenze espresse con grande solidarietà fraterna e cristiana, e conserverà gelosamente soltanto nella propria anima, senza commentare con nessun altro, quanto le persone hanno creduto di poter esprimere.
Si conclude con qualche breve preghiera o solo con il "segno della croce".
Vedi anche: http://digilander.libero.it/formazionefamiglia/Sussidi/7-REVISIONE%20DI%20VITA.html

20-L’ESPERIENZA DEI CENTRI DI PREPARAZIONE AL MATRIMONIO

I gruppi CPM da sempre adottano per il loro cammino di crescita nella fede e nella aderenza al Vangelo il metodo della Revisione di Vita. Naturalmente questo metodo non è cosi facile come sembrerebbe nello scriverne.
La difficoltà più grande riscontrata in lunghi anni di gruppi è quella di riuscire a scendere in noi stessi e di guardarci con sincerità prendendo atto dei nostri limiti; ma ancora più grande è la difficoltà di esprimere il nostro essere profondo agli altri.
Perciò occorre innanzitutto creare nel gruppo un clima di fiducia reciproca e comprensione senza pregiudizio che ci renda tutti pari e consapevoli della nostra comune creaturalità.
Spesso poi si rischia di ridurre il tutto ad un esercizio di critica verso il fuori di noi stessi che però non ci richiama alla responsabilità personale: per dirla con il Vangelo è molto più facile vedere la pagliuzza nell'occhio dell'altro...
Ma proprio il camminare in gruppo ci ha aiutato a superare queste ed altre difficoltà perché l'accoglienza reciproca che abbiamo sempre ricercato come elemento fondamentale ci ha allenato ad accettare con serenità i punti di vista degli altri, ci ha aiutato a vederci quali realmente siamo, ci ha spronati ad impegnarci al cambiamento certi del sostegno dei fratelli.
La realizzazione faticosa ma entusiasmante di tutto ciò ci ha spronati a ricercare con costanza il confronto con la PAROLA nella consapevolezza crescente che essa deve incarnarsi nella nostra vita.
Marinella ed Enrico Gualchi
I documenti del CPM sulla RdV: http://www.cpm-italia.it/index.php?searchword=revisione+di+vita&ordering=&searchphrase=all&Itemid=1&option=com_search

21-L’ESPERIENZA DI UN GRUPPO FAMIGLIA

La nostra esperienza nei gruppi famiglia si è rivelata per noi di una grande ricchezza di relazioni ed amicizie vere.
Senza dubbio tutto ciò è favorito dal continuo alternarsi di proposte, riflessioni personali e di coppia. Le proposte ci vengono dagli annunci, organizzati per tutti i gruppi, da persone significative per la loro preparazione e testimonianza di vita. La riflessione invece avviene all'interno del gruppo dove solitamente si usa la metodica della "Revisione di Vita" (RdV).
Questo profondo lavoro fatto di dialogo e di confronto, di accostamento alla Parola e di silenzio, di preghiera e condivisione ci aiuta nelle scelte concrete che la vita quotidiana presenta.
A volte si tratta di orientamenti spirituali o morali, ma anche sociali o ambientali, oppure educativi.
Abbiamo sperimentato che ritrovandoci a riflettere con questo metodo ci si libera non poco da tanti condizionamenti, si relativizzano paure e problemi, si trova quella solidarietà che ci fa uscire dal guscio chiuso della nostra casa.
Le serate si svolgono sempre con un invito alla preghiera, per porci alla presenza di un Maestro più grande di noi, inoltrando qualsiasi tema proposto: dall'educazione, alla conflittualità tra genitori e figli, degli adulti con i ragazzi, alle relazioni di coppia, degli sposi e della comunità.
La relazione sulla tematica in questione viene rielaborata nei gruppi in un dialogo dove emerge la realtà vissuta e la dinamica delle scelte che, messe in relazione, trovano conferma oppure vengono sconfermate dal discernimento che ci fa capire dove portano poi determinati atteggiamenti o comportamenti.
La RdV avviene con ritrovo in una famiglia ospitante a turno, dove il numero ristretto di sette - otto coppie si apre ad un vero dialogo e al confronto sincero. Qui timore e sospetto non hanno senso per la vicinanza e l'amicizia verso ciascuno, pur nel rispetto della riservatezza per non violare l'intimità di ciascuno che è pur sempre sacra.
La conferma, o la correzione dei nostri punti di vista, ci rende più consapevoli anche nel rapporto con i nostri figli, sia quelli ormai grandi che ora hanno una loro famiglia, sia con il più giovane che sta facendo le sue scelte.
Insieme, specie in famiglia, siamo aiutati a coltivare i valori di cui la vita ha bisogno per essere rispettata e amata.
Maria Teresa e Paride

Non faccio revisione di vita:
• quando predico ai fratelli invece di espormi nel mio vissuto;
• quando ho paura del giudizio degli altri;
• quando cerco di capire le cose ma non so comprendere l'altro;
• quando non so rispettare il silenzio dell'altro;
• quando penso che dirà le solite cose che ha già detto altre volte.

Faccio revisione di vita:
• quando mi fido delle mie intuizioni e oso dirle;
• quando mi lascio interpellare dalla comunicazione dell'altro;
• quando sono in tutto conciliato con l'altro;
• quando accetto umilmente il mistero dell'altro e di non capirlo.
CPM Italia
Tratto da: http://www.cpm-italia.it/index.php?searchword=revisione+di+vita&ordering=&searchphrase=all&Itemid=1&option=com_search

22-PREPARARSI AI CAMPI ESTIVI
Un appuntamento da non perdere!

Di Nicoletta e Corrado Demarchi
Manca ancora qualche mese alle vacanze, ma come potete vedere, nella tabella a fianco, fervono i preparativi per offrirvi, anche quest'anno, numerosi campi estivi.
Questa, fra le tante esperienze che possiamo fare nelle nostre comunità, è sicuramente quella più coinvolgente per la continuità e profondità, per il clima che si crea e per la lunga tradizione che vanta all'interno del nostro Collegamento.
Proposte low-cost
Preparare un campo è veramente impegnativo, bisogna riempire molte caselle: una casa accogliente, gli animatori per i più piccoli, le cuoche, i relatori, il sacerdote… tutto all'insegna del low-cost, grazie all'autogestione, affinché il contributo spese richiesto non diventi un problema che possa scoraggiare qualche famiglia. Ognuno porta il suo contributo e cerca di dare il meglio di se stesso per la buona riuscita della settimana.
A tutti loro va il nostro grazie per la buona volontà e per lo spirito di servizio che sono la testimonianza più vera e genuina che tutti i partecipanti colgono immediatamente.
Un invito sentito
Invitiamo tutti voi, quindi, a partecipare perché sono molte le proposte, sia per gli argomenti ed i temi offerti che per i periodi da scegliere che vanno da fine luglio a tutto il mese di agosto, affinché possiate trovare la proposta che più vi interessa e di cui avete più bisogno.
Non ci stancheremo mai di spronarvi ad uscire dai vostri gruppi per condividere con altre persone le vostre esperienze, il vostro vissuto, nell'ottica di una "restituzione" e di un approfondimento vicendevole e personale.
I campi estivi sono decisamente una ricarica di entusiasmo e di arricchimento per tutti i componenti della famiglia!
Collegamento GF Piemonte
Il 22 maggio p.v. è previsto invece un incontro di collegamento per i Gruppi Famiglia del Piemonte. Ci troveremo all'Ostello Salesiano di Ivrea per una giornata di riflessione e condivisione dal titolo "La sete di Dio", animata dai coniugi Giorgio Finello e Luisa Sesino (biblista e iconografa). Sarà l'occasione per rivedere vecchi e nuovi amici che camminano da anni nei numerosi gruppi famiglia della regione e, perché no, anche coloro che dal resto d'Italia avranno il desiderio di unirsi a noi.
Nella tabella troverete tutti le informazioni necessarie per aderire alla proposta.
curra@email.it

23-INCONTRI E CAMPI PER FAMIGLIE 2011
Il calendario provvisorio

Domenica 22 maggio
Collegamento GF Piemonte
Ad Ivrea presso l’Ostello Salesiano, Via San Giovanni Bosco, 58.
Tema: La sete di Dio.
Relatori: Luisa e Giorgio Finello.
Orario: 10-17, si conclude con la S. Messa, pranzo al sacco.
Animazione per ragazzi e bambini.
Info: Céline e Paolo Albert, 011 6604152, famigliaalbert@gmail.com

23 luglio - 1° agosto X
S. Giacomo di Entraque (CN)
Relatore: Angelo Fracchia, biblista.
Possibilità di partecipare al solo WE iniziale (23-25 luglio).
Info: Angela e Tommy Reinero, 347 5319786, tommy.angela@libero.it

7-14 agosto
San Giovanni di Spello (PG)
Relatori vari di alcune comunità umbre.
Info: Antonella e Renato Durante, 0423 670886, ren-anto@libero.it

7-14 agosto
Voltago Agordino (BL)
Tema e relatori da definire.
Info: Cinzia e Paolo Brugnera, 0438 898032, brugnerapaolo@tele2.it

20-27 agosto
Col Perer (BL)
Tema e relatori da definire.
Info: P. Maria e Andrea Antonioli, 0423 483032, andrea_antonioli@li-bero.it

14-21 agosto
Casteltesino (TN)
Tema e relatori da definire.
Info: Valeria e Tony Piccin, 0423 748289, segninuovi@alice.it

16-20 agosto X
Chiappera (CN)
Tema e relatori da definire.
Info: Isabella e Stefano Tomatis, 0174 329404, costacalda@libero.it

18-23 agosto X
Sauze di Cesana (TO)
Tema e relatori da definire.
Info: Chiara e Elio Grosso, 0121 352265, eliogrosso@libero.it.

Per calendario aggiornato clicca qui!

24-Notizie dall’associazione F&F
IL BILANCIO DI UN ANNO
Realizzati i progetti per l’utilizzo del 5x1000

Care famiglie, cari sostenitori,
Prima di affrontare l’aspetto strettamente contabile dell’anno sociale appena trascorso permettetevi di ringraziarvi, a nome di tutti membri del Consiglio di Presidenza e dei Soci dell’associazione.
Grazie ai vostri contributi liberali e alle firme per il 5x1000 è stato possibile realizzare molte attività.

La festa dei vent’anni
Quello che mi è rimasto più impresso è stato senz’altro la festa per i venti anni del Collegamento tra Gruppi Famiglia.
Eravamo veramente in molti, famiglie giovani e meno giovani, coppie della prima ora e ultimi arrivati, tutti insieme per festeggiare questo piccolo miracolo della Provvidenza che sono i Gruppi Famiglia.
Molte spese sostenute per quest’incontro sono state finanziate utilizzando il 5x1000 del 2006.

I campi estivi
Quattro sono stati i campi estivi organizzati la scorsa estate dai volontari dell’associazione: Col Perer (BL), San Giovanni di Spello (PG), Voltago Agordino (BL), Castel Tesino (TN).
Il 5x1000 del 2007 è stato utilizzato per contribuire alle spese vive legate all’organizzazione dei campi. ln un momento di crisi economica ci è sembrato molto importante aiutare le famiglie che partecipavano ai campi riducendo il costo degli stessi e ringraziare, indirettamente, tutti coloro che si prodigano per la loro buona riuscita, e sono tanti!

Il bilancio annuale
Nel bilancio del 2010 è anche rientrata la nuova veste grafica della rivista di collegamento: da un anno usciamo con la versione a colori e ormai ci pare impossibile tornare indietro, anche se questo ha i suoi costi. A ciò si sono aggiunti i provvedimenti governativi in materia di tariffe postali che, come già comunicato (GF69), sono aumentate del 500%.
Ci siamo posti il problema se ritoccare il contributo liberale ma abbiamo convenuto che non cambierebbe molto le cose: preferiamo contare sulla vostra generosità. Ricordiamo, infatti, a tutti che non c’è un limite per questo contributo, sia verso l’alto che verso il basso. Anche il contributo "della vedova" (Lc 21,2) è un segno dell’apprezzamento per il nostro lavoro.
A fine anno ci è stata versata dall’Agenzia delle Entrate la quota del 5x1000 relativa all’anno fiscale 2008.
Come potete vedere dal resoconto del bilancio pubblicato in basso si tratta di una cifra importante, almeno per noi.
Poiché lo scopo dell’associazione non è quello di avere bilanci in attivo ma di promuovere l’aggregazione tra famiglie attraverso l’esperienza dei Gruppi Famiglia, nella prossima riunione di giunta probabilmente si deciderà di utilizzarlo, in gran parte, per sostenere le attività dei campi estivi 2011 (per il calendario vedi pag. 19).

I contributi liberali
Da marzo in poi torna d’attualità la dichiarazione dei redditi.
Vi ricordo che quanto avete versato lo scorso anno attraverso il CCP intestato all’associazione come "contributo liberale" lo potete portare in detrazione quest’anno (p.e. nel modello 730/2011 l’importo va riportato al quadro E, rigo E19-21 specificando il codice 20 che corrisponde alle Onlus).

Una firma per il 5 x 1000
Sempre nella dichiarazione dei redditi, è stato confermato anche per quest’anno la possibilità di devolvere il 5x1000 dell’imposta Irpef pagata alla nostra associazione.
La firma va posta nella prima casella il alto a sinistra (sostegno del volontariato...) riportando, subito sotto, il codice fiscale 97571710017.

Altre novità
Per concludere vi segnalo altre piccole iniziative realizzate.
Nel mese di dicembre è stata rinnovata la home page del sito dei Gruppi Famiglia (vedi foto in alto).
A gennaio è stato spedito ai sostenitori il libro Universi solidali del prof. Guido Lazzarini.
A inizio febbraio l’associazione ha organizzato a Torino, insieme al Forum Famiglie del Piemonte e al Centro Servizi per il Volontariato VSSP, il convegno: Comuni a misura di famiglia, in cui è stato presentato il Fattore Famiglia e il Quoziente Parma per promuovere un sistema fiscale più favorevole alle famiglie.
Un caro saluto e buon cammino,
Noris Bottin, presidente ass. Formazione e Famiglia

25-Lettere alla rivista
LA "FATICA" DELLA CONFESSIONE
Un’esperienza di grazia legata all’eucaristia

Da anni faccio fatica a confessarmi. Mi sento legata ad una confessione "infantile", un elenco di peccati veniali. Mi sembra di non aver niente da confessare e non riesco a capire il significato del Sacramento.
Cosa devo fare?
Pina

Risponde don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona

Non è una novità la fatica a confessarsi, soprattutto perché il segno di questo specifico sacramento è una persona, il sacerdote.
E rivolgersi ad una persona per raccontare le proprie debolezze comporta un bagno di umiltà a cui la nostra natura umana non ama sottoporsi. La fatica, quindi, è dovuta ad un fattore psicologico, non teologico.
Le altre due questioni, vale a dire la modalità e il significato della confessione, meritano un approfondimento allo scopo di arrivare ad una pratica adulta di questo sacramento che, insieme alla eucaristia, è uno dei due fondamentali polmoni della vita cristiana.
Non è facile dare delle indicazioni concrete, anche perché la soluzione di queste questioni comporta un progressivo cammino di riscoperta di questo sacramento che diviene possibile attraverso la pratica periodica del sacramento, possibilmente con un confessore stabile con il quale intessere una relazione di accompagnamento spirituale.
La Chiesa richiede la confessione almeno una volta all'anno, a Pasqua. La Chiesa, quindi, ci insegna a legare la celebrazione di questo sacramento ai misteri della liturgia.
Una buona pratica sarebbe, quindi, collocare la confessione a ridosso delle principali scadenze: inizio dell'avvento, Natale, inizio della quaresima, Pasqua, Pentecoste, l'Assunta.
Legare la celebrazione del sacramento con la celebrazione dei misteri della fede aiuta a comprendere l'essenza del sacramento stesso, che consiste nello stabilire una relazione con Gesù attivata proprio nel momento in cui ci sentiamo deboli e fragili.
La confessione ci rimette in sella, ci fa rivivere l'esperienza del battesimo, ci fa risorgere.
La confessione dei peccati, quindi, che possono essere messi a punto con una buona verifica della propria coscienza, dovrebbe avvenire dentro la confessione della propria vita davanti a Gesù, chiedendogli che egli l'assuma e l'accompagni con la sua grazia. La confessione allora diventa un'esperienza periodica di grazia che aiuta a camminare verso Dio, secondo la direzione che Gesù ha indicato a conclusione del discorso della montagna: "Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48).
giancarlo.grandis@tin.it

26-Dialogo tra famiglie
PERDONARE È UNA COSA SERIA
Perdonare non vuol dire anche dimenticare

Trovo molto difficile perdonare. Primo: perché non riesco a dimenticare l'offesa subita. Secondo: perché non riesco a cogliere il valore del perdono. Mi posso dire cristiano?
Luigi

Risponde Anna Lazzarini
Che perdonare sia una cosa seria lo dimostra il fatto che, per ottenere il perdono dell'uomo, Gesù si sia fatto uomo e abbia pagato con la vita il desiderio di far diventare l'uomo da creatura a figlio del Padre… e non gli è stato facile!
Resta dunque vero, e per sempre, che la via dell'amore passa attraverso il perdono. "Perdonaci come noi perdoniamo" preghiamo nel Padre nostro: se non voglio perdonare non posso pregare il Padre nostro.
Sottolineo "non voglio", non: "mi è difficile", "mi ci vuole tempo", ecc.
La fatica che facciamo è legata all'entità dell'offesa, ma restare a rimuginare, a sentirsi vittime, a meditare come farla pagare è una fatica sterile: dimostra che siamo incapaci di amare e non permette all'altro di capire il male compiuto… così siamo sterili in due!
Detto questo c'è un'importante distinzione da fare e che spesso crea sensi di colpa: perdonare non implica dimenticare.
Ricordare i fatti della nostra vita, belli o brutti, fa parte di noi, costituisce la nostra storia, unica, irripetibile e preziosa. Chi ha subito, ad esempio, un tradimento coniugale perdona se resta fedele, se si impegna a ricostruire fiducia, armonia, dialogo, ma certamente non dimentica, a meno che non lo colpisca una malattia mentale degenerativa.
Chi non perdona, abbandona l'altro: anche se fisicamente resta in casa rinfaccia, si chiude, non dialoga più perché non si fida più… Ma il Signore non fa così con noi.
Le sue braccia restano sempre aperte per l'abbraccio al figlio che torna e lo rifà nuovo… anche il perdono tra noi ci rifà nuovi: diventa nuovo il rapporto con un figlio, un amico, un collega, un vicino.
guido.lazzarini@gmail.com

27-Speciale giovani
SONO SOLO DELLE FOTO! PERCHÉ DEVO CHIEDERE SCUSA?
Cosa c’è di male in una ciucca?  Quasi "niente", ma se finisci su Facebook...

di Patrizio Righero
Clic: Antonio in piedi su un tavolo balla come Shakira. Clic: eccolo con una bottiglia di vodka in mano. Clic: Antonio coricato sotto una panca.
Davvero memorabile il compleanno di Sara. Bella gente, bella musica, la tavernetta come una discoteca. E poi da bere volontà. Perfino Antonio, tutto scuola e basket, non dice di no. Un bicchiere di birra. Due. Tre. Magari corretto da qualche furbacchione con qualcosa di più forte. E Antonio non è più lui. L'occasione è troppo ghiotta. Troppo a portata di mano per tirarsi indietro. Il telefonino di Stefano diventa un'arma letale.
Il giorno dopo il "servizio" fa il giro del web. Su Facebook è tutto un commentare: "il re della festa dorme come un angioletto"; "ciucco perso, da paura!!!", "ma che fissa, Anto… ti vogliamo così".
Clicca tu che clicco io, tagga tu che taggo io… le foto escono dal giro degli amici e arrivano dove forse non sarebbero dovute arrivare.
Stefano sa farsi voler bene. È simpatico, l'amicone di tutti. Anche dei ragazzi dell'oratorio. Tanto che don Mimmo l'ha aggregato "d'ufficio" al gruppo animatori. E con Sara? In pochi ci credono, ma sono solo amici. Di quelli che parlano di tutto. Si vedono spesso. Anche senza il gruppo. Anche dopo la scuola. Magari per un giro in moto fuori città.
- Hai saputo del casino di Antonio?
Sara giocherella con il casco e butta indietro i capelli per farsi accarezzare da un timido sole formato primavera. Sembra distratta ma quella domanda se l'è studiata per bene.
- Quello della festa? Non so... Che cosa è successo? È per quelle foto?
- Proprie quelle. Qualcuno le ha fatte arrivare ai genitori. Gli hanno fatto una scenata. Ritirato il motorino. Nessuna uscita serale. Nessuna festa. Ma non solo…
- Non solo?
- Ci ha messo del suo anche l'allenatore di basket: l'ha declassato da capitano a panchinaro.
- A questo punto? Per due foto da niente… non ci credo.
- - Invece è proprio così. Antonio l'ha presa malissimo.
Anche Stefano, le mani nervose e lo stomaco stretto in una sensazione sgradevole, giocherella con il casco ed evita lo sguardo di Sara.
- Mi spiace ma non è colpa mia. Non l'ho fatto ubriacare io.
- - …
- Sì, ho fatto le foto. E le ho messe su Facebook ma niente di più.
- …
Sara non risponde. Conosce Stefano e sa che ha capito.
- È meglio che andiamo. Devo ancora ripassare per la verifica di scienze. Tu come sei messo?
- Sono messo che non mi ricordavo neppure della verifica!
La Yamaha si immerge nelle strade di collina. Frena e accelera ad ogni curva. Strappa in due quell'aria di aprile che già promette belle giornate.

Don Mimmo non se l'aspettava quella confessione sul tavolo da ping pong. Aveva celebrato il sacramento del perdono un po' ovunque: durante le escursioni in montagna, lungo il viale, sul muretto dell'oratorio, perfino sulla spiaggia durante un campo estivo. Ma in sala giochi non gli era ancora capitato. Stefano aveva aspettato di essere solo con il don "per una partita". Ma al terzo punto subito aveva trattenuto la pallina.
- Don, devo confessarmi.
- Perché stai perdendo? Non mi pare una buona scusa!
- Dico sul serio. Ho fatto un pasticcio. Devo parlarne con qualcuno.
E in un attimo eccolo a snocciolare tutta la faccenda: Antonio, la festa, le foto, quel senso di oppressione che ora si sentiva dentro.
- Cosa ne dici don, mi assolvi?
- Dio ti perdona perché hai capito di aver sbagliato e sei pentito. Ma Antonio? Lui ti ha perdonato?
- Tu credi che debba parlargli?
- Credo di sì, Stefano.
- Ma non lo conosco neanche tanto bene. Non so. Magari gli mando una mail. Non me la sento di affrontarlo così. Chissà come reagisce...

- Come è andata?
Sara è in chat con Stefano. Come tutte le sere. Quasi il bacio della buona notte.
- Subito Antonio è stato sulle sue. Non voleva neanche vedermi.
- E poi?
- Poi si è sciolto. Abbiamo fatto due tiri a canestro (e mi ha stracciato!). Non sono servite tante parole.
- E tu come ti senti?
- Non saprei. Ma sembra bene. Mi sento… "perdonato" :-)
Sara saluta, spegne il pc e si infila sotto le coperte. E sogna. Sogna Stefano, la moto che divora le salite, la sua festa di compleanno. È un bravo ragazzo Stefano. Un vero amico. O forse qualcosa di più…
patrizio.righero@tin.it

28-La pagina dei ragazzi
UN CUORE DI CARNE
Quanto cammino è necessario fare per superare l’odio che nasce in noi quando chi amiamo ci delude profondamente!

di Tony Piccin
Molti anni prima che nascesse Gesù ci fu un profeta tra i deportati d'Israele sulle rive del fiume Chebar in Mesopotamia. Si chiamava Ezechiele. Questo profeta ebbe una visione; il Signore gli disse queste parole: "Toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi".
Spesso, quando incontro barboni, drogati, alcoolisti… mi chiedo: "Se io fossi al loro posto che cosa farei? lo ho ricevuto moltissimo dalla vita: due genitori buoni, una mamma che mi ha educato all'amore di Dio... Quanti hanno ricevuto meno di me!".
Ho conosciuto un ragazzo. Era stato abbandonato dalla mamma in un orfanotrofio all'età di 4 anni. Il papà, essendo divorziato, non lo vedeva quasi mai.
Per tutta la fanciullezza attese con ansia di vedere la mamma. "Mi immaginavo i suo lineamenti, il suo volto, i suoi capelli, - mi confidava piangendo - avevo un grande desiderio di abbracciarla". E... la sua attesa fu vana.
Quando fu più grandicello si presentò una signora dicendo: "lo sono tua mamma, vieni con me, ora puoi lavorare, mantenermi".
Che delusione, che amarezza! "In quel momento - mi confidò - ho provato odio nel mio cuore. Allora fuggii e iniziai il periodo buio della mia vita".
Dopo poco fu arrestato la prima volta per furto. Aveva solo diciassette anni ed era finito nel carcere minorile per tre mesi, poi di nuovo in carcere altre sei volte.
Finalmente giunse in una comunità per drogati, poiché la droga lo aveva distrutto. Mi confidò: "Ho perso troppo tempo nella mia vita, voglio ricuperare donando un po' del mio tempo per questi giovani della comunità, perché non perdano più tempo come ho fatto io".
Passo dopo passo il suo cuore sembrava riscaldarsi di amore e dilatarsi giorno dopo giorno. Dopo cinque anni di comunità, una sera durante la preghiera disse: "Signore, ti dono il mio cuore, riscaldalo con il tuo amore, per tutta la vita desidero amare e mai più odiare".
Partì dalla comunità con il desiderio di ristabilire un rapporto nuovo con il papà e la mamma.
segninuovi@interfree.it

29-IL PADRE NOSTRO: NON DIRE... SE

Non dire: PADRE,
se ogni giorno non ti comporti
come un figlio.
Non dire: NOSTRO,
se vivi isolato nel tuo egoismo.
Non dire: CHE SEI NEI CIELI,
se pensi solo alle cose terrene.
Non dire: SIA SANTIFICATO IL TUO NOME,
se non lo onori.
Non dire: VENGA IL TUO REGNO,
se lo confondi con un risultato materiale.
Non dire : SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ,
se non l'accetti quando è dolorosa.
Non dire: IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO,
se non ti preoccupi
della gente che ha fame.
Non dire: PERDONA I NOSTRI DEBITI,
se conservi rancore verso tuo fratello.
Non dire: LIBERACI DAL MALE,
se non prendi posizione contro il male.
Non dire: AMEN,
se non hai capito o non hai preso sul serio
la Parola del PADRE NOSTRO

Da un volantino della Società San Vincenzo de Paoli, Torino

 

GF72 EXTRA

A- CONFESSO A DIO ONNIPOTENTE E A VOI, FRATELLI, CHE HO MOLTO PECCATO…
PER MIA COLPA, MIA COLPA, MIA GRANDISSIMA COLPA.

Per riconciliarsi è necessario aver prima la consapevolezza di aver peccato ed assumersi le proprie responsabilità

Per sviluppare questa riflessione sul peccato ho provato a seguire il metodo della Revisione di Vita (RdV) (1), che è quello che più da vicino ci può aiutare a fare discernimento su questa realtà.

VEDERE
Il primo punto della RdV prevede il confronto su quello che è il tema dell'incontro, in questo caso il peccato. Per non procede a "ruota libera" ho scelto di commentare le parole del "Confiteor" che costituiscono il titolo di questo articolo.
Confesso…
Confessare cosa? Non sono mica un delinquente! Ucciso non ho, rubato neanche, alla Messa ci vado solo nelle feste "grosse" ma non mi viene in mente altro.
Se c'è un sacramento non più "alla moda" questo è proprio quello della confessione. Ora si preferisce chiamarlo sacramento della riconciliazione (2) ma il popolo cristiano sembra restarne alla larga.
Confessare i peccati a Dio è abbastanza facile, non ti rimprovera, non ti fa domande, non ti dà penitenze, volendo te lo puoi addomesticare a tuo uso e consumo.
Meno facile è confessare il peccato ai fratelli (3). Certe cose proprio non le posso dire (e neanche lo chiede il confessore): rovinerei la mia famiglia, la mia reputazione. Servirebbe pentirsi, convertirsi, cambiare vita - o almeno provarci - ma questo è tanto faticoso!
Che ho molto peccato…
E poi, diciamocelo: non ho fatto niente di speciale, fanno tutti così!
La pratica dell'auto assoluzione è una via praticata da molti ma ora sembra farsi sempre più spazio un altro concetto: la rimozione del senso del peccato.
Negare il peccato prevede almeno la capacità di riconoscerlo, non avere più senso del peccato significa che tutto è lecito, il bene e il male sono soggettivi. Il bene diventa ciò che mi piace, ciò che mi appaga, mi realizza, il male è tutto ciò che ostacola la mia possibilità di godere pienamente la vita. Una vita che naturalmente non ha speranze extra mondane ma che si gioca tutta nel "qui ed ora".
Per mia colpa... mia grandissima colpa
Confessione e colpa sono parole collegate, tipiche del linguaggio giudiziario. Parole che rimandano all’idea di tribunale, di giudice, di giudizio.
Rimandano all’idea di un Dio più "castigamatti" che misericordioso, un Dio a cui non scappa neanche una nostra marachella: "Dio ti vede!".
Se si ha questa idea del sacramento della confessione è meglio chiedere "lumi" per non rimanere con un’immagine così "negativa" del volto di Dio (4).

GIUDICARE
Il secondo momento della RdV prevede il confronto con la Parola di Dio.
Il primo brano su cui vorrei riflettere con voi è quello della caduta primordiale (Gn 3).
Nel testo "il peccato è descritto come volontà di auto affermazione dell’uomo nei confronti di Dio, come pretesa di realizzarsi senza Dio o contro la volontà di Dio. È una ribellione a Dio che lacera alla radice la realtà relazionale dell’uomo: il suo equilibrio interiore, i rapporti con i suoi simili e con il mondo" (7).
Il rapporto con Dio
"Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male" (Gn 3,5). Il peccato comporta una rottura del rapporto personale con Dio, è un gesto di ingratitudine, di rifiuto: è la pretesa di un’autonomia morale. E poiché l’uomo è "immagine" di Dio, l’allontanarsi da Lui si ripercuote a tutti i livelli dell’esperienza umana.
Il rapporto con se stessi
"Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi" (Gn 3,7). La rottura del rapporto con Dio lacera per prima cosa l’equilibrio interiore dell’uomo, che sperimenta la propria lacerazione - tra "carne" e "spirito" - e la propria impotenza - nudità.
Il rapporto con gli altri
La rottura del rapporto con Dio scardina i rapporti con il prossimo, generando comportamenti disordinati e socialmente ingiusti. Adamo scarica la responsabilità del proprio comportamento su Eva, Eva sul serpente. La responsabilità è un fardello pesante, spesso angosciante e si cerca di riversarla su altri.
Il rapporto con il creato
Il peccato sovverte anche le relazioni dell’uomo con la terra, con l’ambiente. Il rapporto iniziale, fatto di cura e di custodia, diventa un rapporto alienato, fatto di lotta e di contrasto. Il lavoro diventa fatica e dolore…
Ma il peccato non significa perdita di ogni rapporto con Dio. L’uomo resta "immagine" di Dio ma una immagine scolorita, deturpata, bisognosa di restauro. Sarà questa una delle prospettive secondo cui il Nuovo Testamento interpreterà l’opera di Cristo, "l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" (Gv 1,29).
Su questa stessa linea si pone secondo brano, tratto dalla lettera ai Romani (Rm 5,12-21) (8).

Adamo e Cristo
Semplificando molto possiamo dire che Paolo vede nelle figure di Adamo e Cristo la duplice situazione dell’uomo peccatore e dell’uomo perfetto e salvato.
Tutti hanno una solidarietà con Adamo nella carne e nella debolezza della colpa. È per questa via che l’umanità precipita nella morte, intesa in tutte le sue dimensioni: morali, spirituali e materiali.
Tutti, però, possono accogliere in sé un’altra solidarietà, quella con Cristo attraverso la fede. Questa solidarietà è sorgente della salvezza e della vita, intesa in tutte le sue dimensioni, ma soprattutto espressione della comunione con Dio. Questa seconda solidarietà è ben più alta e più forte: non libera solo dal male ma introduce nella stessa vita divina (9).
Se siamo solidali con Adamo nel peccato, Cristo ci fa solidali con sé nell’obbedienza e nella giustizia. La legge mosaica ci ha fatto comprendere con chiarezza la nostra miseria, ma solo la grazia offerta da Dio in Cristo ci dà la possibilità di essere trasformati radicalmente divenendo, da peccatori, giusti. Se il peccato è come un torrente violento e fangoso, che scorre con abbondanza, molto più abbondanti e grandiose sono le acque del fiume della grazia divina, che ci conduce alla vita eterna, cioè alla pienezza suprema dell’intimità con Dio.

Il peccato originale
I due brani non sono stati scelti a caso perché non solo ci parlano di peccato (ma in Paolo anche, e soprattutto, di grazia, di salvezza, di vita piena) ma perché sono stati, nella storia della Chiesa, il fondamento biblico del dogma del peccato originale (10).
L’autore che ha sistematizzato il tema è stato Agostino, nel corso della polemica pelagiana (11). Se Pelagio è troppo ottimista, Agostino, pur partendo dalle stesse posizioni di Paolo, esagera nel pessimismo evidenziando più l’universalità del peccato che l’universalità dell’offerta di salvezza. Per spiegare l’universalità dell’influsso di Adamo Agostino ricorre all’idea di una trasmissione ereditaria per generazione. Il peccato si trasmette al momento del concepimento per cui si nasce peccatori, membri di una "massa dannata". Questo dogma ha attraversato la storia della Chiesa ed è arrivata praticamente invariato fino ai giorni nostri (12).

La "naturalità" del male
L’impostazione agostiniana sul peccato originale oggi fa problema e crea imbarazzo. Infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) evita il termine generazione, limitandosi a parlare di "universalità del peccato nella storia dell’uomo" (13).
Perché allora divagare su un tema apparentemente marginale? Perché il "peccato del mondo", secondo l’impostazione dell’evangelista Giovanni, è qualcosa che facciamo nostro già succhiando il latte materno; nascendo, entriamo in un mondo segnato da una moltitudine di peccati che rendono quasi "naturale" il male, l’egoismo, la vita senza Dio.

AGIRE
Nel terzo e ultimo momento della RdV si tirano le conclusioni, si imposta un cammino di conversione. Questa è la parte più personale della RdV e quindi la più discutibile in un testo scritto. Da parte mia vorrei soffermarmi su tre punti: la libertà, la coscienza e la grazia (14), tre elementi che precedono l'agire morale.

La libertà
L'uomo è libero? Interamente libero? La società attuale ci dà questa illusione: ci permette di scegliere tra molte alternative, ma non ci dà alcuna indicazione sull'alternativa da scegliere. Così si procede per tentativi, e se anche la scelta fatta risulta soddisfacente rimane sempre la percezione che una decisione diversa avrebbe potuto condurre a migliori risultati. Questa società ha reso libero l'individuo ma l'ha abbandonato a se stesso (15).
Nella sua libertà l'uomo può anche rimuovere il senso del peccato, illudersi che tutti i suoi atti morali siano leciti perché lo gratificano ma la realtà gli fa presto scoprire che alcuni atti negativi creano in lui un senso di colpa (vedi riquadro). Si ricorre allora ai confessori laici: psicologi, neuro analisti e, per chi non può permetterseli, a veggenti, cartomanti, sette, ecc.
È vero, però, che l'uomo fa esperienza di un male che avvolge e precede la propria esistenza condizionandolo negativamente e contemporaneamente coglie in sé una tendenza al male che opera anche contro la propria natura (16). Ma, come l'uomo cede al male, così resta in grado di scegliere il bene.
Allora, cosa serve la libertà per il cristiano? Non per fare ciò che si vuole ma per scegliere il bene. La libertà è frutto dell'unione dell'uomo con Dio in Cristo; è la liberazione dell'uomo dai suoi capricci per scegliere quello che è il suo vero Bene (17).

La coscienza
Chi, cosa orienta la libertà dell'uomo? La coscienza (18).
La coscienza è "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo" (19). Qui egli "scopre una legge che non è lui a darsi… che lo chiama sempre ad amare e fare il bene e a fuggire il male" e che gli "dice alle orecchie del cuore, fa questo, fuggi quest'altro" (GS 16).
"La coscienza, come voce di Dio, porta a scelte e a decisioni che richiedono un profondo senso di responsabilità. Ciascuno è pertanto tenuto a formarsi un a coscienza "matura", con il concorso dell'intelligenza e dell'esperienza, ma soprattutto mediante la luce dello Spirito" (20).
Riprendendo un tema molto in voga negli anni scorsi, la formazione della coscienza è un cammino permanente che dura tutta la vita dell'uomo. La percezione del bene e del male cresce e si sviluppa con la persona come dimostrano gli studi di Kohlberg (vedi riquadro). Ma allo sviluppo fisico non corrisponde automaticamente ad un analogo sviluppo morale. Si può essere adulti ma ragionare come adolescenti. Il grave è, come dimostra Kohlberg, che, se si rimane a questo stadio, certi ragionamenti morali risultano incomprensibili.
E questa incomprensione è molto diffusa nella nostra società, contribuisce ad aumentare il "peccato del mondo" e si ripercuote anche sui nostri comportamenti.
Questo è forse l'aspetto più inquietante di quella che i vescovi italiani chiamano "emergenza educativa" e a cui hanno dedicato gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 (21).

La grazia
Nella citata Lettera ai Romani, Paolo scrive: "Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra" (7,21-23).
Anche se abbiamo una coscienza formata il peccato è sempre accovacciato alla nostra porta (22), la tentazione non ci risparmia (23). Ma ci viene in soccorso la grazia, che la vita di Dio in noi. "La grazia santificante è il dono per il quale l'uomo viene trasformato dallo Spirito Santo, ed entra con Dio in un rapporto di vita assolutamente gratuito. Nasce così la "nuova creatura", l'uomo nuovo" (24).
Quest'orientamento a Dio e in Dio si manifesta, nel quotidiano, attraverso il dono della grazia attuale (o sufficiente), che ci dà la forza di scegliere e fare il bene ma ci lascia liberi.
Il "peccato del mondo", vecchio come il primo uomo, si deve misurare, dopo la venuta di Cristo, con l'uomo nuovo, con l'umanità redenta dal Suo sangue.
Forti della Sua grazia, possiamo quindi così riformulare l’inizio del Confiteor: "Riconosco di fronte a Dio… che ho molto peccato… con mia piena responsabilità e consapevolezza".

Note:
(1) Vedi approfondimento in questo stesso numero
(2) "Teologi, liturgisti e pastoralisti sono da tempo al capezzale del grande infermo, il quarto sacramento, per diagnosticare con sicurezza i malanni da cui è afflitto e cercare dei rimedi che non siano cure palliative". Borrelli R., La penitenza: panoramica teologico-pastorale su un sacramento ancora in crisi, in: Settimana, EDB Bologna, n.22 2004, p.8
(3) I protestanti, che pure non prevedono la confessione auricolare, sono tenuti a chiedere perdono non solo a Dio, ma anche alle persone che hanno offeso. "Il credente evangelico confessa il proprio peccato alle persone che ha offeso e lo confessa direttamente a Dio, sapendo che, come anche il Padre Nostro insegna, il perdono di Dio è legato al perdono reciproco fra i fratelli e le sorelle" Paschetto E., La confessione, in: E.C.O.,Torino, 2004 n.4/22, p.8
(4) "Il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare e per donare la vita che è in lui". È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, riceve secondo le sue opere e può anche condannarsi per l'eternità rifiutando lo Spirito d'amore". Catechismo della Chiesa Cattolica, n.679
(5) e (6) note omesse
(7) Per il commento di Gn 3 si è attinto da: Giacomo Panteghini, L’uomo scommessa di Dio, Edizioni Messaggero Padova, 1998 p.126ss
(8) Per il commento di Rm 5,12-21 si è attinto da: Gianfranco Ravasi, La Bibbia per la famiglia, Edizioni San Paolo, Milano 1999, NT vol. 2, p. 10-12
(9) "Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo" (Rm 5,17)
(10) Per queste riflessioni si è attinto da: Giacomo Panteghini, L’uomo scommessa di Dio, Edizioni Messaggero Padova, 1998 p.133ss
(11) Pelagio sosteneva che l’uomo ha in sé la capacità di fare il bene e se pecca è perché è condizionato dal cattivo esempio degli altri e dalla sua abitudine a fare il male. Il peccato di Adamo è quindi solo l’inizio di una consuetudine cattiva che va ribaltata.
(12) Il peccato originale "proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente a ciascun uomo come suo proprio" Pio XII, enciclica Humani generis, 1950 DH 3897
(13) Catechismo della Chiesa Cattolica, n.401
(14) "Cosa è la libertà e qual è la sua relazione con la verità contenuta nella legge di Dio? qual è il ruolo della coscienza nella formazione del profilo morale dell'uomo? come discernere, in conformità con la verità sul bene, i diritti e i doveri concreti della persona umana?" Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n.30
(15) Vedi: Guido Lazzarini, La modernizzazione "riflessiva", in: Gruppi Famiglia, n. 42 marzo 2003, p.6-7
(16) Vedi: Giacomo Panteghini, L’uomo scommessa di Dio, Edizioni Messaggero Padova, 1998 p.142
(17) Stefano Teisa, Le virtù, ISSR Torino, lezione dell'11 febbraio 2005
(18) Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, la Catechesi e la Cultura, Signore da chi andremo? Il catechismo degli adulti, CEI Roma, 1981 p.371ss
(19) "…dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova compimento nell'amore di Dio e del prossimo" (GS 16)
(20) Signore da chi andremo? p.372
(21) CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020
(22) "Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo" (Gn 4,7).
(23) "Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo" (Mt 4,1)
(24) Signore da chi andremo? p.142

 

B-ANDARE D'ACCORDO IN FAMIGLIA
Alcune piccole iriflessioni sul perdono e la riconcilazione

di C.M. Martini
Quando anche il perdono divide (pag 16-17)
La storia che vi voglio raccontare è quella conosciutissima del figliol prodigo, una delle più belle parabole narrate da Gesù.
Protagonisti, insieme al padre, sono due fratelli: il più giovane che se ne va da casa sbattendo la porta, deciso a non più ritornare; il maggiore, rimasto in famiglia al servizio di suo padre.
Ma un bel giorno ecco riappare il figlio sprecone, ridotto in miseria.
Un ritorno tanto sperato dal padre, quanto inaspettato e indesiderato dal fratello.
Quest’ultimo infatti, saputolo, non vuole più entrare in casa, rifiuta di incontrare il fratello, contesta il padre che l’ha perdonato e gli ha improvvisato una grande festa. "Ma perché? Questo non è giusto. La sua scelta l’ha fatta; torni dove è stato fino adesso".
"Ma perché? E’ mio figlio, è tuo fratello!". Il padre della parabola non si perde in tanti ragionamenti e razionalizzazioni. Aiuta il figlio maggiore a scoprire la realtà e ad accettarla. Il figlio, chiunque sia diventato, qualsiasi cosa abbia fatto, resta sempre vita del padre e della madre, è sempre parte integrante della vita di una famiglia e di una comunità.
Certo diventa scomodo in questi casi renderci conto di quel legame vero, reale, inalterabile che ci unisce al fratello deturpato e colpevole. Lo si sperimenta soprattutto nell’ambito della più grande famiglia umana in cui si vorrebbe anzitutto la punizione di chi ha fatto il male senza guardare prima di tutto al suo vero bene. Soltanto la coscienza illuminata dalla rivelazione di Gesù ci può convincere che il bene dell’altro è sempre anche mio, è nostro, e così anche il suo male. Solo l’amore vero di pura benevolenza può spingerci a riabbracciare il fratello colpevole. Dobbiamo imparare da Gesù a non più osservare continuamente l’altro per giudicarlo e condannarlo, ma per amarlo e perdonarlo, aiutarlo e recuperarlo.

Sopportiamo gli uni i pesi degli altri (pag 25-27)
Questa norma di vita comunitaria, ricordata anche da s. Paolo, scrivendo ai Galati, è assai semplice, può sembrare un gioco, ma riassume tutta la legge di Cristo. Ci invita a servire gli altri,ad offrire un aiuto concreto al fratello bisognoso. In una giornata, quanti servizi ci vengono richiesti, spesso indirettamente, da chi ci sta vicino; piccoli servizi, apparentemente insignificanti, ma efficacissimi per edificare una comunità fraterna, per creare l’unione familiare: servire a tavola, sostituire per un momento un compagno di lavoro, offrire un caffè, visitare un ammalato, regalare un biglietto del tram, scrivere a prigioniero, aiutare un ragazzo a fare un compito, rispondere al telefono, cedere un posto a sedere, rispettare gli ambienti della comunità, invitare a cena un povero, …
Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli, invitandoli a fare come lui. Non tiriamoci indietro se vediamo una persona in necessità. Il "non tocca a me", spesso, è segno di pigrizia mentale, grettezza di cuore, negazione di fraternità.
Noi sopportiamo gli uni i pesi degli altri quando nella nostra attività permettiamo che ci interrompano senza irritarci; quando tolleriamo chi ci disturba, ci annoia, ci provoca.
Sopportare il peso significa adossarci il reciproco fastidio, resistere di fronte alle difficoltà che nascono dalla convivenza, accogliere con pazienza i desideri degli altri. Vuole dire ancora di essere gentili e amorevoli con chi non lo meriterebbe; ripetere benevolmente una spiegazione a chi non capisce; sopportare le persone invadenti; non essere inderogabili con chi sbaglia per la seconda volta; correggere umilmente il fratello in errore. Se vogliamo essere fratelli e sorelle dobbiamo diventare robusti ed infaticabili portatori di pesi.
E pesi sono anche i peccati nostri e quelli degli altri. Anche in questo servizio Gesù Cristo è modello, egli che porta i peccati del mondo: tutti i delitti sono stati caricati su di lui. E non si è mai lamentato. Ha portato questi nostri pesi liberamente, amorevolmente, ininterrottamente. Il quotidiano servizio ai fratello può dare senso a tutta la nostra vita, può renderla felice.
Quando poi il servizio diventa vicendevole, è reciproco, crea veramente quell’unione invocata da Gesù nell’ultima cena, ci fa vivere l’esperienze dell’abbraccio, della carità, della vera gioia.

Perdoniamoci a vicenda (pag 27-28)
Chi crede di non avere nulla da farsi perdonare è superbo e cieco. Per questo il fratello maggiore della paarabola del figlio prodigo si irritava per il perdono del padre: perché era convinto di non doversi far perdonare nulla da nessuno. Pure gli scribi e i farisei, così convinti di essere essi stessi giusti, all’invito di Gesù a chi è senza peccato da scagliare la prima pietra, se ne sono andati (cf Gv 8,9).
Per imparare a perdonarci a vicenda dobbiamo rivivere dentro di noi il pentimento e il dolore cristiano.
Il pentimento esige una consapevolezza di avere sbagliato, di aver violato i progetti di Dio e impoverito e fatto soffrire la comunità.
Da questa coscienza nasce un amore dolorante, un dolore interiore, un dispiacere di avere umiliato e ferito i fratelli e noi stessi; di avere tradito l’amore del Signore per noi. Ne consegue la volontà di non rinnovare queste lacerazioni e di risarcire, in qualche modo, i danni provocati e l’umile richiesta di perdono a Dio.
La cortesia del perdono divino per la nostra colpa è quella che sostiene la nostra capacità di perdonare. Il perdono cristiano deve assomigliare a quello di Dio Padre che perdona tutto, qualsiasi male e sempre.
Il padre del figliol prodigo non ha detto al fratello come si deve perdonare, glielo ha fatto vedere con i fatti: vede il figlio, si commuove allo stato miserabile in cui si è ridotto, gli corre incontro, lo abbraccia, lo bacia, lo veste per bene, lo riabilita pienamente, lo integra nella famiglia a pieno diritto. E poi manifesta una contentezza indescrivibile, infinita, divina, siglata da Gesù con quella sconvolgente espressione che novantanove giusti contano meno, davanti a Dio, di un peccatore nel momento della sua conversione!
Dal libro dell'autore: Andare d’accordo in famiglia, Centro Ambrosiano, Milano 1989.

C- Il perdono sapiente

Il perdono è fondamentalmente di origine divina. Incarnandosi, ha bisogno di tempo, deve distendere la sofferenza secondo il bisogno di ciascuno e lentamente sciogliere i cuori per mostrare infine la sua efficacia.
Non sempre è opportuno applicare autonomamente il comandamento del perdono, che pure resta tale, senza attendere i tempi giusti e le condizioni di possibilità interiore che impediscono alla parola o al gesto di riconciliazione di apparire come un ghigno, una smorfia, uno sforzo puramente muscolare. Occorre un tempo proporzionale all’offesa perché la ferita possa, se non guarire, almeno cicatrizzarsi. C’è da imparare a convivere con quel macigno che inizialmente sembra insopportabile, a bere il calice amaro della propria umiliazione, del non amore che svuota di senso e paralizza l’anima. C’è da imparare a tenere a freno il rancore, che ha effetti a cascata sulla vita quotidiana inquinando con la disunità tutti i rapporti, in famiglia, nel lavoro, nella Chiesa.
Chi riesce a dominare la collera e a metabolizzare il proprio dolore, pian piano smette di rimurginarlo e comincia a percepire con le orecchie dell’anima quello dell’altro.
Dopo aver lasciato disincantare la collera, per le ripetute offese ricevute in una coppia può affacciarsi l’idea del perdono possibile, controcorrente rispetto alla cultura dominante ( si pensi al proverbio: "La prima volta si perdona, la seconda si condona, la terza si bastona"). Si studia mentalmente come perseguire questo obiettivo, forse perché se ne ha memoria dal catechismo, oppure qualcuno con cui ci si è confidati ce ne ha parlato, o si trova irrespirabile l’aria di ostilità e di finta indifferenza che si respira in famiglia, o infine si vuol offrire ai figli un ambiente riconciliato. Chi ha superato difficili crisi matrimoniali sa bene che se il perdono non può cambiare ciò che è accaduto, può però trasformarne il significato, liberarlo dal blocco che paralizza i rapporti…

Può accadere che uno dei due venga a trovarsi in condizioni di maggiore serenità nel guardare all’accaduto e forse, con l’aiuto del sacramento o dello Spirito che agisce nel segreto, o ancora col sostegno di qualche incoraggiante consiglio, giunga a compiere gesti prosociali che mirano a riaccendere la reciprocità. La fragilità di chi comincia sta nel proporre timidamente, nel dipendere dalla risposta dell’altro e attenderla, temendo un rifiuto e nello stesso tempo cercando di cogliere il minimo cenno di assenso. Chi perdona o vuole ottenere il perdono accetta di affrontare il rischio dell’altro: "ogni domanda di perdono può incontrare un rifiuto. Il Perdono non va da sé"…

Il perdono è il giogo sotto il quale tutti devono passare, prima o poi, se vogliono costruire rapporti di pace. Ciò vale a maggior ragione per il matrimonio, quando è inevitabile che ciascuno dei due, anche involontariamente, ferisca l’altro. Un matrimonio duraturo esige pazienza, non solo nei confronti dei tradimenti e dei torti espliciti subiti, ma più in generale per i limiti, le manie che il tempo talvolta rende insopportabili. Perdono infatti, allude più radicalmente, all’accettazione dell’altro che si rivela nella sua limitatezza, quando ha perduto l’alone dell’innamoramento. Perdonarsi in questo senso può significare riconoscere che per entrambi è faticoso reggere, con il passare degli anni, allo sfaldamento delle attese suscitate nei primi tempi, sapendo che è ancora amore la tenerezza che nasce dalla com-passione per le rispettive fragilità.
Non basta dedicare tempo, analisi, mezzi al buon fine di un amore fedele, come certe volte le scienze umane sembrano far credere. Quando ci si riconosce sinceramente limitati e incapaci di una vera riconciliazione, l’unico atto dignitoso è quello di volgere lo sguardo verso l’alto e attendere il dono della carità divina. E’ questa che consente l’azione inizialmente unilaterale di uno dei due , rendendolo capace di gesti di amicizia, prima ed indipendentemente (ma non indifferentemente) rispetto alla reazione altrui.
Dare e chiedere perdono è indispensabile a testimoniare nel mondo di oggi che è possibile un amore fedele e felice. Questa fiducia di fondo si nutre di Trascendenza, come dissero – a ragione – i farisei e gli scribi attorno al letto del paralitico: "solo Dio ha il potere di rimettere i peccati" (Lc 5,21). Il matrimonio sviluppa pienamente le sue potenzialità se i coniugi attingono all’amore gratuito di Dio la forza di perdonarsi "settanta volte sette" (Mt 18,21-22) . Particolarmente le coppie cristiane, che hanno aderito alla parola evangelica del perdono e dell’amore ai nemici, sono tenute più delle altre a percorrere fino in fondo il cammino della misericordia, dell’abbandono dell’orgoglio, della domanda e della concessione del perdono…

Come ha scritto Gotfried Danneels, tutti gli sposi portano con se la lampada dell’amore umano, come le vergini della parabola: ciascuno ama l’altro perché ne è riamato. Occorre però l’olio della Grazia che fa bruciare la lampada con la carità divina, quella capace di amare anche quando non si è amati, olio scarso nella nostra epoca, che più agevolmente si accontenta della solidarietà e della responsabilità. Solo gli sposi saggi, come le vergini, ne fanno riserva e sono perciò in grado di perdonare e riaccendere il flusso di amore reciproco. La lampada della buona volontà degli sposi e la grazia dell’olio divino fanno una combinazione misteriosa, il cocktail che genera vero perdono: "Lo si può paragonare al suono del piano forte. Le due mani sono necessarie : la sinistra per l’accompagnamento, la destra per la melodia. Questa è la regola. Suonare ad una sola mano è possibile, ma il suono che si produce è molto povero e incompleto. Parimenti per il perdono: si suona a due mani, quella di Dio e quella dell’uomo… noi suoniamo l’accompagnamento. Dio suona la melodia. Ed è quest’ultima che determina il carattere di tutto il pezzo"
Tratto da G.P. Di Nicola, A. Danese, Perdono… per dono, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2005, p.102-106.
http://www.effata.it/Libri/Scienzedelmatrimonio/perdono.html

D-Bibliografia minima sulla riconciliazione

A cura di Paolo Brugnera
Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 13: il peccato; 47: il peccato condiziona il matrimonio e la famiglia nella società odierna.
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 28: la funzione sacerdotale; 35: nella vita laicale e familiare partecipando alla missione profetica di Cristo; 36: partecipando alla funzione regale di Cristo.
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html
Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, 14: la Chiesa cerca di attuare la misericordia, il perdono dà un contenuto nuovo alla giustizia.
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_30111980_dives-in-misericordia_it.html
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 9: l’ingiustizia e il peccato impediscono la realizzazione della famiglia; 21: la comunione in famiglia passa attraverso il perdono e la riconciliazione; 34: è necessario che i coniugi compiano un incessante cammino morale; 58: il sacramento della riconciliazione e il perdono sono fondamentali nella santificazione della famiglia cristiana.
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio_it.html
Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 21: il peccato sociale coinvolge anche le famiglie; 26: la catechesi ha il compito di insegnare dove operare la riconciliazione; 27: il sacramento del matrimonio segno della Chiesa riconciliata; 65: le strutture di peccato si radicano nel peccato personale;
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_02121984_reconciliatio-et-paenitentia_it.html
Giovanni Paolo II, Sollecitudo Rei Socialis, 36-37: ancora sulle strutture di peccato e la loro influenza sulla società e sulla famiglia; 40: la solidarietà supera se stessa aprendo al perdono e alla riconciliazione;
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_30121987_sollicitudo-rei-socialis_it.html
Benedetto XVI, Verbum domini, 26: La Parola di Dio svela il peccato dell’uomo.
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/apost_exhortations/documents/hf_ben-xvi_exh_20100930_verbum-domini_it.html
C.M. Martini, Andare d’accordo in famiglia, Centro Ambrosiano 1989 (vedi sopra)
C.M. Martini, Parlo al tuo cuore, Centro Ambrosiano 1996
http://www.atma-o-jibon.org/italiano8/martini_letterepastorali13.htm

E-Angeli e demomi

Nell'esperienza cristiana angeli e demoni hanno avuto una parte rilevante. Si pensi, da un lato, agli angeli custodi, sia delle persone singole, sia delle città e delle nazioni; dall'altro, alle diffuse e persistenti credenze sull'origine demoniaca di certi fenomeni, o al mito di Faust che vende l'anima al diavolo in cambio della gioventù e della bellezza.
Un discorso corretto su questo, come su qualsiasi altro argomento, non può che partire dai dati che la Bibbia ci offre.
Il nome "angelo" viene dal greco e significa "messaggero". Esprime dunque una funzione, non ci illumina sulla natura: tanto è vero che nell'Antico Testamento anche i venti e le. fiamme sono "messaggeri" di Dio (Sai 103,4). Incontriamo tuttavia, già nella Genesi e nell'Esodo, la figura dell'angelo del Signore, inviato a compiere le sue azioni mirabili (cfr. Gn 16,7.13; Es 3,2-6).
Talvolta, nello stesso contesto, accade un fatto singolare:...
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Tratto da:
CEI, Signore da chi andremo? Il catechismo degli adulti, 1981, p.508-511

F-Il peccato originale

Nella fede cristiana si afferma l'esistenza in ogni uomo di un vero e proprio peccato, anteriore ad ogni libero e cosciente atto della persona (peccato originale originato), un peccato che deriva all'uomo da un atto peccaminoso e personale risalente alle origini dell'umanità (peccato originale originante). In questa prospettiva' si colloca la necessità e l'universalità dell'opera salvifica di Cristo: ogni uomo necessita della sua salvezza che, prima ancora che dalle colpe personali, lo libera dalla colpa derivata dalle origini. È in questa stessa prospettiva che si giustifica il Battesimo dei bambini, in uso già nella Chiesa dei primi secoli: essi, anche se incapaci di colpe personali, hanno bisogno di essere liberati dalla colpa di origine.
Cosi formulata, l'affermazione di fede sembra incorrere in una serie di difficoltà poste dalla cultura odierna. In una cultura che sempre più sottolinea la dignità e l'autonomia della persona umana, si fa fatica ad ammettere che un uomo possa trovarsi in uno stato di peccato a causa di un atto peccaminoso compiuto da altri; che cioè si possa parlare di una peccaminosità ereditaria, connessa alla trasmissione della natura umana e non frutto di un atto personale. Allo stesso tempo appare difficile pensare che gli uomini primitivi...
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Tratto da:
CEI, Signore da chi andremo? Il catechismo degli adulti, 1981, p.512-516

G- "I Colori del cuore" di Maria Poetto

Questo agevole libro, di carattere divulgativo, si inserisce nei tentativi di risposta all’emergenza educativa, cercando di offrire un piccolo contributo riguardo all’educazione alle emozioni.
Il testo è costruito a partire da articoli pubblicati su Dimensioni nuove, rivista rivolta ai giovani, e risulta quindi scritto con un linguaggio adatto a loro. Ma non solo: esso potrà essere utile strumento per gli educatori (formatori, genitori e insegnanti) e per tutti coloro che, a contatto con la sfida continua che è il mondo delle relazioni - dove ricchezze, ferite e contraddizioni sono all’ordine del giorno - desiderano comprendere meglio, e di conseguenza al meglio utilizzare, la risorsa del proprio e dell’altrui mondo emotivo.
Il libro è composto di quattro parti.
La prima, sulle emozioni, spiega che cosa sono e come vengono espresse, nelle diverse culture. Viene messa in luce anche la difficoltà, tipica della nostra società attuale, ad entrare in contatto con il proprio mondo emotivo, disagio che a volte si manifesta anche attraverso il corpo (la psicosomatica).
Nella seconda parte, la più corposa, si affronta il discorso dell’educazione emotiva, delineando in modo analitico come avviene lo sviluppo emotivo, come le emozioni possano venire malamente espresse e, infine, come utilizzarle al meglio, come risorsa, attraverso un dialogo costruttivo tra la testa e il cuore.
Si evidenzia anche come i pensieri possano influenzare il nostro sentire e si pone attenzione alla differenza tra maschi e femmine, che appare evidente nel tipo di emozioni manifestate e nella modalità della loro espressione.
Nella terza parte si passa poi a trattare il rapporto tra emozioni e i mezzi di comunicazione (la televisione, gli SMS e Internet), valutando come questi ultimi possano influenzare il nostro modo di sentire. Gli strumenti tecnologici ci offrono dei vantaggi, ma occorre vigilare perché non favoriscano una distanza nelle relazioni e non diventino un ostacolo nel riconoscimento del valore e della dignità di ogni persona.
Nella quarta parte viene affrontato il tema del perdono, come "cura per le ferite del cuore". Dapprima si chiarisce ciò che il perdono non è, per evitare confusioni e fraintendimenti, piuttosto frequenti. Si passa in seguito a considerare le componenti del perdono, mettendo in luce come esso sia un processo complesso, non automatico e immediato. Infine, si richiama l’attenzione sul perdonare se stessi, un aspetto spesso trascurato ma di fondamentale importanza, essenziale per costruire un’immagine positiva di sé (non perfetta, ma consapevole dei propri limiti).
Si conclude con un riferimento a come Gesù abbia vissuto in pienezza il proprio mondo emotivo, provando ed esprimendo una varietà di emozioni, adeguate alle diverse situazioni della vita.
Ogni capitolo è accompagnato da alcuni spunti (corredati da alcuni riferimenti anche a film e a testi letterari e musicali) utili sia per la riflessione personale sia per la discussione in gruppo, che mettono in grado il lettore di approfondire le tematiche trattate.
Il testo risulta di gradevole e di facile lettura e, grazie anche alla sua semplicità, offe anche a chiunque un’occasione in più per orientarsi meglio nel proprio mondo interiore e per valorizzare la ricchezza del cuore.
L’autrice Maria Poetto, psicologa e psicoterapeuta, opera a Torino nel campo della consulenza psicoterapeutica e collabora con le riviste Dimensioni nuove e Famiglia domani.
http://www.elledici.org/it/libreria/dettaglio.php/Colori-del-cuore-I-/?AREA=libreria&CODICE=04624

H-Crisi e perdono nella vita di coppia

Nel fidanzamento e nella coppia è difficile dare un "nome" alle crisi. Occorre essere aiutati a comprendere come ogni difficoltà può essere affrontata promuovendo una "cultura del perdono".
«Quante volte in questi anni, accompagnando per un tratto di strada coppie di sposi logorati da una storia di meschinità, feriti da innumerevoli incomprensioni, offese e umiliazioni vicendevoli, disorientati dalla crisi, ho avuto la gioia di assistere stupito al miracolo della grazia di Dio che ha fatto irrompere la luce del perdono e ha riacceso la festa di un incontro!». Con queste parole don Sergio Nicolli, direttore dell'Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia, ha concluso l'8ª settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare sul tema "Molto le è perdonato, perché molto ha amato" (cf. Sett. n. 18, pp. 1-16). Mons. Nicolli non ha inteso proporre una sintesi conclusiva, ma ha proposto alcuni "rilievi a caldo"...
Per contiunare la lettura http://www.dehoniane.it/riviste/riv_articolo.php?CODICE=15989&CODE=SET&PAGE_ID=27
Tratto da: Settimana n.19, EDB 2005 p.5

L-Il perdono forza di comunione

In un mondo che fa prevalere la giustizia sul perdono, la Settimana di studi sulla spiritualità coniugale ha riaffermato la necessità per la coppia di uscire dalla logica della "rabbia" per "entrare" nella dimensione del sapere "prendere le distanze" al momento giusto, in un percorso personale e di coppia "riconciliato".
La Settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare, organizzata dall'Ufficio nazionale della Cei per la pastorale della famiglia e giunta quest'anno alla nona edizione, è ormai un appuntamento di riferimento per molti operatori pastorali: famiglie, religiosi, religiose e presbiteri. Chi partecipa ha la reale possibilità di esperimentare la dimensione familiare della chiesa e quella ecclesiale della famiglia, per portare, nella propria comunità, il "vangelo della famiglia": in effetti i frutti di queste giornate iniziano a crescere e a maturare anche nelle nostre chiese dove, sempre più frequentemente, si organizzano iniziative pastorali che non solo proseguono il lavoro di riflessione sulle tematiche proposte nelle settimane nazionali, ma che ne seguono anche lo stile organizzativo...
Per contiunare la lettura http://www.dehoniane.it/riviste/riv_articolo.php?CODICE=16972&CODE=SET&PAGE_ID=27
Tratto da: Settimana n.18, EDB 2006 p.1

M-La penitenza: panoramica teologico-pastorale su un sacramento ancora in crisi

Il sacramento della riconciliazione, che ha subito lungo la storia dei grandi cambiamenti, conosce da alcuni decenni una crisi significativa. Alcuni capisaldi teologici e pastorali per uscirne passano anche attraverso la riscoperta della sua dimensione comunitaria. Non bisogna disancorare la proposta penitenziale dal "sentire cum ecclesia". Alcuni opportuni suggerimenti.
Teologi, liturgisti e pastoralisti sono da tempo al capezzale del grande infermo, il quarto sacramento, per diagnosticare con sicurezza i malanni da cui è afflitto e cercare dei rimedi che non siano cure palliative. La cosa non meraviglia: dalla storia del sacramento sappiamo che più volte esso andò in crisi. La disciplina antica della penitenza aveva praticamente relegato l'amministrazione del sacramento in fin di vita, a motivo della sua non reiterabilità e anche per gli oneri penitenziali troppo gravosi.
Il rimedio escogitato a partire dal secolo VI...
Per contiunare la lettura http://www.dehoniane.it/riviste/riv_articolo.php?CODICE=12095&CODE=SET&PAGE_ID=27
Tratto da: Settimana n.22, EDB 2004 p.8

N-IL PERDONO È UNA COSA SERIA
E passa attraverso l’esperienza della croce e della Pasqua

La parola perdono è una parola sacra: occorre attenzione a ogni faciloneria. Altrimenti essa si inflaziona e si banalizza. E ciò è portatore di sofferenze, soprattutto quando si entra nella sfera dell'amore coniugale.
Banale è il perdono quando non passa per il giudizio sul male compiuto, ma semplicemente si ignora o lo si copre. Le ferite non saranno veramente guarite, il cammino della penitenza e del cambiamento del cuore non sarà compiuto.
Il male non riconosciuto e non riparato continua a fermentare nel segreto. Allora il perdono è solo una parola umana incapace di ri-generare la persona e la coppia.
Diversamente da ogni superficiale perdono umano, il perdono "giusto", quello che proviene da Dio, ci rigenera. E lo può fare perché passa attraverso il giudizio della croce di Cristo, cioè non è facilone; è un "perdono a caro prezzo", ma solo così è salvante.
Il perdono facile, con lo sconto, è quello che noi concediamo a noi stessi o agli altri, senza passare per il giudizio della colpa. Alcuni minimizzano la propria responsabilità, cercando di scusarsi con parole vane: "Ho fatto una sciocchezza, cosa vuoi che sia? Oggi fanno tutti così! Anche tu tante volte mi hai offeso! ecc. ". Sperano così di non dover pagare nulla, di non dover riparare in nulla, non dover cambiare nulla di sé, perché la colpa non c'è. Non pensano di dover portare anch'essi la croce; in croce ci finiscono gli stupidi!
Ma la grazia che può rinnovare è quella che scaturisce dalla croce. Essa implica una reale e concreta assunzione della gravita del peccato e della necessità della conversione. Così il prezzo del perdono, in chi lo concede e in chi lo riceve, è il passaggio attraverso una morte e resurrezione.
Perdonare è scendere dal piedistallo e abbassarsi a fare con colui che ci ha offeso il faticoso cammino di risalita. È farsi carico della conversione dell'altro senza bloccarsi in una giustizia ipocrita. Accettare il perdono è guardare sulla croce il prezzo della propria guarigione, diventando capaci di ristabilire la giustizia e arrivare alla risurrezione dell'amore ferito.
La rinascita ha sempre un carattere pasquale, passa attraverso la morte e la risurrezione. E il perdono coinvolge sempre, colpevole e offeso, in una comune trasformazione. Questa è la legge della redenzione, nella quale Gesù, pur non avendo peccato, si è abbassato fino al nostro peccato. Per toccare i cuori, l'amore ha scelto la strada dell'abbassarsi volontario, fino a identificarsi con il colpevole.
Tratto da: Comunità di Caresto, Di chi è la colpa? Paoline Editoriale Libri, Milano 2011, p. 43-45.
http://www.paoline.it/SchedaProdottoEC.aspx?IdP=9788831539104

P-RICONCILIARSI CON DIO
anche su questo argomento Dio ci ha preceduto e ci precede sempre

Come sempre accade nel cristianesimo, dobbiamo anzitutto riconoscere che anche su questo argomento Dio ci ha preceduto e ci precede sempre. Dio infatti ha già riconciliato a sé il mondo in Cristo, dice san Paolo.
Come non siamo stati noi ad amarlo per primi, così non è l’uomo che per primo è andato a Dio dopo il peccato, ma è Dio che è andato (e va) verso l’uomo e gli ha concesso (gli concede) una nuova possibilità; così è dopo la prima caduta, quando l’uomo si nasconde, ma Dio domanda: "Dove sei?" e riveste l’uomo e la donna di tuniche di pelli; così è dopo il peccato di Caino, quando Dio gli chiede conto di Abele e permette così a Caino di confessare quel peccato, imponendogli poi un segno perché nessuno lo colpisca; così è dopo il peccato di Davide, quando il Signore manda il profeta Natan da lui perché egli riconosca di aver peccato e si apra alla misericordia e al perdono di Dio.
Così è per tutti noi e per tutti quelli che furono e sono e saranno grazie a Cristo, nostra pace, Colui che ha riconciliato tutti con Dio per mezzo della sua croce.
Riconciliati quando eravamo nemici, restituiti all’amicizia con Dio quando avevamo interrotto la relazione con Lui, da peccatori fatti giusti, insomma, e questo per grazia … questo è davvero un lieto annuncio!
La Pasqua (passione, morte e risurrezione) di Cristo è la sorgente della riconciliazione e questa sorgente è sempre a nostra disposizione; i sacramenti della Chiesa ne sono il veicolo privilegiato.
Questa è la seconda buona notizia: a questa sorgente possiamo attingere OGGI; il dono della riconciliazione è in atto per noi OGGI; la via della comunione con il Signore e dell’amicizia con Lui è aperta per noi OGGI.
Nei primi secoli la riconciliazione dei cristiani che avevano commesso peccati gravi dopo il battesimo era legata ad una disciplina molto rigorosa. All’ordine, cosiddetto dei penitenti, si era ammessi raramente e una sola volta nella vita.
Dal VII secolo in qua il sacramento della riconciliazione si è strutturato nel modo in cui lo conosciamo. La nostra fragilità è consegnata alla misericordia di Dio e la forza della vita cristiana è questo tornare costantemente al Signore.
Occorre però ribadire qui due cose:
- che è importante formare le coscienze al senso del peccato che è altro rispetto al senso di colpa psicologico (che ci spinge alla confessione per lenire l’ansia di chi non sopporta i propri limiti) o alla vergogna per aver perso la faccia.
- Che la necessità della riconciliazione con Dio (perché ogni peccato è contro di Lui, è un agire come se Lui non ci fosse, è un distogliere gli occhi dal Cielo) non esclude affatto la necessità della riconciliazione col fratello quando io ho attentato alla relazione con lui.
- Infine, l’azione dello Spirito è all’origine di ogni processo di riconciliazione: è lui infatti che ci convince di peccato, lui che muove alla conversione, lui che riceviamo in dono nel momento in cui siamo riconciliati con Dio in Cristo Gesù.
Perciò, citando ancora Paolo, lasciamoci riconciliare con DIO!
Suor Milena, Monastero S. Chiara,. Trevi