Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF78 - giugno 2012
Il volto "materno" di Dio. Il "genio femminile" nella famiglia, nella Chiesa e nella società

1-Lettere alla rivista: Anche Paolo è stato un "maschilista"?
Il ruolo della donna nella Chiesa contemporanea

Mi sembra che fin dagli inizi la Chiesa sia stata un po' troppo "maschilista". Mentre Gesù è stato attento alle donne, come attestano i vangeli, ci sono dei passi nelle Lettere del NT che mi lasciamo perplessa.
Una p.e. è questa: "le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse" (1Cor 14,34). È vero: a noi donne piace chiacchierare, ma gli uomini non mi sembrano da meno!
Giulia

Risponde don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona
Non è facile entrare nell’argomento. Che tra l’altro è di grande attualità, data la rilevanza della "questione femminile" nella cultura del novecento e l’annovero, da parte della Pacem in terris (n. 22), dell’ingresso crescente delle donne nella vita pubblica tra "i segni dei tempi".
La domanda di Giulia, con finezza, insinua una discrepanza tra la via imboccata dalla Chiesa, irretita forse dal "maschilismo" che ha caratterizzato la cultura occidentale per quasi duemila anni, e il comportamento di attenzione che Gesù ha riservato alle donne. Forse è arrivato il momento di rimediare.
Non ho la competenza, né il breve spazio a disposizione lo permette, di entrare nella complessità dell’argomento e di dare udienza alle nuove questioni sollevate dal cattolicesimo più avanzato sul ruolo della donna nella Chiesa fino alla domanda di accesso al sacerdozio ministeriale.
Mi limito solo a far notare il diverso approccio che ha l’antropologia di ispirazione ebraico-cristiana, basata sulla rilevanza teologica del "maschile" e del "femminile", rispetto ai movimenti femministi che si basano sulle antropologie culturali di genere, nelle quali la differenza sessuale perde la sua rilevanza simbolica nel determinare anche i ruoli non solo naturali ma anche sociali dell’uomo e della donna. Alla base sta la determinazione del fondamentale concetto di "uguaglianza" tra i due.
Per l’antropologia biblica, uguaglianza non significa "uniformità", affermata fino all’azzeramento delle differenze considerate frutto dei semplici condizionamenti culturali.
È sulla base di questi elementi fondativi che la questione deve essere affrontata e che la riflessione sul ruolo della donna nella Chiesa può continuare (si veda p.e. la "Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo" (2004) della Congregazione per la Dottrina della Fede).
giancarlo.grandis@tin.it
Per approfondire l'argomento clicca qui!

2-Dialogo tra famiglie: Casalinga, mamma, lavoratrice: un po’ troppo!
In famiglia serve una "grande alleanza" tra uomo e donna

Sono una donna, impegnata in casa, sul lavoro, con i figli, per non contare il marito.
Non so più a che santo votarmi.
Mio marito mi aiuta (per quello che sa) ma io ho veramente pochissimo tempo per me. Come vorrei portare i pantaloni anziché le gonne!
Luigina

La vita delle donne è più faticosa di quella degli uomini, poiché richiede impegno su più fronti e non solo su quello lavorativo.
Alle donne però sono riservati anche i privilegi più grandi, innanzi tutto la maternità, ma, più profondamente, finché uomini e donne rivendicheranno il loro apporto, senza realmente riconoscere e valorizzare anche quello dell’altro, difficilmente si potrà vivere meglio insieme.
Ciò di cui abbiamo bisogno in famiglia è una grande alleanza che riconosce all’altro gli stessi sforzi che facciamo noi e che non teme di dichiarare il proprio limite: a chi serve una persona che arriva dappertutto, ma arrabbiata e rancorosa verso gli altri componenti della famiglia che non l’aiutano quanto dovrebbero?
Molto importante sarebbe intanto cercare di capire quali sono i pesi che il marito porta (es. competizione sul lavoro, timore di perderlo, frustrazione...) e sostenerlo, poi ammettere con lui e con i figli la propria fatica.
Forse poco cambierà concretamente (almeno nel breve periodo), ma sarà un’occasione vera per rinnovare l’alleanza del matrimonio nella vita quotidiana, un matrimonio che abbiamo promesso di custodire in tutte le situazioni della vita e non solo nelle più tragiche (malattia, povertà) ma soprattutto in quelle normali, che sono la quasi totalità.
Anna Lazzarini

3-Editoriale: Un numero dedicato alle donne
Dio creò l'uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò (Gen 1,27)

di Franco Rosada
Un numero dedicato alle donne può essere inteso come una forma di attenzione particolare all’altra metà del cielo ma anche come una sottile forma di discriminazione.
Tipo: le donne sono emarginate, quindi. dedichiamo un numero a loro, un po’ come si fa per quei temi che sfuggono a gran parte dell’opinione pubblica e che qualche rivista o servizio TV decide di portare alla luce con un numero speciale.
Già! Ma il titolo del numero fa riferimento anche a Qualcuno più grande delle donne, a Dio stesso, al suo volto "materno". Un altro "discriminato"?
Il volto "materno" di Dio
Dio, nella fede cristiana è Padre, Figlio e Spirito Santo. Tre volti di Dio che, per tradizione, tendiamo ad associare al maschile.
C’è qualche possibilità di associare Dio anche al femminile?
Sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento, in alcuni passi si parla della compassione di Dio, e la parola ebraica usata fa esplicito riferimento alle viscere materne.
Dio è quindi anche madre? Certo che no! Dio è Altro rispetto alle nostre categorie umane, ma noi creature abbiamo anche bisogno, uomini e donne, di un Dio che ci "tenga in grembo" (Sal 131,2), che non ci "dimentichi" (Is 49,15).
Pensare Dio "così" ci può aiutare a superare un certo modo di intenderlo.
Il Dio di Gesù non è un Dio che annota ogni nostra marachella e poi ci punisce severamente, ma è un Dio pieno di compassione (p.e. Mc 1,41) e misericordia (p.e. Lc 1,72). È questo il suo volto "materno".
Somiglianza e dissomiglianza
Quando parliamo del volto materno di Dio parliamo di una caratteristica che è presente nelle Scritture ma che va presa con beneficio d’inventario (al pari della paternità).
La Tradizione della Chiesa ci ricorda che le similitudini sono utili per farci comprendere una verità su Dio ma che tra "il creatore e la creatura per quanto la somiglianza sia grande, maggiore è la differenza" (Lateranense IV).
La Chiesa: popolo di Dio
Dalla maternità di Dio alla maternità incarnata, alla donna, il passo è breve: è la stessa Scrittura che lo suggerisce. La Chiesa ha sempre riconosciuto questo aspetto fondamentale della femminilità, anzi, per molto tempo questo è stato una delle poche caratteristiche apprezzate della donna.
La svolta avviene con il Concilio, con l’affermazione che la Chiesa è "popolo di Dio" e la famiglia è "Chiesa domestica".
In questa Chiesa, "ognuno nel suo modo proprio", tutti partecipano "dell'unico sacerdozio di Cristo" (LG 10).
È una Chiesa che riconosce l’aspirazione legittima delle donne alla "parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto" (GS 9).
Nel messaggio di chiusura del Concilio (vedi riquadro) l’attenzione alle donne viene ribadita in modo stringente.
Il "genio" femminile
Da queste premesse si sviluppa il Magistero successivo, in modo particolare nelle opere del beato Giovanni Paolo II.
Questo Papa, seguendo le orme del Concilio, nella lettera apostolica Mulieris dignitatem sottolinea l’importanza del "genio" femminile.
In cosa consista questa "genialità" è compito delle donne affermarlo e metterlo in luce, senza cadere nel femminismo più acceso o nell’omologazione ai modelli maschili.
Ma il testo che mostra maggiore apertura nei confronti delle donne è la lettera scritta in occasione della IV Conferenza Mondiale sulla Donna di Pechino del 1995.
In questo testo si fa un preciso riferimento alla donna madre, sposa, consacrata, ma anche figlia e sorella e, soprattutto, lavoratrice.
In questo numero
Da queste premesse si sviluppa e si articola il numero attuale.
Non è stato facile trovare le fonti cui ispirarci, da ciascuno dei testi citati in bibliografia abbiamo tratto degli spunti e, per la parte che tocca più specificatamente l’universo femminile ci siamo affidati al "genio" di alcune nostre fedeli lettrici, articolando il tema secondo i modelli presentati nella "lettera" di cui sopra.
formazionefamiglia@libero.it

4-Il messaggio del Concilio alle donne

Donne nella prova, voi che siete in piedi sotto la croce, immagini viventi di Maria, voi che così spesso nella storia avete dato agli uomini la forza di lottare fino alla fine, di testimoniare fino al martirio, aiutateci ancora una volta a ritrovare l’audacia delle grandi imprese, unitamente alla pazienza e al senso delle umili origini.
Donne, voi che sapete rendere la verità dolce, tenera, accessibile, impegnatevi a far penetrare lo spirito di questo Concilio nelle istituzioni, nelle scuole, nei focolari, nella vita di ogni giorno.
Donne di tutto l’universo, cristiane o non credenti, cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo!
Concilio Ecumenico Vaticano II, L’heure du départ

5-Dio è maschio e femmina
Padre, Figlio e Spirito Santo mostrano, nella Scrittura, tanto tratti maschili quanto femminili

Dio è un padre per Israele, ma è anche una madre che riempie di coccole il suo bambino.
Nel Figlio troviamo l'integrazione del maschile e del femminile, in lui che è il prototipo dell'Umanità.
Lo Spirito Santo svolge la funzione tipicamente materna di insegnare e consolare.

di Carlo Miglietta
L'adam in quanto coppia, interrelazione tra maschio e femmina, è immagine e somiglianza di Dio. Dio è al di là dei sessi. Ma entrambi i sessi sono in Dio. Partendo dalla contemplazione della coppia coniugale come icona di Dio possiamo arrivare ad adorare in Dio anche questa sua meravigliosa ricchezza: "Dio è Padre, ma è soprattutto Madre" (Giovanni Paolo I).

Dio è padre…
La Scrittura ci presenta Dio soprattutto come Padre perché questa immagine, nella mentalità ebraica, evoca non solo un'idea di amore, ma anche di signoria: "Signore, Padre e padrone della mia vita" (Sir 23,1); "Signore, Padre e Dio della mia vita" (Sir 25,4); "Io sono un Padre per Israele" (Ger 31,9); "Non è il Signore il Padre che ti ha creato?" (Dt 32,6); "Tu sei nostro Padre" (Is 63,16; 64,7); "II Padre vostro vi ama" (Gv 16,27)...
Con Gesù Dio ormai viene chiamato "Abbà" (Mc 14,36; Rm 8,15; Gal 4,6), che significa più familiarmente "Papà", o meglio "Papi", come ancor più teneramente dicono i piccoli. E "dal Padre ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ef 3,15).

…ma anche madre
Ma Dio è dalla Scrittura descritto anche come Madre.
Osea lo presenta come una mamma che prende in braccio e strapazza di coccole il suo bimbo, e poi gli da la pappa: "Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare" (Os 11,4).
E in Isaia Dio dice: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, Io invece non ti dimenticherò mai" (Is 49,15); "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò" (Is 66,13).
Il Siracide, infine, esclama: "Sarai come un figlio dell'Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre" (Sir 4,10).
Il Concilio di Toledo, del 675, insegna che il Figlio "fu generato e nato dall'utero del Padre, cioè dalla sua stessa sostanza".

Il Figlio
Anche nel Figlio troviamo l'integrazione del maschile e del femminile, in lui che è il prototipo dell'Umanità, "l'Uomo" (Gv 19,5), il nuovo Adamo (Rm 5,15-21; 1 Cor 15,22.45).
Anzitutto, sono presenti in lui i caratteri del maschile, perché egli nasce maschio. Ma anche i caratteri del femminile sono in lui.
Gesù aveva un seguito femminile: "C'erano con lui... alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala... Giovanna... Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni" (Lc 8,2-3); "Una donna, di nome Marta, lo accolse in casa sua. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola" (Lc 10,38-59); "Molte donne... avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo" (Mt 27,56; Gv 19,25).
Gesù scandalizza i discepoli perché "stava a discorrere con una donna", la Samaritana (Gv 4,27).
Egli prende le difese dell'adultera (Gv 8,1-11), aiuta la siro-fenicia che implora la guarigione della figlia (Me 7,24-30), soccorre la vedova di Naim (Le 7,11-17), l'emorroissa (Mt 9,20-22).
Soprattutto Gesù ha nell'animo caratteri tipicamente femminili: si commuove di fronte al popolo abbandonato a se stesso (Mc 6,34), piange per la morte dell'amico (Gv 11,35), si china misericordioso su ogni sofferenza e dolore, è attento agli ultimi, sensibile di fronte alla natura e al mistero della vita, è "mite ed umile di cuore" (Mt 11,29), ha un'interiorità profonda e ricchissima.
Egli sintetizza la sua missione e il suo ministero con un'immagine tipicamente materna: "Gerusalemme, Gerusalemme... quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia la sua covata sotto le ali, e non avete voluto!" (Le 13,34).
Il Figlio, nella sua incarnazione, ha santificato e redento sia la maschilità che la femminilità.

Lo Spirito Santo
Anche lo Spirito Santo ha in sé, oltre ai caratteri maschili, anche quelli femminili. Già il nome ebraico, rùah, che significa Spirito, è al femminile. Lo Spirito è spesso identificato con la Sapienza (Sap 9,17), e tale raffigurazione femminile permane tuttora nella spiritualità ortodossa.
Nel Nuovo Testamento, lo Spirito esorta ed insegna come fa una mamma con il suo bimbo (Gv 14,26; 16,13); specialmente ci insegna a pregare (Rm 8,26), e a chiamare Dio "Papa" (Rm 8,15; Gal 4,6)
Soprattutto svolge la funzione tipicamente materna di consolare (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7).
Macario il Siro scriveva: "Lo Spirito è la nostra madre perché il Paraclito, il Consolatore, è pronto a consolarci come una madre consola suo figlio, e perché i fedeli sono rinati da lui e sono quindi figli di questa Madre misteriosa che è lo Spirito Santo". Anche nello Spirito, quindi, sono presenti i valori sia della maschilità che della femminilità.
Liberamente tratto dal libro dell’autore: L'Evangelo del Matrimonio. Le radici bibliche della spiritualità familiare, Gribaudi Editore, Milano 2003, p. 124-127.

Per il lavoro di coppia e di gruppo
Le domande che seguono toccano i tre ambiti trattati in queste prime pagine.
- L’uomo e la donna concepiscono Dio in modo diverso? E come vivono la relazione con Lui?
- Il modo di porgersi di Gesù ci fa sentire diversi tra uomini e donne?
- Quanto la Chiesa è "maschilista"? Quali sono le situazioni che ci fanno sentire, come laici, diversi tra uomo e donna?

6-Il volto "materno" di DIO

Il volto materno di JHWH
Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato". Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
Isaia, 49,14-16
Per molto tempo ho taciuto, ho fatto silenzio, mi sono contenuto;
ora griderò come una partoriente, gemerò e mi affannerò insieme.
Isaia 42,14
Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
Osea 11,4
Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia.
Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.
Salmo 131,2-3

Il Padre misericordioso
Una madre che vede suo figlio andarsene da casa verso un futuro segnato da fallimenti, sa benissimo come si sente Dio-padre, mentre saluta il proprio figlio che parte. Una madre che vede il proprio figlio restare in casa a "fare tappezzeria", sa bene quale pazienza ci vuole per accompagnare le incertezze di chi non vuole scegliere.
Il cuore ferito di una madre che scruta l’orizzonte, nell’attesa di un ritorno inatteso, sa cosa vuol dire provare la gioia di vedere realizzate le proprie preghiere, mentre riconosce da lontano la figura del proprio figlio sulla via del ritorno.
Una madre sa preparare la più grande festa mai vista per condividere con tutti la propria felicitudine nel ritrovare quello che era stato smarrito e tenacemente cercato. Una madre sa come trattare il proprio "figlio musone", invidioso di una attenzione che lui non ha mai avuto, e sa come riportare anche lui dentro la casa in festa.
Tutto qui. Sulla parabola del padre misericordioso sono state dette mille e più parole, e tutte mi hanno arricchito. Ma noi uomini possiamo solo intuire quello che una madre prova.
Ed accostarci a questo Dio-madre per imparare ad amare.
Gianangelo (Nicodemo di notte)

Maria, madre di Dio
Per questo bambino che l'intimorisce, Maria avverte nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo bambino, ed è Dio. Lo guarda e pensa: questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatto di me. Ha i miei occhi. La forma della sua bocca è la forma della mia. Mi assomiglia. Nessuna donna ha mai potuto avere in questo modo il suo Dio per sé sola. Un Dio bambino che si può prendere tra le braccia e coprire di baci. Un Dio caldo che sorride e respira. Un Dio che si può toccare e che vive.
Jean-Paul Sartre, Bariona o il figlio del tuono, Natale 1940
Proposto da Cristina Caracciolo su: Ascolto e Annuncio, supplemento a "Settimana", n.45 del 14 dicembre 12/2011, p.12

7-L’Evangelo delle donne
Nel regno che Gesù è venuto ad annunciare le donne sono protagoniste a pieno titolo

La speranza che Gesù offre alle donne non è solo una promessa di salvezza futura: è invito a ridefinire i ruoli sociali, a ripensare le strutture di potere, a sollecitare il cambiamento.
Il Vangelo non può essere brandito come arma di un femminismo confessionale, perché supera di molto le pur giuste rivendicazioni delle donne e ci interpella tutti, maschi e femmine, chiamandoci alla conversione del cuore.

di Lidia Maggi
Il mondo di Gesù è abitato da numerose figure femminili. Chi sfoglia il Nuovo Testamento, e in particolare la narrazione evangelica, ne sentirà le voci, le scorgerà protagoniste.

Le discepole del Maestro
Il Gesù dei vangeli, pur presentato come colui che costituisce i dodici, non concepisce la sua comunità come una cerchia separata di soli uomini. Le donne fanno parte del gruppo a pieno titolo e i poveri discepoli rimangono spesso interdetti di fronte all'atteggiamento anticonformista del Maestro.
Sarà proprio alle donne che, alla fine, verrà consegnato l'evangelo della risurrezione. Esse, come apostole designate direttamente da Dio, saranno mandate ad annunciare ai discepoli dispersi e al mondo che l'avventura evangelica continua.
E che non si tratti di un recupero tardivo, in conclusione di racconto, lo dice l'intera vicenda pubblica di Gesù. Egli non ha mai discriminato le donne; le ha rese partecipi della sua missione e della sua vita. Ha condiviso con loro l'amicizia.
Ha trattato le donne come persone rifiutando di definirle attraverso il loro status matrimoniale, il loro ruolo subordinato. Le donne per Gesù non sono solo le figlie o le mogli di qualcuno: sono individui, figlie di Dio, proprio come ogni essere umano.

Un Dio materno
Gesù, dunque, accoglie le donne, le ascolta, le ammaestra, le perdona, le guarisce e le manda in missione. Ha dato loro tanto: ha infiammato i loro cuori, le ha fatte sentire importanti, ha fatto conoscere un Dio materno, vicino, che le ama e non le considera cittadine di seconda classe nel suo regno.
Più concretamente, si potrebbe dire che Gesù abbia offerto alle donne qualcosa di cui difficilmente gli uomini necessitano: le ha aiutate ad uscire dall'invisibilità, dall'anonimato, dal chiuso delle case, aprendo loro prospettive più ampie. La speranza che egli dona non è solo una promessa di salvezza futura. Essa provoca necessariamente una ridefinizione dei ruoli sociali, interroga le strutture e sollecita il cambiamento. Egli annuncia loro che il mondo può essere più ampio dei confini patriarcali, delle mura di casa. Gesù incontra le donne e le aiuta a diventare visibili, ad uscire dall'anonimato, guarendo le loro ferite fisiche e sociali, come con la donna dal flusso di sangue, l'adultera, o Maria di Magdala.

La chiesa primitiva
Le donne aderiscono con gioia a quella fede che le chiama a libertà e trovano nella chiesa primitiva lo spazio e la possibilità di condividere i doni dello Spirito: profetesse, diaconesse, apostole e missionarie. La chiesa si presenta, da subito, con una pluralità di carismi, come la comunità di uguali.
Se pensiamo al silenzio e all'invisibilità delle donne nelle società del tempo, la novità evangelica appare in tutta la sua forza.
La cultura patriarcale non riuscirà a mettere a tacere la novità di un messaggio che rialza le donne, le solleva dalla sottomissione, dalla subordinazione culturale per dare loro la dignità di apostole, annunciatrici del Regno.
La "differenza" di quella narrazione emerge, pure, se raffrontata con il seguito della storia della cristianità: la società alternativa voluta da Gesù ha lasciato il posto, perlopiù, a chiese gerarchiche e patriarcali, incapaci di far risuonare per le donne il lieto annuncio.
Nel corso dei secoli le chiese hanno reinserito le donne nell'ordine patriarcale. La novità evangelica è stata emendata. L'annuncio della fede affidato alle donne è diventato nucleo di una testimonianza apostolica tutta al maschile. E così Maria di Magdala si è trovata di nuovo posseduta dai demoni del patriarcato; mentre alla samaritana è stato chiesto di tornare indietro a riprendersi la brocca!
Esiste, dunque, tra evangelo e storia un evidente scarto che le lettrici credenti continuamente denunciano.

Una Parola incarnata
Tuttavia, le pagine del Nuovo Testamento non si presentano come letteratura utopica, intenzionalmente sciolta dal discorso storico e tutta proiettata su un mondo altro.
Insieme al lievito nuovo portato da Gesù si narra anche della durezza della pasta e della fatica dell'impasto. Più che testo celebrativo del riconoscimento della dignità delle figlie di Dio, le Scritture cristiane rivelano il punto di vista divino, declinato come annuncio, certo, ma anche come critica ed interrogativo rivolti come sfida a chi legge.
Il rinnovato ascolto del racconto biblico, a partire dalle protagoniste femminili che vi compaiono, vuole dare voce ad una Parola sempre a rischio di parzialità e fraintendimento.
Per secoli le donne hanno patito le conseguenze di letture dimezzate. La cura per un altro tipo di ascolto, capace di promuovere conversione personale e riforma ecclesiale, ci sembra essere il contributo più prezioso che le donne possono offrire quale loro singolare carisma per l'edificazione delle comunità.

Quote rosa?
La comunità sognata da Gesù, nella quale "non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28), viene accantonata a favore di una gestione del sacro inteso come "strumento" di governo.
La questione femminile non è l'unica all'ordine del giorno di chi osa scommettere sulla verità della Parola di Gesù. Essa. però, appare come paradigmatica di un evangelo che si sottrae alle limitazioni della comprensione attuale.
A patto, però, che la riscoperta della presenza femminile nella narrazione evangelica non venga appiattita quale strumento per rivendicare quote rosa all'interno delle chiese: percorso legittimo, che dà voce all'altra metà del cielo, troppo spesso messa a tacere; ma che si circoscrive alla sola ricaduta ecclesiologica.
Mentre la posta in gioco è ben più alta, di tipo teologico: custodire e difendere la rivelazione evangelica nella sua integralità. L'evangelo non può funzionare solo come pezza giustificativa, come bandiera da brandire nel mezzo della battaglia!

Un Vangelo che disturba
Le donne di questa generazione sono chiamate a vigilare e lottare contro gli abusi del patriarcato e, contemporaneamente, a mantenere aperte le tensioni evangeliche. Come coniugare la spinta emancipatoria con il cuore del messaggio evangelico che chiede di rinnegare se stesse?
Come fare i conti con un Gesù amico ma singolare, che ci interpella con lieti annunci dalla insopportabile forza d'urto?
C'è un'eccedenza dell'evangelo rispetto al nostro desiderio di essere valorizzate da Gesù. Eccedenza non vuoi dire che l'evangelo rema contro, ma che va oltre: anche oltre il riconoscimento del ruolo delle donne.
Riscoprire la presenza femminile nelle Scritture cristiane è solo il primo tempo della partita, poiché l'evangelo pretende di essere, anche per le donne, parola che stupisce e spiazza, mentre conferma e consola.
Liberamente tratto dal libro dell’autrice: L'Evangelo delle donne. Figure femminili nel Nuovo Testamento, Editore Claudiana, Torino 2010.

8-Dio è padre o madre?

Ai tempi di Casalpina don Nino, a un ragazzo che gli diceva che non riusciva a pregare il Padre Nostro perché da suo padre aveva ricevuto solo botte, gli disse: "e tu recita: Madre nostra…"
Carlo Miglietta
Sorgente dell'amore è Dio, che è amore. Egli ci ama con l'amore necessario della madre, con quello libero del padre e con quello responsabilizzante del partner.
Silvano Fausti
Mamma è il nome di Dio sulle labbra e nel cuore dei bambini.
"don Matteo"
L’inizio dell’uomo è nel cuore di sua madre.
Giovanni Paolo II
Nella ricerca di protezione, sostegno e sicurezza affettiva da parte del bambino è insita anche la ricerca di Dio: Dio Padre e Dio Madre, al quali potersi abbandonare perché altrimenti si sarebbe abbandonati e non si avrebbe il coraggio di uscire nel mondo per diventare una persona autonoma.
Anselm Grün
Anche noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte.
È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore.
Giovanni Paolo I

9-Il genio delle donne e la Chiesa
Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà (Gen 3,16b)

Le donne devono essere messe in grado di mettere a frutto il loro "genio femminile" per influire concretamente sulle politiche delle nazioni e promuovere soluzioni originali ai problemi economici e sociali.
L'essere donna e madre non deve assolutamente comportare alcuna discriminazione, soprattutto nel mondo del lavoro.

di Chiara Rossi
Sono purtroppo diffuse ancora oggi, sia tra i credenti che tra i non credenti, alcune interpretazioni distorte di ciò che in realtà la Chiesa afferma sulla donna, specialmente se sposata e madre. Tali interpretazioni comportano il rischio (che spesso si concretizza) di dedurre che la Chiesa, in tutti i suoi livelli, sia un'istituzione maschilista, affermi la differente dignità dei due sessi e disincentivi implicitamente la partecipazione attiva della donna, e specialmente della madre, alla vita pubblica e alle decisioni che riguardano la collettività.
Questa deduzione, che ha comportato una forte critica ai testi sacri del cattolicesimo, specialmente da parte di molte donne, non è corretta.

Il pensiero della Chiesa
La Chiesa, viceversa, afferma la pari dignità dei due sessi e attribuisce un'importanza straordinaria alla donna nella società e alla valorizzazione del suo "genio" femminile in moltissimi ambiti, anche ben oltre la famiglia. Ciò si deduce direttamente da vari documenti del Magistero della Chiesa, da alcuni messaggi e discorsi degli ultimi due Pontefici e di altri autorevoli membri del clero, e dagli scritti di alcuni noti teologi e studiosi.
Il pensiero della Chiesa relativamente alla donna, negli ultimi quarant'anni, ha conosciuto una forte evoluzione, in senso favorevole alla partecipazione della donna a tutti gli aspetti della vita sociale e a tutti i livelli di responsabilità.
Già nel Concilio Vaticano II (1962-1965) si rimarcava l'importanza di riconoscere l'influenza e il potere che la donna deve esercitare nella società, per aiutare l'umanità a non decadere.
In seguito, sono stati scritti due fondamentali documenti sulla dignità della donna e sul suo ruolo nella società in senso ampio: la Lettera Apostolica "Mulieris dignitatem" di Papa Giovanni Paolo II (1988), e soprattutto la "Lettera alle Donne", sempre di Giovanni Paolo II, scritta nel 1995 in vista della IV Conferenza Mondiale sulla Donna di Pechino.

No ai pregiudizi
La Chiesa, anche attraverso le parole degli ultimi due Pontefici, ha condannato e condanna tuttora duramente ogni forma di maschilismo, di discriminazione e di violenza sulle donne.
Questi atteggiamenti e comportamenti sono infatti contrari al disegno originario di Dio.
L'unità e la reciprocità iniziale tra l'uomo e la donna nel Paradiso terrestre sono venute meno a causa del peccato originale: così la donna, nata inizialmente da una costola di Adamo per poter essere sullo stesso piano dell'uomo, è caduta in una condizione di subordinazione. Le parole che Dio dice alla donna nel libro della Genesi: "Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà" (Gen 3,16), proprio in quanto conseguenza del peccato, hanno avuto effetti molto gravi in termini di svantaggio e discriminazione della donna, sia all'interno di molti matrimoni, sia nei diversi campi della vita sociale.
Il comportamento discriminatorio verso la donna, secondo la Chiesa, è quindi ingiusto e contrario al disegno originario di Dio.
Più in generale, la Chiesa riconosce con amarezza l'esistenza, nel corso della storia e purtroppo anche attualmente, di molti stereotipi e pregiudizi, coltivati a volte prendendo a pretesto proprio la religione, che hanno comportato una forte sottomissione della donna all'arbitrio maschile e che hanno impedito alle donne di essere riconosciute nella loro dignità e di mettere adeguatamente a frutto i loro talenti.

La donna nella società
Se il magistero dei Papi, fino a Pio XII, ha visto la figura della donna come in grado di trovare la sua piena realizzazione solo nella famiglia, nel servire i propri cari, da Giovanni XXIII in poi si sono affermate con forza l'originaria pari dignità dei sessi e la necessità di un più ampio coinvolgimento della donna in ogni ambito sociale.
L'apporto delle donne, secondo il pensiero più recente della Chiesa, è fondamentale e deve potersi realizzare in ogni aspetto della vita sociale, anche nelle decisioni di più alta responsabilità, nella soluzione dei gravi problemi dell'umanità.
Le donne quindi devono essere messe in grado di mettere a frutto il loro "genio femminile" per influire concretamente sulle politiche delle nazioni e promuovere soluzioni originali ai problemi economici e sociali.
Giovanni Paolo II esalta le qualità femminili dell'intuizione, della sensibilità per ciò che è essenzialmente umano, della generosità, della costanza e della capacità di comprendere i reali problemi del mondo e sottolinea l'importanza della donna in tutte le sue "versioni": madre, sposa, figlia, sorella, lavoratrice, consacrata.
Si nota che, mentre l'elogio della donna madre, sposa, consacrata ha sempre rappresentato una costante nel pensiero della Chiesa e dei Papi, l'elogio della donna lavoratrice costituisce una fondamentale novità. Giovanni Paolo II è grato alla donna-lavoratrice per il fondamentale apporto di umanità che da all'economia, alla politica e a qualsiasi altro ambito della vita sociale.
Ma c'è di più. Giovanni Paolo II, parlando di donne lavoratrici, non si riferisce solo a quelle nubili e senza figli, ma anche, con tutta evidenza, alle donne sposate e madri.
Egli infatti, annovera fra gli ostacoli che ancora impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica, soprattutto il fatto che la maternità (fino a prova contraria indispensabile per la sopravvivenza dell'umanità) viene spesso penalizzata, specialmente nel mondo del lavoro.
Secondo la Chiesa, quindi, l'essere donna e madre non deve assolutamente comportare una discriminazione: è urgente che vi siano parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela delle madri lavoratrici, giusti avanzamenti di carriera per le donne, accesso a posti di responsabilità anche da parte delle donne (anche quando sono madri), un'organizzazione del lavoro che tenga conto del fondamentale compito della donna all'interno della famiglia.
D'altro canto è inutile e controproducente che le donne, in ambito lavorativo, cerchino di imitare atteggiamenti "maschili" oppure considerino gli uomini con uno spirito di contrapposizione e rivalsa, come nemici da vincere. Gli uomini invece devono diventare dei veri alleati (in nome della collaborazione uomo-donna stabilita fin dalla Genesi), e le condizioni ci sono, perché vi sono sempre più uomini che credono davvero al genio femminile e che ritengono corretto valorizzarlo.

Il genio femminile
Ma in quali campi il contributo del "genio femminile" sarebbe prezioso? La risposta della Chiesa non lascia dubbi: praticamente in tutti! Politica, economia, istruzione, sanità e assistenza, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, tutela dell'ambiente, tempo libero, turismo, comunicazione, cultura, arte, ecc.: in tutti questi ambiti la presenza attiva della donna contribuirebbe all'edificazione di una società non più basata meramente su efficienza, produttività e consumismo (che tanti squilibri hanno provocato nelle condizioni di vita della popolazione mondiale), bensì maggiormente attenta ai bisogni dell'uomo, fondata sulla "civiltà dell'amore".
Naturalmente non va dimenticata l'importanza di quelle madri che al posto di un lavoro retribuito magari alienante e ripetitivo, scelgono liberamente di dedicarsi all'educazione dei figli e alla casa, e anche, nel tempo lasciato libero da queste attività - che può essere molto - ad altre attività non retribuite, di volontariato o a carattere creativo, mettendo a frutto le loro attitudini, competenze e capacità organizzative e incidendo in maniera determinante sulla società che le circonda, consce dei gravi problemi che affliggono la nostra società e dell'urgenza della loro risoluzione.
La Chiesa quindi invita tutti a riflettere seriamente sul tema del ''genio femminile", affinché esso abbia più spazio nella vita sociale e in quella ecclesiale, tenendo conto dell'importanza sia delle donne con ruoli di grande responsabilità pubblica, sia di quelle semplici, che esprimono il loro "genio" a servizio degli altri nelle normali azioni della vita di tutti i giorni.
Liberamente tratto dal libro dell'autrice: Il genio delle donne, Edizioni il Molo, Viareggio (LU) 2009, p.11-28

10-Alla donna Dio "affida" l’uomo

Se la dignità della donna testimonia l'amore, che essa riceve per amare a sua volta, il paradigma biblico della "donna" sembra anche svelare quale sia il vero ordine dell'amore che costituisce la vocazione della donna stessa. Si tratta qui della vocazione nel suo significato fondamentale, si può dire universale, che poi si concretizza e si esprime nelle molteplici "vocazioni" della donna nella Chiesa e nel mondo.
La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in un modo speciale l'uomo, l'essere umano. Naturalmente, Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno.
Tuttavia, questo affidamento riguarda in modo speciale la donna - proprio a motivo della sua femminilità - ed esso decide in particolare della sua vocazione [...].
La donna è forte per la consapevolezza dell'affidamento, forte per il fatto che Dio "le affida l'uomo", sempre e comunque, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi. Questa consapevolezza e questa fondamentale vocazione parlano alla donna della dignità che riceve da Dio stesso, e ciò la rende "forte" e consolida la sua vocazione [...].
Nella nostra epoca i successi della scienza e della tecnica permettono di raggiungere in grado finora sconosciuto un benessere materiale che, mentre favorisce alcuni, conduce altri all'emarginazione.
In tal modo, questo progresso unilaterale può comportare anche una graduale scomparsa della sensibilità per l'uomo, per ciò che è essenzialmente umano. In questo senso, soprattutto i nostri giorni attendono la manifestazione di quel "genio" della donna che assicuri la sensibilità per l'uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo!
E perché "più grande è la carità" (1Cor 13, 13).
Giovanni Paolo II, Mulieris dignitantem, n.30

11-LA DONNA-MADRE
Stupirsi per ogni nuova vita che nasce in noi

Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Giovanni Paolo II, Lettera alle donne

di Maria Rosa Fauda
Le donne, che vivono in pienezza la loro chiamata alla maternità, devono oggi scontrarsi con difficoltà fin dall'inizio del concepimento.
La nostra società ha un concetto ben strano di libertà individuale, in ragione del quale il concepito non ha nessun diritto, nemmeno di nascere.
Nel mio lavoro di medico di famiglia, mi stringe il cuore vedere come la scelta di morte nelle madri potenziali sia così "naturale", senza il benché minimo problema apparente.
Perché il male si insinua così nella donna, che è per natura predisposta alla vita?

È Dio che chiama alla vita
Fin dal suo concepimento la donna produce una serie di ormoni che le permetteranno in futuro di accogliere un'altra creatura nel suo grembo.
Il fatto di procreare non è solo un sentimento, una più o meno consapevole accettazione di una realtà spesso scomoda, è anche una serie infinita di combinazioni biochimiche che ci permettono di essere al servizio del Signore, semplicemente accettandone la presenza in noi stesse.
Quando si celebra un matrimonio una delle domande che pone il sacerdote è: "...volete accettare responsabilmente e con amore i figli che Dio vorrà donarvi?".
Oggi a me sembra che si dimentichi che è Dio che chiama alla vita, che anche nei momenti meno opportuni ci prova con delle richieste reali e concrete, come mettere al mondo una creatura inaspettata.

Chiamate a dire sì
Il sì di Maria diventa il nostro sì, se anche noi sappiamo sconvolgerci e stupirci di fronte al miracolo della vita e riconoscere che questo non è solo opera umana è anche e soprattutto opera divina.
Di fronte ad una nuova maternità, quando sappiamo che in noi si è incarnato un essere nuovo, diverso da noi, immaginato fin da bambine, amato da sempre, ci può spaventare l'enormità della situazione che ci coinvolge.
Per esperienza trentennale posso affermare che nessuna donna sceglie con leggerezza di rinunciare ad un figlio, a meno che non abbia il minimo senso di ciò che sta facendo, il più delle volte è costretta da una solitudine improvvisa e lacerante, da situazioni contingenti che sembrano essere enormi macigni da cui l'unica via d'uscita che le viene proposto è l'aborto.
Mi sento madre non solo delle tre figlie concepite con Franco, ma anche di tutti quei bimbi nati per merito del Signore, che ha condotto per mano le più disperate donne che hanno saputo resistere alla soluzione più facile proposta.

Le fatiche delle famiglie
Certo che la vita oggi non è per niente facile, specialmente se c'è una creatura in arrivo.
Penso con molta pena ad una coppia, ormai senza lavoro da oltre sei mesi, che ad agosto si troverà un'altra bocca da sfamare. Dopo che l'abbiamo sostenuta, nell'accettare la vita, con consigli e contributi vari per bollette ed affitti, cosa potrà offrire di buono al proprio figlio?
Come mai si chiudono tutte le porte? Se siamo credenti e vogliamo vivere il vangelo per davvero, non possiamo chiudere gli occhi di fronte ai problemi reali di famiglie così.
La nostra Fede non è teorica: Gesù ha detto che non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli ma chi ha fatto la Sua volontà.
Quindi a noi non è richiesto di aderire ad un concetto filosofico di maternità ma di darci da fare perché questa potenzialità possa concretizzarsi sempre.

La Bibbia e la donna-madre
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia (Mc 7,25-26)
Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te (2Tim 1,5)
[Pietro] dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano (At 12,12)

Per il lavoro di coppia e di gruppo
Le domande che seguono toccano tutti e cinque gli ambiti trattati.
- Evviva la maternità! E con la paternità come la mettiamo?
- Conta di più essere sposa od essere madre? Cosa fanno gli uomini per aiutare le loro spose nella cura dei figli?
- Essere figlia: quanto pesano nella nostra coppia i legami con le famiglie di origine?
- Lavoro sì, lavoro no. Cosa possiamo fare concretamente come coppie per conciliare famiglia e lavoro?
- Come riusciamo a santificarci nella nostra vocazione?

12-TESTIMONIANZE

Evviva i bambini!
Ricordo che da bambina pensavo che, da grande, sarei diventata mamma; appena vedevo un bimbo piccolo subito mi prendevo cura di lui d’istinto, per cui diventai la custode dei bimbi del cortile dove abitavo e loro stanziavano a casa mia volentieri.
Quando mi sono sposata eravamo partiti con il numero quattro, poi la vita ci ha fermato a due (maschi) ma ci ha dato la gioia di alcuni figli che ci hanno adottato come genitori, per cui è ritornata la stessa casa di quando ero bimba; gli amici ci affidavano i loro bambini quando erano in difficoltà ed era sempre una festa.
Ora siamo nonni, ci sono i nipoti (quattro e mezzo) e succede la stessa cosa, a volte invitano gli amici e da cosa nasce cosa…
Franca

Madre nel cuore
Sono donna e, quindi, madre.
Questa è sempre stata la mia vocazione. Non ho avuto problemi ad avere figli e di questo ringrazio Dio.
I figli sono fatica, impegno, sacrifici, ma sono anche soddisfazione, realizzazione, pienezza di vita.
Penso però che si possa essere donna e madre anche senza aver figli della propria carne.
Paola

Tempo di pienezza
Che bello essere mamma!
In fondo al mio cuore ho sempre desiderato essere sposa e mamma. Sono madre di tre bimbi: Matteo, Daniele e Simone. Quando lo dico vedo gli occhi sgranati di chi me lo chiede.
È vero, è impegnativo, a volte vorrei fuggire, i miei spazi non esistono quasi più, ma quando li guardo nei vari momenti della giornata, li ascolto oppure ci divertiamo insieme, il mio cuore si riempie di commozione e di meraviglia, di ringraziamento a Dio per il dono ricevuto.
Allora mi dico che non devo perdere tempo in pensieri e arrabbiature ma devo amare ancora di più per riempire il loro tempo, che corre, di ricordi belli, di pienezza e di gioia.
Maria Consiglia

I valori che contano
Ricordo che il giorno del ritorno dalla clinica ostetrica con il primo figlio toccavo il cielo senza alzare un dito.
Lo avevamo cercato per tanto tempo ed era arrivato. Sentivo di aver realizzato un sogno.
Ho sempre cercato di passare ai miei figli, come valori fondamentali, l’onestà, il rispetto, il sorriso, la fede in Dio, valori che io ritengo importanti per la vita, per se stessi e per chi ci vive accanto.
Mi sono convinta che per essere una brava madre bisogna essere una brava psicologa, capire quando è il momento di spronare, di sostenere, o di lasciare tranquilli i figli, cercando sempre quale sia il meglio per loro.
Ora che entrambi sono all’università mi sto allenando a lasciargli percorrere la loro strada, intervenendo il meno possibile.
Fiorenza

Tutto è cambiato
Sono madre di tre figli: due maschi e una femmina di cui sono molto orgogliosa.
Non sono sempre stati rose e fiori ma, ora che sono nonna, godo di vederli affiatati e sereni, anche se non sempre condivido le loro scelte.
Quando ho partorito il mio primo figlio ho capito di colpo che tutto era cambiato, che quell’esserino era entrato nella mia testa e non sarebbe più uscito. La seconda e il terzo non hanno cambiato niente perché il salto ormai l’avevo fatto.
I figli ti fanno tirare fuori tutto quello che hai di bello e qualche volta purtroppo anche di brutto, ti costringono a crescere se vuoi salvarti con loro.
Chiara

Fare la nonna
Essere nonna! È un amore speciale quello che mi lega ai nipoti.
Cerco di non essere troppo condiscendente e di lasciare il compito educativo ai genitori, ma nello stesso tempo accompagno e aiuto la loro crescita.
Secondo me, quando si è nonne si è spesso capaci di un amore più dolce e duttile di quando si era solo mamme.
Alessandra

Facce birichine
Dal giorno che ci siamo sposati sono passati quasi 10 anni.
Ringrazio il Signore per i tre meravigliosi figli che ci ha donato, proprio quando li abbiamo desiderati, in salute, allegri e vivaci (come si definiscono loro, a volte persino un po' troppo).
Certo la fatica è grande, ogni tanto tra litigate, urla e castighi i risultati sembrano un po' scarsi, eppure quando guardo quegli occhi grandi e sorridenti, quando vedo quelle facce birichine, quando le loro manine mi coccolano, provo qualcosa d'indescrivibile.
Francesca

13-LA DONNA-SPOSA
Vivere nella dimensione del dono di sé

Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Giovanni Paolo II, Lettera alle donne

Le difficoltà vanno affrontate insieme, anche quando si fa fatica, perché le sensibilità sono diverse e ognuno ha il suo modo di affrontare il dolore.

di Elisabetta Bordoni
Non sono mai stata una femminista, ho sempre desiderato essere una sposa nel senso più tradizionale del termine: quella che cucina, quella che stira, quella che va a fare la spesa, quella che non sa piantare un chiodo, cambiare una gomma, aggiustare alcunché, perché quelli sono compiti del marito.
Dopo 21 anni di matrimonio tante cose sono cambiate, ma non la suddivisione degli ambiti di competenza.

Ho imparato...
Anche se ignoro l’uso del martello e del cacciavite, ho imparato comunque un sacco di cose.
Ho imparato che essere una sposa significa vivere nella dimensione del dono di sé, volente o nolente; ci sono giorni in cui è facile e gioioso dedicare il proprio tempo al benessere della famiglia e ci sono giorni in cui confido in una qualche forma di reincarnazione per sperimentare una vita più libera e indipendente, ma sta di fatto che questa mia vita ho deciso di viverla nella coppia e non esiste una dimensione alternativa.

...la complementarietà
Ho imparato che essere sposa significa non smettere mai di essere complementare al mio sposo, a volte con un po’ di sana ironia. Ormai siamo diventati una bilancia quasi perfetta: se io mi arrabbio e prendo fuoco per niente, lui è generalmente calmo e accomodante; se lui tende a diventare pantofolaio, io trovo un modo per uscire di casa; se io vivo la fede in una dimensione molto pratica e concreta, lui non dimentica mai di leggere un po’ di Vangelo.

...a vivere insieme le prove
Ho imparato che le difficoltà e i dispiaceri vanno affrontati insieme, anche quando si fa fatica, perché le sensibilità sono diverse e ognuno ha un suo modo tutto speciale di affrontare il dolore. Nessun corso prematrimoniale ti prepara a vivere i momenti tristi, quando dalle parole e dai propositi si passa ai fatti.
La realtà è piuttosto dura, ma l’unico modo è prendersi per mano ad attraversare insieme la difficoltà, nella consapevolezza che la Grazia di Dio ricevuta col sacramento non perde di efficacia col passare degli anni.

...il valore di essere sposa
Ho imparato che i figli sono meravigliosi ma crescono molto in fretta, e il ruolo di mamma cambia continuamente, ma quello di sposa è ciò che rimane quando non ci sono più pannolini da cambiare e figli da accompagnare a scuola. Non sono i figli che tengono davvero insieme la coppia, siamo noi due, il nostro amore, la bellezza del nostro stare insieme.

...il distacco dal passato
Ho imparato a tagliare bene bene il cordone ombelicale con la mia famiglia d’origine. Essere sposa non cancella il mio essere figlia, ma la nostra coppia ha costruito i suoi riti, i suoi valori, che non potevano essere semplicemente un copia-incolla di quelli dei nostri rispettivi genitori.

...che non ci sono ricette
Ho imparato che non esiste una ricetta per essere una brava sposa, la vita è molto più fantasiosa della mia immaginazione, e se anche guardo con ammirazione tante coppie di amici che considero bellissime, la dimensione della mia famiglia è unica e irripetibile, e ogni giorno mi impegno a realizzare il meglio del mio specialissimo essere sposa, diverso da quello di tutti gli altri.

Anni fa in una classe del liceo dove insegno ho assistito a una lezione di educazione sessuale tenuta da esperti e la tesi dominante era che per verificare l’affinità di coppia fosse utile sperimentare almeno un po’, vivere diverse relazioni.
Forse la mia faccia esprimeva perplessità, forse i ragazzi volevano provocare, fatto sta che uno mi chiede: "E lei cosa ne pensa? Sarà pure stata giovane anche lei!". Io gli ho risposto ridendo: "Mi dispiace, non posso esserti di aiuto, Mauro e io ci siamo conosciuti e siamo rimasti sempre insieme solo noi due, e mi auguro che sarà così anche in futuro". Il tipo si è messo a ridere anche lui e mi ha detto: "Ma così non vale, lei ha proprio tutte le fortune!".
Tutte non direi, però questa ce l’ho: sono una sposa fortunata.

La Bibbia e la donna sposa
In quel medesimo momento la preghiera di ambedue fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire tutti e due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio, e a dare Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e così scacciare da lei il cattivo demonio Asmodeo (Tb 3,16a)
Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa (Rm 16,3-5a)

14-TESTIMONIANZE

Un grazie ai miei educatori
Oltre ai miei genitori devo ringraziare per ciò che sono i Salesiani, per tutti gli anni di vita oratoriana, di campi, di formazione e di animazione.
Proprio ad un campo ho conosciuto mio marito: era maggio - giugno 2001. Dopo qualche incontro di preparazione e una settimana di campo, ho pensato che era l'uomo che avevo sempre sognato (col tempo qualche piccolo difetto è comparso, ma non ho cambiato idea).
In un anno e qualche mese è maturato in noi il desiderio di sposarci e con immensa gioia, grazie all'aiuto e al sostegno dei nostri genitori, lo abbiamo realizzato; agli occhi di molti eravamo un po' pazzi, senza soldi, la scuola da finire e il lavoro poco sicuro, ma la fiducia nella Provvidenza è una forza e ce l'abbiamo fatta.
Francesca

Due imbranati
Per essere madre è necessario essere sposa, almeno secondo me. Ero imbranata e ho trovato uno sposo più imbranato di me.
È stato un buon padre anche se, facendo la casalinga, non gli ho mai chiesto una grande collaborazione in casa e con i figli.
Da parte mia non gli ho mai fatto mancare nulla, è stato il mio modo di volergli bene perché non ho un carattere particolarmente espansivo.
Paola

Un po' d'incoscienza
La parola sposa ci ricorda automaticamente il giorno delle nozze, gioia, amore ma anche un po’ di incoscienza e di fiducia nel futuro, deciso "per sempre".
Poi la vita ci mette alla prova con le difficoltà, le malattie accettate e vissute nella speranza, ma noi siamo stati grati alla provvidenza che non ci ha fatto mancare fratelli e sorelle di vita, che ci hanno sostenuto quando eravamo in crisi e noi abbiamo ripagato con la stessa moneta.
Ora, dopo tanti anni, possiamo dire che la nostra vita è stata bellissima, la complicità, l’amicizia, la condivisione dei tanti momenti insieme, rendono davvero la vita degna di essere vissuta.
Franca e Damiano

L'ago della bilancia
Nella mia famiglia d’origine, con noi ha sempre vissuto la nonna paterna, lei ripeteva spesso come la donna poteva fare e disfare una famiglia. È un detto che mi ha sempre dato fastidio, perché convinta che la famiglia si fa in due, marito e moglie. Poi con il tempo mi sono ricreduta, aveva ragione la nonna.
Con il tempo sono diventata non l’ago della bilancia, ma la bilancia stessa.
Saper pesare ciò che l’altro ti dice, soprattutto quando il clima è alterato, non dare troppo peso a cattiverie dette più per ferire che non pensate veramente, pesare le parole che potrebbero rovinare un momento importante, solo per dimostrare di avere più peso di lui, o per rifarsi del torto subito.
Sì, aveva ragione mia nonna, come donne possiamo molto. Quello che si costruisce è frutto di duro lavoro, dove a volte, ciò che si ottiene con il perdono, ti rende più forte, perché riesci ad andare oltre a quelli che sono i suoi e i miei limiti.
Così si prende consapevolezza della positività che c’è nella coppia e si può ripartire da qui, senza fretta di vedere subito i frutti , perché questi ci appariranno quando non ce lo aspettiamo.
Dobbiamo però anche essere pronte a riconoscerli, senza aspettarci chissà che meraviglie, perché anche l’altro ci arriva, dopo, molto dopo di noi.
Fiorenza

Molto arrabbiata
Sono una donna molte volte arrabbiata con l’altra metà dell’universo che non capisce cosa si perde a non godere della sensibilità dell’intelligenza, dell’intuizione, della capacità di mediare che solo le donne hanno.
Nonostante questo, mio marito è sempre stato la mia colonna, anche se qualche volta lo devo sostenere io.
Lui è un bravo padre, ha un buonissimo rapporto con i figli, qualche volta ha bisogno della mia mediazioni ma le accetta di buon grado. È un marito tenerissimo.
Mi ha sempre trattato con molto rispetto, valorizzando le mie qualità. Con lui mi sento una donna forte e importante.
Chiara

Quando manca il dialogo
Per me ogni esperienza di amore sponsale è diversa dalle altre.
Purtroppo, e se non c’è un dialogo vero fin dall’inizio - cosa che a me è mancata - dopo i primi anni in cui l’innamoramento rende tutto bello e facile, diventa sempre più difficile un rapporto sereno.
Mi sono trovata in parte sottomessa a mio marito e comunque non in grado di interferire con le sue decisioni.
Il rispetto reciproco però non è mai mancato. Ora, nella maturità abbiamo imparato ad accettarsi e a volersi bene in modo diverso.
Alessandra

Strada per la santità
Sono sposa di Luca, uomo attento, disponibile, generoso, pronto al sacrificio. Per me è la completezza.
Mi fa sentire bene, compresa, mi diverte.
I nostri momenti bui anche se vissuti nel silenzio reciproco ma fecondo perché illuminati dalla preghiera ci rendono più vicini, più uniti.
"Maschio e femmina Dio li creò… essi saranno una carne sola"; donna sposa, una delle strade che sto percorrendo per la santità.
Maria Consiglia

15-LA DONNA-FIGLIA E SORELLA
Ho fatto miei i valori di mia madre, adattandoli

Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Giovanni Paolo II, Lettera alle donne

I rapporti di una figlia con sua madre non sono semplici, perché ogni giorno si sente almeno in parte incompresa da colei da cui attende di essere totalmente capita.

di Paola Lazzarini
Noi donne siamo innanzitutto figlie di altre donne! Una figlia rappresenta per la madre una sfida speciale perché sempre in bilico tra somiglianza e differenza, tra ricerca di sé nella fusione e nel rifiuto.
Ma anche per la figlia avere una madre, per quanto naturale, è tutt’altro che semplice perché ogni giorno si sentirà almeno in parte incompresa da colei da cui attende di essere totalmente capita.

Mia madre
Come figlia, pensando alle mie prime esperienze, faccio mie le parole del poeta "dov’era lei era il paradiso", dov’era mia madre c’era la sicurezza, il calore, la morbidezza e il nutrimento del suo latte… non sarà un caso che si parli del paradiso come del paese "in cui scorrono latte e miele"? Questo è stato uno dei primi grandi doni di mia madre, avermi allattata a lungo facendomi sentire che il mondo è un luogo ospitale, a dispetto di quanto vorrebbero farci credere.
Ma essere figlia è anche scoprire pian piano che cosa muove la capacità di amare di tua madre. C’è l’istinto, si dirà, e in parte è vero, ma c’è anche altro e io ho cominciato a capirlo guardando mia madre andare a Messa tutti i giorni. Quella mezz’ora me la portava via, ma anche se ero piccola lo capivo: in quel suo modo di fermarsi, mia madre mi stava dando un nutrimento nuovo.
Con gli anni essere figlia di mia madre è diventato fare miei i suoi valori, approfondirli, discostarmene un poco, ma sempre tornando e trovandola donata a noi.

Mio padre
È più facile parlare dell’essere figlia di un padre, perché la vita e la Parola offrono infinite immagini per descrivere la poesia dell’amore tra padre e figlia.
Mio padre è stato ed è per me la prima testimonianza della paternità di Dio, pur con i suoi limiti, perché ho vissuto nella certezza di averlo sempre dalla mia parte, pronto a riaccogliermi dopo qualsiasi scelta, per quanto sbagliata e dolorosa. L’amore di mio padre è una roccia possente e io mi ci sono appoggiata e mi ci appoggio tuttora.
La donna-figlia di un uomo conosce attraverso di lui la differenza e le potenzialità della comunione, un patrimonio che poi dovrà essere capace di portare all’uomo che sceglierà, senza però fare confronti, bensì accogliendone l’unicità.
Amare il padre quindi prepara all’amore per il marito, ma al tempo stesso può ostacolarlo se non vengono compiuti i giusti passi di maturazione affettiva.

Mio fratello
Donna-sorella infine. Il capitolo più difficile per me.
Avendo un fratello maggiore che ha lasciato casa quando non avevo ancora 16 anni, per cercare la sua strada nella Marina, ho l’impressione che la mia esperienza di fraternità sia stata interrotta proprio quando stava realmente sbocciando.
È rimasta una relazione non propriamente compiuta, chissà se il tempo ci regalerà la possibilità di compierla, nonostante la distanza fisica sia ora ancor più grande.
L’esperienza della fraternità si estende, per noi cristiani, a tutti coloro con cui condividiamo il Padre, quindi a tutti gli uomini e le donne.

I miei "fratelli"
Per questo posso dire di essere sorella in molti modi: sono stata sorella maggiore dei tanti ragazzini che nel corso degli anni ho accompagnato ai sacramenti, lo sono degli amici che in una vita molto dislocata (5 città diverse in 10 anni) hanno saputo restarmi vicino, infine – ultimamente – mi sento sorella delle ragazze che hanno fatto l’esperienza del parto nel mio stesso periodo e con le quali ci stiamo organizzando in un gruppo di auto-mutuo aiuto.
Soprattutto credo di essere stata sorella tutte le volte che le esperienze della vita mi hanno messa in contatto con altre persone con le quali si è costruito un rapporto di empatia e comunione, un rapporto di reciprocità e non di assistenza.

La Bibbia e la donna figlia e sorella
…vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto.
Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello… (Es 2,3b-5a).
[Gesù] entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola (Lc 10,38b-39).

16-TESTIMONIANZE

Mancanza di carezze
Nella mia esperienza ho amato mia madre più negli anni maturi, nel prendermi cura di lei: da giovane non ricordo un legame speciale, anzi ero in conflitto con lei per molte cose specialmente sulle mie scelte di vita.
Ho sentito molto la mancanza di gesti d’amore scambiati tra genitori e figli: erano tempi così…
Coi miei fratelli è stata soprattutto esperienza del dolore che ha maturato l’amore e i rapporti con loro.
Sono morti tutti e tre in età abbastanza giovane e li ho potuti accompagnare fino alla fine; il dolore è stato pari all’amore che forse inconsciamente mi legava a loro.
Alessandra

Sentirsi apprezzata
Sono nata e cresciuta in una famiglia molto modesta, che, con tanto lavoro, è riuscita ad avere un discreto benessere economico.
Come primogenita ho sempre sentito un po’ la responsabilità di essere un buon esempio per il fratello e la sorella che ci sono dopo di me. Ad oggi il nostro rapporto è di affetto e rispetto reciproco.
Come figlia mi sono sempre sentita apprezzata e considerata dai miei genitori, ancora di più ora che sono entrambi anziani e malati.
Fiorenza

Cenerentola a metà
Sono figlia di una donna che, rimasta orfana di madre alla sola età di quattro anni, ha vissuto la bellissima storia di Cenerentola che incontra il principe azzurro e la storia si conclude con "vissero insieme per sempre felici e contenti".
Ma per mia madre non fu così: mio padre l’ha amata a modo suo, ma non è riuscito a darle quella pienezza d’amore che lei desiderava anche perché attratto da altre donne.
Separati, mia madre ha dedicato tutta se stessa a me e alle mie sorelle, per lei portare "il pane a casa" era la prima priorità e la seconda che noi studiassimo perché diceva che "non dovevamo chiedere nulla a nessuno". Allora era per me lontana; non ricordo le sue coccole, i suoi baci o che abbia mai giocato con me.
Maria Consiglia

Mamma Letizia
Io sono la quarta di otto fratelli, quattro maschi e quattro femmine, nati in un periodo di vent’anni per cui ho imparato presto a mediare fra i primi e gli ultimi, in pratica fra due generazioni e tenendo conto che quelli non sono stati per noi anni di abbondanza.
I miei genitori erano molto diversi fra loro, ma molto affiatati. Mio padre, un po’ rigido e molto autorevole era compensato da mia madre, molto dolce e affettuosa sempre disposta a sacrificarsi per noi. Si chiamava Letizia di nome e di fatto.
Quando è rimasta vecchia e sola me la sono portata a casa. Ho lavorato tanto per accudirla ma non mi sono mai pentita. In un periodo un po’ duro per uno dei miei figli è stata una luce.
Chiara

Quando le parti si invertono
A scuola avevo la mamma più vecchia rispetto a quella delle mie compagne e un po’ ho invidiato le giovani mamme, ben vestite e curate, mentre noi eravamo poveri ed essenziali.
Quanto però è stato bello averti come mamma! Ancora parlo al presente anche se sei morta da tempo, perché dopo un rapporto splendido con te che eri il mio punto di riferimento.
Poi sei diventata la mia bambina, a cui ricordare i nomi, le vocali, le preghiere, e da accudire in tutto.
Di notte chiamavi persone che avevano lavorato con te, la suora che aveva il tuo nome, Lucia, e poi mi hai lasciato per andare dalla nostra mamma, che ti avrà accolto felice, ma lasciando me che, per mesi mi sono svegliata di notte sentendo la tua voce.
Anche tua figlia e mia sorella è diventata bambina al termine della sua esistenza (è venuta da Te il 24 aprile scorso). Com’è strana la vita: ora che siete nella casa del Padre, io chiedo a Lui, come grazia, di essere autonoma fino alla fine e di aiutarmi a servire tutti coloro che incontrerò.
Franca

Figlia: che fatica!
Che cosa straordinaria e difficile essere figli, sia da bambini che da adulti.
A volte quando guardo i miei bimbi, penso alla fatica fatta dai miei genitori e non posso che essere loro grata, per i valori che mi hanno insegnato e per tutte le esperienze che mi hanno permesso di fare e mi hanno arricchita.
Non so perché, ma non mi sento una figlia modello, come diceva mia madre prima che mi sposassi, tanto brava e gentile fuori casa e un po' meno dentro.
Con i miei genitori faccio fatica ad esprimere ciò che provo; a volte aspetto di vederli o di sentirli e poi, al momento buono, basta una frase per irritarmi.
Mi sembra quasi di dover sempre conquistarmi l'autonomia.
A parte tutto è per me un grande piacere e sollievo pensare che ci sono, in ogni situazione so di poter contare sul loro sostegno e sul loro conforto.
Francesca

17-LA DONNA-LAVORATRICE
Figli e lavoro si conciliano con molta fatica

Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del "mistero", alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Giovanni Paolo II, Lettera alle donne
La "maternità": uno dei momenti più belli ed entusiasmanti per una donna, diventa decisamente penalizzante a livello lavorativo.

di Nicoletta Barbiero
La mia esperienza lavorativa è iniziata 26 anni fa, dopo il diploma, in una ditta del Torinese, poi in un’altra vicino a casa, per proseguire nella banca dove attualmente presto il mio servizio, ormai da ben 23 anni.
Non è stato troppo complicato, per me, trovare lavoro, all’epoca.
Oggi il tasso di occupazione delle donne senza figli, in Italia, tra i 25 ed i 54 anni, è pari al 63,9% rispetto alla media europea del 75,8%: siamo in Europa il fanalino di coda come occupazione, retribuzione e condizione femminile (dati Eurostat della UE, aprile 2012).

L’indipendenza economica
Ho desiderato, fin da quando ancora studiavo, trovare presto un impiego, perché l’idea di lavorare, l’essere indipendente economicamente e "cavarmela" da sola, mi ha sempre affascinato ed il lavorare - indipendentemente dal tipo di lavoro – mi è sempre piaciuto, in effetti.
Mi piace il rapporto interpersonale con i clienti, anche se a volte risulta noioso o stressante, mi piace misurarmi con le mie capacità organizzative e di memoria e mi piace soprattutto sentirmi parte di una società che, proprio grazie al contributo lavorativo di ciascuno, tenta di divenire più civile, più umana.

Il congedo per maternità
La questione, alquanto negativa, che persiste da sempre e non accenna a scomparire, è la considerazione della "maternità": uno dei momenti più belli ed entusiasmanti per una donna che diventa, però, decisamente penalizzante a livello lavorativo.
Il periodo di maternità, per le lavoratrici dipendenti, è perlomeno tutelato dalla legge, ma non certo il fatidico rientro dopo la pausa accordata.
Non solo la mia personale esperienza, ma anche quella di molte colleghe ed amiche, è di non riuscire più a rientrare nel ruolo – a volte anche nel luogo – detenuto prima del "lieto evento".
A proposito di ciò, ci sono statistiche nazionali che ben rappresentano il problema, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti "contratti atipici", attraverso i quali chi si allontana per maternità, difficilmente potrà riprendere il proprio posto in seguito.

Conciliare figli e lavoro
La società italiana è veramente ferma, ingessata, chiusa nel non voler riconoscere il grande valore umano e sociale che la nascita di un figlio comporta.
Negli anni recenti ben poco è migliorato per aiutare le donne divenute madri nell’ambiente dei lavoro, dando loro la possibilità di orari più flessibili, l’avvicinamento alla residenza, al part-time concesso senza dover retrocedere da chissà quali diritti già acquisiti.
Non c’è da stupirsi, quindi, se la percentuale di fertilità in Italia risulti una della più basse nei Paesi industrializzati ed è ancora nettamente inferiore rispetto al livello di ricambio generazionale di 2,1 figli per donna.
Questi confronti dimostrano che le donne italiane sono soprattutto in difficoltà nel conciliare figli e carriera e che sulle famiglie grava ancora un sovraccarico enorme di impegni. Si pensi, ad esempio, alla carenza di asili nido pubblici dove c’è posto solamente per il 12% dei bambini italiani sotto i tre anni, mentre in Francia e nei paesi nordici si raggiungono livelli del 40%.

E la società civile?
La mentalità che si deve instaurare è quella che, se una madre è aiutata ed agevolata nel suo arduo compito, sarà sicuramente una lavoratrice più serena e di ciò ne beneficerà, primariamente l’azienda per cui lavora ed in seguito l’intera società civile.
Dopo la partecipazione al Family 2012 di Milano, su "La famiglia, il lavoro, la festa" mi auguro che la voce di tante donne e tante famiglie possa contribuire a sensibilizzare la comunità nel sostenerle più concretamente, promuovendo nuove leggi che permettano una migliore qualità della vita e del lavoro.

La Bibbia e la donna lavoratrice
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani.
Si alza quando è ancora notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche.
È soddisfatta, perché i suoi affari vanno bene; neppure di notte si spegne la sua lampada.
Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso (Prv 31,10.13.15,18-19)
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto" (Lc 15,8-9).

18-TESTIMONIANZE

Come giustamente sostiene mio marito, il piccolo problema del mio lavoro è che non viene pagato; ma non badiamo ai dettagli.
Ho scelto di essere casalinga, per godermi la crescita dei miei figli e poter essere presente senza difficoltà nei piccoli eventi della loro vita e perché amo poter gestire la mia famiglia in autonomia.
Sobrietà ed essenzialità sono il nostro motto e questo ci aiuta a non sentire il peso di uno stipendio in meno; inoltre, faccio la baby-sitter, questo è un piccolo aiuto economico e certamente una ricchezza per me e per i bimbi.
Francesca

Il lavoro per me è solo una necessità. Quando ero giovane era un modo di esprimere autonomia dalla famiglia, da mia madre, quando mi sono sposata era una necessità per garantire il ménage familiare, quando sono stata madre è diventato un peso, una fatica, appena ho potuto sono rimasta a casa, ho fatto la casalinga.
Per me i lavori di casa sono gratificanti, è la soddisfazione di fare qualcosa di utile, è il piacere di vedere il frutto del tuo lavoro, è un modo di accogliere chi è stato fuori casa tutto il giorno.
Paola

Sono un’insegnante, lavoro in un Liceo con ragazzi adolescenti.
Il mio lavoro, anche se può sembrare sempre lo stesso, cambia giorno per giorno perché i ragazzi cambiano giorno per giorno, anzi per me questi cambiamenti sono troppo repentini e la mia materia (insegno matematica) non mi aiuta spesso a cogliere le loro gioie, i loro disagi.
Questo mi dispiace molto perché, al di là delle conoscenze da trasmettere, vorrei creare con loro un vero rapporto di condivisione.
I ragazzi mi donano tanto ed io spesso mi sento prigioniera del mio ruolo.
Il mio lavoro mi permette di guardare negli occhi questi adolescenti, così mutevoli, così "caciaroni", che sembrano a volte fregarsene del mondo intero, eppure così bisognosi di un sorriso. Sarebbe bello poter diventare, anche se per un periodo breve, compagni di viaggio!
Maria Consiglia

Credo di essere "andata al lavoro" quando è stato necessario e fino a che non ho avuto figli, poi ho avuto la fortuna di essere una lavoratrice in tanti altri modi, perché facendo attenzione, potevamo vivere con un solo stipendio: i figli si sono abituati ad una vita sobria, sapendo benissimo quanto era ciò che potevamo spendere e, anche se erano piccoli, non hanno fatto capricci, programmavano le loro spese in base a ciò che restava.
Il lavoro per me, oltre alla famiglia, è stato ovunque c’era bisogno: alla libreria cattolica, al Consultorio familiare, alla Caritas, ai percorsi per fidanzati parrocchiali e decanali, al catechismo per i piccoli, naturalmente non tutto contemporaneamente! Non c’è mai stata la disoccupazione, perché il lavoro non è mai mancato.
Mio marito che mi ha sempre aiutato nel mio "lavoro" a casa, dice che "chi lavora per lo stipendio sa cosa guadagna ma non sa cosa perde".
Franca

Fra un posto e l’altro ho lavorato quarant’anni, ora sono pensionata.
Quando sono nati i miei primi due figli, sono rimasta a casa per un po’, poi ho ricominciato a lavorare per necessità (avevamo fatto un mutuo).
Forse dopo avrei anche potuto rimanere a casa e farci bastare lo stipendio di mio marito, ma il lavoro mi piaceva e con la collaborazione di mio marito riuscivo a farcela senza sacrificare i figli. Questi, anzi hanno imparato a collaborare in casa, il primo che tornava metteva su la pasta.
Non sono stati anni facili, le mie amiche casalinghe mi facevano sentire in colpa perché lavoravo, le mie colleghe di lavoro mi facevano sentire in colpa perché non ero sempre disponibile perché avevo figli.
Il nostro paese non mette certo grandi servizi a disposizione delle donne e ci vuole molto coraggio ad avere bambini. Questo coraggio i miei figli l’hanno avuto ed io così faccio la nonna quasi a tempo pieno, sto sostituendo lo Stato ma per ora mi va bene così, sono una nonna stanca ma felice.
Chiara

Il mio lavoro è stato per molti anni quello di operaia in una ditta di collant, un lavoro monotono e ripetitivo, dove l’unica nota positiva era la busta paga, non ricca, ma mi dava la possibilità di indipendenza economica.
Ho cercato di utilizzare il tempo trascorso al lavoro - che a volte avevo la sensazione di sprecare inutilmente - meditando sugli incontri dei giovani che si tenevano al mio paese, al quale partecipavo con entusiasmo e desiderio di poter dare un vero valore alla mia vita.
Così riflettevo sulle domande che mi sorgevano, su risposte che avrei potuto dare, su cosa avrei potuto scrivere per dire il mio punto di vista su questo o quell’argomento.
Devo dire che questo modo di fare c’è ancora in me e a volte mi aiuta a trovare risposte importanti per la mia vita.
Dopo la nascita della secondogenita, la ditta ha chiuso, sono così rimasta a casa a fare quello che ritenevo importante, far crescere i miei figli e dar loro l’educazione che volevo.
Fiorenza

19-LA DONNA-CONSACRATA
Saper guardare in ogni direzione, a 360°

Grazie a te, donna-consacrata, che sull'esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e l'intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta "sponsale", che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
Giovanni Paolo II, Lettera alle donne

di Fabiola Dall’Agnol*
"Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì di quel profumo" (Gv 12,3).
Questo versetto del Vangelo riassume in poche parole l’essenza di una donna consacrata. Maria, la sorella di Lazzaro, compie qui un azione di profonda intimità nei confronti di Gesù. Così la donna consacrata, vive nell’ordinarietà un continuo spargere questa fragranza, tentando di riempire i cuori di ciò che dà gusto alla vita, in una profonda intimità ed unione con Cristo, mostrando già qui il Regno dei cieli.
Leggendo queste prime righe si potrebbe pensare: "Ecco un discorso bello; alto e profondo", ma a questa riflessione normalmente corrisponde un’immagine ristretta del "genio femminile consacrato".
La suora è nell’immaginario classico, colei che si dedica ai bambini nelle scuole dell’infanzia o agli anziani nelle residenze di accoglienza. Raramente e solo se si sono conosciute di persona, ci si apre all’idea che una consacrata è innanzi tutto una donna che vive pienamente la sua femminilità, ricca di bellezza, relazioni, interessi, emozioni, idee e come ogni donna è generatrice di vita se pur in modo differente, ma non per questo meno fecondo.
Quale donna si può scorgere dietro questa immagine?
Nella religiosa puoi scrutare un viso marcato da rughe profonde, che mostrano quanto si sia lasciata attraversare dalla vita e dallo scorrere del tempo che Dio le ha donato. Nelle sue mani a volte giovani e altre volte curve e malformate, puoi vedere lo strumento e la sua usura; sono, infatti, prestate a Dio per toccare i suoi ultimi, per servirli, per incontrali e accarezzarli.
Infine, c’è una straordinaria "beltà" negli occhi gioiosi di chi non ha avuto tempo di riposare, perché il suo guardare non ha dove fermarsi; non ha voluto incrociare altri occhi in modo esclusivo, ma ha guardato in ogni direzione a 360° per cercare e incontrare nei tanti un bagliore degli occhi del Cristo, l’unico capace di far riposare il cuore.
La religiosa poi, è donna di estrema normalità e relazionalità, conosce il quotidiano della routine e dell’imprevisto, e come ogni donna inventa e affronta con costanza la vita, restituendola gustosa e ricca d’incontri. Tale genialità è alimentata con cura dentro un rapporto speciale con il proprio creatore. È affascinante rendersi piacevole ai Suoi occhi, e sapersi guardata con infinita misericordia e tenerezza; questo spinge la donna di Dio!
Come Maria con il nardo, così la consacrata spreca tempo, corpo, energie, idee, interessi, rubandosi spesso anche "quel poco che aveva per vivere" (Mc 12,44). Ma, la gioia sta proprio nel non aver vissuto invano, nell’aver dato la vita perché altri abbiano la Vita e in abbondanza, a volte anche fino alla morte: "perché forte come la morte è l’Amore" (Ct 8,6).
Questa "riservata per Dio", "proprietà di Dio", è una donna che Ama camminando e vive come Lui l’amore "a tutti i costi". E ora tu che leggi, non senti questa dolce fragranza che inebria il cuore?
* Suore Francescane Alcantarine

La Bibbia e la donna consacrata
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme (Lc 2,36-38)
Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è al servizio della Chiesa di Cencre: accoglietela nel Signore, come si addice ai santi, e assistetela in qualunque cosa possa avere bisogno di voi; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso (Rm 16,1-2)

20-TESTIMONIANZE

Essere realizzata
È difficile spiegare come e quanto ci si possa sentire profondamente realizzata come donna, nella vita religiosa: si tratta di un’esperienza profonda, che traluce quando viviamo in profondità la nostra vocazione, il nostro sì appassionato e fedele all’Amore che ci ha chiamato ad un rapporto intimo, personale ed esclusivo.
Si è ad un tempo sposa del "più bello dei figli dell’uomo" (Sal 45,3), uno sposo fedele, attento e tenerissimo.
Si è madri di una moltitudine di figli, generati per e nello Spirito, con un legame forte e tenace, libero e fedele ad un tempo.
Siamo sorelle non solo di altre donne chiamate a questa vocazione specifica, ma di tanti fratelli e sorelle che sono dentro e fuori la Chiesa, a cui il Signore ci manda per testimoniare la gratuità, la fedeltà e la premurosa attenzione dell’amore di Dio per ogni creatura.
Camminiamo dietro a Gesù, ci mettiamo alla sua sequela insieme a Sua Madre: l’amore che ci lega a Lui ci porta ad accogliere dalle Sue mani anche la croce, come la manifestazione più profonda e reale dell’amore che si dona per la salvezza di tutti gli uomini e li riconduce nel Regno del Padre, nel Suo abbraccio che sempre ci aspetta. Per questo, solo nella Chiesa possiamo vivere in pienezza la nostra vocazione ed il trionfo della nostra femminilità.
suor Marirosa Orlando, Suora di S. Giuseppe, Pinerolo

Per obbedienza
Sono una suora non più giovane.
Ho lavorato per anni in una grande città, a contatto con famiglie bisognose e difficili; era un servizio che mi impegnava molto ma mi dava anche molte soddisfazioni.
Purtroppo quell’esperienza è finita e sono stata trasferita altrove dai miei superiori.
Ora mi trovo ad accudire alle mie consorelle anziane e allettate.
È un servizio che faccio "per obbedienza" ma non mi sento assolutamente adatta a quest’impegno infermieristico e geriatrico.
Metto tutto ciò che ho nel cuore nelle mani del Signore...
suor N.

Consacrarsi alla famiglia
La mia vocazione è stata un'altra, mi sono consacrata alla famiglia, ai figli e non me ne pento.
È stato questo il mio modo di dire grazie al Signore.
Paola

Un grazie di cuore
Non posso che ringraziare per la presenza nel mondo di donne che hanno scelto di consacrarsi a Dio. Sono certamente un segno dell'Amore del Padre per noi, una testimonianza del suo essere presente in mezzo a noi. Inoltre, trovo molto rasserenante e rassicurante pensare a quanta preghiera si elevi a Dio per tutti gli uomini, grazie proprio a chi si dedica alla vita contemplativa.
Francesca

Famiglia e servizio
Sono consacrata al matrimonio, questa è la mia vocazione. Come credente e cristiana però, sento importante l’impegno in parrocchia, non siamo cristiani da soli.
Il catechismo mi obbliga ad essere preparata, a informarmi sul cammino della Chiesa, ad accogliere, i ragazzi che mi sono affidati come figli di Dio e ad amarli, come li ama Gesù.
Questo non è sempre facile, molte volte sono maleducati, chiacchieroni, pieni di parolacce, di cui a volte non sanno nemmeno il significato. Ma il mio compito è di accoglierli e di dare loro un messaggio di speranza.
Con mio marito animiamo anche un itinerario di fidanzati, anche questo ci aiuta, come coppia, a parlarci e ad affrontare argomenti che ci aiutano a stare meglio insieme.
Fiorenza

Nozze d’oro
Non sono una religiosa giovane, ho già celebrato il giubileo d’oro della prima professione.
Cosa mi lega di più alla mia vita di donna consacrata?
Indubbiamente la "Parola di Dio" che, proprio perché fondamento e sostegno della vita di consacrazione ("Vieni e seguimi...") mi è offerta in abbondanza e quotidianamente mi invita e mi introduce all’incontro sponsale con Cristo, a quell’intima relazione con lui che si trasforma in pace, luce, forza, consapevolezza, amore per la vita, per la mia vita che nella chiamata divina si avvalora.
Nell’ascolto della Parola cresce il desiderio di conformare la mia vita a Cristo e viene appagato il bisogno che ogni donna avverte in profondità: essere dono. Cristo, infatti, mi invia ai fratelli ad indicare il sentiero del vero amore, il sentiero che conduce a Lui.
In tutto questo avverto la bellezza della mia vita di donna consacrata alla "Parola" che è Cristo.
Bello è ancora per me vivere la consacrazione in una famiglia religiosa, (non in solitudine) a cui sento di appartenere e in cui faccio esperienza del bene della fraternità; una "famiglia" che si fa solidale con me nei momenti di difficoltà, di sofferenza, come in quelli della gioia e della celebrazione dei valori per i quali viviamo, in cui posso ammirare le meraviglie (anche sul piano apostolico) che il Signore compie nonostante le umane debolezze.
suor Francisca

Nell’amore di Cristo
Tra le fatiche della vita religiosa quella che avverto maggiormente è vivere fianco a fianco e collaborare con persone di sensibilità, carattere, cultura, a volte molto diversi dai miei.
Mi aiuta a non arrestare il passo la consapevolezza che la comunità religiosa, come tale, è costituita non da persone che si sono scelte, (come avviene per la comunità familiare) ma che sono state scelte dall’Alto e chiamate a vivere assieme per il raggiungimento di un unico fine: l’avvento del Regno.
"Congregavit nos in unum Christi amor".
suor Francisca

21-Uomini e donne nella Bibbia: La Casa Di Lidia (At 16)
Lidia, una donna che accoglie la Parola e dà consolazione

Ad ascoltare c'era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: "Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa". E ci costrinse ad accettare (At 16,14-15).

di Lidia Maggi
Fate attenzione alla casa di Lidia. Non lasciate che questo luogo e, soprattutto, questa donna scivolino troppo facilmente ai margini della narrazione più avvincente che accompagna le grandi imprese degli apostoli, di Pietro e Paolo.
Nella casa di Lidia si dischiude, come in un microcosmo, la comunità dei credenti, tutto ciò che è in gioco quando si parla di chiesa.
Chi legge, forse, è tentato di ritenerla una semplice scena di passaggio, un interno domestico irrilevante ai fini del racconto, invece no.

La chiesa primitiva
La caratteristica decisiva della chiesa primitiva è di obbedire al grande mandato del Maestro di fare discepole tutte le nazioni (Mt 28,19). Ora, la casa di Lidia diventa il portale d'ingresso per la missione in Europa. Con lei Paolo inizia la predicazione e da lei si congeda per riprendere il cammino (At. 16,13; 16,40).
Paolo, infatti, arriva a Filippi dove incontra Lidia; e da qui inizia l'avventura verso il cuore dell'impero. Dalla casa di Lidia, poi, riparte, dopo aver ricevuto consolazione.
Ma non ritroviamo solo l'aspetto della missione. Anche gli altri ingredienti necessari perché si possa parlare di chiesa sono presenti in questo brano. Come l'opposizione subita da chi vive una fede che mette sottosopra il mondo: una persecuzione non masochisticamente ricercata ma neppure evitata edulcorando, annacquando il vino dell'evangelo. L'incarcerazione di Paolo dice di questa fede testimoniata a caro prezzo.
Questa chiesa, la cui passione è annunciare l'evangelo, è pure consapevole che la testimonianza cristiana non può essere confusa con un'operazione propagandistica. Essa vive di tensioni che manifestano insieme la ricchezza della Parola ricevuta e la consapevolezza della complessità del cuore umano e della storia.
Il nostro episodio mette in scena molte di queste tensioni, come l'andare al centro (Filippi, colonia romana, la città più importante della regione) e il frequentare i margini (fuori dalla porta, lungo il fiume).

Una chiesa obbediente e intraprendente
Questa chiesa, che si fa carico della missione, è una comunità che sente la responsabilità di non mettere a tacere la Parola. Ma è anche cosciente che l'ascolto non è sufficiente, se Dio non interviene ad aprire i cuori.
Una tensione tra l'agire e l'essere agiti bene illustrata dalla vicenda di Lidia che ascolta e si fa ascoltare, che viene accolta mediante il battesimo e accoglie nella sua casa.
Non siamo in presenza di un'esperienza religiosa da donnette!
Lidia prepara con intelligenza il terreno allo Spirito. Donna timorata di Dio, fuori dalle mura, si raduna con le sorelle in preghiera e presta ascolto alla predicazione di Paolo.
Emerge un chiaro protagonismo non limitato, del resto, alla fede, ma che riguarda l'intera sua biografia. Lidia ha una sua professionalità - è commerciante di porpora - e una leadership riconosciuta nel gruppo di coloro che si radunano.
Dunque, a casa di Lidia agisce una chiesa obbediente alla Parola e insieme intraprendente, capace di porre modelli alternativi alla cultura-ambiente. Soprattutto offrendo un protagonismo insperato alle donne che, non a caso, erano costrette a radunarsi fuori dalle mura del sacro istituzionale.

Discepola e maestra
Lidia è colei che ascolta la predicazione di Paolo e la trasmette al gruppo delle donne; ma in seguito si rivela come colei che si fa ascoltare da Paolo, convincendolo ad alloggiare presso di lei e a fare della sua casa un'autentica chiesa in cui non si radunano più solo le donne, come in riva al fiume, ma fratelli e sorelle resi uguali nella fede.
Paolo, dopo l'esperienza del carcere, troverà la consolazione e la forza di riprendere il cammino proprio a casa di Lidia. Non avrà bisogno di fermarsi ulteriormente, a Filippi è nata una comunità che sa vivere l'evangelo nella sua interezza, sotto l'attenta leadership di una donna.
Liberamente tratto dal libro: L’evangelo delle donne, Claudiana, Torino 2010, p. 96-98.

Su Lidia vedi anche la lettera pastorale di mons. Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano, per l’anno pastorale 2011-2012.

22-PER APPROFONDIRE IL TEMA
Alcuni libri e testi usati per realizzare questo numero

Giovanni Paolo II, A voi donne, Edizioni Dehoniane, Bologna 1995.

Si tratta del testo della lettera inviata dal beato Giovanni Paolo II alle donne in occasione della IV Conferenza Mondiale sulla Donna tenutasi a Pechino del settembre 1995.
Si tratta del testo magisteriale più "aperto" nel confronti della figura femminile.
"Il questa lettera il Papa esalta le qualità femminili e sottolinea l’importanza della donna in tutte le sue "versioni": madre, sposa, figlia, sorella, lavoratrice e consacrata. Ma, mentre l’elogio della donna madre, sposa e consacrata ha sempre rappresentato una costante della Chiesa e dei Papi, l’elogio della donna lavoratrice costituisce una fondamentale novità.
Ma c’è di più. Il Papa, parlano di donne lavoratrici, non si riferisce solo a quelle nubili e senza figli, ma anche, con tutta evidenza, alle donne sposate e madri" (Chiara Rossi).

Carlo Miglietta, L’Evangelo del matrimonio, Le radici bibliche della spiritualità matrimoniale, P. Gribaudi Editore, Milano 1994.

Questo libro raccoglie le esperienze bibliche e pastorali dell’autore, impegnato da oltre trent’anni nella divulgazione della Bibbia e delle tematiche matrimoniali.
Il tema viene trattato in modo molto ampio, affrontando prima l’Evangelo del Matrimonio dal punto di vista biblico (Antico e Nuovo testamento), e poi dal punto di vista della spiritualità familiare.
Un testo che, se nella prima parte mette a frutto l’esperienza esegetica dell’autore, nella seconda risulta estremamente aggiornato su quelli che sono i recenti sviluppi della pastorale familiare in Italia.
La ricchezza del testo ne suggerisce lo studio e la lettura soprattutto per coloro che si dedicano alla preparazione dei futuri sposi.

Lidia Maggi, L’evangelo delle donne, Figure femminili nel Nuovo Testamento, Claudiana, Torino 2010.

È grazie a Luigi Ghia, il direttore storico di questa testata, che abbiamo scoperto quest’autrice, pastora della Chiesa Battista.
Il modo di porgersi della Maggi non ha timore di toccare, commentando un’ampia serie di figure bibliche, temi scabrosi all’interno delle comunità ecclesiali, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della donna.
Un piccolo esempio: "Da sempre la casa è lo spazio delle donne. Un Chiesa che si riunisce nelle case e che lega i segni della fede all’ambito domestico, non può che valorizzare chi la casa la governa... Forse una delle ragioni dell’attuale crisi vocazionale sta nella scarsa valorizzazione delle figure femminili, accompagnata da un irrigidimento istituzionale, incapace di declinare l’esperienza della fede nel quotidiano".

Chiara Rossi, Il genio delle donne, Edizioni il Molo, Viareggio (LU) 2009.

Il volume ha un titolo molto invitante e, in buona parte, risponde a queste aspettative.
È strutturato in quattro parti: La Chiesa valorizza il genio delle donne, Esempi di genio femminile, Gli uomini illuminati, La situazione delle donne nella società.
Ogni parte ha una sua fisionomia: interessante la prima anche se un po’ breve e orientata solo a cogliere gli atteggiamenti positivi dell’istituzione; molto ricca la seconda in cui, più che le attività delle donne presentate, è interessante il loro punto di vista sull’essere donna; intrigante la terza parte, prevalentemente sociologica l’ultima. La struttura del libro fa presumere che sia stato ricavato da una tesi di laurea opportunamente rielaborata.
Non si trova facilmente in libreria ma è acquistabile via Internet direttamente dall’Editore.

Giulia Paola Di Nicola - Attilio Danese, Nel grembo del Padre, Genitori e figli a Sua immagine, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 1999.

Due autori importanti per un libro sulla genitorialità oggi, con le sue sfide e le sue sconfitte, che si apre progressivamente alla dimensione culturale e spirituale dell’essere genitori.
Raccomandiamo il libro soprattutto per la seconda e terza parte (Fraintendimenti sul Padre e Nel grembo del Padre). Ci sembra che in queste due parti i gruppi possano trovare utile materiale per la loro riflessione.
"Non è possibile scindere la genitorialità umana dall’immagine di Dio-Padre; quando è messa in crisi l’una barcolla l’altra, poiché ogni paternità viene da Dio o anche, come ha scritto Eudokimov: questo è un mondo senza Dio perché è un mondo senza madre. Tenteremo perciò di raccordare l’esperienza delle madri e dei padri d’oggi con quella del Padre celeste".

23-Il ruolo della donna nei Gruppi Famiglia
Il Gruppo Famiglia è uno degli ambiti, in campo ecclesiale, dove l’uomo e la donna hanno pari dignità

di Noris e Franco Rosada
Se c’è un ambito, in campo ecclesiale, dove uomo e donna hanno la stessa dignità, questo è quello della pastorale familiare.
Sono ormai sempre di più le diocesi che hanno come responsabili una coppia di sposi. La figura del sacerdote è sempre presente, ma come assistente spirituale.
E all’interno della coppia come sono i ruoli?

I Gruppi Famiglia
Chi comanda nei GF? La risposta è certa: le donne, diranno gli uomini; gli uomini, risponderanno le donne.
Questo è già un buon segno, un segno che indirettamente ci dice che in un GF i ruoli nella coppia sono abbastanza intercambiabili e le decisioni condivise.
Rispetto ad altre esperienze ecclesiali a cui può partecipare anche solo il marito o solo la moglie, l’appartenenza ad un GF richiede la presenza di entrambi i membri della coppia, deve essere quindi una scelta condivisa.
Un’altra caratteristica dei GF è data dal fatto che la responsabilità del gruppo è affidata ad una coppia "responsabile". Un ripasso di alcuni suoi compiti può essere utile.

La coppia responsabile
Uno degli impegni principali di questa coppia è il farsi carico della conduzione del gruppo.
Questo impegno si realizza p.e. ricordando alle altre coppie gli impegni comuni.
È un compito che può svolgere chi dei due ha più tempo ma, in certi casi, è bene personalizzare l'invito.
In base a ciò che si è condiviso nel gruppo è bene che, se sono emerse difficoltà da parte di un donna sia la moglie a chiamare quella coppia, e viceversa.
Ci sono poi gli incontri casuali, di cui bisogna saper approfittare per confermare l'amicizia e ricordare gl'impegni.
Un altro punto dell'impegno è p.e., durante l'incontro, la custodia del tempo e del metodo di lavoro scelto.
Concretamente, questo significa saper guidare il gruppo con tatto ma con fermezza attraverso i vari momenti dell'incontro, intervenendo per fermare gli interventi troppo lunghi o per riportare il discorso sul tema proposto.

I ruoli nella coppia
Chi dei due guida il gruppo, chi tiene un minimo d'ordine nella discussione? Qui contano molto le caratteristiche della coppia guida.
Ci sono coppie in cui lei parla poco, in cui il "sapiente" di famiglia sembra essere l’uomo ma poi basta un breve intervento per cogliere la profondità del pensiero di chi sta silente.
Ci sono coppie in cui l’empatia nei rapporti è molto più presente nella donna, e l’uomo fa fatica a tessere relazioni che vadano al di là dei temi trattati.
Di solito, chi guida il gruppo tende a farsi prendere la mano dal discorso ed è necessario che l'altro intervenga con tatto per riportare la riflessione nella giusta direzione.
In sintesi. ogni coppia ha il suo equilibrio, sia per il "foro interno" (la relazione di coppia) che per quello "esterno" (le relazioni con le altre coppie).

Imparare a servire
Quanto accennato per la coppia responsabile vale, ovviamente, per tutte le coppie del gruppo. Infatti, tutti sono chiamati, prima o poi, ad occupare questo ruolo.
È un ruolo di servizio e l'esercizio della carità cristiana è proprio fondato sul servizio gratuito. Gesù ci ricorda: "se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti".

24-IV INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE: MILANO 2012
Eravamo proprio in tanti dei Gruppi Famiglia, provenienti da tante diocesi!

di Ernesta e Gianprimo Brambilla
L’anno pastorale 2011/2012 ha avuto dei temi molto attuali e concreti per le famiglie cristiane: "La famiglia: il lavoro e la festa" tanto che in tutte le diocesi italiane si sono svolti incontri, dibattiti, cineforum perché si voleva arrivare ben "preparati" all’incontro finale con papa Benedetto XVI.

L’impegno della diocesi di Milano
Noi famiglie che abitiamo nella diocesi di Milano, la diocesi ospitante dell’evento, siamo stati interpellati affinché tutti i bei discorsi fatti e ascoltati potessero concretizzarsi offrendo accoglienza alle tante famiglie, che da varie parti d’Italia e del mondo sarebbero venute per incontrarsi ed incontrare il Santo Padre.
Già dallo scorso ottobre, nelle parrocchie della diocesi sono stati esposti i volantini per invitare le famiglie all’accoglienza con lo slogan: "Apri la porta al mondo - accogli una famiglia".
Da parte delle famiglie ambrosiane, però, c’era un po’ di titubanza: tante non hanno un appartamento così grande da poter ospitare un’altra famiglia, e poi in molte famiglie si lavora entrambi e i problemi organizzativi sembravano insormontabili.

Un grazie ai "gemellaggi"...
Nelle nostre parrocchie sembrava quindi che tutto dovesse cadere nel nulla, ma poi grazie alle varie amicizie e conoscenze con i diversi gruppi famiglia sparsi per l’Italia che chiedevano una breve ospitalità solo per le notti del fine settimana, siamo riusciti ad organizzare dei "gemellaggi" a cui la diocesi ha dato via libera, chiedendo però sempre di iscrivere tutti agli eventi, in modo da avere sotto controllo il numero dei partecipanti.
A questo punto si è dato il via alla prima stesura di un elenco di famiglie locali che erano disposte ad ospitare, si è cercato di incoraggiare i più titubanti sottolineando l’importanza e la bellezza di un’accoglienza semplice e "familiare", quindi niente di straordinario, ma solo aprire la porta della nostra casa e del nostro cuore.
Le varie diocesi con cui eravamo in contatto, hanno incominciato ad inviarci nominativi di quanti nuclei avrebbero partecipato. Si è iniziato così a fare gli abbinamenti tra le varie famiglie.
Anche qui le preoccupazioni da parte di chi stava organizzando non mancarono: Si troveranno bene? Ci saranno problemi? Avranno esigenze particolari? Non sarà chiedere troppo a chi non è abituato ad andare oltre la propria casa, le proprie abitudini?
Nel frattempo il sito WEB del Family 2012 indicava ogni giorno il conto alla rovescia dei giorni che mancavano al grande evento e questo aumentava la preoccupazione che tutto fosse pronto in tempo.

... e un grazie allo Spirito santo
Ma come succede anche per l’organizzazione di un campo estivo, si è incoraggiati e sostenuti dallo Spirito Santo che è spirito di condivisione, accoglienza, disponibilità, amore e così ci siamo affidati a Lui.
La commissione famiglia delle nostre comunità non ha voluto però organizzare solo una sistemazione per la notte delle famiglie provenienti da lontano, ma, si è voluto approfittare di queste giornate anche per avere un momento di confronto e di scambio di esperienze tra i vari gruppi.
E dobbiamo dire che è stata un’iniziativa davvero arricchente per tutti perché ci ha anticipato quello che sarebbe stato poi in modo più allargato l’incontro serale all’aeroporto di Bresso, la forza che ogni famiglia porta in sé, come piccole comunità.
Alla fine di questa stancante ma ricca esperienza non possiamo che fare un bilancio positivo: noi abbiamo creduto da subito che sarebbero stati momenti speciali e che nonostante la titubanza di tante famiglie, sono risultate occasioni in grado di riempire il cuore e far respirare "aria nuova" alle coppie e ai loro figli.

25-MARIA, MADRE DI DIO

Maria, madre santissima di Dio presente ai misteri di Cristo, per grazia di Dio esaltata, al di sotto del Figlio, sopra tutti gli angeli e gli uomini, viene dalla Chiesa giustamente onorata con culto speciale. E di fatto, già fino dai tempi più antichi, la beata Vergine è venerata col titolo di "madre di Dio " e i fedeli si rifugiano sotto la sua protezione, implorandola in tutti i loro pericoli e le loro necessità […].
Il santo Concilio […] esorta tutti i figli della Chiesa a promuovere generosamente il culto, specialmente liturgico, verso la beata Vergine, ad avere in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di lei, raccomandati lungo i secoli dal magistero della Chiesa; raccomanda di osservare religiosamente quanto in passato è stato sancito circa il culto delle immagini di Cristo, della beata Vergine e dei Santi.
Esorta inoltre caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure da una eccessiva grettezza di spirito, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.
Con lo studio della sacra Scrittura, dei santi Padri, dei dottori e delle liturgie della Chiesa, condotto sotto la guida del magistero, illustrino rettamente gli uffici e i privilegi della beata Vergine, i quali sempre sono orientati verso il Cristo, origine della verità totale, della santità e della pietà.
Sia nelle parole che nei fatti evitino diligentemente ogni cosa che possa indurre in errore i fratelli separati o qualunque altra persona, circa la vera dottrina della Chiesa.
I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la madre nostra e all'imitazione delle sue virtù.
Lumen gentium n.66-67

GF78 Extra

A-Dio è Altro

Il cardinal Ratzinger risponde a Peter Seewald*
Dio è uomo o donna?
Dio è Dio. Non è né uomo né donna, ma è al di là dei generi. È il totalmente Altro. Credo che sia importante ricordare che per la fede biblica è sempre stato chiaro che Dio non è né uomo né donna ma appunto Dio e che uomo e donna sono la sua immagine. Entrambi provengono da lui ed entrambi sono racchiusi potenzialmente lui.
Il problema è però che la Bibbia si rivolge a Dio come a un Padre e lo raffigura conseguentemente con un'immagine maschile.
Tanto per incominciare dobbiamo dire che, se è vero che effettivamente la Bibbia ricorre nell'invocazione delle preghiere all'immagine paterna, non a quella materna, è altrettanto vero che nelle metafore di Dio gli attribuisce anche caratteristiche femminili.
Quando ad esempio si parla della pietà di Dio, non si ricorre al termine astratto di "pietà", ma a un termine gravido di corporeità, "rachamin", il "grembo materno" di Dio, che simboleggia appunto la pietà. Grazie a questa parola viene visualizzata la maternità di Dio anche nel suo significato spirituale. Tutti i termini simbolici riferiti a Dio concorrono a ricomporre un mosaico grazie al quale la Bibbia mette in chiaro la provenienza da Dio di uomo e donna. Ha creato entrambi. Entrambi sono conseguentemente racchiusi in lui - e tuttavia lui è al di là di entrambi.
Rimane l’interrogativo perché tutto ciò non abbia trovato espressione anche nell'invocazione delle preghiere.
Sì. Perché ci si è limitati così rigidamente al Padre? E poi c'è la successiva domanda, ancora più tagliente: perché Dio è venuto a noi come "Figlio"? Perché Dio facendosi uomo si è incarnato in una persona di sesso maschile? E perché questo Figlio di Dio ci ha insegnato a sua volta a rivolgerci insieme a lui a Dio chiamandolo Padre, trasformando questa denominazione di Padre in qualcosa di più di un'immagine che nel corso della storia della fede può anche essere superata, cioè nella parola che il Figlio stesso ci ha insegnato?
Lei conosce la risposta?
Vorrei anzitutto ricordare che la parola "Padre" rimane ovviamente una metafora. Continua ad essere vero che Dio non è né uomo né donna ma appunto Dio. Si tratta comunque di un'immagine che Cristo ci ha davvero, inequivocabilmente, consegnato perché noi vi ricorressimo nella preghiera, un'immagine tramite cui ci vuole comunicare qualcosa della visione di Dio.
Ma perché? Ci troviamo attualmente nel pieno di una nuova fase di riflessione su questa questione, ma credo che, in ultima analisi, non siamo in grado di trovare una risposta. Ciò che possiamo dire sono forse due cose. Innanzitutto, le religioni diffuse nell'area circostante a Israele conoscevano coppia di divinità, una dignità maschile e una divinità femminile. Il monachesimo, al contrario, ha escluso le coppia di divinità e ha invece assurto a sposa del Signore l'umanità eletta, o meglio il popolo d'Israele.
In questa storia d’elezione si adempie il mistero dell'amore che Dio nutre per il suo popolo, simile a quello di un uomo per la sua sposa. Da questo punto di vista l'immagine femminile viene un certo qual modo proiettata su Israele e sulla Chiesa e infine personalizzata in maniera particolare in Maria. In secondo luogo, laddove si è fatto ricorso a metafore materne del divino queste hanno trasformato la concezione della creazione fino a che, all'idea di creazione, si è sostituita quella di emanazione, di parto, e poi ne sono scaturiti modelli quasi necessariamente panteistici. Al contrario, il Dio rappresentato nell’immagine paterna che tramite la Parola e proprio da qui deriva la specifica differenza tra creazione e creatura.
*tratto da: "Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio" (Edizioni San Paolo, 2001)

B-Dio è una donna?

don Vitaliano Della Sala
La polemica un po’ esagerata che "Avvenire" ha lanciato contro Gianna Nannini perché ha indossato una simpatica maglietta con la scritta "God is a woman", Dio è donna, sembra dettata dal peggior integralismo e non dalla ricerca della verità.
La domanda è un po’ provocatoria: Dio potrebbe essere donna?
Per tutti i credenti, ovviamente, è più di una donna; come è più di un uomo, di un padre, di una madre… ma forse, se potesse, sceglierebbe proprio di essere rappresentato come una donna.
È il 10 settembre del 1978 e Papa Giovanni Paolo I, provocatoriamente lancia uno spiraglio di novità sul torpore teologico della vecchia curia, quando dice: "noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: Dio è papà, più ancora è madre". La reazione fu di gelo e di imbarazzo. Dio è sempre stato per tutti esclusivamente Padre, maschio. Papa Luciani invece, durante il suo pontificato, più volte mise l’accento sul principio femminile e materno di Dio, sul ruolo di Dio come madre, un Divino sotto forma materna, femminile. Ed era la prima volta che ciò avveniva nella storia del papato. Non furono parole di poco conto o di materia prettamente teologica. Siamo invece su uno scottante terreno politico.
Il tema della maternità di Dio è stato sempre occultato o al massimo interpretato, dai capi maschi delle religioni, in una chiave riduttiva, perché potrebbe avere delle ricadute serie nelle logiche del potere. In tutte le chiese vige un sistema di spietato maschilismo, di feroce patriarcato, che si è costruito l’immagine di un dio maschio, entrata nell’inconscio collettivo persino dei non credenti.
Invece, già nella Bibbia...
Per continuare la lettura:
http://www.donvitaliano.it/?p=759

C-DONNE NELLA BIBBIA

di Anna Maria Canopi*
Quando, secondo il racconto della "Genesi", Dio presenta Eva ad Adamo, l’uomo finalmente esclama con gioioso stupore: "Questa volta essa / è carne dalla mia carne / e osso dalle mie ossa!" (2,23). È il primo canto d’amore che si trova nella sacra Scrittura. La gioia dell’incontro e della corrispondenza dell’uomo e della donna illumina tutto l’Eden, che solo adesso diventa veramente "paradiso", perché vi risplende il sorriso della creatura umana fatta a immagine di Dio, in rapporto "comunionale".
Il primo canto d’amore ben presto, però, si muta in pianto a causa di una oscura presenza nemica nascosta nel giardino. Incomprensibile mistero d’iniquità! Nella sua perfida astuzia il "serpente" si avvicina alla donna e la seduce sibilando alle sue orecchie parole che insinuano in lei la diffidenza verso Dio; Eva cede alla tentazione, mangia il "frutto proibito" e ne dà anche all’uomo.
Il testo sacro commenta brevemente: "Allora si aprirono loro gli occhi e si accorsero di essere nudi" ("Genesi" 3,7). Si vedono nello squallore della loro povertà e se ne vergognano. Cercano di nascondersi, ma la voce di Dio li raggiunge: "Dove sei?". Il peccato li ha distolti da Dio e divisi tra di loro... La condanna che ne consegue apre una via di sofferenza e nello stesso tempo una speranza di redenzione.
Creati per essere insieme cultori e custodi del giardino paradisiaco nella pace e nella gioiosa comunione, Adamo ed Eva si ritrovano in una terra piena di triboli e spine....
Per continuare la lettura:
http://www.illaboratoriodellafantasia.it/donne_che_credono2bis.htm
* tratto da Avvenire, 14 ottobre 2007

D-La filosofia del gender

di Aurelio Molè
"Salve, mi chiamo Tempesta". È l’originale modo con cui due genitori di Toronto, in Canada, David e Kathy, hanno chiamato di proposito il loro figlio/figlia. Usando un nome comune, infatti, non si riesce più a distinguere se il loro bebè sia maschio o femmina, perché nella lingua inglese i nomi comuni come storm sono di genere neutro.
È un’applicazione pratica della teoria del gender, cioè del genere, inteso non più come categoria grammaticale ma concettuale, che non prende in considerazione le differenze sessuali biologiche tra maschi e femmine per definire l’identità della persona. "Sarà poi Storm crescendo – dichiarano i genitori – a decidere se si sente un bimbo o una bimba". Se il sesso biologico viene così eliminato per sempre nella considerazione della gente, il corpo rischia di diventare un involucro neutro, come un manichino, che può indossare l’identità sessuale percepita dalla persona e non imposta da natura, cultura, storia, genitori e società.
"Siamo convinti – spiegano i genitori – che sia meglio per lui/lei, e che questa decisione contribuirà a rendere il mondo migliore". Al netto della decisione ideologica, eccessiva e irrealistica, c’è anche del vero, dichiara la psicologa Anna Olivero Ferraris, quando "si decide di non crescere i piccoli secondo stereotipi marcati, imponendo comportamenti considerati solo maschili o solo femminili. In questo senso sono favorevole a non insistere sulle differenze sessuali, spesso create ad arte anche da leggi di mercato, come nel caso degli oggetti e dell’abbigliamento".
La filosofia del gender ha invaso anche la società dello spettacolo. La pubblicità fa tendenza seguendo l’andazzo della società...
Per continuare la lettura:
http://www.cittanuova.it/contenuto.php?idContenuto=34523&TipoContenuto=articolo&idSito=1
Tratto da Città nuova, n.12 2011

E-La teoria del gender e il pensiero della Chiesa

di Raffaella Pinassi Cardinali
"Dio creò l’uomo a sua immagine, ad immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò" (Gn 1, 26-27). Così la Genesi afferma che uomo e donna hanno la stessa dignità, pur essendo diversi tra loro.
Giovanni Paolo II fa notare che questo non significa solo che ciascuno dei due è creato "ad immagine di Dio", ma che come "unità dei due" sono chiamati a "rispecchiare nel mondo la comunione d’amore che è in Dio" (Mulieris Dignitatem). Quindi il rapporto uomo-donna, come del resto ogni relazione umana, ha il suo modello di vita nella relazione trinitaria.
Uomo e donna, uguali e diversi, sono chiamati non solo a esistere "uno accanto all’altra", ma anche reciprocamente "l’uno per l’altro": questo vale non solo per chi è chiamato al matrimonio, ma anche per il rapporto tra tutta ...
Per continuare la lettura: http://www.cittanuova.it/contenuto.php?idContenuto=34523&TipoContenuto=articolo&idSito=1
Tratto da Città nuova, n.12 2011

F-IL LAVORO "INVISIBILE"

Nelle famiglie di tutto il mondo esiste un tesoro nascosto, che nessuna contabilità nazionale riesce a misurare: è il lavoro familiare, gratuito, non retribuito, che anche in tante rilevazioni a livello europeo viene definito "invisibile", e che nel nostro Paese trova una sua concretizzazione nella parola "casalinga". Parola che ha goduto e tuttora gode di "pessima stampa" ma che rappresenta invece uno dei valori aggiunti più rilevanti del familiare oggi.
La Fondazione De Benedetti lo valuta, nella sola Italia, pari a 448mila miliardi di euro annui, un terzo del Prodotto Interno Lordo, che nessuno però si prende la briga di apprezzare e valutare come parte integrante delle ricchezze del nostro Paese.
La cura delle relazioni tra le persone, degli oggetti, degli spazi abitativi, dei tempi di vita, è infatti un prezioso capitale sociale delle famiglie, che rende più umana la vita, e che spesso viene garantito da donne che scelgono di dedicare ad esso l’intera propria vita. In altri casi magari questa sapiente e preziosa "tessitura di attenzioni" è garantita anche insieme a compiti lavorativi esterni, a volte di lavoro retribuito, altre volte di lavoro volontario gratuito in associazioni, centri di accoglienza, azione volontaria. Ma rimane il valore assoluto del mettere a servizio degli altri il proprio genio, la propria attenzione, la propria cura, la propria creatività, per fare più umana la quotidianità della vita familiare.
Per questo oggi partecipiamo con convinzione alla celebrazione della Giornata Internazionale del lavoro invisibile, ma rivendichiamo con forza e convinzione la necessità di sostenere la libertà e la possibilità di scelta di "stare in famiglia", generando così quel "Benessere Interno Lordo" che realmente custodisce la qualità di vita e la solidarietà di ogni popolo, ben oltre la capacità della pura e semplice ricchezza economica.
Tratto dalla Rassegna stampa del Forum Nazionale delle Associazioni familiari, 3 aprile 2012
Per consultare la rassegna: http://www.forumfamiglie.org/rassegna.php

G-We want sex [equality]

di Massimo Bertarelli
Eccolo il miglior film della stagione. Una sciccheria, una delizia. Questo sì da non perdere. Una commedia di purissima stoffa inglese in zona Full Monty o Grazie, signora Thatcher. Per carità, non fatevi fuorviare dallo spiritoso titolo, volutamente malizioso. We Want Sex è soltanto una parte dello striscione inalberato dalle tenaci protagoniste: gli manca la quarta parola, Equality, piegata dal vento. Quindi non Vogliamo sesso, come potrebbe sperare un frettoloso fan di Tinto Brass, ma Vogliamo la parità dei sessi. Soprattutto in senso salariale. Il regista Nigel Cole è uno che maneggia bene l'umorismo e usa con estrema cura i guanti bianchi, come dimostrano almeno due dei suoi film precedenti, Calendar Girl e L'erba di Grace.
La storia (vera) si svolge a Dagenham, nell'Essex, contea orientale dell'Inghilterra, nel maggio del 1968. Nella fabbrica della Ford, accanto ai 55 mila operai uomini, sgobbano 187 donne, addette alla cucitura dei sedili. È un'ala fatiscente, dove fa un caldo infernale, tanto che spesso volano via le camicette e restano i reggiseni. Un lavoro faticoso, ma considerato non qualificato, per antica consuetudine pagato la metà di quello dei maschi. Finché un bel giorno la giovane e battagliera madre di famiglia Rita O'Grady (Sally Hawkins, che attrice!) è la prima a tuonare il suo basta, subito spalleggiata dalle più ardite tra le colleghe, come Connie, Brenda e Sandra. L'ambiguo capo della commissione interna Mont Taylor le ostacola, fingendo di appoggiarle, al contrario del compiaciuto, anche se non proprio cuordileone, sindacalista Albert (Bob Hoskins). Pretendiamo la parità e la chiederemo al ministro del Lavoro Barbara Castle (Miranda Richardson). O sarà sciopero a oltranza.
Si ride spesso, anche se in un paio di scene le lacrime sono in agguato, ma la regia, secca e senza fronzoli, è pronta a mutare rotta appena si sfiora la commozione. Se non è un capolavoro, poco ci manca, grazie anche a un cast straordinario, per talento e simpatia. P.S. Finalmente quando si parla di Escort s'intendono le auto e basta.
Da Il Giornale, 3 dicembre 2010
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H-Preghiere e poesie al femminile (AA.VV.)

Cecilia tiene per mano
Cecilia tiene per mano
Cecilia tiene per mano
i suoi bambini,
- due musetti furbi;
zainetti dei gormiti,
la merendina e il buono pasto -
fin sulla soglia della scuola.
Non riesce a lasciarli andare.
Non vuole restare
senza di loro.
È un attimo soltanto.
Una sciocchezza da mamma.
La titubanza
di una famiglia a metà.
Cecilia aspetta di vederli entrare,
anche se farà tardi al lavoro;
anche se piove;
anche se squilla il telefono.
Cecilia è una donna sola,
forte come un gladiolo,
fragile come l'asfalto,
bella senza saperlo.
Non si trucca più Cecilia,
le va bene così.
Senza troppe illusioni,
senza troppe richieste,
senza troppa giustizia.
Te l'affido, Signore.
Restale accanto.
Scalda le sue mani,
riempi il suo giorno,
attendila sulla soglia della sera.
Alimenta il suo fuoco
che brucia della tua stessa fiamma.
Emily Shenker

Ave Maria
E te ne vai. Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.
Fabrizio De Andrè

Shalom, Myriam
Shalom, Myriam,
ginocchia sulla polvere,
come le colonne del tempio,
capelli sulle spalle,
sparsi come i colli di Israele,
non cercare la mia voce
nel volto di un angelo.
La voce di Dio
è ad un passo da te,
ti scivola
dalla pelle all’anima
e – se tu vuoi –
dall’anima alla carne.
Myriam,
vuoi essere mia madre?
Myriam,
ragazzina d’oriente,
in te la mia voce
si fa corpo,
mentre preghi,
lavori,
cammini.
Shalom, Myriam,
in una grotta di Betlemme,
allatterai la salvezza del mondo.
La stringerai a te,
la chiamerai Jeshua.
Shalom, Myriam.
Emily Schenker