Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF83 – marzo 2014
GLI ADOLESCENTI
Questo "mistero" che sono i nostri figli quando crescono

1-LETTERE ALLA RIVISTA
Vivere la fede in adolescenza.
Si tratta di riorientare la fede dal "sentire" al "conoscere"
Di fronte ad un adolescente, come genitori, siamo chiamati a passare dal "devi" (la legge) al "se vuoi" (la libertà).

Nostro figlio, che è sempre andato a Messa, di punto in bianco non frequenta più. Dice che non capisce perché deve andarci se "non sente niente". Che dobbiamo fare?
Michele e Giulia

Risponde don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona
Non sono pochi i genitori che si trovano tra le mani questa domanda di fronte a un figlio che comincia a porre delle obiezioni a una pratica religiosa cui si era finora pacificamente conformato sulla base della fiducia a quanto gli veniva insegnato
Questo avviene non solo nell’ambito della prassi religiosa, ma in ogni altro campo dell’educazione che comporta il passaggio da un comportamento basato sulla fiducia al bisogno di un comportamento basato sulle convinzioni personali.
Notiamo innanzi tutto che l’obiezione del figlio è un segno positivo che sta crescendo.
L’uomo adulto, infatti, vive sia di fede che di ragione, vale a dire sia di un rapporto fiduciale verso gli insegnamenti ricevuti ma anche di ragione per rendersi conto della fondatezza dei valori cui è stato educato e su cui giustificare le proprie scelte libere. In gioco qui c’è l’educazione all’uso corretto della propria libertà individuale.
Il problema è sia dell’educando (figlio) sia degli educatori (genitori).
Quando un figlio si affaccia ad una certa età (adolescenza) ha bisogno di essere educato non più solo sulla base dei comandamenti e dei precetti, ma anche dei valori e delle ragioni ad essi sottesi di modo che l’aspirante adulto possa agire secondo scelte libere.
La sfida sta nel fatto che la libertà che realizza la nostra umanità non è quella che si basa sul "sentire", ma sul "conoscere".
In termini evangelici: l’esperienza della libertà deve fondarsi sulla verità iscritta nella nostra umanità. Gesù lo ha affermato: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32). La libertà ha bisogno di orientamento.
Ecco quindi il problema di un educatore: fino a che punto bisogna calcare per orientare e fino a che punto bisogna lasciar liberi per non imporre? Fino a che punto bisogna usare il devi (legge) e fino a che punto bisogna dire "se vuoi" (libertà)?
Non è facile trovare il punto di equilibrio per non cadere o nel rigorismo (una verità senza libertà) o nel lassismo (una libertà senza verità).
giancarlo.grandis@tin.it

2-DIALOGO TRA FAMIGLIE
Le richieste "assurde" degli adolescenti. Serve autorità ma, soprattutto, accoglienza

Aiuto! Nostra figlia, quattordicenne, in meno di un mese ci ha chiesto: un piercing all'ombelico, un tatuaggio sulla schiena, di tingersi i capelli di viola. Abbiamo approvato solo la tinta di capelli, ma che fatica! D'ora in avanti sarà sempre così?
Mirella

La "lotta" tra l’adolescente e i genitori è il modo che tua figlia, come tutti gli adolescenti, ha per diventare adulta. Come sarà d’ora in avanti nessuno lo può sapere... soprattutto non lo sa tua figlia che si sente sballottata tra ciò che non è più e ciò che non è ancora.
Certo è un periodo duro per voi genitori, ma prova a pensare che lo è senz’altro ancor più per lei.
Continua a guardarla con gli occhi meravigliati e grati che avevi quando l’hai vista per la prima volta, appena nata, e scoprirai dentro di te le risorse per imparare a starle accanto nel modo in cui ora ha bisogno; soprattutto considerati sempre sua alleata e mai sua nemica!
Questo non significa essere connivente rispetto a tutte le follie che le verrà voglia di fare, ma solo salvaguardare (sopra e nonostante queste) il vostro rapporto.
Finché ti chiederà apertamente le cose (e sarete in conflitto, ma si sentirà comunque accolta) non avere paura: i problemi seri nascerebbero se perdessi la sua confidenza perché, allora, l’adolescenza anziché crescita sarebbe rischio.
Anna Lazzarini

3-EDITORIALE: I NOSTRI FIGLI ADOLESCENTI
Siamo stati tutti adolescenti ma i nostri figli sovente non riusciamo a capirli. Proviamoci insieme in questo numero!
L’adolescenza è come una malattia grave, quando finisce si è completamente diversi da prima.

Quasi un nuovo parto
È il passaggio obbligato per passare dalla condizione infantile a quella adulta, passaggio lungo, difficile, quasi un nuovo parto, che questa volta però avviene all’interno della persona. Ma mentre la gravidanza di solito è accolta e cercata con gioia, l’adolescenza no. I ragazzi sognano di "essere grandi" ma non sanno quanto sia lungo il cammino per arrivarci.
Se hanno fratelli più grandi possono "annusare l’aria" e orientarsi un po’, se sono i primogeniti non possono neanche godere di questo piccolo aiuto. Non per niente i figli più piccoli se la tolgano di solito meglio dei primi.

Genitori e figli
Di questo lungo travaglio i genitori sono spesso testimoni impotenti e sconcertati: si trovano, da un mese all’altro, in casa un figlio che non conoscono più, il bambino solare è sparito per fare posto ad un imbronciato sconosciuto.
Consci di questa realtà gli adulti si chiedono: cosa possiamo fare, come dobbiamo comportarci, c’è un metodo, una strategia vincente per convivere con questa età ingrata?
Come scrive Alberto Pellai - medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva - in un articolo di questo numero non c’è una ricetta magica, ci sono solo delle piste che si possono percorrere.

I tanti aspetti del problema
Per evidenziare meglio questi percorsi abbiamo provato a suddividere il tema in cinque ambiti:
• i rapporti genitori-figli,
• educazione e società,
• sessualità e affettività,
• le amicizie e il gruppo dei pari,
• fede e pratica religiosa.
Su alcuni di questi argomenti è stato facile reperire del materiale valido, su altri decisamente meno.

Fede e sessualità
Questi sono stati i due argomenti su cui ho faticato di più.
Dalla mia adolescenza ad oggi sono cambiate tante cose. Cinquant’anni fa le fede era frutto del sentire comune, ora molto meno; la sessualità prematrimoniale per i più non andava di là del "petting", delle coccole intime, ora si parla di rapporti intimi a sedici anni.
Questi due temi in famiglia vanno ripensati e proposti su basi nuove di cui, come scrive Pellai, i genitori sovente non hanno avuto "esperienza diretta" perché o sono stati per loro adolescenti argomenti tabù (la sessualità) o argomenti scontati (la fede).
Ora è tutto diverso e, come genitori ed educatori, siamo chiamati a trovare nuove modalità che siano veramente significative, in un contesto socio-culturale che, su entrambi gli argomenti, "rema" decisamente contro.
Un possibile approccio è quello narrativo: quando il momento ci sembra opportuno parliamo ai nostri figli della nostra fanciullezza e adolescenza, delle esperienze buone e cattive che abbiamo fatto, dei sentimenti che abbiamo provato. Cerchiamo, attraverso il racconto, di anticipare i loro bisogni e le loro domande.
E poi, come suggerito da alcune testimonianze, facciamo come genitori e nonni tutto il possibile e lasciamo, nella preghiera, al buon Dio il compito di fare Lui il resto, pregandolo di tenere una mano sulla testa dei nostri figli e nipoti perché non si perdano o sappiano comunque sempre ritrovare la strada di casa e chi li sappia accogliere.

Scuse
In questo numero ho fatto uso di molte foto, soprattutto di adolescenti, tratte dai nostri campi estivi.
Mi scuso per i contesti in cui ho inserito queste foto e mi auguro che gli interessati non si sentano offesi e le possano considerare come un ricordo del "passato" perché risalgono a campi di qualche anno fa.

Ringraziamenti
Devo ringraziare, per questo numero, innanzi tutto le famiglie che mi hanno chiesto di affrontare questo tema.
Non ne ero proprio entusiasta perché sapevo che sarebbe stato impegnativo e così è stato.
Per la sua realizzazione concreta mi hanno molto aiutato, con le loro segnalazioni librarie, don Bruno Ferrero, già responsabile editoriale della casa editrice Elledici, e il dottor Pietro Boffi, del Centro Italiano Studi Famiglie. Un ringraziamento particolare va al dottor Alberto Pellai, dai cui libri ho attinto molto, che mi aiutato, incoraggiato e sostenuto.
Grazie anche al Gruppo Abele di Torino, con la sua iniziativa Genitori e figli, alla Città sul Monte di Crissolo (CN), ai cinque Uffici Famiglia delle diocesi del Sud-Piemonte e al Centro di Aiuto alla Vita di Fossano per i loro contributi.
Franco Rosada

4-I DIFFICILI RAPPORTI GENITORI-FIGLI
Quando il silenzio dei figli fa paura
Come definire le regole e gestire le punizioni
La "non comunicazione" dei figli provoca sofferenza e difficilmente viene accettata dai genitori.
Dare delle regole, definire dei limiti, richiede molta energia che a volte, come genitori, ci manca.

di Lucia Bianco*
Da nove anni il martedì sera la sede del Gruppo Abele a Torino diventa spazio di incontro per famiglie.
Uno spazio in cui fermarsi, ascoltare, prendere del tempo per se stessi in una routine stressante, piena di impegni e responsabilità.
Uno spazio in cui ripensare la propria quotidianità, conoscere, informarsi, riflettere sia sui temi dell’educazione dei figli, che sulla società in cui viviamo.
Uno spazio in cui trovarsi insieme ad altri con cui condividere la propria ricerca, per sperimentare un noi che dia più forza e fiducia nel futuro.
L’incontro con tante famiglie con figli adolescenti, l’ascolto delle loro fatiche, ma anche delle loro scoperte ha messo in luce alcune questioni che vogliamo in queste poche righe riproporvi.

Gestire i silenzi
In primo luogo la difficoltà a gestire i silenzi e la non comunicazione che a volte caratterizzano il comportamento dei propri figli e figlie quando diventano adolescenti.
"Non so", "vedrò", "niente", "nessuno"… sono le risposte che spesso i genitori ricevono.
L’educazione in famiglia oggi è centrata prevalentemente sul dialogo, sulla relazione, sull’affetto.
Quando il nostro "bimbo" crescendo, alla ricerca della propria identità, chiude il dialogo prima così facile e spontaneo, si trincera dietro silenzi a volte impenetrabili, si confida solo con gli amici e con le amiche, l’atmosfera in casa diventa difficile da reggere.
La non comunicazione provoca sofferenza e difficilmente viene accettata dai genitori come un momento di passaggio, necessario per ridefinire distanze e vicinanze, preludio ad un rapporto meno simbiotico e più adulto.
I sociologi hanno un bel dire che il cambiamento epocale nel modello educativo adottato all’interno delle famiglie è passato dalla dimensione "etica" a quella "affettiva", dal farsi obbedire per amore e non per paura, dal dover somministrare presenza e affetto più che principi, norme o valori desunti dall’esterno.
Quando nella quotidianità si sperimenta l’incomunicabilità l’averne sentito parlare, l’esserne consapevoli, l’aver letto un sacco di libri non servono a molto.

Regole e punizioni
La gestione delle regole, il controllo, le punizioni sono un’altra questione spinosa nel rapporto genitori/figli, sempre, ma quando i figli sono adolescenti la questione diventa più seria. Diciamo dei no decisi o negoziamo? Ci fidiamo o chiamiamo continuamente col telefonino per controllare? E se non ha rispettato le regole, è tornato a casa all’una mentre l’orario concordato erano le 23 e 30 che cosa facciamo?
Dare delle regole, dei limiti ai nostri figli è importantissimo per farli crescere, ma richiede a noi genitori tantissima energia, che a volte ci manca.
Richiede di accettare il conflitto, di mantenere le nostre posizioni, di agire un ruolo di controllo che difficilmente piace. Ma anche di dare fiducia, di comunicare, di ascoltare le ragioni dell’altro.
Le punizioni, poi, dobbiamo sceglierle in modo da essere in grado di reggerle. Una settimana senza cellulare è difficilissima, forse bastano un giorno o due se mantenuti con fermezza.

La famiglia "sola"
Un’altra questione è sicuramente la solitudine che vivono molte famiglie, la mancanza di reti di sostegno. Incontriamo spesso famiglie che hanno l’esigenza di parlare con altri di quello che stanno vivendo per riuscire a sdrammatizzarlo.
Raccontarsi agli altri, ma anche ascoltare i racconti degli altri è un modo per vedere meglio in se stessi, per cercare di comprendersi e di comprendere.
Così come scoprire che altri condividono con noi inquietudini, problemi, tensioni, ma anche speranze e voglia di andare avanti fa stare meglio. L’avere una rete intorno, diversa dalla propria famiglia nucleare, permette anche ai figli adolescenti di poter avere altri punti di riferimento adulti e ai genitori di non sentirsi soli, ma di stringere alleanze che, a volte, possono aiutarli a capire meglio i figli.

Il nostro progetto
La nostra esperienza, infine, ci ha fatto incontrare molte famiglie che rappresentano uno straordinario laboratorio di strategie per vivere e sopravvivere tentando di coniugare gli ideali, le utopie, i desideri con le opportunità ed i vincoli che offre la realtà in cui vivono. Famiglie che trovano capacità di resistenza e creatività soprattutto là dove riescono ad uscire dai propri confini e interagiscono, si aggregano, costruiscono reti con altre famiglie. I rapporti di comunicazione, scambio e sostegno che passano attraverso le reti sociali, infatti, hanno un ruolo fondamentale per gli individui e le famiglie nella conservazione di adeguati livelli di benessere. Avere una rete di sostegno di altre famiglie, gruppi educativi o sportivi, etc… è fondamentale quando si hanno figli adolescenti.
* responsabile progetto Genitori e Figli del Gruppo Abele
Per saperne di più: www.genitoriefigli.gruppoabele.org

Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Sappiamo accettare i silenzi dei nostri figli e continuare ad amarli, nonostante tutto?
• Siamo concordi tra di noi sulle regole da far rispettare ai nostri figli?
• Quale visione del mondo proponiamo ai nostri figli? Sappiamo coltivare la speranza?

5-PADRI, MADRI E FIGLI ADOLESCENTI
Come cambia il rapporto con i figli

A cura della Redazione
Essere madri
Una mamma, da quando il figlio nasce, si allena a capire, in ogni più piccolo cenno, i bisogni di suo figlio. Ma quando inizia la pubertà tutto cambia e la mamma si domanda: mio figlio ha smesso di volermi bene?
No, è "solo" ribellione: di solito ci si ribella per qualcosa che ti è molto vicino.
Il confronto più drammatico avviene tra madre e figlia: queste di solito scelgono abbigliamenti e comportamenti agli antipodi di quelli materni.
Le mamme si allarmano di fronte all’armeggiare con il proprio corpo messo in pratica dalle figlie, temono che si mettano nei pasticci con comportamenti sessuali troppo disinibiti.
Che fare? Non sentirsi in competizione, ripensare alla propria adolescenza, capire cosa si può concedere e cosa invece va negato.
Ma la cosa più importante è trasmettere alla figlia l’importanza di "volersi bene" così come si è, senza cedere alle lusinghe della moda e del mercato, con il proprio naso, labbra, capelli, carnagione, aspetto.
E, poi, reinvestire sul rapporto di coppia: in questo modo insegneremo ai figli che cos’è l’amore, un sentimento che dura tutta una vita.

Essere padri
Il ruolo del padre in famiglia è quello di dettare le norme, le regole e farle rispettare. Quali norme? Quelle che uno ha subito da adolescente, pieni di no, oppure l’esatto opposto?
Serve una via mediana, difficile da trovare ma molto importante.
Prendiamo un caso eclatante: la richiesta del motorino.
Facile dire SÌ ma è anche facile dire NO. È più faticoso, ma più utile, aprire una contrattazione.
Il motorino può diventare un’occasione di crescita per il figlio che vuole tutto e subito. Definendo regole, tempi, comportamenti, il motorino passerà da oggetto donato ad oggetto conquistato e il figlio ne apprezzerà maggiormente il valore.
Un discorso a parte riguarda il rapporto padre-figlia.
Da una parte il padre rimane ammirato di fronte al fiorire della figlia, dall’altra teme per lei, per ciò che gli altri maschi potranno provare e desiderare.
Non c’è un consiglio preciso da dare e la soluzione sta nel creare un’alleanza educativa con la madre, rafforzando l’unione di coppia.
I genitori devono definire insieme le regole ma poi tocca alla mamma in prima istanza farle applicare, sapendo che il padre non cederà alle lusinghe della figlia che, messa alle strette, cercherà di metterlo contro sua moglie.

Essere coppia
Quanto appena detto è fondamentale: i figli adolescenti possono essere, con i loro atteggiamenti e provocazioni, causa di una crisi di coppia. Ma la radice della crisi è nella coppia.
Serve allora farsi aiutare a recuperare le ragioni dello stare insieme perché la coppia è chiamata ad essere tale anche dopo l’uscita di casa dei figli.
Liberamente tratto dal libro di Alberto Pellai: Questa casa non è un albergo! Feltrinelli Editore, Milano 2012.

6-I SÌ E I NO CHE AIUTANO A CRESCERE
Non limitiamoci a dire no, proponiamo anche una visione del mondo per cui valga la pena vivere
Se ti imponi subito, se imponi le tue regole... rovini tutto.
Se invece dai un po’ di corda, se ti fidi e permetti all’altro di trovare un suo modo di essere... Tiziano Terzani

di Giovanni Capello*
Dopo anni in cui era stato dimenticato, il NO sembra tornato di moda, forse perché il permissivismo non ha dato buoni risultati.
Ma è sempre giusto dire no oppure a volte è fortemente controproducente?

I NO che servono
Il NO, prima di essere un divieto è un confine, perché indica un limite.
Sono gli equivalenti moderni dei Dieci Comandamenti che, per Israele, sono considerati da sempre una "siepe" che indirizza il cammino del credente.
In quest’ottica, il NO non umilia né danneggia nessuno, ma protegge e insegna a proteggersi.
Si tratta di coniugare autorevolezza e comprensione, perché i NO vanno anche coniugati con dei SÌ: solo così fanno crescere.
Ma i NO costano perché sovente provocano la reazione negativa nei figli e ,allora, o si è convinti del proprio NO o non si riesce a far fronte ai sensi di colpa che i figli sanno suscitare con le loro risposte e i loro atteggiamenti.

I NO dei figli
Anche i figli dicono NO. Una reazione emotiva o isterica fa solo il loro gioco. È necessario confrontarsi con questi NO, non subirli passivamente.
Talvolta i NO dei figli possono anche essere ragionevoli, non accettarli a priori è diseducativo.
Direi di più: dobbiamo insegnare ai nostri figli a dire di NO, per non farli diventare degli "yes-men".
È difficile, per un adolescente, dire NO alle proposte di un gruppo di amici che propone uno sballo, una corsa in auto, un esperienza pericolosa eppure è proprio in quelle circostanze "al limite" che il suo futuro di adulto inizia a prendere forma.

I loro bisogni
I nostri SÌ e NO saranno accolti dai figli quando saranno "giusti".
Per far questo serve imparare a distinguere i nostri bisogni dai loro.
Il bambino che strilla al supermercato per avere l’ennesimo giochino non ha bisogno di quel gioco ma di qualcuno che gli dica no o lo coinvolga in altro, sposti la sua attenzione altrove.
Ma se la mamma vuole stare tranquilla soddisfa il capriccio, e apre la strada per tanti altri sì.
Leggere i veri bisogni dei figli è impegnativo, ci toglie alibi, richiede una disciplina interiore.
Se questo vi sembra troppo impegnativo pensate quanto può essere difficile vivere tutti i giorni con un adolescente mai sazio di chiedere (e pretendere dei sì), e che ci interpella con i modi bruschi e arroganti tipici di quell’età.

La disciplina
La disciplina serve per aiutare ad imparare e non per vietare.
Per noi disciplina può essere solo sinonimo di obbedienza, mentre invece viene prima delle regole, delle norme.
È un contesto in cui il figlio impara ad accogliere le regole e a trovare e ragioni per rispettarle.
Richiede quindi adulti responsabili che agiscano con coerenza, che aiutino il figlio a essere responsabile.
Se la nostra azione educativa è fatta solo di proclami a cui non segue nulla di concreto il figlio impara a far quello che vuole, senza rendere conto a nessuno, nemmeno a se stesso.

Per un mondo vivibile
I SÌ e NO, accompagnati dalla disciplina, hanno uno scopo ben preciso nel processo educativo: servono a presentare e far capire una rappresentazione del mondo compiutamente umana.
Avete presente i "perché" dei bambini? Figuratevi quanti "perché" ha in testa un adolescente, quanta fame ha di conoscere e di capire!
La disciplina non serve solo ad indirizzare verso un certo galateo di comportamenti ma a creare una visione del mondo.
Ci sono tante rappresentazioni del mondo che vengono proposte agli adolescenti, dai media, dalla pubblicità, dagli amici, dagli educatori, dai genitori.
Alcune di queste spaventano, altre promettono grandi cose, altre ancora si appiattiscono sul presente e sulla soddisfazione immediata.
Alcune rappresentazioni spaventano, altre strizzano l’occhio e spingono verso la licenza.
Gli adolescenti hanno bisogno di rappresentazioni del mondo che li chiamino per nome, che promettano loro un ruolo senza mentire, che lascino intravedere che ce la possono fare.
Come adulti responsabili dobbiamo porci questa domanda: quale rappresentazione del mondo offro ai miei figli, e come contribuisco a realizzarla?
*Liberamente tratto dal libro dell’autore: Guardami negli occhi quando dici no, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2009

7-LA COPPIA GENITORIALE E IL FIGLIO ADOLESCENTE

Molte coppie, di fronte ai figli che crescono, si trovano spiazzate e disorientate in quanto incapaci di decodificarne i messaggi, di leggere la domanda nascosta in alcune ribellioni urlate e colme di parole di rabbia o, al contrario, sotterrata sotto il peso di un silenzio che non è scalfito da nessuna offerta di dialogo...
Proprio in questa forte situazione di conflitto, che non sa trovare un punto di incontro tra la parte più affettiva, sostenuta solitamente dalle mamme, e la dimensione normativa, più frequentemente incarnata dal ruolo paterno, si gioca buona parte delle crisi familiari accese dall'ingresso in adolescenza di un figlio...
Di fronte a un figlio che cresce, è fondamentale che i genitori cooperino per conquistare una visione comune dei problemi, convinti che l'unione fa la forza e che solo "ricreando una mente comune" si offre al figlio la percezione di avere di fronte a sé due adulti sicuri delle proprie convinzioni e posizioni educative, solidi al punto tale da poter essere considerati porto sicuro in cui rifugiarsi, quando la vita sembra troppo complessa e difficile per essere affrontata senza scialuppe di salvataggio.
Tratto dal libro di Alberto Pellai: Questa casa non è un albergo! Feltrinelli Editore, Milano 2012.

8-TESTIMONIANZE: I RAPPORTI GENITORI - FIGLI
I due genitori sono chiamati ad avere le stesse posizioni
Educare nella società delle libertà è la fatica e la gloria dei nuovi genitori. Domenico Cravero

Fare da tramite
Siamo genitori di due figli maschi, nati a distanza di un anno e mezzo l’uno dall’altro. Forse per questo sono cresciuti insieme, molto uniti tra loro, e i nostri rapporti sono stati abbastanza buoni anche se non è stato sempre semplice.
Mariano, lavorando all’aeroporto, aveva turni di lavoro che cambiavano ogni giorno quindi, volendo fare la sua parte di padre, cercava di dire ciò che non andava nei momenti in cui gli era possibile, naturalmente così finiva per scontrarsi con i figli e si innescava un meccanismo di rifiuto.
Poiché io avevo invece più tempo disponibile per stare vicino ai figli, abbiamo concordato che fossi io a fare da tramite, quindi noi due discutevamo, magari animatamente su quale fosse il problema e il messaggio che volevamo trasmettere e poi io trovavo il momento giusto, con calma, quando sentivo che c’era apertura all’ascolto.
Questo metodo si è rivelato fruttuoso, perché si potevano spiegare le ragioni del padre senza litigare.
Franca e Mariano

Figli, non bambini
La famiglia è una palestra importante per i ragazzi adolescenti ma soprattutto per noi genitori, che dobbiamo imparare a confrontarci con adulti in divenire, che non sono il nostro prolungamento, che non sono più i nostri bambini, ma "solo" i nostri figli.
E allora quello che mamma e papà dicono è spesso ridicolo, senza senso, antico. Gli scontri ci sono e, con il passare del tempo, ci si accorge che più sono forti gli scontri, o meglio, più un figlio si contrappone con forza ai genitori e più è fragile e bisognoso di supporto e aiuto.
È difficile camminare con le proprie gambe, confrontarsi con fratelli e genitori, e lo scontro talvolta è la strada più facile per dire: "io ho ragione, io sono più forte". È una barriera dietro cui i ragazzi si trincerano per nascondere le loro fragilità.
Raffaella

Giusto e sbagliato
I ragazzi ci osservano, molto più di quanto non crediamo, e fanno loro il nostro modo di vivere, anche se non se ne accorgono, anche se non lo ammetterebbero mai.
Ci mettono di fronte ai nostri errori, ai nostri sbagli, e facendolo manifestano di sapere benissimo cosa sia giusto e cosa sbagliato.
E giorno dopo giorno, attraverso il nostro esempio, si costruiscono la propria identità. Che è giusto sia la loro, frutto delle loro esperienze, dei loro pensieri, dei loro desideri, ma con le basi che, speriamo, siano state date da noi.
Raffaella

Cambiare il mondo
Come educatore di giovanissimi, vorrei sottolineare due punti nodali.
Il primo è quello di impegnarsi a sottolineare i pregi che l'adolescenza porta con sé, soprattutto quando vuole cambiare il mondo. È un errore, a mio avviso, cercare di imporre ad un adolescente di essere oggettivo e realista, ben vengano i grandi ideali quando ci sono, e quando ci sono anche le forze per provare a cambiare le cose.
Il secondo è: cercare di ignorare i difetti che l'adolescenza porta con sé, ci siamo passati tutti, per fortuna, e poi i ragazzi cambiano in fretta e gli errori di oggi li rendono più prudenti domani.
Massimo

L’adolescente "tipo"
Quando la maggiore frequentava le scuole medie, erano stati organizzati degli incontri con degli "esperti" sul tema rapporti genitori/figli.
Ricordo molto bene che era stato illustrato un quadro dell’adolescente "tipo": maleducato, scontroso, introverso; modello a cui era riconducibile ogni adolescente nella norma.
Io, però, non sono mai riuscita a vedere le mie figlie in questo modello e mi è sovente venuto da chiedermi se fosse normale che i nostri rapporti genitori/figli, man mano che passavano gli anni dell’adolescenza, migliorassero anziché peggiorare.
Ernesta

9-EDUCARE A VIVERE NEL MONDO SENZA I CONDIZIONAMENTI DEL MONDO
10 comandamenti per educare i nostri figli a crescere
In questa società "liquida" i giovani crescono tra il desiderio di avere tutto e subito e la fatica di impegnarsi per un futuro pieno d'incertezze. Cosa fare come genitori.
I genitori hanno bisogno di una mappa di nuovi principi, alternativi a quelli correnti, su cui fondare il progetto educativo per i figli della generazione 2.0.

di Alberto Pellai*
L'educazione nei tempi passati è stata a lungo una questione di norme, regole, disciplina e con poco spazio ad emozioni e affetti.

Nuovi modelli
Ma, a partire dagli anni '60, questo modello va in crisi: all'autorità si preferisce l'autonomia, la libertà, si pone al centro l'interesse del bambino più che su programmi predefiniti.
Cambia anche il ruolo genitoriale: anche i padri iniziano ad occuparsi dei figli non solo a livello normativo ma anche affettivo.
Le nuove generazioni di genitori possono permettersi l'intercambiabilità dei ruoli: regole e affetto diventano competenza di entrambi.
Ma vi è in tutto ciò anche un risvolto negativo: l'amore verso il figlio (sovente l'unico) serve di più a nutrire i bisogni di conferma dei genitori che a favorire la crescita del minore. Così il figlio va tutelato e protetto come fosse una "cosa" preziosa, gli vanno evitate le frustrazioni, va soddisfatto ogni suo desiderio.

Nuove regole
Il benessere economico, il progresso, offrono nuove opportunità per genitori e figli ma ciò è accompagnato da un clima di incertezza, da un crescente relativismo di modelli e di valori. Serve qualcosa di più, che sappia unire tradizione e innovazione, serve ridefinire delle regole su cui orientare l'azione pedagogica. È quello che vogliamo proporvi in questo articolo partendo dagli stereotipi che oggi vanno per la maggiore.

1 Non fare fatica
Il lavoro manuale? Non si usa più: per molti genitori sarebbe degradante che il proprio figlio si dovesse "sporcare" le mani e faticare. Per altri genitori il ragionamento è diverso: lascia, faccio io, tu ci impieghi troppo tempo - e così il figlio non impara mai.
I ragazzi, poi, ci mettono del loro: perché faticare per una materia che non mi interessa? Studio solo quello che mi piace.
Ma se uno si impegna solo in ciò in cui riesce subito e facilmente come può imparare cose nuove e mettersi alla prova per realizzare un progetto di studio, di lavoro, di vita?

2 Non soffrire
Si è rotto un giocattolo e tuo figlio piange a dirotto: ne vuole un altro! Ma se lo assecondiamo gli insegniamo che non vi sono limiti, che può fare ciò che vuole senza conseguenze.
Ha preso un brutto voto a scuola e noi andiamo a lamentarci dalla maestra? Così non imparerà mai che nella vita vi possono essere prove difficili e che bisogna essere responsabili di ciò che si fa o non si fa, come p.e. prepararsi bene.
L'atteggiamento giusto è quello di condividere le emozioni negative che i nostri figli provano, evitando nello stesso tempo di schierarsi dalla loro parte a tutti i costi.

3 Andare al massimo
Io posso fare quello che voglio, mangio quando mi pare, vado a letto tardi, quando esco con gli amici, bè, esagero un po' ma tanto i miei non mi dicono niente!
Questa è la situazione di molti adolescenti, i cui genitori pensano che ormai "è grande e si deve dare da solo un limite".
Se è vero che l'adolescente ha bisogno dei propri spazi di autonomia è anche vero che questa deve fondarsi su regole e limiti che vanno acquisiti già dalla prima infanzia.
E sovente siamo noi genitori a non insegnare questi limiti: dopo la scuola c'è la palestra, la danza, il corso d'inglese, ecc.. Quando tempo ha per giocare? Per studiare quella regola di matematica che non gli entra in testa?
Vogliamo che i nostri figli vadano "al massimo", facciano tante esperienze - sempre più precocemente - ma quando avranno tempo per fare le cose "bene"?

4 Non avere responsabilità
Non esiste più il senso di colpa: non è mai colpa mia o, se sono costretto a riconoscerla, è perché così fanno tanti. Nessuno si scusa più: come si permettono di farmi rilevare una mia "mancanza"?
Qui il problema dell'educazione è fondamentale: valori come onestà intellettuale e morale, lealtà, giustizia o si insegnano e si vivono in famiglia o non si imparano, perché ciò che conta in questa società è il successo a tutti i costi e con ogni mezzo.
In famiglia non dovrebbe contare tanto il "fare bella figura" quanto il rispetto dei diritti degli altri e l'assunzione di responsabilità per ciò che si fa e si dice.

5 Avere successo
O uno ha successo oppure è un perdente, non ci sono vie di mezzo. Succede agli adulti, succede agli adolescenti. Ma cosa vuol dire per loro avere successo? Essere popolari, essere al centro dell'attenzione, nel bene e nel male, conta "colpire" i compagni con il proprio comportamento, avere tanti amici, tanti "contatti". Non serve la competenza, conta l'apparenza.
Ma cosa serve essere ammirati - "quanto è fico!" - se non si trova interesse per quello che si fa, se ci si sente vuoti e fragili? Quale sostegno possiamo avere nel bisogno se siamo solo ammirati e non abbiamo amici veri, che ci accettino come siamo davvero?

6 Pensare solo a noi stessi
Spesso ci dimentichiamo della "regola d'oro della reciprocità": non fare agli altri quello che non vorresti che facessero a te o ai tuoi figli. Dal punto di vista educativo è veramente un esercizio utile chiedere ai nostri figli di provare a mettersi nei panni dell'altra persona quando si creano situazioni conflittuali.
Vi è poi la questione degli ideali: per i giovani sembrano argomenti nuovi, mai sentiti e "non sentiti". Educare ai valori non serve solo a costruire una società più giusta e vivibile, ma aiuta ogni singolo individuo a migliorare la qualità della propria vita.

7 Soddisfare ogni desiderio
Il gioco più soddisfacente, l'idea più creativa nasce quasi sempre in risposta ad un ostacola, ad una privazione. Come possiamo affrontare l'incertezza e la fatica se non abbiamo sviluppato, attraverso l'esperienza, l'idea che possiamo farcela?
Invece imporre una rinuncia sembra un delitto! Ma se non educhiamo alla rinuncia e alla privazione, cosa potranno volere i nostri figli a sedici anni?

8 Non deludersi mai
Tuo figlio è insicuro, vuole sempre conferme? Studia ma non riesce ad avere il giusto riconoscimento perché, al momento della prova, si emoziona?
È un problema di autostima. Ma allora serve dare meno importanza al voto e più all'interesse per lo studio, serve insegnar loro che, prima del riconoscimento dei propri meriti, ci deve essere la conoscenza e l'applicazione.

9 Essere il migliore
Molti genitori pensano che le lodi e le gratificazioni servano a far sentire più "sicuro di sé" il proprio figlio ma così non fanno che aumentare in lui la paura di sbagliare e di fare brutta figura.
Nello stesso tempo allearsi con la rabbia del figlio per un risultato negativo non lo aiuta ad imparare che vi possono essere punti di vista diversi, senza che per questo lui sia un fallito.
Come genitori siamo chiamati a saper correggere senza "arrabbiarci troppo" e riconoscere i meriti in modo equilibrato.

10 Non avere limiti
I nostri figli devono sapere tutto, primeggiare in tutto: non solo a scuola ma anche sul campo di calcetto, nella recita scolastica, nell'uso di uno strumento musicale?
Questo atteggiamento sovente crea nei figli un senso di ansia "da risultato", un senso di inadeguatezza in caso d'insuccesso.
Serve insegnare ad accettare il limite: non si può avere tutto, ogni scelta comporta di dover rinunciare a qualcosa, metterla in secondo piano.
* liberamente tratto dal libro dell'autore (scritto a quattro mani con Michela Fogliani): Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli Editore, Milano 2012. Sintesi della redazione.

Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Cosa facciamo per insegnare ai nostri figli ad accettare e ad apprezzare la fatica sia fisica sia mentale?
• Abbiamo paura che i nostri figli soffrano? Siamo capaci di stare loro vicino in quei momenti?
• Cosa vogliamo per i nostri figli? Che abbiamo molte competenze o che facciamo bene ciò che davvero conta?
• Come ci comportiamo di fronte agli errori e alle colpe dei nostri figli? Li giustifichiamo o gli insegniamo a "riparare" e a chiedere scusa?
• Che valori trasmettiamo ai nostri figli? Crediamo nel valore dell'impegno, di un lavoro fatto bene, o per noi conta di più il denaro?
• Compiamo gesti di attenzione gratuita e disinteressata che servano di esempio per i nostri figli?
• Soddisfiamo ogni desiderio di nostro figlio o insegniamo loro che ciò che si desidera non è mai "gratis"?
• Per noi conta più "l'immagine" o ciò che siamo realmente? Insegniamo ai nostri figli a mettersi in gioco, ad imparare dai loro insuccessi?
• Chiediamo ai nostri figli di essere meglio degli altri o di fare il proprio meglio?
• Diamo dei limiti ai nostri figli? Accettiamo i nostri limiti come persone e come coppia?

10-EDUCARE I FIGLI IN UNA SOCIETÀ NARCISISTA
Insegniamo ai nostri figli a resistere alle difficoltà, a coltivare spirito di iniziativa e senso di responsabilità
A livello culturale il narcisismo può essere visto come una perdita di interesse: verso l'ambiente, la qualità della vita, i propri simili. Ciò avviene quando la ricchezza occupa una posizione più alta della saggezza, quando la notorietà è più ammirata della dignità e quando il successo è più importante del rispetto di sé. Alexander Lowen

di Alberto Pellai*
La nostra società aborrisce il limite, tende a non riconoscerlo, a non accettarlo; è lasciato fuori dell'orizzonte dei significati e dei valori condivisi.

Non c'è più il limite
Lo si vede a diversi livelli: la difficoltà dei genitori a dare regole, l'intolleranza verso tutto ciò che evoca vulnerabilità (malattia, morte, insuccesso, rinuncia, perdita) e verso le emozioni che connotano la nostra condizione umana di fragilità e incertezza (paura, ansia, noia e tristezza).
Tutto ciò che richiama l'idea del limite viene patologizzato o rimosso.
La difficoltà di educare all'accettazione ed alla rinuncia è sempre alta in una società consumistica che alimenta bisogni continui, in un vortice che si concretizza in una sorta di insaziabilità e che spinge a consumare più che a gustare, ad accumulare più che ad assimilare.

Non è colpa mia
Se il limite, l'ostacolo l'errore vengono percepiti, sono sempre a carico di "altri".
È "colpa degli altri". È la rabbia a prevalere sul senso di colpa (verso gli altri), sentimento oggigiorno sempre più labile e misconosciuto.
Il senso di responsabilità implica la capacità di riconoscere ciò che dipende da noi, ciò che è in nostro potere fare e ciò che di negativo abbiamo fatto. Comporta anche la capacità di chiedere scusa, di accettare un rimprovero come legittimo, di vedere un proprio errore in maniera obiettiva.
Constatarlo può essere doloroso e rischioso, può esporci alla delusione e al fallimento. L'ostinazione a non farsene carico porta però all'impossibilità di imparare dall'esperienza e conduce inesorabilmente verso l'impotenza e la perdita di rispetto di sé e degli altri.

Sempre più fragili
Se non riusciamo più ad accettare e a tollerare limiti e difficoltà, con le emozioni che ad essi si associano, non stiamo forse crescendo generazioni sempre più fragili, in balia di un senso di inutilità, in un mondo sempre più complesso che richiederebbe invece spiriti ben più temprati e menti più sagge, maggiormente capaci di accettare l'incertezza, l'imprevisto, il cambiamento?
Vogliamo crescere dei ragazzi pronti ad affrontare le sfide, caparbi, capaci di spendersi per un obiettivo, mantenendo la fiducia ed il rispetto per se stessi e per gli altri?
Vogliamo crescere ragazzi capaci di rischiare e gioire oppure degli eterni insoddisfatti?

Educare veramente
Per educare alla gioia dobbiamo permettere la sofferenza; per educare alla resistenza dobbiamo permettere la fatica; per educare alla conoscenza dobbiamo permettere l'errore; per educare al piacere intrinseco di fare le cose dobbiamo educare alla solitudine e al nascondimento; per educare al pensiero e al ragionamento più fine dobbiamo fargli spazio nel mare magnum delle iperstimolazioni sensoriali e del flusso continuo di informazioni in cui siamo immersi.

Contro il "consumismo"
La nostra cultura è consumistica sotto molteplici aspetti: "troppo e troppo in fretta", "tanto e di poca qualità". Allora dobbiamo imparare a ridurre, centellinare, aspettare, desiderare, rallentare, far mancare, fare meno per fare meglio, sottrarsi alla comunicazione incessante per pensare di più.
Urge a livello educativo un rinnovato impegno ad educare al senso del limite e a riscoprire il valore dell'accettazione come ingrediente fondamentale della capacità di vivere e di gioire.
Dobbiamo capire che i bisogni educativi di oggi sono diversi da quelli da cui ha preso le mosse il Sessantotto, perché altrimenti rischiamo di utilizzare vecchie categorie per interpretare un mondo completamente diverso e tentare vecchie soluzioni per problemi nuovi. Non abbiamo più tanto la necessità di "democratizzare" le regole, ma di educare alla regola; non si tratta più di gestire il potenziale dirompente delle sfide giovanili, ma di educare i ragazzi a proporsi e a reggere delle sfide; non si tratta solo di orientare la scelta degli scopi, ma di aiutare a proporre degli scopi e tollerare il rischio di non raggiungerli.
* Liberamente tratto dal libro di :M. Fogliani - A. Pellai, Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli editore, Milano 2012, pag. 163.165. Sintesi redazionale.

11-IL "PAESE DEI BALOCCHI"

Il mondo dell'economia, il mercato, l'interesse e il profitto, vedono nei bambini e nei ragazzi solo potenziali consumatori e non soggetti in formazione, e ha trasformato il loro percorso di crescita in una vera e propria corsa ad ostacoli...
Nella cultura popolare si sono andati affermando sempre più leggi e principi orientati all'idea che la vita sia come un Luna Park pieno di giostre sulle quali salire per goderne euforia e divertimento.
Naturalmente i soldi per il biglietto non devono essere sudati, ma garantiti dagli adulti che hanno come "dovere" quello di riempire le tasche e le vite di tanti oggetti ed esperienze inutili...
Il progresso e il benessere economico hanno portato molte opportunità a chi oggi è figlio e a chi oggi mette al mondo dei figli, ma anche un clima di incertezza, indefinitezza, un relativismo che da più parti è stato definito troppo "liquido" per concretizzarsi in sostanza che da forma e certezza.
C'è bisogno di qualcosa di più, che nel nuovo recuperi il vecchio, che nelle trasformazioni costruisca un principio di continuità che collega la tradizione all'innovazione e che renda l'educazione una scienza artistica e un'arte scientifica.
Per tale motivo questo libro cerca di fare qualcosa di più: offrire dei veri e propri comandamenti che ispirino l'azione pedagogica.
Tratto dal libro di :M. Fogliani - A. Pellai, Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli editore, Milano 2012.

12-TESTIMONIANZE: EDUCAZIONE E SOCIETÀ
I genitori devono sapere bene quali valori trasmettere

Saperli ascoltare
Avevo i due figli tra le elementari e le medie quando, ad un incontro tra Gruppo Famiglia, Noris mi diede un consiglio che ho sempre cercato di mettere in pratica.
Il consiglio era di trovare sempre il tempo di ascoltare i figli quando loro avevano voglia di parlare.
Sicuramente non mi hanno raccontato tutto e alcune cose che ho capito tra le righe non hanno certo trovato la mia approvazione, ma mi sono resa conto che i figli mi sono venuti a cercare per qualche questione importante, preferendomi a qualche amica (di più la femmina del maschio).
Qualche volta mi hanno spiazzata sul momento, però ho sempre cercato di mantenere la calma, senza rinunciare a spiegare la mia posizione.
Anna

Condividere le idee
Non abbiamo mai preteso di insegnare niente ai nostri figli, abbiamo solo condiviso le nostre opinioni tra marito e moglie in modo aperto, cercando di parlare liberamente di ogni argomento.
Abbiamo sempre parlato loro come se fossero adulti, anche se sapevamo che non avrebbero capito tutto.
Il tempo ci ha dato ragione.
Non li abbiamo tenuti "legati alla sedia", li abbiamo lasciati abbastanza fare le loro esperienze.
La figlia è stata abbastanza rispettosa delle regole: è sempre rientrata a tempo concordato, il maschio si è preso molte più libertà: come si può rientrare all'una quando la notte incomincia appena?
Francesco

Ti vogliamo bene
Il momento del pranzo o della cena, a casa nostra, erano momenti importanti, tanto che, quando papà era al lavoro, faceva sentire la sua presenza con una telefonata, perché anche quelli erano piccoli momenti di dialogo.
Quando sono diventati adolescenti, tutto è diventato più difficile, bisognava trovare un altro modo.
Nella nostra casa c’è sempre stata Famiglia Cristiana, e tra i temi che ogni settimana venivano trattati, c’era sempre qualcosa che poteva essere raccontato ai ragazzi durante il pranzo o la cena; questo era il punto di partenza per suscitare reazioni e conoscere il loro parere su ogni argomento. Un ragazzo che aveva fatto uso di droga, un altro che aveva rubato un motorino, una banda di bulli che aveva sfasciato mezza scuola… tutto era valido per creare un dibattito e, con la discussione, far passare ciò che era giusto per noi. Loro dovevano decidere se lo sarebbe stato anche per loro.
Abbiamo litigato poco e, se capitava, c’era sempre una mano sulla spalla per dire "Ricordati che noi ti vogliamo bene e, se avrai bisogno noi saremo al tuo fianco, anche se non condividiamo sempre le tue scelte".
Franca e Mariano

La scuola "mammista"
Ho parlato ieri con un’amica, insegnante alle scuole superiori, avvilita per l’atteggiamento del suo preside, che, al primo accorrere dei genitori in difesa dei figli, si affretta a "bacchettare" i docenti e a farli tornare sulle loro decisioni, cedendo alle richieste, anche discutibili, di alunni e famiglie.
Ma è giusto? Che messaggio trasmette?
La mia amica ed io riflettevamo che i ragazzi rischiano di rimanere disorientati dal fatto che non ci sia niente di dato, di certo ma che da tutto si possa recedere.
Ma così non si incentivano la fuga, l’incoerenza rispetto alle scelte fatte, la deresponsabilizzazione?
Che questo venga incentivato da un’agenzia educativa fondamentale per i nostri ragazzi non è grave?
Mi sembra che siamo passati dal paternalismo quasi dittatoriale pre-sessantotto ad un tipo di scuola "mammista", buonista.
Dietro c’è anche un’idea di scuola-azienda, i suoi utenti sono oggi considerati clienti, da assecondare perché non scappino, e con essi i finanziamenti agli istituti.
Da un eccesso a un altro…
Elda

13-SESSUALITÀ E AFFETTIVITÀ
Siamo chiamati a raccontare ai nostri figli l’amore che coltiviamo e viviamo e di cui loro sono il frutto
Quando incontriamo la persona amata, noi raggiungiamo il paradiso. È questa la magia dell’amore: fa diventare straordinario ciò che è comune, fa diventare cielo la terra. Francesco Alberoni

di Alberto Pellai*
Su quale modello, come genitori, ci basiamo per parlare di questo tema ai nostri figli?
Purtroppo non abbiamo, salvo eccezioni, nessun modello di riferimento perché di queste cose i nostri genitori ce ne hanno parlato poco o niente.
Le bambine sono più fortunate, perché le mamme, forti dei brutti ricordi legati alla loro prima mestruazione, le istruiscono prima del menarca.
Il 90 % dei maschi arriva invece allo spermarca senza alcuna informazione, tanto loro si arrangiano! Infatti, intorno ai 12 anni, il 50% dei ragazzi ha già visitato siti pornografici.

Affrontare il tema
Lasciare i nostri figli soli su questo tema, senza accompagnarli è molto pericoloso sia sul fronte psicologico che educativo.
Come fare? Purtroppo non ho una ricetta che risolva il problema, vi posso solo indicare alcune piste per insegnare queste cose ai vostri figli.
La prima cosa da fare è essere preparati sia a parlare con loro di questi argomenti sia a rispondere alle loro domande, domande che spesso sono impreviste e imbarazzanti.
Se una figlia ci chiede, di punto in bianco, "Cos'è l'orgasmo multiplo?", dobbiamo evitare di avere reazioni improprie - p.e. "Ma cosa dici? Vergognati!" - correndo il rischio di chiudere la strada a qualsiasi ulteriore discorso sul tema.
Se reagiamo invece in modo stupito ma interlocutorio - p.e. "Che domanda impegnativa mi fai! Sai che ci devo pensare su? - possiamo aprire la strada ad altre domande, meno estrose ma più importanti.

Narrare l’amore
La vera domanda che si pongono i bambini è questa: "Ho capito che sono venuto fuori dal corpo di mia mamma ma non ho capito come ci sono entrato!".
Non possiamo rispondere a riducendo tutto a una questione di "idraulica", un tubo che entra in un buco, in altre parole non possiamo parlare solo dell’atto sessuale ma dobbiamo ampliare l’orizzonte della narrazione, perché il sesso in sé può essere una cosa non solo imbarazzante ma anche disgustosa.
Serve narrare loro una storia, che vada dal concepimento, passi per la gestazione e si concluda con la nascita. Usiamo i termini giusti - p.e. pene, vagina, utero, ecc. - ma inseriamoli all'interno della nostra storia d'amore che ci ha portati a metterlo al mondo.
Di fronte a questo racconto quasi inevitabilmente i figli faranno domande ma è proprio quello che dobbiamo desiderare. Le domande possono arrivare subito o a distanza di giorni, ci potranno chiedere di raccontare di nuovo la storia, ecc. Non abbiamo premura!
Con questo approccio i nostri figli potranno capire che siamo noi le persone a cui fare questo tipo di domande; mostrando di non aver paura a parlare di tutto possiamo orientare i loro percorso affettivo.
Ciò è molto importante in questo momento storico, perché i nostri figli ricevono dal mondo un rumore di fondo continuo che trasmette loro l’idea che la sessualità sia un bene di mercato, qualcosa che si compra e si vende.

Vivere l’amore
I primo modelli che i nostri figli hanno, per imparare l'amore, siamo noi genitori. E noi sovente testimoniamo poco e male il nostro volerci bene, siamo sempre di fretta, per certe cose sembra non vi sia mai tempo.
Invece dobbiamo trovare il tempo per esprimere il nostro amore, farci le coccole, sorprenderci con dei regali o dei piccoli pensieri, metterci poesia nel nostro relazionarci, perché è proprio da questi atteggiamenti affettivi che sono stati generati i nostri figli, e da questi atteggiamenti loro possono imparare.
I padri p.e. possono insegnare, con il loro comportamento, alle figlie qual è lo stile del maschio affettuoso, cosa significa rispettare la donna, rappresentare l’uomo ideale.
Le mamme p.e. devono evitare di "far concorrenza" alle figlie, perché ogni cosa ha un suo tempo.
Invece quello che vedo oggi è che molti quaranta - cinquantenni regrediscono, sembrano non ragionare più, si lasciano sopraffare dalle emozioni, diventando più adolescenti dei figli.

Il primo bacio
Crescendo, il primo bacio è una delle cose cui gli adolescenti anelano di più. Fanno prove - p.e. con la bottiglia del latte - lo desiderano, lo attendono, soprattutto le femmine, ma poi è a volte una delusione.
Perché? Perché c’è un amore con la minuscola e uno con la maiuscola.
Un bacio con la minuscola è quello che ti lascia fradicio, appiccicaticcio, con la pelle d’oca, qualcosa che ti vuoi scrollare di dosso.
Un bacio con la maiuscola è quello tanto atteso, che porta la consapevolezza che certe cose nella vita devono essere uniche.
Cosa sanno i figli del nostro primo bacio? Di solito niente, perché noi non ne parliamo o ne parliamo solo dopo che loro hanno fatto esperienze di baci con la minuscola.
Parliamone, vedrete quante domande vi faranno, non solo sul bacio ma sull’amore e sul volersi bene.
Anche i maschi fanno esperienza di baci brutti e di baci belli. In più la loro sessualità è spesso sottoposta a prove, riti di iniziazione e di virilità; queste sono cose che molti ragazzi trovano disturbanti, fortemente divergenti rispetto al loro modo di sentire.
Il modello maschile è quello dell'uomo che "non deve chiedere mai" mentre invece si può anche essere sentimentali, emotivi, dolci, teneri.
Se i padri non parlano loro di come hanno vissuto e vivono l’amore, i maschi restano confusi, e vanno dietro a chi nella compagnia è il leader, quello che ha già "esperienza".

Fare all’amore
Le neuroscienze insegnano che tra 11 e 15 anni il cervello emotivo è al massimo della maturità, tutto colpisce, tutto emoziona, si cercano sensazioni, ma il cervello cognitivo, quello che costruisce i significati, non è maturo.
In quell’età siamo noi genitori che dobbiamo essere il loro cervello cognitivo.
Gli adolescenti desiderano fare l'amore - tutto li spinge in quella direzione - ma non sono consapevoli fino in fondo di che cosa significhi, di quali implicazioni può avere sulla loro vita.
Nella mia esperienza professionale ho provato, su questo argomento, a chiedere in modo anonimo ad una classe di sedicenni quanti, fra i loro coetanei, hanno già fatto l'amore. Le risposte sono state: il 60-80%. Poi ho fatto una verifica: voi l'avete già fatto? Solo il 25-30% ha risposto di sì.
E ancora: ho chiesto ad una classe di terza media se a 16 anni si deve essere sessualmente attivi. Tutti i maschi hanno risposto di sì, le femmine un po’ meno.
Abbiamo visto che non è vero, perché hanno questa idea in testa?
Purtroppo questo è frutto della norma sociale, cioè della convinzione diffusa che è così che si fa o si deve fare.
Qui dobbiamo, come genitori, lavorare moltissimo, fare l'amore non è come fare un esercizio di ginnastica, è una cosa molto più complessa, che coinvolge, volente o nolente, la persona in tutte le sue dimensioni. Non c'è nessuno che ci possa sostituire.
* liberamente tratto dalla conferenza tenuta dall'autore a Fossano (CN) il 26 gennaio u.s.
Vedi anche il libro dell'autore: Il primo bacio, Kowalski Editore, Milano 2012.

Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Sappiamo raccontare serenamente di noi, delle nostre esperienze affettive, ai nostri figli?
• Parliamo con loro con libertà di certi temi o li censuriamo?
• Quanto sono belli i nostri figli! Glielo diciamo, li sosteniamo?
• Sappiamo accettare i loro errori, i loro sbagli, le loro cadute o siamo giudici severi?

14-"KALOS KAGATHOS": BELLO E BUONO
Cosa vuol dire per un adolescente essere una bella persona

Non c'è molta differenza tra maschi e femmine quando gli adolescenti iniziano a confrontasi su quello che vuol dire "bella persona". Un tempo essere bella persona significava brava persona, ora è una questione più legata all'avere fascino, all'essere riconoscibili.
Anche ai ragazzi d'oggi interessa essere belli fuori e puliti dentro ma il fuori non sempre rispecchia in modo autentico come si è, o si vorrebbe essere, dentro.
Questo sentirsi brutti, impresentabili fisicamente, è però solo un aspetto del problema. Il vero problema sono le problematiche interiori, legate alla crescita, che vengono spostate sul corpo perché questo è più facilmente controllabile e modificabile.
Gli adolescenti, maschi e femmine, desiderano che il mondo si accorga di quell'essere di inestimabile valore che sognano di essere.
Dietro questo bisogno si cela un'insidia: il voler essere maschi e femmine secondo le caratteristiche di genere che sono riconosciute socialmente come importanti come i bicipiti, la taglia 38, ecc.
Giudice severo è il mondo sociale, il gruppo amicale. È solo da questo pubblico, e non dai genitori, che può arrivare il giudizio positivo o drammaticamente negativo circa il proprio valore.
I genitori non possono quindi far nulla? Al contrario. Nonostante la capacità camaleontica dei figli di non volersi mostrare come realmente sono, la percezione che loro hanno di sé come "belle persone" nasce tra le mura domestiche, attraverso il sentirsi buoni, necessari, gradevoli a mamma e papà.
Si tratta allora di far capire ai propri figli che si è dalla loro parte, restituendo loro uno sguardo che li sappia "vedere" al di là delle apparenze, dei loro comportamenti, delle loro ribellioni e trasgressioni.
Liberamente tratto dal libro G. Pietropolli Charmet - L. Cirillo, Adolescienza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010.

15-A SCUOLA DI SESSUALITÀ E AFFETTIVITÀ
Nel contesto scolastico è più facile parlare di questi temi
Su un tema in cui i genitori sono sovente assenti l’iniziativa parte dagli insegnanti. Il ruolo del volontariato.
Se abbiamo a cuore il futuro affettivo dei nostri figli facciamoci almeno carico di promuovere queste iniziative nelle scuole.

a cura della Redazione
Abbiamo intervistato la dott.ssa Stefania Gandolfo, psicologa, che collabora con il CAV di Fossano (CN) nei corsi su questi temi nelle scuole. Ecco le sue risposte.
Perché fare dei corsi che parlano sia di sessualità sia di affettività?
Abbiamo pensato che per sostenere chi si trova a dover vivere il periodo adolescenziale è importante potersi confrontare con adulti con professionalità specializzate che li sappiano indirizzare in una scelta matura e responsabile non solo rispetto alla sessualità ma anche all'affettività.
Chi ve li richiede e a chi vi rivolgete (fascia di età)?
Gli incontri sono stati promossi dal CAV di Fossano come prevenzione rispetto ad una sessualità vissuta precocemente e ora che l’iniziativa è conosciuta dagli insegnanti o dai dirigenti scolastici.
Ci rivolgiamo sia ai ragazzi sia di terza media sia ai ragazzi di terza superiore, che a nostro avviso sono due fasce di età con cui si poteva dialogare con approfondimenti diversi.
Quanto i ragazzi apprezzano l'incontro sulla sessualità? Ci sono domande? Di che genere? Sanno tutto o hanno informazioni distorte?
I ragazzi apprezzano perché in realtà hanno poche occasioni di parlare con adulti di questi argomenti e in realtà non hanno tante informazioni, pensano di sapere tante cose, ma quelle poche che sanno sono confuse.
La loro è una conoscenza nata su Internet o tra coetanei, in realtà manca in molte situazioni la capacità di dialogare in famiglia. Le domande riguardano in alcuni casi situazioni personali, informazioni tecniche, ma anche il bisogno di comprendere ciò che succede nel mondo attorno a loro.
Alcuni hanno buone capacità critiche e sanno districarsi in questo mondo, mentre altri dimostrano di essere più fragili e più condizionabili dalle informazioni che arrivano dall'esterno, soprattutto dai social-network.
Quanto i ragazzi apprezzano l'incontro sull'affettività?
Io come psicologa ritengo che spesso questo incontro porta i ragazzi a confidarsi anche su problematiche personali; mi presentano delle oro situazioni irrisolte e riescono a parlare delle loro esperienze davanti ai propri compagni. Due ore per classi sono poche e, per approfondire i loro problemi, abbiamo proposto uno sportello di ascolto psicologico cui loro possono rivolgersi individualmente.
Come si realizza effettivamente uno "sportello" di ascolto psicologico, chi vi autorizza, chi vi paga?
Lo sportello di ascolto psicologico si realizza promuovendolo attraverso le lezioni fatte nelle varie classi e poi attraverso gli insegnanti di religione.
A livello organizzativo i genitori sono informati e devono firmare il consenso perché i loro figli possano accedervi.
Il pagamento avviene in parte dalla scuola e in parte dal CAV che dà un rimborso ai professionisti, sia per lo sportello sia per le lezioni.
Quali temi vengono toccati? Come reagiscono i ragazzi?
Dal punto di vista medico si approfondiscono gli argomenti riguardo all'anatomia e alla fisiologia degli apparati genitali maschili e femminili, lo sviluppo a livello fisico, il concepimento e lo sviluppo della gravidanza, le malattie sessualmente trasmesse, la contraccezione e l'aborto.
Dal punto di vista psicologico si affrontano le emozioni e i sentimenti che intervengono o muovono il nostro comportamento, da cosa nasce la nostra ricerca di rapporti affettivi e come è giusto affrontare le relazioni di amicizia in età adolescenziale.
Qual è la posizione dei genitori nei confronti di questa proposta?
I genitori sono ben lieti di delegare l'argomento sessualità ad esperti poiché, da parte loro, sono poco propensi a mettersi in gioco per affrontare con i propri figli argomenti delicati e profondi. Si arriva al punto che, pur avendo autorizzato l’accesso allo sportello di ascolto, non chiedano poi allo specialista alcun riscontro.
In realtà i primi educatori dovrebbero essere proprio loro stessi sulla base della loro esperienza personale rispondendo alle domande dei figli con semplicità e sincerità, senza sottovalutare i loro bisogni. Manca la consapevolezza che le prime esperienze affettive dei figli sono fondamentali e, quando sono positive, li aiutano ad affrontare con responsabilità il loro futuro.
Per contattate il CAV di Fossano clicca qui!

16-FIGLI E AMORE

Per i genitori l'accompagnamento dei figli durante il percorso evolutivo e in particolare nel momento dell'incontro di questi con l'amore, rappresenta un compito non facile, soprattutto perché li espone a una grande dose di incertezza per ciò che concerne gli esiti e a una certa dose di paura rispetto alla possibilità che il figlio possa uscirne "stravolto", in tutti i sensi, sia rispetto al ragazzo che era prima di innamorarsi, sia rispetto al rischio di un possibile fallimento.
Mai, come in occasione del primo amore dei figli, i genitori hanno la netta sensazione che ormai la loro vita sia irrimediabilmente fuori controllo. Ci sono buoni motivi per credere che abbiano ragione.
Infatti è proprio così: per gli adolescenti l'incontro con l'amore sancisce, emotivamente e simbolicamente, l'avvenuto passaggio di investimento affettivo dalla coppia genitoriale ad una nuova coppia, che è quella che li coinvolge in prima persona, perché è la loro.
È la possibilità dell'incontro, durante l'infanzia, di mani, occhi, braccia che hanno insegnato cosa significhi sentirsi amati e protetti che permette, poi, in adolescenza di intercettare, tra la moltitudine di occhi del mondo, quello sguardo che accende il ricordo di una "preconoscenza" e rafforza la sensazione di aver trovato l’oggetto di amore perduto.
È il riconoscimento dell’aver già amato, desiderato e di essere stati amati, desiderati che rende necessaria e ineluttabile l’esperienza dell’innamoramento e dell’amore.
Tratto dal libro G. Pietropolli Charmet - L. Cirillo, Adolescienza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010.

17-TESTIMONIANZE: SESSUALITÀ E AFFETTIVITÀ
Far cogliere ai giovani il senso profondo di ciò che fanno
I baci non sono anticipo d'altre tenerezze, sono il punto più alto. Erri De Luca

Dare "senso"
I giovanissimi, dai 14 ai 18 anni, sono portati a fare molte esperienze anche in campo sessuale.
I giovani, dai 18 anni in su, cominciano a pensarci; in particolare le ragazze si chiedono: che senso ha? Posso vivere la mia vita in questo modo, senza una regola, di qua e di là, con uno o con un altro? Oppure tutto ciò ha un senso?
Ecco il risveglio. Le esperienze precoci non vanno sicuramente incoraggiate, ma vanno accettate come sbagli.
L’educatore non deve stroncare, maledire, condannare impietosamente la persona ma richiamare a riflettere sull’esperienza fatta per maturare dei rapporti duraturi, che abbiano un senso.
don Battista Borsato

Il valore di un bacio
È nel rapporto di coppia che il bacio diventa essenziale e meno abitudinario, sebbene esistano differenze significative a seconda che il bacio coinvolga due persone in fase di approccio o due partner uniti da anni.
Nel momento del contatto si scatena una moltitudine di processi: fisiologici, ormonali e psicologici. Considerato più importante per le donne, può, a seconda del partner, favorire il corteggiamento, consolidare un rapporto di coppia, accrescere l’eccitazione.
Scrive Marta Panzeri: "sfiorarsi le labbra è un atto molto più intimo di un rapporto sessuale. Il bacio è il massimo dell’intimità e punta a esprimere amore, fiducia e protezione.
Assieme ai preliminari è considerato il termometro adatto a valutare la qualità di un rapporto.
Il sesso è importante, ma con il tempo il numero di rapporti diminuisce: non c’è, però, da preoccuparsi troppo.
Di baciarsi, invece, non bisogna stancarsi: se accade, vuoi dire che tra i partner c’è qualcosa che non va".
Fabio Di Todaro

Domande imprevedibili
Dal momento della nascita si è maschi e femmine, per cui l’educazione alla sessualità e all’affettività non può e non deve incominciare nell’adolescenza ma dal momento in cui ci sono domande specifiche: sorridiamo ancora quando ricordiamo nostro figlio (3 anni) quando, già pronti per uscire, ci chiese: "Io voglio vedere il semino!" e io chiesi "Quale semino?" Risposta "quello che entra nell’uovo e poi diventa un bambino!".
Noi ci siamo guardati e io, guardando Mariano sorridendo, dissi "Credo che tocchi a te…" Poi abbiamo preso l’enciclopedia e abbiamo mostrato uno spermatozoo che faceva la corsa spiegando che quello che arrivava primo sarebbe diventato un bel bambino come lui. Tutto soddisfatto, nostro figlio si è avviato alla porta, pronto per uscire! E noi, ridendo, abbiamo osservato che sarebbe stato peggio se voleva vedere altro…
Questo per dimostrare che le domande sono imprevedibili e possono arrivare in ogni momento, bisogna cogliere l’attimo, in fondo è possibile parlare di tutto, magari raccontando fatti veri, per esempio di una ragazza che ha abortito, la responsabilità del ragazzo che l’ha lasciata sola, di una compagna che è stata picchiata dal suo ragazzo, della compagna di classe di cui si parla male perché si accompagna a molti ragazzi.
Le storie vere di ragazzi che la TV e i giornali raccontavano erano per noi motivo per parlarne senza fare conferenze, e questa familiarità con l’argomento ha tolto imbarazzi ad entrambe le parti, ci ha permesso di colmare lacune ed indirizzare in modo corretto, lasciando loro libertà di scelta, perché solo conoscendo i problemi si può essere in grado di affrontarli.
Franca e Mariano

18-LE AMICIZIE E IL GRUPPO DEI PARI
La strada della crescita passa attraverso le amicizie tra coetanei, che diventano un banco di prova per la vita
Il gruppo dei pari o l’amico del cuore sono le strade che scelgono i giovani per affrancarsi dalla famiglia.
L’amicizia con un coetaneo è un passaggio importante: un figlio senza amici può celare problemi.

a cura di Franco Rosada

Fino all'anno scorso i figli non vedevano l'ora di fare gite, avventure, esperienze con i genitori. Poi tutto cambia perché fuori di casa c'è un gruppo di amici che chiama ed invita e spinge alla conquista di libertà e autonomia, lontani dallo sguardo dei genitori. Di fronte a questo cambiamento - scrive Pellai - i genitori non sanno che cosa fare. Per gli amici c'è sempre tempo, ci sono tante cose da raccontare, mentre con i genitori si risponde a monosillabi. Quale potere può avere un genitore di fronte allo strapotere del gruppo di amici? (1)

Il gruppo dei pari...
Cosa cercano - e trovano - gli adolescenti nel gruppo dei pari? Le risposte sono diverse per ragazzi e ragazze.
Per i maschi - scrive Pietropolli - si tratta di proiettarsi verso l'esplorazione dello spazio esterno (p.e. il motorino come dominio del territorio), di acquisire la capacità di controllo e di dominio sulla propria forza perché sentono il bisogno di disimpastare l'aggressività dall'amore. Solo così possono far capire al mondo femminile che le loro intenzioni non nascondono un comportamento violento.
Per le femmine - continua Pietropolli - si tratta invece di esplorare il proprio mondo interno, anche se i valori non sono solo più quelli della coniugalità e maternità. Oggi si è aggiunto il bisogno di dare spazio alla dimensione della realizzazione sociale.
Queste tre dimensioni sono in conflitto tra loro e quando non viene risolto - p.e. quando si rifiuta la femminilità - si può arrivare all'anoressia.
Il gruppo dei pari non è però solo "rose e fiori".
La faticosa e ambivalente ricerca di indipendenza affettiva dai genitori non viene sostituita facilmente dall'accondiscendenza e dall'ammirazione dei pari, che al contrario sono partner esigenti e imprevedibili.
Nel gruppo, infatti, ragazzi e ragazze cercano di mettere al mondo inedite versioni di se stessi, si sperimentano e si rispecchiano nello sguardo altrui.

... e noi genitori
Di fronte ai tentativi a volte timidi e goffi, a volte trasgressivi dei ragazzi - conclude Pietropolli - madri e padri possono reagire nei modi più diversi. La soluzione migliore resta sempre quella di sostenerli con un discreto sguardo a distanza (2).
Il timore che abbiamo come genitori è quello che il gruppo possa trasformare "in peggio" i nostri ragazzi.
Tanto più siamo bravi genitori quanto più sentiamo che nostro figlio è prevedibile - annota Pellai - perché sappiamo che, anche se non ci siamo, lui non si trasforma in un "mostro".
Sovente in questi casi i figli, senza genitore vicino, si comportano molto meglio di quando sono con i genitori; è come se avessero dentro un genitore interiore (3).

L’amico del cuore...
Un'altra via che intraprendono i figli per spiccare il volo è quella di farsi un amico del cuore, un coetaneo dello stesso sesso con cui intrattenere una relazione esclusiva.
Occorre, per affrontare e conoscere il mondo, una nuova bussola e questa non può essere in prima battuta data da un genitore. Serve un coetaneo, pari per età ed esperienza, con cui confrontarsi, approfondire, discutere, verificare.
La relazione con l'amico del cuore - scrive Pellai - costituisce un laboratorio in cui il preadolescente fa le prove generali delle sue nuove competenze sociali e mette a meglio a fuoco la conoscenza di se stesso.
Con un amico vicino, l'adolescente è disposto a rimettere in discussione il suo sistema di valori e credenze, a condividere in modo intenso e profondo emozioni che non sarebbero comunicabili ad un adulto.
In termini psicologici, l'amico aiuta l'adolescente a spostare il baricentro della propria attenzione fuori di sé e a condividerlo con un'altra persona.

... e noi genitori
I genitori temono - continua Pellai - che questa amicizia possa diventare troppo invasiva, fino al plagio, soprattutto se l'amico è molto diverso dal proprio figlio o ha comportamenti che si ritengono pericolosi (in sintesi: sesso, droga e rock'n'rol).
Diventa fondamentale allora per i genitori capire cosa sta succedendo al proprio figlio.
Se il problema è quello di aver perso la confidenza che si aveva è bene mettersi il cuore in pace: non può che essere così. Se invece l'amico porta nostro figlio a vivere esperienze a rischio (alcool, droga, sesso promiscuo) bisogna intervenire immediatamente.
Quali regole seguire? Presidiare il tempo dei pasti (almeno quello serale) ed esigere che tale momento sia uno spazio esclusivo per le relazioni familiari. E poi: invitare a casa propria ogni tanto l'amico del cuore per capire un po' meglio cosa nostro figlio trova e scopre in quella persona, per lui così importante (4).

Senza amici
Un adolescente può allarmare i genitori anche quando - scrive sempre Pellai - non ha amici e vive in una sorta di isolamento sociale. Può essere questione di carattere e di temperamento: un ragazzo timido e introverso può trovarsi in questa situazione.
Ma anche l'adolescente più timido può trovare un amico del cuore, magari introverso come lui, con cui fare coppia fissa e con cui difendersi dal gruppo dei pari in cui si sente "fuori posto".
Ci possono esser quindi dei fattori esterni:
• Potrebbe esser vittima di bullismo, oggetto di scherzi da parte del gruppo dei coetanei. È fondamentale, in questi casi un’alleanza tra scuola e famiglia per aiutare la vittima.
• Potrebbe essere un consumatore di sostanze psicotrope che generano, passato l'effetto, uno stato di abulia. Bisogna fare molta attenzione all'utilizzo che il figlio fa del denaro. Sono situazioni in cui bisogna chiedere aiuto a persone competenti!
• Potrebbe essere afflitto da depressione adolescenziale: anche qui occorre muoversi subito.
In tutti questi casi bisogna capire quanto è grave la situazione: davvero non ha contati con nessuno? Cosa fa tutto il pomeriggio nella sua stanza? Com'è il suo rendimento scolastico? Gli amici di vostro figlio, quando vi incontrano, cosa fanno e cosa vi dicono? Cosa vi riferiscono i suoi insegnanti? Se vi sembra che la situazione sia seria non perdete tempo e chiedete aiuto ad uno specialista (5).
(1) Alberto Pellai: Questa casa non è un albergo! Feltrinelli Editore, Milano 2012.
(2) G. Pietropolli Charmet - L. Cirillo, Adolescienza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010.
(3) Dalla conferenza tenuta dall'autore a Fossano (CN) il 26 gennaio u.s.
(4) Alberto Pellai: Questa casa...
(5) Ibidem

Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Conosciamo i coetanei che frequenta nostro figlio?
• Aiutiamo con tatto i nostri figli nella scelta delle amicizie, dei gruppi da frequentare?
• Poniamo un minimo di regole per garantire le relazioni familiari?
• Li mettiamo in guardia dai rischi che possono correre con comportamenti trasgressivi?
• Insegniamo loro a dire di NO agli amici?

19-LA PRESSIONE DI CONFORMITÀ
Il gruppo dei pari può condizionare in bene o in male

Molte volte gli adolescenti si trovano sospesi tra ciò che sono e ciò che vorrebbero essere. Ciò che gli altri pensano di loro è di importanza fondamentale per la loro vita e può condizionare il loro modo di pensare al mondo, al futuro.
Essere rifiutati dagli amici è peggio che svegliarsi con la faccia costellata da brufoli. Si può provare a sopravvivere a tutto, ma non a fare brutte figure all'interno della propria compagnia.
Tutti coloro che sono stati adolescenti ricordano quanti dubbi hanno dovuto trattenere nelle conversazioni tra amici per non rischiare di finire in cattiva luce.
Molti preferiscono, infatti, fare ciò che è meglio secondo il pensiero degli altri e non in base al proprio personale sentire.
Così facendo, però, si uccidono la fiducia in se stessi, il senso della propria autostima e del proprio valore e, spesso, ci si mette una maschera che produce convenienza sociale, ma annulla e affoga la nostra vera personalità.
La sofferenza psicologica diventa una delle conseguenze possibili di questo modo di fare, ma con essa si possono anche intensificare le condotte pericolose e i comportamenti a rischio.
Questa è la pressione dei pari nella sua accezione negativa.
Ma esiste anche un altro lato della medaglia. Ci sono gruppi in cui emergono leader meravigliosi, pieni di proposte e di voglia di fare. La loro energia e il loro entusiasmo diventano immediatamente un catalizzatore dell'energia della maggioranza.
Parliamo dei volontari, degli scout, di coloro che si sono buttati nell'attivismo politico, di coloro che partecipano a gruppi di educatori tra pari, e l'elenco potrebbe continuare all'infinito.
Basta guardarsi in giro per scoprire che nelle nostre città c'è chi fa teatro o animazione per i più piccoli o una miriade di altre cose. Tra tante possibilità, ciascuno può trovare il gruppo capace di migliorare la tua vita o semplicemente di farla splendere con nuovi e inaspettati colori.
Tratto da: A: Pellai - B. Tamborini, Lasciatemi crescere in pace! Edizioni Erickson, Trento 2013.

20-BULLI, PUPE E ROCK’N ROLL
Le opportunità che hanno gli adolescenti per "sballare"
Fumo, alcol, droghe. Sono queste, insieme al sesso, le opportunità di sballo degli adolescenti.

di Alberto Pellai*
Per un adolescente i genitori, spesso, non sono altro che due rompiscatole ma, in verità, sono praticamente le sole due persone, quando fanno bene il loro "mestiere", in grado di aiutarlo diventare un adulto equilibrato e competente.

Sensazioni "forti"
Quando si diventa adolescenti si scopre di avere un corpo e una mente "nuovi", di non aver più bisogno della guida costante dei genitori.
Si desiderano e si sperimentano nuove e intense emozioni: uscire da soli, andare ad una festa, la prima sigaretta, il primo bacio, la vacanza con gli amici, ma anche il piacere sessuale, lo sballo alcolico, l’uso di pasticche, le corse in macchina, etc.
È quello che temono i genitori: il mondo là fuori è pieno di rischi e loro figlio è poco più di un bambino.
Ma se non si rischia, non si cresce e non si diventa adulti; l’importante è che i rischi che l’adolescente corre siano "costruttivi", e non solo finalizzati alla ricerca di sensazioni forti o, peggio, portatori di "dipendenze".
Su alcuni di questi proviamo ora a ragionare brevemente.

La fame di fumo
Siamo tutti consapevoli che il fumo fa male, eppure ogni giorno nel mondo decine di migliaia di giovanissimi accendono la loro prima sigaretta.
È un modo di esprimere la voglia di diventare grandi, come lo è l’uso di trucchi, profumi e cosmetici (proposti dalla pubblicità già nella fanciullezza). Ma fumare fa male alla salute e può produrre un’abitudine dannosa.
La pubblicità delle sigarette è vietata ma i produttori trovano mille modi (spendendo moltissimo) per creare un’attenzione positiva sui loro marchi.
Per un genitore la prima regola è quella di non fumare e, se non si riesce a smettere, bisogna spiegare chiaramente ai figli quale trappola siano le sigarette e quanto condizionino la vita quotidiana e la salute.
Perché vostro figlio fuma? Chiedeteglielo senza essere giudicanti ma rimanendo autorevoli.
Gli argomenti da usare per dissuaderlo, o almeno per disincentivarlo, sono diversi. Si può parlare della pubblicità ingannevole (quanto un adolescente ha sete di verità!), dei condizionamenti del gruppo dei pari (raccontate le vostre esperienze!), del problema dei costi (soldi che vanno in fumo!), del danno estetico (il fumo fa male alla pelle e ai capelli, rende sgradevole l’alito, etc.).

L’epidemia da alcol
In Italia c’è, anche in molte famiglie, una lunga consuetudine al vino e agli alcolici.
È normale che si beva a tavola durante i pasti o a fine pasto, ma qui si vuole parlare dell’uso di alcolici fuori pasto, come modalità di aggregazione, come disinibitore e facilitatore di relazioni.
Siamo passati dagli "happy hour" del anni ‘80 al consumo disinibito delle bevande alcoliche nei locali notturni, locali che hanno progressivamente spostato sempre più in avanti l’orario di chiusura, in modo che i ragazzi vanno a dormire all’ora in cui bisognerebbe alzarsi.
L’alcol fa male, il suo consumo concentrato in un breve arco di tempo provoca danni al cervello e al fegato, tanto più gravi quanto l’età del consumatore è bassa.
Eppure la percezione dei pericoli ad esso connessi sono molto più bassi rispetto a quello delle sostanze stupefacenti.
Tocca ai genitori non sottovalutare il problema, ripetere alla noia di non guidare ubriachi, ed evitare che i figli consumino bevande alcoliche quando sono a casa, birra compresa.

La felicità "chimica"
Collegato strettamente alla frequentazione dei locali notturni, specie il sabato sera, è l’uso di stimolatori chimici che, uniti al consumo di alcol, hanno pesanti effetti sulla salute dei ragazzi ma permettono loro, seppure per lo spazio di una notte, di vivere "al massimo".
Mentre per gli adulti l’uso di droghe è collegato all’idea di dipendenza, per i ragazzi si tratta solo di un aiutino per vivere più a fondo il tempo libero.
Cosa fare come genitori? Non sottovalutare ma neanche drammatizzare.
Una cosa è un figlio che si fa uno spinello per provare o saltuariamente, un’altra un figlio che si impasticca ogni sabato sera, che non riesce più a concepire il divertimento senza sballo.
In questo secondo caso i genitori sono chiamati a proporre ai figli modalità differenti per divertirsi, ma non è facile.
Appassionare un figlio a esperienze che diano un senso non solo al tempo libero ma a tutta la vita è un compito particolarmente delicato in adolescenza, e ha bisogno di radici che affondino nell’infanzia.
Tralasciamo volutamente di parlare dei giovani che sono vittime della tossicodipendenza, problema drammatico per loro e le loro famiglie, ma che esula da questo contesto.
Liberamente tratto dal libro di Alberto Pellai, E ora basta! Kowalski Editore, Milano 2010.

21-LA PORNOGRAFIA

Il numero degli adolescenti che navigano alla ricerca di materiale pornografico è in costante aumento. I genitori spesso preferiscono non intervenire, ma ciò lascia i ragazzi - sono i maschi a maggior rischio - soli davanti ad uno schermo che offre tutto senza filtro e senza protezione. La navigazione può durare all'inizio solo qualche minuto ma in alcuni soggetti può colonizzare ogni spazio mentale, diventando una sorta di pensiero fisso, di ossessione che rimane attiva anche quando lo schermo è spento.
In questo caso gli interessati si trovano sospesi tra la propria ferma intenzione di mettere un limite al loro comportamento e l'incapacità, invece, di sostenere e gestire questo autocontrollo.
Molti genitori sono realmente disarmati: le mamme vivono il tutto con imbarazzo, i padri lasciano correre, perché a volte sono anche loro attratti dalla pornografia on-line. Invece con un figlio è necessario discutere in profondità perché c'è una bella differenza tra la "scopata" del film pornografico e il fare l'amore che lega due corpi innamorati.
Molti ragazzi, proprio un una fase in cui si stanno domandando se sono normali, se il loro corpo si sta trasformando in modo adeguato, arrotolano tutti i loro dubbi intorno alle differenze evidenti che esistono tra i corpi superdotati degli attori porno e quelli ancora in divenire di cui li ha forniti madre natura.
Liberamente tratto dal libro di Alberto Pellai, E ora basta! Kowalski Editore, Milano 2010.

22-TESTIMONIANZE: L’ADOLESCENTE E LE AMICIZIE
Tra amicizie virtuali, rischi, pericoli e belle esperienze

Amicizie virtuali
Il gruppo dei pari per i nostri due figli maschi praticamente non esiste, almeno come frequentazione reale, "fisica".
L'ho capito bene durante un corso diocesano sul tema "giovani e nuovi media", di questa loro realtà ma l'avevo già intuito prima che per loro computer e cellulari non sono solo strumenti, ma veri e propri "luoghi" in cui socializzare, seppure virtualmente.
Sono certo utili per prolungare e approfondire le relazioni sperimentate e vissute gomito a gomito, ma quando diventano quasi gli unici spazi in cui intrattenere i loro rapporti con i coetanei, cosa devo pensare?
Elda

Amici di "motorino"
Mio figlio maggiore ha finito le scuole superiori a Milano e, abitando in provincia, i compagni di scuola li vedeva solo a scuola; a casa aveva qualche amico, vicino di casa, con cui si trovava all’oratorio.
L’altro figlio ha fatto il liceo scientifico e tutti i compagni erano un poco amici, alcuni più di altri naturalmente.
Festeggiavano insieme il carnevale, qualche compleanno e qualche pizza insieme, ma non erano tipi da discoteca o altro.
Poi c’erano i ragazzi dell’oratorio e quelli del motorino, con cui si ispezionava la zona e si imparavano le strade, le cadute, il ritorno a casa sporco e pesto, sempre però accolto, abbracciato e consolato.
Franca e Mariano

Il valore dell’esempio
Nostro figlio, il terzo, sta entrando nell’adolescenza e tra poco dovrà fare il passaggio alla scuola superiore, al nuovo gruppo di amici.
Non sappiamo come vivrà le nuove esperienze, confidiamo che i valori che vede concretizzati nella nostra quotidianità lo guidino nelle sue scelte.
Ernesta

Le parolacce
Abito a Roma nei pressi di una scuola (medie e liceo), e all’inizio e alla fine delle lezioni la mia via si riempie di ragazzi. Mi capita così di ascoltare assai spesso le loro chiacchiere, gli scambi di battute.
Ebbene, quello che mi arriva alle orecchie è una continua raffica di parolacce e di bestemmie, un oceano di turpiloquio. Praticamente, qualunque sia l’argomento, in una sorta di coazione irrefrenabile dalle loro bocche viene fuori ogni tre parole un’oscenità o una parola blasfema.
Le ragazze - parlo anche di quattordicenni, di quindicenni - appaiono le più corrive e quasi le più compiaciute nel praticare un linguaggio scurrile e violento.
Ernesto Galli Della Loggia

Il gruppo scout
Siamo entrambi figli unici e, nella nostra adolescenza, non abbiamo mai avuto un gruppo di amici.
Per questo, quando sono nati i figli, abbiamo deciso che dovevano fare questa esperienza che a noi era mancata. Abbiamo scelto gli scout cattolici e li abbiamo mandati appena era possibile (dagli otto anni).
Hanno fatto tutto il cammino scout: prima lupetti, poi scout e infine rover.
La più assidua è stata la figlia che è anche entrata in Co.Ca.
Avere un figlio scout è un impegno: bisogna accompagnarli, andarli a riprendere, e poi ci sono le uscite.
Quando c’è l’uscita la domenica salta, devi accompagnarli alla stazione il sabato pomeriggio e andare a prenderli la domenica sera. Questo capita una volta al mese ma, avendone due, ogni 15 giorni.
Poi ci sono le riunioni con i genitori che servono per conoscere a chi affidi i tuoi figli e anche i genitori dei loro compagni.
Infine ci sono le spese: serve la divisa, l’attrezzatura per andare in gita e per dormire fuori casa, ecc.
In altre parole è un bell’impegno. Ma secondo noi ne è valsa la pena e ci sentiamo di suggerirla.
Noris e Franco

23-L’EDUCAZIONE DEI GIOVANI ALLA FEDE
Saper far vibrare le corde sensibili del loro cuore
Chi opera negli oratori è chiamato a creare un rapporto diretto e personale con i giovani che anima.

di Stefano Di Lullo
L’educazione dei giovani è sempre impegnativa. Se poi ad essa si affianca l’educazione dei giovani alla fede cristiana come stile di vita, attraverso il messaggio del Vangelo, la sfida si accentua.
L’esperienza però ci dice che intraprendere con un giovane un percorso di avvicinamento alla fede, come risposta alle domande che egli stesso si pone, può essere un cammino senza dubbio fruttuoso in ottica di formazione alla vita adulta.

Gli inviti papali
Più volte gli ultimi tre pontefici hanno invitato i giovani a reagire ai modelli lanciati da parte dei media e della società.
"Fate rumore, andate controcorrente!", così Papa Francesco lo scorso agosto aveva esortato cinquecento giovani della diocesi di Piacenza in pellegrinaggio a Roma.
"Ci saranno sempre persone – aveva aggiunto il Papa - che vi faranno proposte per frenare, per bloccare la vostra strada. Siate coraggiosi, andate controcorrente!".
La società delle libertà, come sottolinea il Papa, in realtà danneggia i giovani in quanto uccide il loro diritto di pensare, di essere unici, di costruire legami sinceri e non solo virtuali, di fare rumore, ovvero di farsi sentire con la tipica intraprendenza dell’età giovanile e costruire dunque il proprio futuro.

La mia esperienza
Occorre a questo punto interrogarci su che cosa si intenda per percorso di avvicinamento alla fede. Cerco dunque di rispondere ricorrendo alla mia esperienza personale sul campo come responsabile di un oratorio torinese ed animatore di adolescenti.
A volte tra gli educatori è forte lo scoraggiamento per le poche presenze ai gruppi giovanili parrocchiali durante l’anno rispetto alle attività estive dove gli adolescenti si moltiplicano come per incanto.
A "Estate ragazzi" gli adolescenti si sentono in famiglia, vengono accolti, si dà loro fiducia, viene offerta loro la possibilità di esprimere i propri talenti, di mettersi in gioco, di essere attivi ed intraprendenti.
Insomma si offre loro l’opportunità di andare controcorrente. Prima di tutto perché attraverso esperienze forti di servizio a contatto con i bambini (o anche con i malati e gli anziani), i campi estivi o i pellegrinaggi i ragazzi incontrano il Signore, e non lo incontrano nei libri, nel catechismo, ma nei volti dei bambini o degli ammalati verso cui prestano servizio o nei loro educatori che offrono tutto se stessi per loro.

Lo stile di don Bosco
Don Bosco, santo dei giovani e maestro per gli educatori, diceva che "in ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene, primo compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare".
Ebbene, quando in un giovane quella corda vibra, l’armonia raggiunta in quel momento rimarrà indelebile per sempre ed anche se i frutti non si raccolgono subito, quel seme posto nel suo cuore porterà frutto nella sua vita.
Certo per raccogliere bisogna seminare e seminare non è facile, bisogna dare tutto se stessi per i ragazzi che si educano e questo ce lo dice sempre don Bosco quando afferma che "l’educazione è cosa di cuore".

Cosa conta
A volte ci si preoccupa di "cosa fare" ai gruppi per adolescenti, allora si organizzano tavole rotonde su temi di attualità, politica, morale, si propongono percorsi di educazione sessuale, di guida all’affettività con psicologi ed esperti e al termine di tutto ciò si offre la visuale cristiana.
Tutto ciò è importantissimo, ma se a monte non c’è un rapporto diretto e personale su cui costruire un percorso di educazione, quello che si fa rimane distante, arido.
"L’oratorio, palestra di educazione e di avvicinamento dei giovani alla fede - come sottolineato in un recente convegno sugli oratori nella diocesi di Torino - deve dunque diventare prima di tutto uno stile educativo che accompagna le giovani generazioni a costruire la propria coscienza, il proprio futuro", dove i ragazzi possono accogliere l’invito di Papa Francesco "ad andare controcorrente, a fare rumore con i valori della bellezza, della bontà, della verità".
ste.dilullo@libero.it

24-EDUCARE AL "PER SEMPRE"
Aiutare i figli a elaborare il loro progetto di vita
La famiglia può far sbocciare la speranza e dare un orizzonte col Cristo.

La vocazione accompagna la dinamica della maturazione umana nelle sue varie fasi: identità, unicità, alterità, missione, fedeltà. La comprensione di questo valore permette al giovane di trasformarsi da un "io, qui e ora" in un "io per sempre".

Famiglia e vocazione
La famiglia è operatrice privilegiata dell'itinerario vocazionale. Essa favorisce il senso d'identità, rispondendo alla domanda di ogni persona che cresce "chi sono io?".
Crea identità evidenziando l'unicità; il far memoria insieme e l'integrazione personale producono la rivelazione della personalità.
In famiglia si coltiva anche il senso dell'alterità, offrendo un "tu" che scopre l' "io" in armonia e autenticità.
La relazione intrafamiliare è uno strumento educativo che aiuta a superare l'egocentrismo, conduce a riconoscersi differente, e ad essere per gli altri.
In questo passaggio, la famiglia aiuta i figli a elaborare il loro progetto di vita, la loro missione, invitandoli a meritarsi la vita.
Lo fa ponendo le proposte e le domande giuste al momento giusto, dialogando sulle scelte, orientando sulle linee di arrivo di ogni vissuto.
Infine, la famiglia sostiene la risposta vocazionale dei figli nella fedeltà facendo funzionare la "ragione", "educando nella fede" e facendoli sentire amati attraverso l’amorevolezza.
La "ragione" significa coscientizzazione, sapersi raccontare come vocazione, offrendo spunti per la sana criticità di fronte ai valori culturali, liberando la mente, e iniettando nella struttura personale gli antidoti contro il conformismo.
"Educare nella fede", significa far presente la linea di arrivo che unifica il tempo e l'eternità, cioè la presenza di Dio e la gloria del paradiso.
"Educare nella fede", significa anche essere Chiesa domestica, con una fede di dimensioni quotidiane, che si trasmette di generazione in generazione in un radicamento sicuro.
Ambiente maturante rispetto alla vita e alla vocazione, diventa un vero e proprio vivaio vocazionale, capace di educare la decisione "per sempre".
L'amorevolezza fa sì che i figli si sentano amati applicando i segreti dell'ascolto e del dialogo, dell'empatia, dell'autenticità e della considerazione positiva. Amorevolezza significa anche presenza e fermezza, fiducia nelle capacità incipienti dei figli, manifestazione di amicizia e gioia, di pazienza e di dolcezza, di premura, prevenzione e vigilanza.
Tutto questo conduce ad una proposta educativa familiare integrale, che cura la crescita in ogni dimensione umana, con decisioni responsabili che riempiono di senso la vita in ogni tempo.

La famiglie e il "per sempre"
La famiglia favorisce "l'io per sempre" constatando le cause della carenza di progettualità: il cambiamento sociale, il fallimento delle utopie, la frammentazione interna, la disorganicità del vissuto e la mancata testimonianza di persone significative.
Per agire sul vissuto del tempo occorre ridare senso al passato e al futuro, è necessario far sì che i giovani riscoprano il tempo come luogo della decisione creativa favorita da un progetto di vita inciso nelle rocce forti della personalità.
Occorre lavorare sulla memoria (storia di vita, autobiografia) e su ogni decisione fonte di felicità o infelicità per arrivare a ulteriori specificazioni progettuali.
La decisione s'inserisce in un passato, in una memoria affettiva che ha condizionato certe scelte. La comunicazione educativa familiare deve prendere atto dell'influsso che questa rivisitazione avrà nel cuore della persona.
Comunque, la famiglia può far sbocciare la speranza e dare un orizzonte col Cristo.
L'educazione non va ridotta ad una memoria illustrativa del passato, ma va aperta al vero senso, nel possesso del presente, responsabile verso il futuro.

Relazione e dono di sé
Le decisioni "per sempre" esigono di superare il livello dell'emozione immediata.
Il tempo vissuto senza senso indebolisce la coppia in una relazione appiattita che favorisce l'omologazione reciproca, lo "stare" più che l' "essere" insieme.
La relazione di coppia, di gruppo o di amicizia va promossa, non come un mero rifugio appagante e auto centrato, ma sull'immagine del compagno di viaggio e sul dono reciproco.
Educare alla relazione che genera un "io per sempre", suppone stimolare il superamento della dipendenza o della fusione simbiotica, generando libertà e responsabilità verso l'a(A)ltro. In altre parole, la mano sull'aratro e lo sguardo sulla linea di arrivo.
Liberamente tratto dal libro di Pietro Boffi e Giancarlo Grandis (a cura di): La famiglia cuore della vocazione, Cantagalli, Siena 2012.

25-IL VALORE DELLA "PAROLA"
L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo
Il Concilio ci ha riconsegnato la Parola di Dio, ma questa è ancora un oggetto sconosciuto per troppi cristiani.

Nella nostra Chiesa italiana c’è una grande ignoranza delle Scritture. E ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo.
Si insiste ancora parecchio, anche se con risultati a dire il vero piuttosto scarsi, sull'Eucaristia e sulla presenza alla Messa domenicale, molto poco sull’avvicinare alle Scritture.
Anche se il Concilio ci ha riconsegnato la Parola di Dio, questa è ancora un oggetto sconosciuto per troppi cristiani.

Fede e Parola
Crediamo che nei prossimi anni l’autenticità e la verità dell’annuncio di Cristo si giocheranno molto sulla nostra capacità di rimettere la Parola di Dio, l’incontro con la Parola di Dio, al centro delle nostre iniziative pastorali. La Parola va riscoperta, conosciuta, contemplata, pregata, e forse abbiamo bisogno di uomini e donne capaci di annunciarla nel mondo di oggi.
Se non si riparte dalla Parola di Dio, ogni altro tentativo, gruppi, gruppetti e coordinamenti di ogni tipo, sarà solo "aria fritta".
Troppi preti non annunciano la parola del Vangelo ed usano le omelie per parlar d’altro. Magari un "altro" anche interessante, ma "altro".
Troppe catechesi sulla famiglia e incontri con i ragazzi si fondano, nella migliore delle ipotesi, sul buon senso comune, non sull’annuncio del Vangelo di salvezza.
È ovvio allora che anche l’insegnamento della Chiesa (i documenti del Concilio e molti altri documenti) sia quasi del tutto ignorato.
Senza l’annuncio del Vangelo non c’è vita di fede.

La nostra esperienza
È incredibile (ma forse no…) che un piccolo gruppo di cristiani (come è, per esempio la Città sul Monte, una associazione di cui facciamo parte, nata per evangelizzare il mondo dei ragazzi) riesca ad andare avanti per tanti anni con poche forze, pochissimi mezzi, ma mettendo al centro l’annuncio di Cristo ai ragazzi ed ai giovani, in un clima di vera fraternità ("avevano un cuore solo ed un’anima sola"), cercando con fatica di restare al passo con i tempi (studio ed uso delle nuove tecnologie).
Troppe volte le famiglie fanno fatica a ragionare nei termini di trasmissione della fede ai propri figli. Se la fede in Cristo e l’incontro con la Parola di Dio non fa parte in modo sereno e gioioso della vita quotidiana degli adulti, dei genitori, come si può annunciare o testimoniare Qualcuno che è uno sconosciuto? Illustre, da riverire, ma fondamentalmente sconosciuto.

Parola e vita familiare
Mamme e papà che hanno incontrato Cristo e lo vivono ogni giorno con gioia, lo testimoniano quasi "naturalmente", come un "habitus" che si vive senza fatica.
Poi si cade comunque, perché "lo Spirito è forte, ma la carne è debole", ma ci si rialza guardando verso il Cielo e chiamando Dio "Papà"!
E ci sentiamo avvolti tutti quanti dalla misericordia di Dio e questo ci porta (da perdonati!) ad avere misericordia e pazienza verso gli altri.
Solo i cristiani che vivono intensamente il loro rapporto con Cristo nella Parola e nell’Eucaristia possono in qualche modo esserne testimoni, come la Vite ed i tralci. Se il tralcio non è ben innestato nella Vite e non è la vita stessa della Vite che fluisce nelle "vene" dei tralci, allora non serve più a nulla.
Nell’annuncio ai piccoli, ai figli, ma pensiamo anche al catechismo, troppo spesso ci si accontenta di portare avanti certe abitudini e basta. Per i bambini più piccoli non c’è quasi nulla, sembra che le comunità non siano in grado di proporre nulla.
Certi catechismi sono spesso portati avanti per "obbligo" più che per fede vissuta.
È l’ora di usare la fantasia, e un po’ più di fede, nei percorsi per annunciare e testimoniare Cristo ai piccoli, ai bambini, ai ragazzi, ai giovani.
Meri e Claudio, genitori di quattro figli
Per saperne di più su la Città sul Monte di Crissolo (CN) clicca qui!

Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Che posto occupa la Parola di Dio nella nostra famiglia?
• Leggiamo la Bibbia ai nostri figli?
• Amiamo i nostri figli educandoli nella fede?
• Colgono in noi la dimensione del "per sempre"?
• Li aiutiamo a scegliere compagnie e ambienti in cui si possa sentire parlare di fede?

26-FEDE E VITA

Siamo chiamati a traghettare i nostri figli verso "un'adultità" relazionale che consiste appunto nel divenire capaci di prendersi cura (esercitare una funzione patema o materna), capaci di chiedere cura (sperimentarsi figlio dell'altro), capaci di condividere cura (vivere relazioni paritarie di collaborazione).
Potremmo dire che queste linee di sviluppo ricalcano valori puramente umani, di un'umanità matura come si richiede ad adulti che vogliano poi incamminarsi o verso la vocazione matrimoniale, o verso quella consacrata.
Ci potremmo interrogare, poi, su cosa aggiunga la dinamica della fede, con il suo intreccio di crescita spirituale e dinamismo di scoperta e approfondimento della propria vocazione.
In primo luogo potremmo dire che la vita e il cammino di fede porta con sé l'esperienza dell'essere stati educati da Dio: non solo c'è tutto il bagaglio di esperienze di valori, di vissuti, che danno spessore a questa centralità della relazione e la arricchiscono della gratuità, del dono, fino al sacrificio di sé, ma c'è anche il modello di un Dio che educa il suo popolo, che educa il singolo all'interno di una comunità, che educa con forza, ma con amore, che sa attendere e attraversare anche il fallimento.
Come genitori che vivono l’esperienza di fede siamo chiamati a prendere consapevolezza che i piani di Dio passano anche attraverso gli errori e le infedeltà.
Liberamente tratto dal libro di P. Boffi e G. Grandis (a cura di): La famiglia cuore della vocazione, Cantagalli, Siena 2012.

27-TESTIMONIANZE: FEDE E PRATICA RELIGIOSA
Il valore dell’oratorio e dell’esempio dei genitori

Va bene così?
Ma quando finisce l’adolescenza? Pensavamo che nostra figlia, sposa a 23 anni, ne fosse ormai fuori, quando, a 25,improvvisamente, comincia a disertare messa e pratica della fede ( per non parlare poi di altri atteggiamenti da ragazzina), fra lo stupore e la costernazione nostra e del marito.
Stesso atteggiamento ha il nostro secondo figlio, 22 anni, fidanzato con una coetanea, catechista. I motivi? Ormai certe cose le ho già sentite, in fondo va bene lo stesso così, poi ho altro da fare, lo studio...
Non sappiamo più cosa aspettarci, ci sentiamo incapaci di sorreggerli, se non con la preghiera; ci sostiene solo la speranza che, finiti questi periodi di sbandamento, ciò che di bello hanno ricevuto, in famiglia, parrocchia, oratorio, gruppo famiglia… riemerga, per dare sapore vero alle loro vite, facendo loro ritrovare quella gioia della fede nel Signore Gesù, che in questo momento sembrano aver smarrito, o quasi.
Fabio e Elda

Il valore dell’oratorio
Possiamo ritenerci fortunati perché abitiamo in un piccolo paese, con una tradizione cristiana molto forte, dove per i ragazzi c’è ancora la possibilità di incontrarsi, anche per momenti di riflessione, in parrocchia.
L’oratorio, infatti, nella nostra diocesi di Milano, è ancora un punto di aggregazione per quei ragazzi che non trovano nella mondanità un’attrattiva per le loro uscite.
In oratorio le nostre figlie sono riuscite a incontrare coetanei con cui creare legami di amicizia e educatori capaci di entusiasmarle anche verso esperienze di volontariato aperte al mondo.
Anche per quanto riguarda la pratica religiosa, non ci sembra aver avuto particolari problemi.
Spesso si percepisce la fatica di vivere alcune pratiche, fatiche che non nascondiamo di vivere a volte anche noi, ma è bello condividerle e confrontarsi, lasciando poi liberi i figli di scegliere.
Ernesta

Figli e GMG
I nostri due figli, un maschio e una femmina, frequentano entrambi la parrocchia dove sono animatori, la ragazza direi con più consapevolezza dettata oltre che dall’età anche forse da una predisposizione naturale a lavorare con bambini e ragazzi, il maschio ha tante altre passioni però anche lui mantiene un certo impegno.
Quando c’è stata la GMG a Madrid li ho "parecchio spinti" perché vi partecipassero, entrambi erano abbastanza restii, ma sono tornati molto contenti.
Infatti, ora stanno già programmando la partecipazione a quella del 2016 a Cracovia con i loro animati!
Vivendo entrambi in casa continuiamo a volte a discutere con loro e a volte a tacere.
Non so se possiamo dire di essere fortunati, quello che so è che ogni sera continuo ad affidarli al Signore.
Anna

Sentirne la mancanza
La Messa delle nove alla domenica mattina, nella nostra famiglia era attesa e goduta, dovevamo stare proprio male per non andarci.
Eravamo talmente abituati a questo impegno che anche i ragazzi, poi cresciuti e diventati adolescenti andavano da soli e, se non potevano per qualche motivo, ne sentivano la mancanza.
Le preghiere della sera le dicevamo prima di dormire, mentre il mattino c'era sempre una preghiera prima della scuola.
Ora il figlio maggiore cerca di non mancare alla Messa domenicale, portando i figli che vogliono venire, senza forzature, e si occupa anche della gestione del bar dell’oratorio qualche domenica pomeriggio.
Suo figlio adolescente va anche lui a Messa ma non sempre va a quella frequentata dal papà e dai fratelli minori.
Franca e Mariano

28-UOMINI E DONNE NELLA BIBBIA
Giovanni Marco, figlio di Maria, discepolo di Barnaba, Pietro, Paolo, evangelista
Un adolescente che ha incontrato e seguito Gesù tutta la vita
La fede di Marco nasce all’interno di una famiglia che ha incontrato e seguito Gesù.

di Vincenzo Salemi IMC
Quando Gesù fu arrestato Marco ci racconta: Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo (Mc 14,50-52).
Sembra una nota autobiografica dell’evangelista. Almeno molti hanno interpretato così questo episodio, che nei Vangeli soltanto Marco ci narra.

Un giovane adolescente
Personalmente mi piace pensare che quel ragazzo che lascia il lenzuolo e poi scappa via nudo, sia l’evangelista stesso. Vuole lasciare una specie di firma nella parte più importante del suo Vangelo: la Passione. Magari anche compiacendosi perché quando tutti hanno abbandonato Gesù lui continua a seguirlo (anche se poi fuggirà pure lui).
Giovanni Marco è un nome doppio, ebraico e romano. Sarà il nome romano Marco quello con cui verrà ricordato. La Provvidenza lo porterà in seguito anche a Roma, dove San Paolo lo troverà utile compagno (2Tim 4,11).
Giovanni Marco veniva da una famiglia di seguaci di Gesù. Sua madre, Maria, è ricordata negli Atti degli Apostoli (At 12,12) in quanto Pietro appena liberato miracolosamente dalla prigione si reca da lei, e lì trova riuniti alcuni discepoli di Gesù in preghiera.

Una famiglia credente
Immagino il giovane Marco apprendere da sua Madre gli insegnamenti di Gesù, i suoi miracoli. Forse qualche volta lo ha ascoltato di persona, da ragazzo, accompagnando i suoi genitori.
Indubbiamente tutto quello che aveva sentito dire da Gesù o su Gesù lo ha impressionato in modo indelebile.
Come adolescente le parole di Gesù lo colmano di stupore.
Infatti, parlando nel Vangelo delle folle e dei discepoli userà spesso parole come "stupore, timore, meraviglia, sorpresa, forte impressione".
Ho scelto Marco come figura di adolescente da proporvi perché la sua fede nasce nel contesto di una famiglia credente.
I suoi genitori, infatti, erano stati profondamente toccati dalle parole e dalle opere di Gesù e lui stesso rimane profondamente colpito dell’incontro con il Signore. Al punto che, adulto, lo vorrà raccontare nel suo Vangelo, facendo memoria della sua esperienza da adolescente e conservando lo stesso entusiasmo e stupore.

Irrequietezze di gioventù
Giovanni Marco è il giovane cugino di Barnaba (Col 4,10), e quando Paolo e Barnaba intraprendono il primo viaggio apostolico, Barnaba lo prende con sé come aiutante (At 13,5).
Luca ci racconta senza tanti commenti un episodio dove il giovane Giovanni detto Marco è al centro di una grave polemica tra Paolo e Barnaba:
Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro, in Panfìlia, e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro. Barnaba, ...con Marco, s'imbarcò per Cipro (At 15,38-39).
Paolo, Barnaba e Marco sono tutti e tre Santi, ma anche tra i santi ci possono essere attriti e incomprensioni, soprattutto se uno di questo è giovane e vuol fare di testa sua.
Di Barnaba non si parla più negli Atti, Marco invece ritorna ancora varie volte.

Avere un maestro
Tutte le volte che viene menzionato è comunque ancora molto giovane.
Pietro, per esempio, lo chiamerà suo figlio:
Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. (1Pt 5,13).
Marco tornerà infine alla ribalta con il suo Vangelo, che viene considerato il primo ad essere scritto.

Un evangelista
È un Vangelo potente, breve, incisivo, lascia trasparire quello stupore e quella meraviglia che Marco aveva provato davanti a Gesù o sentendo raccontare di Gesù dai suoi.
È un vangelo breve, che va subito al punto: Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (Mc 1,1).
È un vangelo intenso che incomincia e finisce dichiarando Gesù Figlio di Dio, un vangelo che mantiene la freschezza dell’entusiasmo giovanile.
La tradizione lo vuole ad Alessandria, primo vescovo di quella città che tanto per gli ebrei che per i cristiani fu per molto tempo una fucina di studi.
I crociati veneziani vollero le sue spoglie e se le portarono a Venezia, ritenendo un onore immenso averle nella loro città.
vincenzo.salemi@consolata.net

29-PER APPROFONDIRE IL TEMA
I libri usati per realizzare questo numero

Alberto Pellai: Questa casa non è un albergo! Feltrinelli Editore, Milano 2012.
Giovanni Capello, Guardami negli occhi quando dici no, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2009.
Il libro di Pellai è un testo da leggere in due, una sorta di manuale per genitori quando in casa si hanno uno o più figli adolescenti. Un manuale che ricorda agli adulti che prima di essere padri e madri si è coppia.
Il lavoro di Capello affronta invece il tema della giustizia, della domanda di coerenza che sale dagli adolescenti nei confronti degli adulti, innanzi tutto dei genitori. Un libro che insegna agli adulti a dire di nuovo No, ma No motivati, coerenti, e ad agire di conseguenza.

M. Fogliani - A. Pellai, Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli editore, Milano 2012.
Sono dieci capitoli, dieci "comandamenti" che rispecchiano molto bene la mentalità di oggi, fortemente individualistica.
Partendo dall’impatto che questo modo di vivere la realtà ha sulla famiglia e sull’adolescente, sia a livello comportamentale sia a livello emotivo, gli autori guidano il lettore ad un "richiamo pedagogico" che è l’esatto opposto dell’assunto iniziale.
In questo cammino Pellai e Fogliani si servono di esempi, storie di vita, schede cinematografiche per far comprendere a fondo e in modo vivace la loro proposta educativa. Un libro adatto a genitori, educatori, insegnanti, ma anche a tutti coloro che desiderano riflettere sulla cultura e sui valori educativi della società in cui viviamo.

G. Pietropolli Charmet - L. Cirillo, Adolescienza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010.
G. Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo, Editori Laterza, Roma - Bari 2010.
Quasi quattrocento pagine per parlare di adolescenti, o meglio, della scienza necessaria per convivere con questo passaggio fondamentale della vita dei nostri figli sono un bel po’. Ma, nonostante la corposità, il testo risulta scorrevole. Il libro, scritto a più mani, ha il merito di andare a fondo del tema, con molta attenzione nei confronti dei giovani.
Questo è ancora più evidente nel secondo, agile volume, dove l’autore ci spiega cosa vuol dire crescere in una società narcisistica. 

Alberto Pellai, E ora basta! Kowalski Editore, Milano 2010.
Ora basta! Quante volte i genitori di figli adolescenti hanno gridato questa frase in faccia al proprio figlio, che vive in simbiosi con Internet, che rincasa tardissimo la notte, che fuma di nascosto, che sta male la domenica per lo sballo alcolico e/o chimico del sabato, ecc.
Pellai, con questo libro, ci guida attraverso le sfide e i rischi dell’adolescenza sia per farci capire le trasgressioni in cui i nostri figli possono incorrere sia, soprattutto, per suggerirci le strategie migliori per affrontarle in modo costruttivo.
Il libro offre al lettore una buona documentazione per capire e far capire le conseguenze di questi comportamenti, tracce di riflessione per renderci consapevoli dei loro e dei nostri comportamenti (serve coerenza!), film e canzoni per aiutarci nel confronto con loro. Un testo da leggere e consultare!

P. Boffi - G. Grandis (a cura di): La famiglia cuore della vocazione, Cantagalli, Siena 2012.
A. Pellai - B. Tamborini, Lasciatemi crescere in pace! Edizioni Erickson, Trento 2013.
Come gruppi di famiglie è senz’altro utile un libro che proponga un cammino di crescita cristiana da coltivare in famiglia. Il testo di Boffi e Grandis nasce proprio con questo scopo: otto schede per il lavoro di gruppo sul tema della vocazione.
Il libro di Pellai e Tamborini è destinato ai nostri figli. È un testo pensato per i giovani, colorato, vivace, con molte proposte e stimoli, che alterna racconti e approfondimenti, esperienze di vita e riflessioni.

30-LA SFIDA DEL "MONDO" E LE FAMIGLIE
La coppia e la famiglia hanno bisogno di spiritualità

La nostra vita di persone, inserire in questa società che sembra dominata dall’incertezza, è sovente caratterizzata dal cambiamento e dalla velocità ad ogni costo.
Continuamente e nei più vari contesti (lavorativo, scolastico, formativo, relazionale) ci viene richiesto di acquisire sempre nuove competenze, di adattarci a nuovi ritmi, nuove modalità di comunicazione.

Le sfide del "post-moderno"
Nel frattempo sono cambiati vari modelli relazionali: p.e. l'idea di famiglia (che cos'è e cosa non è famiglia) e i modelli di relazione dentro le famiglie. Si è passati dalla famiglia "etico-normativa" a quella "affettivo-negoziale".
Vi è un nuovo modello di coppia: vista come relazione fra pari, con una grossa attenzione al legame affettivo e con una ridotta importanza alle sue ricadute sociali. Si è modificata l'idea di bambino: non più concepito come un "contenitore" da riempire di concetti, norme e valori, ma come un essere consapevole dotato di risorse proprie, capace di evolvere.

Come affrontare queste sfide
Di fronte a tutti questi cambiamenti, spesso disorientanti, le coppie hanno bisogno di stare insieme fra loro e con altre coppie, hanno bisogno di spiritualità.
La vita cristiana nella famiglia oggi è sfidata ed è necessaria una vicinanza e una particolare attenzione alla formazione. La preghiera in famiglia, con le altre famiglie e con i figli sono occasioni per confrontarsi nella realtà della Parola che vivifica i rapporti.
La famiglia ha bisogno di momenti e di luoghi dove potersi ossigenare, di case di spiritualità con costi adeguati dove potersi rigenerare, dove il riposo può coincidere con un'esperienza di ascolto e di formazione.
La pastorale familiare, come segno concreto, dovrebbe far propria questa esigenza e stimolare la nascita di questi momenti e di questi luoghi.

Bisogno di spiritualità
Le giornate e le settimane di spiritualità sono una occasione unica per i genitori e per i figli nel fare una esperienza di comunità. Ciò è un aiuto anche per l'educazione dei figli perché vedono la comunità e, anche quelli che si stanno interrogando per una scelta libera della fede, possono vivere l'esperienza della comunità che viene riconosciuta dall'amore nella quotidianità.
I giovani vogliono testimoni prima che maestri o maestri che siano primi testimoni. L'educazione relazionale e vocazionale coincidono e quindi mentre educhiamo alla relazione, nasce in essi il senso della propria storia perché la loro vocazione è unica e quindi bisogna tirar fuori in pienezza la persona che c'è in loro.
Liberamente tratto dal libro di Pietro Boffi e Giancarlo Grandis (a cura di): La famiglia cuore della vocazione, Cantagalli, Siena 2012.

31-CAMPI 2014
calendario provvisorio

27 luglio - 3 agosto San Giacomo di Entraque (CN)
Tema da definire.
Relatore: Angelo Fracchia, biblista
Org.: Diocesi di Cuneo.
È possibile partecipare anche al solo week-end finale.
Info: Angela e Tommy Reinero, 347 5319786, tommy.angela@libero.it

10-17 agosto San Giovanni di Spello (PG)
Relatori vari di alcune comunità umbre.
Org.: Colleg. Gruppi Famiglia.
Info: Antonella e Renato Durante, 0423 670886, ren-anto@libero.it

16-20 agosto Sappada (BL)
Tema e relatori da definire.
Minicampo di 4 gg con posti limitati.
Org.: Gruppi Famiglia in cammino.
Info: Laura e Valerio Agnolin, 0423 476184, vagnolin@libero.it

17-24 agosto Voltago Agordino (BL)
Tema e relatori da definire.
Org.: Colleg. Gruppi Famiglia.
Info: Valeria e Tony Piccin, 0423 748289, segninuovi@alice.it

20-24 agosto Sappada (BL)
Tema e relatori da definire.
Minicampo di 4 gg con posti limitati.
Org.: Gruppi Famiglia in cammino.
Info: Laura e Valerio Agnolin, 0423 476184, vagnolin@libero.it

agosto Calabria
Campo in corso di definizione.

Il calendario, aggiornato in tempo reale, è consultabile sul sito: www.gruppifamiglia.it cercando, nella home page, tra le notizie in evidenza.

32-COLLEGAMENTO GRUPPI FAMIGLIA
Ronco Briantino, domenica 2 marzo 2014

Questo numero esce con un leggero ritardo perché volevamo condividere con voi, attraverso la rivista di Collegamento, la notizia dell’elezione della nuova coppia responsabile, che resterà in carica fino al 2019.
Antonella e Renato Durante, di Trevignano (TV), dopo aver lavorato molti anni a livello locale e nell’organizzazione e gestione dei campi estivi, hanno accettato questo non facile impegno.
Succedono a Nicoletta e Corrado Demarchi, che molto bene hanno fatto in questi cinque anni di mandato a servizio della famiglia e dei gruppi.
Nell’occasione sono anche cambiati o confermati i responsabili regionali del Collegamento:
- Cinzia e Roberto Vescovo per il Veneto;
- Ernesta e Gianprimo Brambilla per la Lombardia,
- Nicoletta e Corrado Demarchi per il Piemonte,
- Emilia e Elvio Rostagno per la segreteria.
È stato per tutti i partecipanti, nuove e vecchie generazioni, un momento di incontro e di festa, nel giorno del Signore, che anche in questa occasione ci ha accompagnato e illuminato con il suo Spirito.
Con questa nomina, il passaggio generazionale tra la prima guardia e le nuove leve può dirsi concluso.
Ancora grazie a Nicoletta e Corrado, che hanno saputo in questi anni condividere la responsabilità con le altre coppie e hanno saputo creare un gruppo coeso e affiatato, legato da amicizia fraterna.
A tutti coloro che hanno partecipato e a coloro che avrebbero voluto esserci ma non sono potuti venire un grazie di cuore.
Franco Rosada

33-BILANCIO 2013 F&F
Sempre più in rosso!

Carissimi,
Come potete leggere nella tabella sottostante, il bilancio 2013 dell’associazione Formazione e Famiglia, editrice della rivista, è anche quest’anno in passivo.
La cassa non è in rosso solo perché il contributo del 5x1000 verrà speso nel 2014 per il sostegno ai campi estivi
Sottraendolo, restano in cassa meno di 200 €.
Ogni commento mi sembra superfluo.
Solo la vostra generosità, e non è un modo di dire, ci permetterà di continuare nelle nostre attività, in primo luogo la rivista e i campi estivi.
Da parte nostra faremo il possibile, l’impossibile lo lasciamo al buon Dio che saprà provvedere.
Grazie,
il Presidente Noris Bottin

34-PER CONCLUDERE

Signore, aiutaci a rinnovare sempre il nostro amore di sposi
fa' che viviamo le differenze
come una risorsa e le difficoltà come una sfida.
Rendici capaci di ascolto reciproco
e dacci la forza di essere solidali e concordi
nel compito di genitori che ci hai affidato.
Aiutaci ad essere per i nostri figli immagine
del Tuo amore per noi, un amore attento,
che si prende cura, ascolta e fa crescere.
Fa' che comprendiamo che ognuno dei nostri figli
è unico ed irripetibile
e che a noi spetta di aprirlo al cammino
che hai preparato per lui, ma non di deciderlo.
Aiutaci a vivere nella famiglia la gioia della nostra vocazione,
senza chiuderci in casa ma aprendoci agli altri.
Dacci la forza di perdonarci l'un l'altro,
senza perdere la fiducia reciproca nel momento dell'errore,
la speranza nel momento della prova,
la fede nel momento della fatica,
Tu, Signore, che non smetti mai di essere luce ai nostri passi.
Testo tratto da: P. Boffi- G. Grandis (a cura di): La famiglia cuore della vocazione, Cantagalli Editore, Siena 2012

GF83-EXTRA

C-Educare alla vita buona del Vangelo
Il primato educativo della famiglia

36. Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato.
Educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Molti genitori soffrono, infatti, un senso di solitudine, di inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza. Si tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché la società privilegia gli individui e non considera la famiglia come sua cellula fondamentale.
Padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e, soprattutto, a dire dei “no” con l’autorevolezza necessaria. Il legame con i figli rischia di oscillare tra la scarsa cura e atteggiamenti possessivi che tendono a soffocarne la creatività e a perpetuarne la dipendenza. Occorre ritrovare la virtù della fortezza nell’assumere e sostenere decisioni fondamentali, pur nella consapevolezza che altri soggetti dispongono di mezzi potenti, in grado di esercitare un’influenza penetrante.
La famiglia, a un tempo, è forte e fragile. La sua debolezza non deriva solo da motivi interni alla vita della coppia e al rapporto tra genitori e figli. Molto più pesanti sono i condizionamenti esterni: il sostegno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte del grave problema demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavorativo con la vita familiare, a prendersi cura dei soggetti più deboli, a costruire rapporti sereni in condizioni abitative e urbanistiche sfavorevoli.
A ciò si aggiunga il numero crescente delle convivenze di fatto, delle separazioni coniugali e dei divorzi, come pure gli ostacoli di un quadro economico, fiscale e sociale che disincentiva la procreazione. Non si possono trascurare, tra i fattori destabilizzanti, il diffondersi di stili di vita che rifuggono dalla creazione di legami affettivi stabili e i tentativi di equiparare alla famiglia forme di convivenza tra persone dello stesso sesso.
Nonostante questi aspetti, l’istituzione familiare mantiene la sua missione e la responsabilità primaria per la trasmissione dei valori e della fede. Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori, promuovendone la competenza mediante corsi di formazione, incontri, gruppi di confronto e di mutuo sostegno.

37. L’educazione alla fede avviene nel contesto di un’esperienza concreta e condivisa. Il figlio vive all’interno di una rete di relazioni educanti che fin dall’inizio ne segna la personalità futura.
Anche l’immagine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita. Di qui l’importanza che i genitori si interroghino sul loro compito educativo in ordine alla fede: «come viviamo la fede in famiglia?»; «quale esperienza cristiana sperimentano i nostri figli?»; «come li educhiamo alla preghiera?». Esemplare punto di riferimento resta la famiglia di Nazaret, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).
Ogni famiglia è soggetto di educazione e di testimonianza umana e cristiana e come tale va valorizzata, all’interno della capacità di generare alla fede propria della Chiesa. A essa sacerdoti, catechisti e animatori devono riferirsi, per una stretta collaborazione e in spirito di servizio.
L’impegno della comunità, in particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per offrire alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri educatori, promuovere il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore casto e responsabile. Una particolare attenzione dovrà essere offerta, inoltre, ai genitori rimasti soli, per sostenerli nel loro compito.
La preparazione al matrimonio deve assumere i tratti di un itinerario di riscoperta della fede e di inserimento nella vita della comunità ecclesiale. Il tempo del fidanzamento può essere valorizzato come un’occasione unica per introdurli alla bellezza del Vangelo, che essi possono percepire in modo più profondo perché la sperimentano nella ricerca di una relazione d’amore. È quindi auspicabile che nelle comunità parrocchiali incontrino coppie mature da cui essere incoraggiate e sostenute nel passo decisivo. La cura delle giovani coppie è altrettanto importante: si tratta di custodire le fasi iniziali della vita coniugale, di farsi loro compagni e di porre le basi di un cammino di formazione che duri per tutta la vita.

38. La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio.
Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare «famiglia di famiglie». Gruppi di sposi possono costituire modelli di riferimento anche per le coppie in difficoltà, oltre che aprirsi al servizio verso i fidanzati e i genitori che chiedono il battesimo per i figli, verso le famiglie segnate da gravi difficoltà, disabilità e sofferenze. Si sente il bisogno di coppie cristiane che affrontino i temi sociali e politici che toccano l’istituto familiare, i figli e gli anziani. Sostenere adeguatamente la famiglia, con scelte politiche ed economiche appropriate, attente in particolare ai nuclei numerosi, diventa un servizio all’intera collettività.

D-XIII convegno nazionale di pastorale giovanile "Tra il porto e l'orizzonte"

Gli atti del convegno disponibili su Internet si trovano all'indirizzo web http://www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/s2magazine/index1.jsp?idPagina=52705
Per visualizzarli serve indicare nel campo mese: febbraio, nel campo anno: 2014 e nel campo parola chiave: convegno

E- La famiglia e il passaggio da una fede dell’infanzia ad una fede personale e matura

di Renzo Bonetti
Mentre preparavo queste riflessioni avevo l’impressione di parlare di cose scontate, anche se ho la sensazione, girando per il mio servizio attraverso l’Italia, che è necessario tornare a proporre questi argomenti con forza, perché purtroppo su di essi c’è molta confusione e approssimazione.
La prima premessa che intendo fare è questa: solo la famiglia che vive una fede matura può aiutare i figli a realizzare il passaggio dalla fede dell’infanzia, dalla fede di appartenenza, alla fede personale e matura.
Non possiamo pensare che una coppia che vive la fede più come appartenenza religiosa che come qualcosa di personale e maturo, possa essere capace di comunicare una fede matura.
E’ una presunzione che rischiano di avere tanti preti e anche laici: illudersi di poter contare per la pastorale su famiglie che, nei fatti, non riescono a vivere la propria fede.
Continuare ad insistere su una certa catechesi a tutti i costi fatta ai ragazzi, senza coinvolgere in un analogo percorso di fede le famiglie, significa votarsi al fallimento.
In questo modo la cresima rischia di essere non il sacramento della confermazione ma quello del congedo, dell’addio alla vita di comunità.
Una seconda premessa: non confondere l’appartenenza religiosa o il rispetto di norme morali essenziali con la fede.
E’ facile vivere la religiosità come appartenenza ad un contesto religioso, come desiderio di avere alcune norme morali di base che garantiscano, in questo mondo che va a gambe all’aria, dei principi di riferimento.
È importante il rispetto per la persona, per la vita, per i genitori, ma queste sono norme morali, non è la religione cattolica! E’ giusto insegnare ai figli a non mentire ma la fede è un’altra cosa.
Fatte queste premesse ecco il primo punto: il fondamento, l’essenza della fede cristiana è credere che Gesù è risorto, è vivo, è presente oggi accanto a me…
Per leggere tutto l’articolo clicca qui!