Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF91 – settembre 2016
ESSERE FAMIGLIA OGGI
L'Esortazione Amoris laetitia

 

Lettere alla rivista
1-LE SITUAZIONI FAMILIARI “FRAGILI”
Tre parole chiave: accompagnare, discernere e integrare

Quando è uscita AL, sembrava che i divorziati risposati avrebbero potuto fare, a certe condizioni, la comunione. Poi non se ne è più parlato. È vero?
Giulio


Risponde mons. Giancarlo Grandis, Docente di Teologia Morale del Matrimonio

La sua domanda nasce dalla comunicazione distorta, o quanto meno riduttiva, diffusa dai mass-media durante i lavori dei due sinodi.
Certamente, rispetto al magistero precedente, AL intende rendere attuale e vivibile nel tempo presente l’insegnamento del Vangelo sui valori perenni dell’amore coniugale attraverso un nuovo linguaggio e una nuova prospettiva di analisi.
Il linguaggio non è più quello rigoroso proprio dell’esposizione dottrinale, ma quello che parte dal vissuto quotidiano della persona chiamata ad un cammino di perfezione.
Papa Francesco è ben attento a mettere in guardia che questo non significa rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio (cfr n. 307); ma invitare ogni coppia, a partire dalla propria situazione concreta, a trovare il proprio modo di partecipare alla vita ecclesiale (cfr n. 297).
La nuova prospettiva di analisi mette in luce che la vita cristiana è un cammino graduale verso la pienezza della verità dell’amore, in altre parole verso la comunione piena con Dio, in Cristo. Essa permette di operare un superamento della logica separatista che distingue i giusti dai peccatori, i “regolari” dagli “irregolari”.
La metodologia pastorale che AL suggerisce è quella di guardare all’ideale partendo dal proprio vissuto, lasciando che esso eserciti su di noi quell’attrazione che ci sollecita a un progressivo cammino di conversione.
È nel contesto di questo orizzonte che AL affronta il problema della integrazione nella vita della Chiesa dei credenti che oggettivamente non vivono la forma ideale del matrimonio cristiano, a partire dalla consapevolezza che “nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!” (n. 297). Nel compito della pastorale di “integrare tutti”, papa Francesco offre ai pastori tre parole chiave: accompagnare, discernere e integrare.
Da questo punto di vista, non si può racchiudere la prassi dell’integrazione in “una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi” (n. 300). Di conseguenza, non ha senso la domanda, posta in generale, se i divorziati risposati possono o non possono accedere ai sacramenti.
Si deve partire dalle singole situazioni concrete, incoraggiando ad un responsabile discernimento personale che permetta di trovare la propria via alla comunione con Dio, “ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (n. 305), che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” (nota 351).
grandis.giancarlo@gmail.com

Dialogo tra famiglie
2-IL VALORE DEL “PER SEMPRE”
La risposta ad un’esigenza profonda di amore “vero”

Mi sembra che Amoris laetitia sia arrivata un po’ in ritardo: ormai i giovani convivono, che senso ha ancora parlare di “per sempre”?
Teresa

La verità del sogno di Dio sulla coppia umana non è cambiata dal momento della creazione: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”, (Gen 1,27) e “i due saranno una carne sola” (Gen 2,24) non è un prodotto a scadenza, qualunque siano le strade che il peccato indica alle persone.
Se l’immagine di Dio è una comunione di persone è chiaro che l’unione tra uomo e donna potrà rompersi quando si romperà tale comunione, cioè MAI!
Oggi pare che l’affermazione del proprio io sia il percorso verso la felicità: l’esatto opposto di quanto propone il Vangelo che non è mai contro la gioia dell’uomo!
Il ‘per sempre’ non parte da un comando esterno: è un discorso di mistica, non di legge, che risponde alla profonda esigenza dell’amore vero, non di quello che, in realtà, è solo un egoismo scambiato a due, dove ognuno, in qualche modo, usa l’altro per stare bene lui. Pensa a quanta letteratura e musica sono nate dalla sofferenza per un amore perduto: questo ci dice quanto il “per sempre” sia insito nel nostro profondo… poi ci sono le paure, le mode, la scarsa catechesi, spesso l’assenza di testimonianza e di educazione alla Fede. Temere un impegno riconosciuto e rinunciare al Sacramento sono una perdita, non una ricerca della gioia!
Anna Lazzarini

Editoriale
3-ESSERE FAMIGLIA OGGI
L’esortazione Amoris laetitia

di Franco Rosada
Come promesso nel numero precedente, sono lieto di potervi presentare l’Esortazione apostolica “Amoris laetitia”. Molti dei contributi presenti in questo numero sono frutto di alcune fortunate coincidenze.
La prima è legata all’arcidiocesi di Torino che, ad inizio maggio, ha organizzato un incontro presso il Centro congressi Santo Volto su Amoris laetitia. In quell’occasione è stato anche presentato motu proprio Mitis Iudex Dominus Jesus sul nuovo processo di nullità matrimoniale.
I due argomenti sono legati, perché la revisione del processo, in termini di semplificazione e maggiore accessibilità, era una delle richieste dei padri sinodali.
La seconda è legata ad un’iniziativa della commissione regionale del Piemonte e della Valle d’Aosta per la pastorale della famiglia sempre su Amoris laetitia. In questo secondo caso sono stati approfonditi il capitolo quarto e ottavo del documento.
Il primo è il cuore dell’Esortazione, la parte più pregante, il secondo la parte più “problematica” perché affronta il tema della fragilità delle relazioni coniugali.
La terza è legata ai nostri amici romani, che mi hanno reso partecipe del loro convegno pastorale diocesano, anche questo incentrato su Amoris laetitia.
Essendo Roma la diocesi del papa, il discorso di apertura è stato tenuto da papa Francesco.
A questi preziosi contributi segue, nel numero, la presentazione sintetica dei nove capitoli in cui si articola il documento.
Qui mi sono fatto “aiutare” dalla presentazione dell’esortazione fatta da padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, dal libro di don Maurizio Gronchi, consultore al Sinodo, e dalle catechesi che papa Francesco ha tenuto sulla famiglia; tutto questo senza dimenticare le catechesi di Giovanni Paolo II e la sua Esortazione Familiaris consortio.
Mi auguro che quanto contenuto in questo numero possa essere uno strumento valido per il prossimo anno pastorale dei gruppi anche se il mio personale invito è quello di prendere “di petto” l’Esortazione e leggerla e pregarla dalla prima all’ultima pagina.
formazionefamiglia@libero.it
P.S. Per ragioni di spazio le relazioni presentate in questo numero sono state molto sintetizzate. I testi integrali sono però, fin da subito, disponibili sul sito dei gruppi famiglia all’indirizzo: www.gruppifamiglia.it/anno 2016/amorislaetitia.htm

4-LA CURA DELLE FAMIGLIE FERITE

Il Vangelo di Gesù è l’annuncio pasquale dell’amore di Dio che chiama alla sequela. Questo è il cuore della verità della fede. Purtroppo non mancano, anche fra i credenti, coloro che vorrebbero una Chiesa che si presenta essenzialmente come un tribunale della vita e della storia degli uomini.
È una visione unilaterale che dimentica che la Chiesa è stata impegnata dal Signore ad essere coraggiosa e forte proprio nella protezione dei deboli, nel riscatto dei debiti, nella cura delle ferite dei padri e delle madri, dei figli e dei fratelli. A cominciare da quelli che si riconoscono prigionieri delle loro colpe e disperati per aver fallito la loro vita.
La sintesi offerta dal papa nel capitolo dell’Amoris laetitia dedicato alle fragilità chiede un cambio di passo e di stile che tocca la forma stessa della Chiesa.
Questa trasformazione, se è accolta con fede, è destinata a trasformare decisamente lo sguardo con il quale deve essere percepita la Chiesa dei credenti nel passaggio dell’epoca.
I segni forti di questo raddrizzamento di rotta sono almeno due:
• Il matrimonio è indissolubile, ma il legame della Chiesa con i figli e le figlie di Dio lo è ancora di più: perché è come quello che Cristo ha stabilito con la Chiesa, piena di peccatori che sono stati amati quando ancora lo erano. E non sono abbandonati, neppure quando ci ricascano.
• Il secondo segno è la conseguente piena consegna al vescovo di questa responsabilità ecclesiale sapendo che il supremo principio è la salus animarum (un’affermazione solenne che chiude il Codice di Diritto Canonico, ma che spesso viene dimenticata). Il Vescovo è giudice in quanto pastore. E il pastore riconosce le sue pecore anche quando hanno smarrito la strada.
Il papa indica la pista di soluzione con tre verbi: accompagnare, discernere e integrare. In verità, l’intero testo delinea un nuovo asse della vita pastorale della Chiesa che il papa iscrive nell’orizzonte della misericordia, sulla scia della Evangelii Gaudium: una Chiesa dedicata ad accompagnare e integrare tutti, nessuno escluso.
Mons. Vincenzo Paglia. Sintesi della redazione

5-RIFLETTERE SULLA VITA DELLE NOSTRE FAMIGLIE
così come sono e così come si trovano

Come pretendiamo che i giovani vivano la sfida della famiglia, del matrimonio come un dono, se continuamente sentono dire da noi che è un peso?

di papa Francesco*
Vorrei oggi recuperare insieme a voi alcune idee/tensioni-chiave emerse durante il cammino sinodale, che ci possono aiutare a comprendere meglio lo spirito che si riflette nell’Esortazione Amoris laetitia (AL). Questa presentazione di alcune idee/tensioni-chiave, mi piacerebbe farla con tre immagini bibliche che ci permettano di prendere contatto con il passaggio dello Spirito nel discernimento dei Padri Sinodali.

Il roveto ardente
“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo” (Es 3,5). Questo fu l’invito di Dio a Mosè davanti al roveto ardente.
Il terreno da attraversare, i temi da affrontare nel Sinodo, avevano bisogno di un determinato atteggiamento.
Non si trattava di analizzare un argomento qualsiasi; non stavamo di fronte a una situazione qualsiasi. Avevamo davanti i volti concreti di tante famiglie [... ].
Ognuno di noi ha avuto un’esperienza di famiglia. In alcuni casi sgorga il rendimento di grazie con maggior facilità che in altri, ma tutti abbiamo vissuto questa esperienza. In quel contesto, Dio ci è venuto incontro. La sua Parola è venuta a noi non come una sequenza di tesi astratte, ma come una compagna di viaggio che ci ha sostenuto in mezzo al dolore, ci ha animato nella festa e ci ha sempre indicato la meta del cammino (AL 22).
Questo ci ricorda che le nostre famiglie, le famiglie nelle nostre parrocchie con i loro volti, le loro storie, con tutte le loro complicazioni non sono un problema, sono una opportunità che Dio ci mette davanti. Opportunità che ci sfida a suscitare una creatività missionaria capace di abbracciare tutte le situazioni concrete, nel nostro caso, delle famiglie romane. Non solo di quelle che vengono o si trovano nelle parrocchie – questo sarebbe facile, più o meno –, ma poter arrivare alle famiglie dei nostri quartieri, a quelli che non vengono.
Questo incontro ci sfida a non dare niente e nessuno per perduto, ma a cercare, a rinnovare la speranza di sapere che Dio continua ad agire all’interno delle nostre famiglie. Ci sfida a non abbandonare nessuno perché non è all’altezza di quanto si chiede da lui. E questo ci impone di uscire dalle dichiarazioni di principio per addentrarci nel cuore palpitante dei quartieri romani e, come artigiani, metterci a plasmare in questa realtà il sogno di Dio, cosa che possono fare solo le persone di fede, quelle che non chiudono il passaggio all’azione dello Spirito, e che si sporcano le mani. Riflettere sulla vita delle nostre famiglie, così come sono e così come si trovano, ci chiede di toglierci le scarpe per scoprire la presenza di Dio. Questa è una prima immagine biblica. Andare: c’è Dio, lì. Dio che anima, Dio che vive, Dio che è crocifisso… ma è Dio.

La preghiera del fariseo
La seconda immagine biblica è quella del fariseo, quando pregando diceva al Signore: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano” (Lc 18,11).
Una delle tentazioni (cfr AL 229) alla quale siamo continuamente esposti è avere una logica separatista. Per difenderci, crediamo di guadagnare in identità e in sicurezza ogni volta che ci differenziamo o ci isoliamo dagli altri, specialmente da quelli che stanno vivendo in una situazione diversa. Ma l’identità non si fa nella separazione: l’identità si fa nell’appartenenza. La mia appartenenza al Signore: questo mi dà identità. Non lo staccarmi dagli altri perché non mi “contagino”.
Considero necessario fare un passo importante: non possiamo analizzare, riflettere e ancor meno pregare sulla realtà come se noi fossimo su sponde o sentieri diversi, come se fossimo fuori dalla storia. Tutti abbiamo bisogno di convertirci, tutti abbiamo bisogno di porci davanti al Signore e rinnovare ogni volta l’alleanza con Lui e dire insieme al pubblicano: Dio mio, abbi pietà di me che sono un peccatore! Con questo punto di partenza, rimaniamo inclusi nella stessa “parte” – non staccati, inclusi nella stessa parte – e ci poniamo davanti al Signore con un atteggiamento di umiltà e di ascolto.
Giustamente, guardare le nostre famiglie con la delicatezza con cui le guarda Dio ci aiuta a porre le nostre coscienze nella sua stessa direzione. L’accento posto sulla misericordia ci mette di fronte alla realtà in modo realistico, non però con un realismo qualsiasi, ma con il realismo di Dio [...].
Il realismo evangelico si sporca le mani perché sa che “grano e zizzania” crescono assieme, e il miglior grano – in questa vita – sarà sempre mescolato con un po’ di zizzania. “Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, ‘non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada’ ”. Una Chiesa capace di “assumere la logica della compassione verso le persone fragili e di evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare (cfr Mt 7,1; Lc 6,37)” (AL 308) [...].

Essere profeti
La terza immagine biblica è tratta dal libro di Gioele: “Gli anziani faranno sogni profetici, i giovani avranno visioni” (cfr Gl 3,1). Con questa terza immagine vorrei sottolineare l’importanza che i Padri sinodali hanno dato al valore della testimonianza come luogo in cui si può trovare il sogno di Dio e la vita degli uomini. In questa profezia contempliamo una realtà inderogabile: nei sogni dei nostri anziani molte volte risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, abbiano nuovamente un futuro, abbiano un domani, abbiano una speranza [...].
Come società, abbiamo privato della loro voce i nostri anziani – questo è un peccato sociale attuale! –, li abbiamo privati del loro spazio; li abbiamo privati dell’opportunità di raccontarci la loro vita, le loro storie, le loro esperienze. Li abbiamo accantonati e così abbiamo perduto la ricchezza della loro saggezza. Scartandoli, scartiamo la possibilità di prendere contatto con il segreto che ha permesso loro di andare avanti. Ci siamo privati della testimonianza di coniugi che non solo hanno perseverato nel tempo, ma che conservano nel loro cuore la gratitudine per tutto ciò che hanno vissuto (cfr AL 38).
Questa mancanza di modelli, di testimonianze, questa mancanza di nonni, di padri capaci di narrare sogni non permette alle giovani generazioni di “avere visioni”. E rimangono fermi. Non permette loro di fare progetti, dal momento che il futuro genera insicurezza, sfiducia, paura. Solo la testimonianza dei nostri genitori, vedere che è stato possibile lottare per qualcosa che valeva la pena, li aiuterà ad alzare lo sguardo. Come pretendiamo che i giovani vivano la sfida della famiglia, del matrimonio come un dono, se continuamente sentono dire da noi che è un peso? Se vogliamo “visioni”, lasciamo che i nostri nonni ci raccontino, che condividano i loro sogni, perché possiamo avere profezie del domani [...].

Per concludere
Le tre immagini chi vi ho presentato ci ricordano come “la fede non ci toglie dal mondo, ma ci inserisce più profondamente in esso” (AL 181). Non come quei perfetti e immacolati che credono di sapere tutto, ma come persone che hanno conosciuto l’amore che Dio ha per noi (cfr 1Gv 4,16).
E in tale fiducia, con tale certezza, con molta umiltà e rispetto, vogliamo avvicinarci a tutti i nostri fratelli per vivere la gioia dell’amore nella famiglia. Con tale fiducia rinunciamo ai “recinti” “che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza” (AL 308). Questo ci impone di sviluppare una pastorale familiare capace di accogliere, accompagnare, discernere e integrare. Una pastorale che permetta e renda possibile l’impalcatura adatta perché la vita a noi affidata trovi il sostegno di cui ha bisogno per svilupparsi secondo il sogno – permettetemi il riduzionismo – secondo il sogno del “più anziano”: secondo il sogno di Dio.
Papa Francesco
Discorso al Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma, 16 giugno 2016. Sintesi della redazione.

6-AMORIS LAETITIA
Uno sguardo d’insieme sull’Esortazione Apostolica di papa Francesco

Non è possibile accedere a come Dio vuole essere conosciuto se non passando dall’immagine che ne offre la famiglia.
La sapienza degli affetti che non si comprano e non si vendono è la dolce visione del genio familiare. papa Francesco
La dimensione erotica dell’amore è un dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi. papa Francesco

di Andrea Bozzolo*
Amoris laetitia (AL) è un testo ampio, molto ricco e in alcuni punti abbastanza complesso, per cui mi limiterò quindi a fare un’introduzione su alcune questioni fondamentali toccate dal documento.

I criteri di lettura
Questi vanno trovati nel contesto in cui nasce il documento (il Sinodo, il Concilio, il Giubileo) e nell’intenzione fondamentale che lo attraversa.
AL non nasce dal niente ma è l’esito di un lungo cammino sinodale. È significativo che il papa citi molti testi sinodali facendoli propri. Come è significativo che citi molti testi di conferenze episcopali. Tutto questo ci permette di individuare la chiave di lettura che Francesco ci propone, fin dall’inizio dell’esortazione: l’immagine del poliedro (cfr n. 4).
Il papa fin dall’inizio ci aiuta a superare la preoccupazione che uno ha ad accostarsi ad un tema pastorale come la famiglia, poiché in essa ne confluiscono tanti altri, a riconoscere che la realtà è più complessa dell’idea, che ci sono molte sfaccettature.
Francesco fa riferimento anche al Vaticano II dichiarando che “il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri” (n. 126). Come non sentire in queste parole il celebre inizio della GS?
Infine c’è il riferimento al Giubileo della misericordia di cui questa esortazione, per larghi tratti, costituisce un’espressione.
Il testo
Il teologo Sequeri, parlando di AL afferma: “questo testo è un grande racconto, non un grande trattato, si immerge nella realtà umana della famiglia facendo lievitare da questa concreta frequentazione la bellezza della scelta cristiana e della misericordia divina”.
Lo stile del testo è un po’ inedito per un documento del magistero, colpisce per l’aderenza al quotidiano, la capacità di nominare con freschezza e delicatezza quello che la famiglia vive ogni giorno.
L’intenzione
Questo ci conduce alla terza chiave di lettura che a mio giudizio costituisce l’intenzione, forse l’obiettivo più significativo che questo documento porta con sé: l’intenzione verso una Chiesa più familiare perché “il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa” (n. 31).
La famiglia non è prima di tutto un problema a risolvere ma un’energia da attivare, da far fiorire in tutte le sue potenzialità.

Alcune questioni fondamentali
Oggi nella nostra società si soffre contemporaneamente di due cose che parrebbero opposte: dal un lato (cfr n. 34) si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione di fedeltà ma poi, nello stesso tempo, si ha paura del legame, si teme di essere catturati da una relazione che possa rimandare la realizzazione delle aspirazioni immediate.
Di questo paradosso dobbiamo tenere conto nella valutazione pastorale.
Amore coniugale e fecondo
Papa Francesco parla in maniera molto saggia di un amore che non è né romantico né puramente sentimentale. Avrebbe potuto commentare il Cantico dei cantici, come tante volte facciamo noi, e invece sceglie di commentare l’Inno alla carità (1Cor 13), che forse siamo meno abituati a mettere in circolazione quando si tratta di educare all’amore.
Questo è proprio un tema centrale che ritorna in molte pagine ed è il modo con cui Francesco guarda alla realtà dicendo: c’è più tempo che spazio (cfr n. 3). Non si tratta di occupare spazi, di tenere sotto controllo le situazioni, ma camminare, innescare processi e lui legge questo come la caratteristica dell’amore.
L’amore non fa impadronire dell’altro (da adesso è tuo!) ma fa restare continuamente aperti nel riconoscere la sua irriducibile alterità, quella che ci ha affascinato all’inizio, quella a cui abbiamo dedicato la vita; l’amore sa rispettare il mistero che abita ogni persona.
Ci sono persone che si sentono capaci di un grande amore solo perché hanno una grande necessità di affetto, hanno un'emotività accesa e pensano per questo di saper amare; in realtà non sono in grado di lottare per la felicità degli altri, vivono rinchiusi nei propri desideri (cfr n. 145).
Il papa propone una visione dell’amore molto intensa, carica di gioia, ma molto aderente alla realtà senza voli romantici né spiritualistici.
Le esperienze che si fanno in famiglia (coniugalità, fecondità, genitorialità) non sono fatte per essere vissute nel privato, ma devono irradiarsi all’esterno, per immettere nella società e nella Chiesa lo spirito familiare come autentico antivirus di quel peccato mortale che è l’individualismo, peccato che oggi attanaglia il mondo.
Accompagnare, discernere, integrare la fragilità
Su questo tema non è in discussione la dottrina della Chiesa sul divorzio, che non è modificabile; si tratta invece di assumere l’orizzonte storico, rendersi conto che è molto diverso vivere in una società come quella dell’Ottocento. in cui non c’erano leggi divorziste e tutta l’organizzazione sociale era a favore del legame, e l’oggi. Oggi siamo in un contesto culturale completamente capovolto, la nostra forma di organizzazione sociale è penalizzante per qualsiasi legame.
L’obiettivo allora è integrare, far fare un’esperienza gioiosa di appartenenza alla comunità. Non basta che gli interessati sappiano di far parte della Chiesa ma possano, nelle relazioni concrete, sperimentare questa appartenenza.
Non è però possibile integrare senza discernere perché le situazioni sono diversissime. Bisogna quindi discernere ciò che il Vangelo chiede di situazione in situazione e per discernere bene è necessario accompagnare, farsi vicini.
Siamo chiamati come Chiesa ad accompagnare le fragilità.
Il papa usa il termine fragilità perché il linguaggio dell’irregolarità, da solo, è insufficiente a dire la verità sulle situazioni, rischia di essere troppo sbrigativo, perché sotto un'unica etichetta mette cose, esperienze, realtà che sono diversissime tra di loro.
Su questo tema sarà necessario riflettere, interrogarsi, per cercare di tradurlo nella realtà secondo lo spirito del Vangelo e della misericordia.
* salesiano, docente di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica di Milano.
Conferenza del 6 maggio 2016, Centro congressi Santo Volto, Torino.
Testo non rivisto dall’autore. Sintesi della redazione.

7-L’AMORE NEL MATRIMONIO
Un commento al capitolo IV della Amoris laetitia

L’avventura dell’amore è il vero “viaggio di nozze” della vita di coppia.

di Franco Giulio Brambilla*
Per trovare il centro di gravità di Amoris Laetitia suggerisco un’immagine: quando la donna apre la custodia che contiene l’anello di fidanzamento su cui è incastonato un diamante, ammira anzitutto lo sfavillio del gioiello d’incalcolabile valore. Il capitolo IV: L’amore nel matrimonio è il diamante dell’Esortazione Apostolica.

Il “lavoro” dell’amore
Papa Francesco inizia così: “Tutto quanto è stato detto [fino ad ora] non è sufficiente ad esprimere il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore” (n. 89). L’amore va portato alla parola e l’eco che vi risuona è la promessa. La promessa della grazia di agape [l’amore disinteressato] porta a compimento il lavoro di eros [l’amore di attrazione]. Il dono dell’amore è presente come promessa, ma assente come pieno compimento. Ha bisogno che il lavoro di eros sia plasmato dalla grazia di agape.
L’Esortazione svolge una riflessione affascinante sul “lavoro” dell’amore sulla traccia dell’inno all’agape di san Paolo (1Cor 13). Parla dell’amore umano prima che cristiano e suggerisce che l’amore umano è un labor – un cammino e una lotta – che è messo in moto dalla promessa dell’agape cristiana.
Il Papa attribuisce al soggetto (La carità è…) i verbi e le azioni dei sentimenti dell’amore, perché trovino la via per essere lavorati dalla presenza della grazia. Qui sta la “magia” del cammino dell’amore!
In tutte le lingue moderne la parola amore significa sia la passione di eros che il dono dell’altro. Francesco abita senza paura la parola amore, parlando per trenta numeri de “il nostro amore quotidiano” (90-119). È un affascinante affresco del “prodigioso scambio” di eros e agape, nel tessuto della vita d’ogni giorno dell’uomo e della donna. Questo è il diamante di Amoris Laetitia, che brilla della forza libera, sciolta e serena della laetitia francescana.

Educare “eros”
Con fine sapienza pedagogica, il Papa scava nei sentimenti dell’amore e nell’amore come sentimento, per aprire il varco alla grazia di agape, che in-segna a lavorare l’eros in profondità.
Si tratta di un lavoro “artigianale” che deve fondere insieme intuizione e attenzione, passione e dedizione. Egli accompagna con mano paterna e parola amica il cammino dell’uomo e della donna di oggi. È un testo che va centellinato perché apra il cammino della coppia alla divina leggerezza della speranza.
Francesco cerca di stare lontano da due estremi: da un lato, rifugge tutte le idealizzazioni erotiche, fisiche, psichiche e spirituali dell’amore; dall’altro, educa il cuore e il gesto a percepire la promessa dell’altro/a come orizzonte e limite del proprio desiderio. Anzi come territorio della sua liberazione dal godimento consumistico e insaziabile. Solo così l’amore porta la donna e l’uomo nel paese inesplorato della libertà dell’amore.
L’agape lavora fin dal di dentro l’eros umano e lo porta verso vette insospettate. Qui si snoda la sequenza dei verbi di agape. Nelle lingue moderne alcuni sono diventati predicati nominali (la carità è… paziente, benigna è la carità, non è invidiosa, ecc.), ma nel testo originale sono tutti predicati verbali [p.e. la carità pazienta]. Indicano azioni passive e attive, declinate in positivo e in negativo per inscenare il prodigioso scambio di eros e agape. L’agape è il dono che rende paziente, benevolo, non invidioso, non vanaglorioso l’ardimento di eros. Gli lascia tutto il suo azzardo, la sua passione, il suo struggente desiderio di possedere, ma lo libera dal sogno di consumare l’altro, perché alla fine porterebbe alla consunzione di sé.
La pazienza, la benevolenza, la guarigione dell’invidia, la lotta all’orgoglio, l’amabilità, il distacco generoso, il perdono, la gioia condivisa, l’empatia, la fiducia, la speranza nell’altro, l’affronto delle contrarietà, sono come la scala di Giacobbe (cfr Gen 28,12) che unisce la terra dell’eros con il cielo dell’agape (nn. 91-119). Noi usiamo concetti astratti, Francesco guida con la parola suadente a percorrere le vie del cuore e le strade della vita, perché quei sentimenti si lascino “lavorare” dalla grazia di agape […].
L’avventura dell’amore è il vero “viaggio di nozze” della vita di coppia. Il capitolo IV è il cuore dell’Esortazione che fa brillare il diamante de “il nostro amore quotidiano”!

La “più grande amicizia”
[…] Con realismo papa Francesco nel seguito del capitolo svolge il cammino storico dell’amore (nn. 120-162) e le sue trasformazioni (163-164). Egli afferma, infatti, che “non si deve gettare sopra due persone il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa” (n. 122). Tra l’amore di Cristo per la sua Chiesa e il rapporto uomo donna esisterà sempre un’asimmetria invalicabile e un insopprimibile rimando.
Per questo il Papa nel bel n. 123 sulla scorta di Tommaso definisce l’amore coniugale come “la più grande amicizia” (maxima amicitia). Nel rapporto uomo donna la differenza assume i tratti della sponsalità esclusiva e dell’apertura al definitivo.
Secondo le parole di san Bellarmino ciò non può accadere “senza un grande mistero” (n. 124) [...].
Lo sguardo di papa Francesco sulla “drammatica” dell’amore arricchisce la famiglia dell’eloquenza di gesti affascinanti. La vicenda di una coppia e la generazione dei figli deve viaggiare tra le false idealizzazioni e le cadute deprimenti. È un’armonia di note che risuonano nella vita della famiglia […].

Le trasformazioni dell’amore
Infine, corona questo capitolo-gioiello un cenno (nn. 163-164) sulle “trasformazioni dell’amore”. Se l’amore è un labor, un cammino e una lotta, esso è soggetto alla trasformazione delle sue figure. Solo l’assolutizzazione della forma romantica dell’innamoramento, spesso con fantasmi fortemente adolescenziali, produce un’esaltazione e un’idealizzazione dei modi dell’amore.
Papa Francesco racconta le cose essenziali sui cambiamenti dell’amore.
Anzitutto, il prolungamento della vita prospetta un mutamento della relazione intima e del senso di appartenenza per più decenni successivi, spostandosi dal desiderio sessuale al sentimento di complicità. Occorre sviluppare altri tipi di appagamento che rendono capaci di godere le diverse età della vita, la generazione dei figli, e la ripartenza con la venuta dei nipoti.
Infine, la fedeltà al proprio progetto di vita genera forme simboliche di condivisione che talvolta si scoprono soprattutto con la perdita del partner.
Un testo sintetico dice bene la capacità di realizzare la totalità, talvolta debordante dell’amore erotico, nella dedizione profonda dell’amore di benevolenza.
Rileggiamo questo brano:
“Ci si innamora di una persona intera con una identità propria, non solo di un corpo, sebbene tale corpo, al di là del logorio del tempo, non finisca mai di esprimere in qualche modo quell’identità personale che ha conquistato il cuore. Quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza di tale identità, il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore, e l’affetto non scompare. Riafferma la sua decisione di appartenere ad essa, la sceglie nuovamente ed esprime tale scelta attraverso una vicinanza fedele e colma di tenerezza. La nobiltà della sua decisione per essa, essendo intensa e profonda, risveglia una nuova forma di emozione nel compimento della missione coniugale” (Amoris laetitia n. 164).
Proprio nelle trasformazioni dell’amore la grazia di agape è capace di attivare il lavoro di eros, attraverso la feconda gestazione dell’“amicizia più grande”. Eros, philía [amicizia] e agape celebrano la loro danza circolare nella fecondità di un cammino che s’irradia sui sentieri della vita. Questa sintesi dell’amore è il riverbero della pericoresi trinitaria nella storia, non un suo facile rispecchiamento, né solo un trionfale inveramento, ma la sua “incarnazione” nella relazione tra l’uomo e la donna.
In sintesi, potremmo dire che charitas salutis cardo [la carità è il cardine della salvezza].
Se all’inizio Dio “uomo e donna li creò” nella tenerezza preveniente del dono, la misericordia di Cristo “uomo e donna li unirà” nel cammino con cui la grazia di agape porta a pienezza il lavoro di eros.
Solo affidandosi alla relazione promettente nell’attraversamento del deserto della vita, l’uomo e la donna entreranno nella terra promessa in cui scorre in abbondanza la gioia.
* Vescovo di Novara, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana
Tratto da: L'Osservatore Romano, 22 aprile 2016 e 16-17 maggio 2016

8-ACCOMPAGNARE, DISCERNERE E INTEGRARE LA FRAGILITÀ
Un commento al capitolo VIII della Amoris laetitia

Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Amoris laetitia n. 297
Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio.
l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Evangelii gaudium n. 47

di Eugenio Zanetti*
In Amoris laetitia sono diverse le situazioni familiari considerate e ritenute “complesse”: dalle semplici convivenze alle nuove unioni, anche se l’attenzione maggiore è dedicata alle cosiddette situazioni “irregolari”, soprattutto quelle dei divorziati risposati.

Serve consapevolezza
“Alcune situazioni non realizzano oggettivamente la concezione [cristiana] del matrimonio” (n. 303).
I fedeli che sono in queste situazioni di vita sono chiamati a maturare la consapevolezza (cfr n. 298) di essere in condizioni non sempre, non del tutto o non ancora corrispondenti alla proposta evangelica, soprattutto quando si tratta di situazioni irregolari.
Scrive Francesco: “Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata [...] ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio” (n. 303).

Serve misericordia
L’accoglienza di questi fratelli nella Chiesa deve essere animata dalla misericordia di Dio, senza escludere nessuno, ma accompagnando tutti tenendo presente le esigenze concrete, soprattutto in questo anno giubilare della misericordia (cfr n. 309).
Anche le persone che vivono in situazioni cosidette irregolari non sono da ritenersi degli “scomunicati”, ma continuano ad essere membri della comunità ecclesiale (cfr n. 299).
“Come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della comunità, come se fossero scomunicati? Si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli, in queste situazioni, già si trovano a dover portare!” (n. 246).

Serve discernimento
La parola d’ordine del documento, oltre a quella dell’accompagnamento, è quella del “discernimento” “personale e pastorale”, che non è direttamente e solamente in vista dell’accesso o meno ai sacramenti, ma più globalmente in vista di un ripensamento della propria vita e del proprio cammino di fede, in modo adeguato alle diverse situazioni; si tratta quindi di un “discernimento pratico” (cfr n. 304).
Questo discernimento deve saper articolare sapientemente il rapporto fra norma generale/ideale/naturale e situazione particolare/concreta (cfr n. 298). Così pure occorre valutare il grado di responsabilità o imputabilità avuto in rapporto alla situazione oggettivamente negativa perché: “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” (n. 300).
Nel discernimento quindi vanno tenute in conto situazioni/condizionamenti che potrebbero evidenziare delle attenuanti circa la responsabilità/imputabilità soggettiva perché, “come si sono bene espressi i Padri sinodali, possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione” (n. 301).

Serve accompagnare
Tutto questo cammino di discernimento deve dunque essere svolto con pazienza, seguendo la “pedagogia divina” (cfr n. 78).
Il fine è quello di aiutare i fedeli, attraverso un accompagnamento spirituale, a maturare in loro la consapevolezza della loro situazione e quindi ad individuare il bene che è loro possibile ed anche richiesto. Infatti “il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere” (n. 300).

Un discernimento dinamico
Il discernimento sulla propria situazione a cui è chiamato il fedele deve essere svolto in modo dinamico seguendo alcuni criteri di rivisitazione del proprio vissuto. Ci possono essere situazioni più positive ed altre più negative, sia circa il passato (separazione) sia circa il presente (convivenza o nuova unione), sia in rapporto alla vita personale o familiare, sia in rapporto alla vita ecclesiale.
“Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe [...].
Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari” (n. 298).
Tale cammino di discernimento, proprio perché rivolto a tutto il proprio vissuto e posto nella prospettiva fondamentale del cammino di fede, non è mai concluso, anzi apre la coscienza ad una maturazione sempre maggiore (cfr n. 303).

Gli aiuti ecclesiali
Nel cammino di crescita della fede, attraverso un serio ed equilibrato discernimento sul proprio vissuto, questi fedeli ricevono dalla Chiesa gli aiuti necessari, in cui potrebbero essere compresi anche quelli sacramentali.
Papa Francesco, infatti, ricorda che “l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (n. 305, nota n. 351. Cfr. Evangelii gaudium n. 47).

Il ruolo della comunità
Un’altra parola chiave del cap. VIII è “integrare la fragilità”; ovviamente in riferimento al ruolo di questi fedeli nella comunità.
Scrive Francesco: “nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino” (n. 297).
Strettamente collegato al tema dell’integrazione in comunità è l’argomento degli “incarichi ecclesiali”: nella disciplina vigente per i divorziati risposati vi sono alcune limitazioni.
L’Esortazione non dà ulteriori precisazioni, anche se fa intendere che vi possano essere delle revisioni; in ogni caso anche questi fedeli possono svolgere servizi utili per la comunità ( cfr n. 299).
Per quanto riguarda i separati/divorziati che permangono nella fedeltà al loro matrimonio, vi è poi l’importanza di riconoscere e valorizzare la loro testimonianza e insieme di sostenere il loro cammino (cfr n. 242).

In conclusione
Il dato fondamentale e ormai acquisito è l’atteggiamento ecclesiale da avere nei confronti di questi fratelli: carità nella verità; e quindi attenzione ed accompagnamento che ormai deve far parte dei capitoli della pastorale familiare. In questi termini concreti si realizza un vero spirito di misericordia.
Questo tempo, dopo la pubblicazione dell’Esortazione, dovrebbe servire all’analisi e all’approfondimento degli orientamenti offerti dal Papa, a livello nazionale o almeno regionale.
Il fine di tale accompagnamento/discernimento non è immediatamente l’accesso o meno ai sacramenti, ma più globalmente il proprio cammino di fede, il proprio rapporto col Signore nella Chiesa: moralità e santità.
Tutto ciò esige quindi la proposta (della Chiesa) e l’adesione (di questi fedeli) ad itinerari spirituali non solo ordinari (in parrocchia), ma anche specifici (es.: percorsi prematrimoniali adatti a conviventi o sposati solo civilmente; percorsi per separati, divorziati o risposati, come già avviene in tante diocesi). Non si tratta di imporre nuovi fardelli, ma di dare serietà all’azione pastorale e di venire incontro alle domande profonde ed effettive di questi fratelli, col tempo che ciò esige.
Durante questi itinerari, da calibrarsi a seconda delle situazioni e delle concrete possibilità, si pone anche la valutazione circa l’accesso ai sacramenti (Confessione e Comunione), come mezzi/aiuti nel proprio cammino di fede… che deve continuare sempre.
Sta qui il chiarimento più nuovo offerto dall’Esortazione, che certamente tiene conto del valore dei mezzi sacramentali necessari per un cammino di fede, per evitare di perderne l’importanza o di avviare delle vie per così dire alternative.
*Vicario giudiziale della diocesi di Bergamo, responsabile del gruppo “La casa”.
Sintesi redazionale del testo fornito dall’autore.

9-IL SIGNORE GESÙ giudice misericordioso
Il nuovo processo di nullità matrimoniale

Si capisce la riforma del processo di nullità solo se la si legge nell’insieme del percorso sinodale che ha portato all’Amoris laetitia.
Un argomento da conoscere perché coinvolge la pastorale familiare.

di Alessandro Giraudo*
Un matrimonio nullo è un fatto di particolare gravità che non coincide con la semplice constatazione che quel matrimonio sia fallito.

Come si è giunti alla riforma
Con la consultazione voluta da Francesco tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 in vista del Sinodo sulla famiglia, emersero da diverse parti richieste per una semplificazione del processo e una maggiore accessibilità, oltre all’eventuale gratuità, delle cause. Tali posizioni furono raccolte e sintetizzate nei n. 48 e 49 della Relatio finale dell’Assemblea straordinaria del Sinodo dell’ottobre 2014.
Nel frattempo, il 27 agosto 2014 Papa Francesco istituì una nuova commissione con il compito di studiare la riforma del processo di nullità da cui scaturì il motu proprio Mitis Iudex Dominus Jesus, che entrò in vigore l’8 dicembre scorso.
L’argomento fu così sottratto alle successive discussioni del Sinodo, e se ne trova cenno solo nel n. 244 dell’esortazione postsinodale Amoris laetitia. Ma si capisce la riforma del processo di nullità solo se la si legge nell’insieme del percorso sinodale che ha portato all’Amoris laetitia.
La riforma risponde, quindi, allo stesso sguardo sulla ricchezza del matrimonio e della famiglia, e sulla necessità di formazione, custodia, accoglienza e vicinanza che muove l’azione pastorale della Chiesa verso le coppie e le famiglie.

I principi della riforma
Il motu proprio riscrive ben 21 canoni del Codice, quelli del titolo dedicato ai processi per la dichiarazione di nullità del matrimonio, per cui non si affianca semplicemente alla normativa precedente, ma la riforma del tutto.
I principi intorno a cui ruota la riforma del processo sono sostanzialmente due: la preoccupazione della salvezza delle anime, e “l’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale”.
Le nuove disposizioni sono state emanate non per favorire la nullità del matrimonio, ma per garantire “la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità”. Non si introducono, quindi, nuovi capi di nullità.

Le novità entrate in vigore
La prima di queste è costituita dall’introduzione, a fianco delle due procedure esistenti – il processo ordinario e il processo documentale – del processo più breve. Questa è la più grande e significativa novità della riforma.
Si applica quando entrambe le parti siano concordi nel chiedere tale procedura e la nullità sia evidente, cioè non siano necessari particolari approfondimenti istruttori.
Ha tempi e soggetti ben determinati. Lo accetta il Vicario Giudiziale del tribunale competente, che lo affida a un istruttore incaricato di raccogliere le prove in un’unica sessione e di esprimere il suo parere sulla fondatezza della nullità, insieme a quello di un assessore. Raccolto anche il parere del Difensore del Vincolo, il Vescovo come giudice emette la sentenza, la scrive e la notifica alle parti.
Se il Vescovo non è convinto della nullità, non emette una sentenza negativa, ma rinvia la causa al processo ordinario, così che siano approfonditi i punti complessi o incerti.
La durata del processo può andare da un minimo di circa 60 giorni, fino a pochi mesi a seconda dei tempi di lavoro dell’istruttore, del Difensore del vincolo e del Vescovo.

La preparazione della richiesta di una causa
Nelle Regole procedurali si dedica ampio spazio all’azione di accompagnamento delle coppie separate e al percorso, chiamato indagine pre-giudiziale o pastorale, che, con l’aiuto di figure diverse che vanno dal parroco agli specialisti del diritto, possa condurre alla presa di coscienza dei motivi della nullità e alla formulazione dell’istanza (libello) per introdurre la causa al tribunale competente.
L’importanza di questo percorso è richiamata al n. 244 dell’Amoris laetitia, dove si ribadisce la necessità di “mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale”.

La formazione degli operatori
La formazione non è una novità anche se l’applicazione di una riforma così radicale richiede un profondo rinnovamento in tutti gli operatori, nell’ambito giuridico e pastorale, perché lo stesso Francesco ha ribadito che i provvedimenti da lui voluti “hanno un obiettivo eminentemente pastorale: mostrare la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale”.
Si tratta di attuare una rinnovata azione giuridica che non perda di vista la sua natura ecclesiale, si spogli di tutto ciò che diventa ostacolo all’accoglienza del “legittimo desiderio di giustizia” di molti fedeli, e sia capace di un vero ”servizio di giustizia e di carità alle famiglie”.
Accanto, quindi, alla preparazione “di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale” (Amoris laetitia, n. 244), sarà necessario pensare a una variegata formazione rivolta a diversi operatori.
Penso ai sacerdoti nella loro formazione permanente; penso, allo stesso modo, ai tanti laici che sono impegnati nella pastorale familiare, oppure in forme più specialistiche di accompagnamento, come coloro che mettono a disposizione tempo e competenze nei consultori di ispirazione cattolica.

Il tribunale competente
Nella riforma voluta da Papa Francesco cambiano i criteri di individuazione del tribunale competente. Ora il nuovo can. 1672 pone sullo stesso piano il tribunale del luogo del matrimonio, del domicilio o quasi-domicilio canonico di una delle due parti, il luogo dove si dovranno cercare la maggior parte delle prove. Questa scelta risponde al principio della “prossimità” tra i fedeli e il giudice, così che non ci siano troppi impedimenti all’accesso al tribunale più vicino e sia possibile sperimentare un fattivo collegamento tra il tribunale e la pastorale familiare diocesana.

Il valore delle dichiarazioni delle parti
Tra le tante novità più tecniche previste dalla riforma segnalo il cambiamento introdotto dal nuovo can. 1678 riguardo al valore delle dichiarazioni delle parti.
Si è passati dal sospetto (Codice del 1917), per cui le affermazioni delle parti non facevano prova perché interessate, alla benevolenza (Codice del 1983), per cui potevano fare prova laddove supportate anche solo da indizi, alla possibilità che da sole facciano prova piena, quando non ci siano elementi che le confutino e sia provata la credibilità delle parti stesse.
Questo cambiamento risponde alla giusta attenzione alle persone, che sono chiamate a loro volta a rispondere in coscienza delle proprie affermazioni e che dovrebbero accostare la causa di nullità per vedere accertata la verità sostanziale, di cui sono loro in primo luogo i soli protagonisti e testimoni, senza cedere alla tentazione di deformare tale verità per l’ottenimento di un interesse personale.
Proprio l’attuazione dei percorsi di accompagnamento e di indagine pre-giudiziale sarà un valido strumento per aiutare le parti a prendere coscienza della propria vicenda e del valore della nullità, creando occasioni per smorzare le contrapposizioni e per giungere a purificare le intenzioni e gli interessi che motivano la scelta di rivolgersi al tribunale ecclesiastico.
* docente di Diritto canonico alla
Facoltà Teologica di Torino e vicario giudiziale al Tribunale ecclesiastico del Piemonte.
Conferenza del 6 maggio 2016, Centro congressi Santo Volto, Torino. Sintesi della redazione.

10-1. ALLA LUCE DELLA PAROLA

Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa.
Ecco com'è benedetto l'uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!
Sal 128,1- 6

La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr Gen 4), fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’Agnello (cfr Ap 21,2.9).
Papa Francesco AL n.9

Nel primo capitolo della AL papa Francesco inizia la sua riflessione partendo dalle narrazioni della Bibbia sulla famiglia.
Ne emerge che la famiglia non è un ideale astratto ma un compito “artigianale” (AL16) che si esprime nella tenerezza (cfr AL28) ma che si è confrontato con il peccato fin dall’inizio, quando la relazione di amore si è trasformata in dominio (cfr AL19).
Allora la Parola di Dio “non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino” (AL22).
Antonio Spadaro

Per guidare i lettori alla riflessione proponiamo un commento al salmo 128, che fa da filo conduttore a tutto il capitolo.
Ci serviamo del commento di Noël Quesson: Il messaggio dei salmi, edito da Borla negli anni ‘80.
Questo salmo ci presenta un delizioso idilio pieno di semplicità e di freschezza. È un quadro di “felicità familiare” di una famiglia modesta nel suo intimo: in essa si vive nella pietà, nel lavoro manuale, e nell’amore filiale e coniugale.
Per Israele l’uomo “giusto” è destinato ad essere felice e ricompensato già in questa vita con la sua piena realizzazione umana.
Si tratta di una felicità troppo terra terra? Se pensiamo così è perché viviamo uno spiritualismo disincarnato.
Il pensiero biblico è invece molto realista e afferma che Dio ci ha fatto per la gioia, fin da quaggiù.
Entriamo ora nel cuore del salmo.
L’amore umano è una cosa buona, creata e voluta da Dio.
Si può pregare questo salmo in dialogo con la persona amata, pregare per la sua felicità, pregare perché essa “ami”.
Le due immagini, la vite e l’ulivo, sono evocatrici di gioia: sono i due alberi da frutto tipici del vicino oriente, che danno il vino e l’olio.
L’immagine dei figli “intorno alla tavola” può aiutarci a pregare per i nostri figli, per la loro unione fraterna, perché non si inaspriscano i conflitti tra figli e genitori.
La felicità di Gerusalemme condiziona la felicità di ogni famiglia d’Israele. Nessuna persona, nessuna famiglia deve costruire la propria felicità contro quella degli altri.
La dimensione sociale dell’esistenza umana è costantemente sottolineata nella Bibbia: io prego per il mio paese, per la città nella quale vivo, per i miei concittadini.
Questo salmo ci invita a riscoprire la lode e le preghiera gioiosa: la preghiera che si rallegra perché “le cose vanno bene” e sa dire grazie.

11-2. LA REALTÀ E LE SFIDE DELLE FAMIGLIE

Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Sal 127

Il ritmo della vita attuale, lo stress, l’organizzazione sociale e lavorativa, sono fattori culturali che mettono a rischio la possibilità di scelte permanenti (AL33).
Si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali (AL34).
Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale (AL35).
Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo (AL36).
Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita.
Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti [...]
Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle (AL37).

Nel secondo capitolo il Papa considera la situazione attuale delle famiglie, tenendo “i piedi per terra” e affrontando alcune sfide: dal fenomeno migratorio alla negazione ideologica della differenza di sesso; dall’attenzione alle persone con disabilità al rispetto degli anziani; dalla decostruzione giuridica della famiglia alla violenza nei confronti delle donne. E lo fa insistendo sulla concretezza e sul realismo.
Antonio Spadaro

LA DECOSTRUZIONE DELLA FAMIGLIA
Decostruire, smontare, fare a pezzi: queste sembrano le parole d’ordine di parte della cultura contemporanea.
Si è decostruito il linguaggio: quindi è meglio p.e. parlare di “salute della donna” anziché di aborto, di “qualità della vita” anziché di eutanasia.
Si è decostruita la persona: chi sono io? Maschio, femmina o un po’ l’uno e un po’ l’altro? È la questione del gender e del transgender ma, molto più banalmente, è vivere una “sessualità mordi e fuggi”.
Si è decostruita la famiglia: ci si sta insieme finché va bene e poi ci si lascia, i figli sono un optional, meglio un cane o due gatti. E, se ci sono figli, questi impareranno ad avere due “papà”, oppure due “mamme”, nuovi ”fratelli”, una complicata rete parentale e, quando va male, essere contesi tra i due genitori.  FR

IL PRIMATO DELLA COSCIENZA
La coscienza è la capacità che consente all'uomo di emettere un giudizio pratico circa la moralità dei suoi atti individuali.
In altre parole, la coscienza fa sentire la soddisfazione per il bene compiuto e il rimorso per il male fatto.
La coscienza però va educata e formata. Conta molto l'educazione ricevuta, l’ambiente in cui si è cresciuto e le scelte di vita fatte.
Cosa vuol dire quindi agire “secondo coscienza” per la Chiesa?
“Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente” (AL222).

12-3. LO SGUARDO RIVOLTO A GESÙ:
la vocazione della famiglia”

Il discernimento della presenza dei semina Verbi nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare. Amoris laetitia n.77

Davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre nuovamente risuonare il primo annuncio [l’annuncio pasquale], che è il “più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo il più necessario” (AL58).
Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita.
Infatti, non si può neppure comprendere pienamente il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo, il quale si è donato sino alla fine ed è vivo in mezzo a noi.
Perciò desidero contemplare Cristo vivente che è presente in tante storie d’amore, e invocare il fuoco dello Spirito su tutte le famiglie del mondo (AL59).
Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione (AL79).

Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia.
Questo capitolo è importante perché illustra in maniera sintetica, in 30 paragrafi, la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto riguardo al tema dell’indissolubilità e alle situazioni “imperfette”.
Antonio Spadaro

SITUAZIONI IMPERFETTE
I “semina Verbi” sono i semi che l’azione di Cristo sparge nella storia.
Il Verbo si è manifestato in pienezza in Gesù di Nazareth ma è presente da sempre: “per mezzo di Lui tutte le cose sono state create” recita il Credo.
Questa idea, presente nei Padri della Chiesa, permise al Cristianesimo di inculturarsi presso le società pagane del tempo, cogliendo gli elementi positivi in esse presenti.
Ma, nel tempo, questo concetto cadde in disuso, perché si ritenne che “extra ecclesia nulla salus”, che solo nella Chiesa ci poteva essere salvezza.
A partire dal Vaticano II il concetto dei “semina Verbi” è stato rivalutato (cfr Ad Gentes, n.11).
Francesco lo usa in questo capitolo per parlare di quelle realtà familiari “che partecipano alla vita [della Chiesa] in modo imperfetto” e a cui la Chiesa è chiamata a volgersi con amore.  FR

L’EDUCAZIONE DEI FIGLI
La vita oggi è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi. Molti genitori sono “sequestrati” dal lavoro [...] e si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare.
Il problema, però, non è solo parlare.
Anzi, un “dialoghismo” superficiale non porta a un vero incontro della mente e del cuore. Chiediamoci piuttosto: cerchiamo di capire “dove” i figli veramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vogliamo sapere? Siamo convinti che essi, in realtà, non aspettano altro?
Papa Francesco, 20 maggio 2015

13-4. L’AMORE NEL MATRIMONIO

La carità è paziente, benevola è la carità;
non è invidiosa, non si vanta,
non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse,  non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.
1 Cor 13,4-7

Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la “più grande amicizia”. È un’unione che possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia [...] a cui aggiunge un’esclusività indissolubile, che si esprime nel progetto stabile di condividere e costruire insieme tutta l’esistenza [...] Nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo (AL123).
Perché tale amore possa [...] mantenersi fedele nonostante tutto, si richiede il dono della grazia che lo fortifichi e lo elevi (AL124).

Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’inno dalla carità di 1Cor 13,4-7.
Il capitolo è una vera e propria esegesi puntuale, ispirata e poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una collezione di frammenti di un discorso amoroso che è attento a descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti.
Si resta colpiti dalla capacità di introspezione psicologica che segna tale esegesi, introspezione che entra nel mondo delle emozioni dei coniugi - positive e negative - e nella dimensione erotica dell’amore.
Antonio Spadaro

EROS E AGAPE
Il “Cantico dei cantici” ci parla in modo autentico del voto umano dell’eros, ma anche dei suoi limiti e del suo termine.
Il libro ci presenta la ricerca piena di nostalgia e il reciproco ritrovarsi degli sposi. Ciò porta loro gioia e quiete e ad un tempo sembra indurli ad una nuova, continua ricerca.
Si ha l'impressione che giungendo a se stessi, sperimentando la propria vicinanza, gli sposi continuino incessantemente a tendere a qualcosa che sovrasti il contenuto transitorio dell’incontro e oltrepassi i limiti dell'eros.
L'amore sembra mostrarsi più grande di ciò che il “corpo” è in grado di esprimere, con un’inquietudine che accompagna la coscienza del reciproco appartenersi e chiama, in certo senso, lo sposo e la sposa a pervenire a ciò che costituisce il nucleo stesso del dono di persona a persona.
Seguendo i sentieri delle parole tracciate dalle strofe del Cantico ci avviciniamo alla dimensione in cui l' eros cerca di integrarsi in un'altra verità dell'amore, che invita ad un'altra comunione.
Questo amore è stato denominato agape, che porta a compimento, purificandolo, l'eros.
Giovanni Paolo II. Sintesi della redazione

LA TRASFORMAZIONE DELL’AMORE
La vita delle persone cambia nel tempo, le situazioni familiari si modificano, l’amore stesso si trasforma.
Alcuni, un po’ ingenuamente, sognano un amore che rimanga quello del primo incontro, e faticano ad accettare che l’idillio dell’innamoramento ceda il passo alla naturale evoluzione dell’amore nella perseveranza della quotidianità.
Il rimedio è avere un progetto di vita condiviso, la cui tenuta dipende in misura proporzionale da quanto ognuno è disposto, nel tempo, ad investire.
Con il passare del tempo il forte desiderio sessuale dell’inizio si trasformerà in più pacata intimità, fatta di cura e di tenerezza; l’entusiasmo per grandi progetti assumerà la forma quotidiana di fare cose belle insieme; farsi compagnia diventerà il modo sereno con cui sentirsi sostenuti e protetti, soprattutto nelle difficoltà.
La trasformazione del sentimento amoroso non sarà avvertita come decadenza e allontanamento dall’amore di un tempo nella misura in cui ci si manterrà fedeli al progetto d’amore consacrato da Dio e sostenuto dalla sua grazia (cfr AL 163-164).
Maurizio Gronchi

14-5. L’AMORE CHE DIVENTA FECONDO

Le tue mani sono la mia carezza i miei accordi quotidiani
ti amo perché le tue mani si adoperano per la giustizia.
Se ti amo è perché sei il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco siamo molto più di due.
Mario Benedetti

Tutte le mamme e tutti i papà hanno sognato il loro figlio per nove mesi. […] Non è possibile una famiglia senza il sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne (AL169).
Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. […] Sono esse a testimoniare la bellezza della vita (AL 174).
I figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti (AL177).
Nessuna famiglia può essere feconda se si concepisce come troppo differente o “separata” (AL 182).

Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e sulla generatività dell’amore. Si parla in maniera spiritualmente e psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa propria della gravidanza, dell’amore di padre e di madre.
Ma anche della fecondità allargata e della vita della famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini e anche dei vicini.
L’Esortazione auspica che la famiglia sia al centro di una rete di relazioni ampie. La stessa mistica del sacramento del matrimonio ha un profondo carattere sociale (cfr AL186). E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea in particolare sia il rapporto tra giovani e anziani, sia la relazione tra fratelli come tirocinio alla crescita nella relazione con gli altri.
Antonio Spadaro

TRA FRATELLI
Il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace. In famiglia, tra fratelli si impara la convivenza umana, come si deve convivere in società. Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo! A partire da questa prima esperienza di fraternità, nutrita dagli affetti e dall’educazione familiare, lo stile della fraternità si irradia come una promessa sull’intera società e sui rapporti tra i popoli.
Papa Francesco, 18 febbraio 2015

GIOVANI E ANZIANI
Una volta da bambino, la nonna ci raccontava una storia di un nonno anziano che nel mangiare si sporcava perché non poteva portare bene il cucchiaio con la minestra alla bocca.
E il figlio, ossia il papà della famiglia, aveva deciso di spostarlo dalla tavola comune e ha fatto un tavolino in cucina, dove non si vedeva, perché mangiasse da solo. E così non avrebbe fatto una brutta figura quando venivano gli amici a pranzo o a cena.
Pochi giorni dopo, arrivò a casa e trovò il suo figlio più piccolo che giocava con il legno e il martello e i chiodi, faceva qualcosa lì, disse: “Ma cosa fai? – Faccio un tavolo, papà. – Un tavolo, perché? – Per averlo quando tu diventi anziano, così tu puoi mangiare lì”. I bambini hanno più coscienza di noi!
Papa Francesco, 4 marzo 2015

15-6. ALCUNE PROSPETTIVE PASTORALI

Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici [ogni giorno] in modo nuovo. Amoris laetitia n.232

Ricordo un ritornello che diceva che l’acqua stagnante si corrompe, si guasta. È quanto accade quando la vita dell’amore nei primi anni del matrimonio ristagna (AL219).
La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza. Bisogna aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione (AL232).
A volte le persone hanno bisogno di realizzare a quarant’anni una maturazione arretrata che avrebbero dovuto raggiungere alla fine dell’adolescenza (AL239).

Nel sesto capitolo il Pontefice affronta alcune vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio. Ma è da chiarire subito che il Papa preferisce lasciare la pastorale familiare più pratica alla creatività delle Chiese locali. Per questo non pretende di presentare una pastorale della famiglia ma si limita a “raccogliere alcune delle principali sfide pastorali” (cfr AL 199). Ribadisce che le famiglie sono soggetto di evangelizzazione e rileva che ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie.
Antonio Spadaro

IL PROCESSICOLO
Da anni tengo corsi di preparazione al matrimonio e mi sento in dovere, alla fine del corso, di parlare del “processicolo”, cioè di quella serie di domande che il sacerdote è tenuto a fare ai futuri sposi e da cui dipende l’OK per le nozze “in chiesa”.
Oltre alla presentazione delle domande esistenti mi permetto di aggiungerne due, entrambe legate all’indissolubilità del vincolo matrimoniale.
“Se durante il viaggio di nozze tua moglie fuggisse con l’animatore del villaggio vacanze ti sentiresti comunque sposato “per sempre”?”
“Se durante il viaggio di nozze vi dovesse capitare un gravissimo incidente stradale e tuo marito rimanesse invalido permanente su una carrozzina ti sentiresti comunque sposata “per sempre”?”.
I “fidanzati” oggi non si fanno smontare facilmente ma di fronte a queste due domande qualche coppia (poche) ha rinunciato al matrimonio.
Carlo Miglietta
Testo tratto dal blog: gruppifamiglia.wordpress.com

CRISI E FIGLI
Nella famiglia, tutto è legato assieme: quando la sua anima è ferita in qualche punto, l’infezione contagia tutti.
E quando un uomo e una donna, che si sono impegnati ad essere “una sola carne” e a formare una famiglia, pensano ossessivamente alle proprie esigenze di libertà e di gratificazione, questa distorsione intacca profondamente il cuore e la vita dei figli.
Tante volte i bambini si nascondono per piangere da soli… Dobbiamo capire bene questo. Marito e moglie sono una sola carne. Ma le loro creature sono carne della loro carne [...]
Quando l’uomo e la donna sono diventati una sola carne, tutte le ferite e tutti gli abbandoni del papà e della mamma incidono nella carne viva dei figli.
È vero, d’altra parte, che ci sono casi in cui la separazione è inevitabile. A volte può diventare persino moralmente necessaria [...]
Non mancano, grazie a Dio, coloro che, sostenuti dalla fede e dall’amore per i figli, testimoniano la loro fedeltà ad un legame nel quale hanno creduto, per quanto appaia impossibile farlo rivivere. Non tutti i separati, però, sentono questa vocazione. Non tutti riconoscono, nella solitudine, un appello del Signore rivolto a loro. Attorno a noi troviamo diverse famiglie in situazioni cosiddette irregolari - a me non piace questa parola - e ci poniamo molti interrogativi. Come aiutarle? Come accompagnarle? Come accompagnarle perché i bambini non diventino ostaggi del papà o della mamma?
Papa Francesco, 24 giugno 2015

16-7. RAFFORZARE L'EDUCAZIONE DEI FIGLI

Voi figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino. Col 3, 20-21e

C’è sempre bisogno di vigilanza. L’abbandono non fa mai bene. (AL260).
[Tuttavia] L’ossessione non è educativa e non si può avere il controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare.
Qui vale il principio per cui “il tempo è superiore allo spazio”. Vale a dire, si tratta di generare processi più che dominare spazi. Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia (AL261).

Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli: la loro formazione etica, il valore della sanzione come stimolo, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede e, più in generale, la vita familiare come contesto educativo.
Interessanti sono la saggezza pratica che traspare da ogni paragrafo e sopratutto l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi “che possono essere compresi, accettati e apprezzati” (AL271).
Antonio Spadaro

PASSO DOPO PASSO
I figli devono crescere senza scoraggiarsi. Se voi genitori dite ai figli: “Saliamo su quella scaletta” e prendete loro la mano e passo dopo passo li fate salire, le cose andranno bene. Ma se voi dite: “Vai su!” – “Ma non posso” – “Vai!”, questo si chiama esasperare i figli, chiedere ai figli le cose che non sono capaci di fare.
Per questo, il rapporto tra genitori e figli deve essere di una saggezza, di un equilibrio tanto grande.
Figli, obbedite ai genitori, ciò piace a Dio. E voi genitori, non esasperate i figli, chiedendogli cose che non possono fare.
E questo bisogna fare perché i figli crescano nella responsabilità di sé e degli altri.
Papa Francesco, 20 maggio 2015

PER UN’EDUCAZIONE INTEGRALE
Nella famiglia si coltivano le prime abitudini di amore e cura per la vita, come per esempio l’uso corretto delle cose, l’ordine e la pulizia, il rispetto per l’ecosistema locale e la protezione di tutte le creature. La famiglia è il luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti, intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale. Nella famiglia si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda.
Papa Francesco, Laudato sii, n. 213

SCUOLA PER GENITORI
Da autodidatta mi viene da dire che il mestiere di genitori non è il più difficile del mondo, semplicemente perché non è un mestiere.
E forse, ma dico forse, i figli non sono un progetto educativo, ma una vicenda della vita, imprevedibile e irresistibile. Impari a cambiare i pannolini e i pannolini sono già da archiviare, impari a decifrare il pianto e il bimbo già parla, impari le regole del gioco, appena in tempo per vedertele cambiare sotto il naso.
E allora non è il problema di quale voce ascoltare, se quella dell’istinto o del tutor autorevole, dei nonni esperti o delle tate modello.
Perché non ci sono corsi che tengano, a imparare a fare i genitori te lo insegnano solo i figli.
Enrica Tesio, La Stampa, 12 gennaio 2016

17-8. ACCOMPAGNARE, DISCERNERE, INTEGRARE LA FRAGILITA'

L’uomo […] conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita. Familiaris consortio, n.34

I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse (AL298).
Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi (AL300).
La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante (AL301).
In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso [...] Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi (AL302)
A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa (AL305).

L’ottavo capitolo è un capitolo delicato, per leggere il quale occorre ricordare che “spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo” (AL291).
Qui il Papa riassume ciò che è stato frutto della riflessione del Sinodo su tematiche ampiamente discusse. Ribadisce cos’è il matrimonio cristiano e aggiunge che “altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo”.
La Chiesa dunque “non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio” (AL292).
Antonio Spadaro

DOTTRINA E FRAGILITÀ
Il realismo evangelico si impegna con l’altro, con gli altri e non fa degli ideali e del “dover essere” un ostacolo per incontrarsi con gli altri nelle situazioni in cui si trovano.
Non si tratta di non proporre l’ideale evangelico ma di viverlo all’interno della storia, con tutto ciò che comporta. E questo non significa non essere chiari nella dottrina, ma evitare di cadere in giudizi e atteggiamenti che non assumono la complessità della vita.
Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada. Una Chiesa capace di assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti.
Papa Francesco, discorso al Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma, 16 giugno 2016

18-9. SPIRITUALITA' CONIUGALE E FAMILIARE

Allora Gesù gli disse: Che cosa vuoi che io faccia per te? Mc 10,51a

Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella vita dell’altro (AL322).
È una profonda esperienza spirituale contemplare ogni persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei. Questo richiede una disponibilità gratuita che permetta di apprezzare la sua dignità. Così fiorisce la tenerezza, in grado di suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato. Essa si esprime in particolare nel volgersi con attenzione squisita ai limiti dell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente (AL323).

Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e familiare, “fatta di migliaia di gesti reali e concreti” (AL315). Con chiarezza dice che “coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica” (AL317).
Si parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua e infine della spiritualità dell’amore esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e consumarsi insieme, riflettendo la fedeltà di Dio (cfr AL318).
Antonio Spadaro

GESÙ IN FAMIGLIA
La presenza di Gesù all’interno di una famiglia è segreta, intima, discreta.
Specialmente quando si presentano le prove si avverte l’urgenza di ricorrere a Lui: “I dolori e i problemi si sperimentano in comunione con la Croce del Signore, e l’abbraccio con Lui permette di sopportare i momenti peggiori. Nei giorni amari della famiglia c’è una unione con Gesù abbandonato che può evitare una rottura” (AL317).
“La preghiera in famiglia è un mezzo privilegiato per esprimere e rafforzare la fede pasquale [...]
Con parole semplici questo momento di preghiera può fare tantissimo bene alla famiglia” (AL318).
Naturalmente non è sempre facile trovare il momento perché, in un certo senso, si tratta di scoprire la propria intimità, ma attraverso questa ricerca e disponibilità è possibile verificare lo stato di salute spirituale di una famiglia. Non si tratta di essere bigotti, né di costringere i figli a ritualità formali.
A volte è sufficiente il segno di croce prima dei pasti e una preghiera prima di addormentarsi per respirare un clima diverso: l’aria fresca dello Spirito soffia tra le mura domestiche anche attraverso piccoli spiragli.
Maurizio Gronchi

COME PREGARE
Pongo al Papa un’ultima domanda sul suo modo di pregare preferito. “Prego l’Ufficio ogni mattina. Mi piace pregare con i Salmi. Poi, a seguire, celebro la Messa. Prego il Rosario. Ciò che davvero preferisco è l’Adorazione serale, anche quando mi distraggo e penso ad altro o addirittura mi addormento pregando. La sera quindi, tra le sette e le otto, sto davanti al Santissimo per un’ora in adorazione. Ma anche prego mentalmente quando aspetto dal dentista o in altri momenti della giornata.
E la preghiera è per me sempre una preghiera “memoriosa”, piena di memoria, di ricordi, anche memoria della mia storia o di quello che il Signore ha fatto nella sua Chiesa o in una parrocchia particolare. [...] Ma soprattutto io so anche che il Signore ha memoria di me. Io posso dimenticarmi di Lui, ma io so che Lui mai, mai si dimentica di me [...] È questa memoria che mi fa figlio e che mi fa essere anche padre”.
Antonio Spadaro. Tratto dall’intervista dell’autore a papa Francesco

19-PRIME INDICAZIONI ATTUATIVE

La grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto a perfezionare l’amore dei coniugi. Amoris laetitia n. 89

Dopo una lettura “veloce” della AL, vorremmo condividere alcuni pensieri ed esigenze pastorali che la lettera ci ha suscitato.
Ci sembra chiaro che questo non è un manuale!
Questo dato ha due risvolti, uno positivo, cioè che questo testo è una ricchezza tale che ogni parola va sviscerata. Ma è anche un limite, poiché tutti noi, laici e preti, siamo abituati al "pane affettato" e questo impasto di lievito madre va lavorato con pazienza e impegno e non ne siamo abituati perché ci chiede di “mettere le mani in pasta”.
Ci ha anche colpito che nell'analisi della società e della cultura odierna, a differenza dei documenti precedenti, pur nell'accertare gli aspetti negativi veniamo stimolati nel ricercare sempre il risvolto positivo e l'opportunità che sempre ci si presenta.
Abbiamo colto poi il passaggio da un concetto “ideale” a uno sguardo reale sulla coppia e sulla famiglia e un metodo: “accompagnamento, discernimento, integrazione” che ci chiede di entrare anima e corpo nella storia delle coppie e famiglie che incontriamo.
Crediamo quindi che la formazione degli sposi, del clero, dei religiosi e di tutti i laici sia innanzitutto un fare esperienza di famiglia per poter comprendere la famiglia e il sacramento del matrimonio, non solo dal punto di vista morale e giuridico, ma anche da quello teologico, spirituale e pastorale, dove queste diverse dottrine non si contraddicano, ma si integrino offrendo uno sguardo di pienezza sulla coppia, sul matrimonio e sulla famiglia.
Ileana e Luca Carando. Segretari della commissione regionale del Piemonte e della Valle d’Aosta per la pastorale della famiglia

Nelle indicazioni che aveva dato il Sinodo, e che il Papa ha ripreso, si parla in modo esplicito di valutare “quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”.
Non si danno delle risposte apodittiche: sì, sempre, no, mai, perché il cammino di accompagnamento e discernimento per le persone coinvolte in situazioni “irregolari” dovrà essere fatto direttamente dalla chiesa locale, dal vescovo.
In pratica, cosa fare?
Questo sarà argomento del prossimo consiglio episcopale piemontese, ma intanto l’Ufficio Famiglia diocesano si è impegnato a far conoscere capillarmente il documento papale nel prossimo anno pastorale.
Credo che si debba agire su più fronti: uno di questi è la creazione di equipes formate da sposi e consacrati, opportunamente formate, che si mettano a disposizione delle unità pastorali per far conoscere al meglio l’esortazione apostolica e il valore della famiglia a tutti e in particolare ai sacerdoti, a coloro che animano i corsi prematrimoniali, ai gruppi famiglia, ai gruppi sposi.
Un altro è l’organizzazione di corsi specifici sull’esortazione attivati dall’Istituto di Scienze Religiose.
A questo si aggiungeranno la pubblicazione di sussidi, la creazione di una rubrica fissa sul settimanale diocesano, e infine inserti, semplici ma chiari, sui diversi capitoli dell’esortazione da pubblicare sui bollettini parrocchiali.
L’esortazione dovrebbe infine diventare oggetto di riflessione nei gruppi sposi e nei corsi prematrimoniali.
Il prossimo sarà quindi un anno pastorale particolarmente intenso per l’accoglienza e lo studio di questo documento, ma spero anche positivo per quanto attiene al rapporto tra le parrocchie e le coppie e le famiglie del territorio.
Non riduciamo l’esortazione alla sola questione della comunione ai divorziati-risposati!
Aiutiamo le famiglie a riscoprire la bellezza del loro matrimonio, valorizziamone la loro potenzialità!
+ Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino
Testo raccolto in occasione dell’incontro del 6 maggio 2016 presso il Centro congressi Santo Volto di Torino.
Testo non rivisto dall’autore.

Uomini e donne nella Bibbia
20-ANNA E GIOACCHINO, una crisi di coppia a lieto fine

Il Signore ha aperto le sue orecchie alle nostre preghiere e ha allontanato da noi la gioia di tutti i nostri nemici. Pseudo Matteo V,1

Il culto dei santi genitori della Vergine Maria iniziò timidamente in Occidente, a partire dal 900-1000, mentre nell’Oriente cristiano era già diffuso a partire dal VI secolo.
Di essi non vi è traccia nei Vangeli canonici mentre se ne parla diffusamente nei Vangeli apocrifi.
Il testo di cui disponiamo oggi è il vangelo dello pseudo Matteo, derivato da un testo precedente: il Libro sulla nascita della Beata Vergine.
Non intendo qui fare alcuna riflessione sui vangeli apocrifi ma trarre da essi una storia esemplare come è quella di Anna e Gioacchino.
Gioacchino era una persona benestante, secondo i canoni del tempo, e generosa: “di tutte le cose che possedeva, egli faceva tre parti”, una per i poveri, una per il Tempio e una per la sua casa. Fa un buon matrimonio: sposa Anna, “della tribù di Giuda, della stirpe di Davide”.
Il testo ci fornisce un’informazione che ci colpisce: anche Maria, e non solo Giuseppe, è per gli apocrifi di discendenza davidica.
Ma questo matrimonio, nato sotto i migliori auspici, è infruttuoso: dopo vent’anni di convivenza Anna non è ancora riuscita a dare a Gioacchino una discendenza. E questo viene rinfacciato al marito pubblicamente dal sacerdote: “Non ti è lecito stare tra quelli che offrono sacrifici a Dio, poiché Dio non ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele”.
Il nostro ne resta così umiliato che non torna più dalla moglie e si ritira in un luogo lontano, con il bestiame.
Oggi un’accusa così non avrebbe alcun effetto, ma ve ne sono altre che possono disturbare molto come: “tua moglie ti tradisce”.
Così Anna resta sola, sterile e “vedova”. Piange, prega e fra le lacrime esclama: “Non so neppure se è morto! Se lo sapessi morto gli darei la sepoltura”.
Questa è una cosa che ferisce molto anche oggi: il matrimonio è finito, “morto” ma l’altro vive ancora, ha una nuova famiglia, nuovi legami.
E dal cuore di Anna sgorga una preghiera al Signore: donami “un figlio o una figlia”, e io te lo consacrerò.
Da questa preghiera nasce una consolazione; le appare un angelo del Signore che le dice: “la tua discendenza è nel consiglio di Dio”, genererai.
Se non chiedo aiuto resto nel mio dolore, se so aprire il cuore un “angelo” mi potrà consolare, aprirmi alla speranza. E di “angeli” in carne ed ossa ne abbiamo intorno tanti!
Anche Gioacchino si rode e, incontrato un giovane, si sfoga: “perché dovrei ritornare da lei, una volta che sono stato respinto e disprezzato?”.
Gioacchino non se la sente di fare il primo passo, l’umiliazione subita pesa troppo!
Quel giovane è lo stesso angelo che è apparso ad Anna e si rivela dicendo: “sappi che [tua moglie] dal tuo seme concepì una figlia” e lo rimprovera: “tu l'hai lasciata ignorandola”.
Cosa possono fare le malelingue! Sospetti che tua moglie ti tradisca? Vai dall’avvocato! Siamo capaci di ascoltare anche coloro che ci dicono che forse un po’ di torto l’abbiamo anche noi?
Gioacchino allora fa una cosa importante: prima di tornare a casa da Anna decide di offrire un sacrificio a Dio e, mentre lo compie, “sia l'angelo sia il profumo del sacrificio” salgono in cielo.
Serve aver fede, credere negli angeli, e saper dire grazie non solo alle persone, ma anche a Colui che ce le ha fatte incontrare.
Il ritorno non è veloce, servono trenta giorni perché il gregge deve pascolare.
Quando all’interno di una coppia c’è una ferita non si può pretendere che tutto si sistemi dall’oggi al domani, serve tempo.
Gioacchino torna e, quando è vicino alla città, l’angelo avvisa Anna: “fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te”.
Per riconciliarsi bisogna essere in due, bisogna sapersi incontrare a metà strada, trovare un punto di equilibrio tra torti e ragioni.
Ferma alla porta della città Anna “alzò gli occhi e vide lontano Gioacchino che veniva con le bestie. Gli corse incontro, si appese al suo collo rendendo grazie a Dio e dicendo: "Ero vedova ed ecco non lo sono più; ero sterile ed ecco ho già concepito" “.
Ecco la gioia dell’incontro, della riconciliazione, quello che era perso è stato ritrovato, quello che non si sperava più di avere è stato ottenuto.
È con l’abbraccio tra gli sposi si conclude questa storia. Non sono due giovani che si ritrovano ma due persone con vent’anni di matrimonio alle spalle. Anna e Gioacchino ci ricordano che, per le crisi di coppia, l’età non conta.
Franco Rosada. Fonte: Marcello Craveri (a cura di): I Vangeli apocrifi, Einaudi, Torino 2014

21-PER APPROFONDIRE IL TEMA
I libri usati per realizzare questo numero

Papa Francesco, Amoris laetitia (con guida alla lettura di padre Antonio Spadaro SJ), Àncora Editrice, Milano 2016.
Per tutti coloro che si occupano, a vario titolo, di pastorale familiare, l’Esortazione apostolica di papa Francesco è un documento che va conosciuto, letto e approfondito.
Se rinunciamo alla pretesa di voler avere risposte esaustive e definitive sui temi relativi alle fragilità, questo documento si rivela una preziosa fonte di riflessione, di cui si sentiva la necessità a 35 anni di distanza dalla Familiaris consortio.
Se la dottrina non è cambiata, lo è senz’altro il modo di vivere la famiglia e, di conseguenza, l’approccio con cui Francesco affronta le tematiche familiari.
Fanno da introduzione a questo volume le riflessioni di padre Spadaro, gesuita e direttore di Civiltà cattolica, da cui abbiamo attinto per presentare brevemente i singoli capitoli.

Maurizio Gronchi, Amoris laetitia. Una lettura dell’Esortazione apostolica post sinodale sull’amore nella famiglia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2016.
Non si può affrontare seriamente un testo come l’Esortazione Amoris laetitia senza una guida autorevole.
Ce la può fornire don Maurizio Gronchi, docente di Cristologia e consultore della Segreteria del Sinodo, che ha seguito ad entrambe le assemblee sinodali sulla famiglia in qualità di esperto.
In questo suo lavoro Gronchi ci accompagna nel progressivo svilupparsi della riflessione di Francesco, passo dopo passo, capitolo dopo capitolo.
Il suo non è un riassunto e neanche una riflessione sul documento papale ma un vero e proprio “accompagnamento”. Devo ringraziare Luciano Moia, responsabile del mensile Noi, famiglia & vita, per aver presentato questo libro nel numero di maggio della sua rivista.

Diocesi di Roma, Convegno pastorale diocesano 2016, La letizia dell’amore: il cammino delle famiglie a Roma, S.E.
Si tratta di un breve documento suddiviso in due parti. La prima è legata strettamente all’evento, con preghiere e canti. La seconda contiene spunti, riflessioni e domande sulla pastorale familiare prendendo le mosse dall’Esortazione Amoris laetitia. Sono solo dodici pagine ma crediamo che possano comunque tornare utili per lavorare come famiglie e come gruppi sul documento papale. I temi trattati sono:
•    Educare all’amore nel tempo dell’adolescenza.
•    Il fascino dell’amore vero verso il matrimonio.
•    Sostenere la fedeltà degli sposi.
•    La gioia di dare la vita e di far crescere la vita.
•    La famiglia: scuola di socialità e stile di fraternità.
Il documento è reperibile in Rete all’indirizzo:
http://www.vicariatusurbis.org/wp-content/themes/abba/PDF/ConvegnoDiocesano2016.pdf

Diocesi di Roma, Centro per la pastorale familiare, Le parole di papa Francesco alle famiglie. Le udienze generali del mercoledì dal 17 dicembre 2014 al 24 giugno 2015, S.E.
La diocesi di Roma ha raccolto in un e-book le meditazioni sulla famiglia che papa Francesco ha tenuto durante le udienze generali nell’arco di tempo a cavallo dei due sinodi. Sono riflessioni semplici, com’è nello stile di Bergoglio, ma che vanno al cuore dei problemi. Anche i temi sono semplici: padre, madre, figli, fratelli, nonni, bambini, educazione, maschio e femmina, matrimonio, povertà, malattia, lutto, ferite.
Da esse abbiamo tratto piccoli spunti per commentare alcuni capitoli dell’Esortazione Amoris laetitia e crediamo che possano essere molto utili per aiutare la riflessione di coppia e di gruppo.
Il documento è reperibile in Rete all’indirizzo:
http://www.familiam.org/pcpf/allegati/11508/Papa_Francesco_alle_famiglie.pdf

Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò, Città Nuova Editrice, Roma 1985.
Trentacinque anni fa, a seguito del Sinodo del 1980 sulla famiglia cristiana, veniva pubblicata l’Esortazione Familiaris consortio.
Papa Wojtyla iniziò già nel 1979 a tenere una serie di catechesi sull’amore umano, che terminarono nel 1984.
Si trattò quindi di un lavoro importante e articolato, ancora oggi degno di attenzione e considerazione da parte delle famiglie e dei gruppi.
Scriveva infatti il papa: "L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra con l'amore, se non lo sperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente".
Il libro non è al momento disponibile ma gran parte dei testi sono reperibili in Rete all’indirizzo:
http://www.careware.it/cwdif/services/catGPII/

22-A proposito dei campi estivi
ANIMATORI: che bella gente!

Come convincere un figlio di 15-20 anni a passare una settimana con i propri genitori

Molti di noi, da giovani, si sono presi cura di bambini più piccoli, come animatori in parrocchia, in oratorio, e spesso abbiamo vissuto quest’esperienza con fatica ed entusiasmo.
Non sempre i genitori di questi bambini hanno colto il valore di questo servizio e i grazie sovente sono stati di circostanza.
Ma quando si partecipa ad una settimana estiva come famiglia e si sperimenta il servizio di alcuni giovani nell’animazione dei nostri figli, si capiscono tante cose. Il cuore si riempie di gratitudine verso di loro e si apprezzano a fondo.
In famiglia è normale che i fratelli maggiori si adoperino per accudire i più piccoli, perciò se questo compito viene vissuto con altri ragazzi (gli animatori) si crea una forte complicità e amicizia.
Infatti, nel corso delle nostre settimane estive la cosa che colpisce è il legame che si crea tra gli animatori, tanto da motivare la loro presenza con la propria famiglia in una età (15-20 anni) in cui normalmente tutto accade, tranne che si vada in vacanza con i propri genitori. Perchè?
Molto lo dobbiamo allo spirito di servizio che anima l’ambiente familiare e che contagia anche i figli, ma molto dipende anche dal rapporto che si instaura tra gli animatori e gli adulti, della stessa età dei loro genitori.
Potersi, come giovane, confrontarsi alla pari con adulti, venire a contatto con altre esperienze di famiglia permette un prendere coscienza di sé e della propria storia familiare difficilmente riscontrabili in altre esperienze.
Nello scambio a guadagnarci sono sicuramente i genitori che possono vivere l’esperienza del campo con quella libertà che mai potrebbero avere se assillati dai figli, ma anche i figli: per loro vengono costruiti dei veri e propri percorsi, attività a loro misura così ben vissuti… che spesso diventano il motivo per cui molte famiglie ritornano.
Il modello non è quello del mini club dei villaggi vacanze, ma lo svolgere con gli animatori attività su misura per le varie età, facendo divertire e riflettere, per crescere insieme.
È bellissimo vedere nei momenti di scambio i ragazzi scoprire che anche i loro genitori hanno parlato delle stesse cose di cui hanno parlato loro, ed è questa la conferma che le cose che si fanno non sono i soliti giochi per tenerli buoni.
Mai abbiamo visto arrabbiati gli animatori quanto quella volta che i genitori pretendevano, anche pagando, che loro fossero i baby-sitters dei loro figli! Preferiscono essere trattati da grandi, da fratelli più grandi che si occupano dei più piccoli.
Noi siamo anche testimoni della gratitudine del tutto inattesa di questi giovani che, a distanza di anni, ci invitano alle loro nozze, ricordando le vecchie serate ai campi ma anche la curiosità con cui scrutavano le altre famiglie in un’età in cui si chiede chi essere nella vita e come poter essere felici.
Quante amicizie sono nate fra famiglie e animatori, che resistono anche nel tempo!
Nei gruppi famiglia se una o due coppie si dedica con costanza a loro, tutti ne beneficeranno; vale la pena  fare questa fatica, non fosse altro per quella sincera amicizia che si riceve.
Questa attenzione significa preparare con loro le attività per i figli piccoli come anche discutere con loro di fede, di scelte, di amore, di educazione … anche questo è un modo per seminare.
Grazie a tutti i giovani che si occupano dei nostri figli, dei figli degli altri… per noi non c’è carità più grande.
Un abbraccio forte a ciascuno di loro, anche nella preghiera.
Renato e Antonella

23-LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME

I bambini piccoli possono andare a Messa con i genitori? Cosa fare quando disturbano?

di Renato e Antonella
Si prova una certa sofferenza quando si parla di portare i figli agli incontri e alle celebrazioni, perché spesso sono “inopportuni”.
Cogliamo una certa difficoltà ad accogliere e creare le condizioni perché tutta la famiglia partecipi alle celebrazioni o agli incontri: meglio ricorrere a baby-sitter o nonni, ma non sempre ci sono. Allora ci tocca rinunciare.

Il valore dell’esempio
Per non dire del valore in cui crediamo, che l’esempio vale più di molte parole: partecipare insieme è ben diverso dal portare o mandare. Ma qual è l’accoglienza dei piccoli?
Nella nostra parrocchia alcuni genitori, con l’aiuto di qualche giovane, hanno creato una stanza per i bambini in canonica, mentre i genitori sono a messa; altrove vi sono delle sacrestie adattate e insonorizzate per i bambini (del resto i bimbi sono rumorosi e chiassosi!), altri all’entrata propongono libretti adatti alle età prescolari per far passare il tempo ai bimbi mentre vivono la messa. Non mi meraviglierei che qualcuno suggerisse giochi sul cellulare... ovviamente “ispirati” dal catechismo.
A noi sembra che la questione sia alquanto seria: in modo elegante mostriamo ai bambini che la messa, gli incontri sono esclusiva degli adulti, che l’incontro con Gesù e la comunità non è alla loro portata.

Essere comunità
Dunque, che i bambini continuino a giocare, ma quando impareranno a fare la fatica di stare con gli altri anche in chiesa? Quando la comunità si accorgerà di loro, e non li considererà solo come dei diabolici disturbatori?
Perché è vero: proprio durante l’omelia, oppure nei momenti di silenzio (vedi consacrazione) i bambini si mettono a parlare!
Quando ciò accade, le reazioni di noi adulti sono quanto mai strane: genitori imbarazzatissimi, preti che improvvisamente ammutoliscono minacciosi, aspettando l’immediata uscita dei bimbi, gente che si gira con sorriso beffardo, giudicandoci genitori incapaci...
Forse è opportuno ripensare le modalità delle celebrazioni, sempre più frettolose ed “esclusive”.

Imparare ad accogliere
Crediamo che proprio queste occasioni aiutino tutti ad esercitarsi nella pazienza, ma soprattutto nell’accoglienza dei piccoli senza farne dei piccoli adulti.
Crediamo nella missione che le famiglie con bimbi piccoli hanno, che le famiglie numerose hanno: ricordarci che Gesù stesso ha chiesto ai suoi, tentati dalle cose serie, di lasciare che i bambini andassero a sedersi ai suoi piedi, ai piedi dell’altare della celebrazione.
Pensiamo forse che Gesù abbia perso fascino? Che non sia più capace di prenderli in braccio oppure interrompere un discorso “serio” per prenderne uno e porlo al centro, dicendo: “se non ritornerete come lui …non entrerete nel regno dei cieli”.
Ci piacerebbe che qualcuno volesse condividere su questo tema la propria esperienza.
ren-anto@libero.it

24-PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA

Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore del vero amore,
a voi, fiduciosi, ci affidiamo.
Santa Famiglia di Nazaret,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole di Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazaret,
mai più ci siano nelle famiglie
episodi di violenza, di chiusura e di divisione;
che chiunque sia stato ferito o scandalizzato
venga prontamente confortato e guarito.
Santa Famiglia di Nazaret,
fa’ che tutti ci rendiamo consapevoli
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
della sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltateci e accogliete la nostra supplica.
Amen.