2° incontro dei Gruppi Famiglia a Pederobba
09 Dicembre 2001

Aiutarli a prendere il volo.
Preparare i figli all’autonomia e alla responsabilità

Relatore: don Mariano Maggiotto

Preparare i figli all’autonomia e alla responsabilità, in altre parole aiutarli a prendere il volo è il titolo che avete dato a questo incontro. È un titolo poco utilizzato ma di importanza decisiva perché al di là di quanto si dice e si pensa, si tratta di una difficoltà reale, ed è una difficoltà nella quale molti figli si dibattono per molto tempo e pagano di persona, forse anche a causa dei genitori. Pagano un prezzo molto pesante al momento delle scelte, non tanto per quella del matrimonio, ma per quelle ulteriori.
Le mie parole vogliono essere solo un piccolo strumento che metterà in moto dentro di voi certi meccanismi che potranno modificare la vostra vita.
I compiti dei genitori sono tanti e tutti si aspettano molto dai genitori. I figli si aspettano molte cose, poi la società, la scuola, la chiesa,… Di chi è la colpa se i figli non si comportano come dovrebbero?
I genitori stessi si aspettano molto da se stessi anche in modo non del tutto equilibrato. Ci si fa spesso la domanda: "È sufficiente quanto sto facendo? È sufficientemente buona la mia persona per essere all’altezza del compito educativo?". L’interrogativo che il genitore si sente porre sia dall’esterno che dalla propria coscienza è piuttosto pesante.
La prima osservazione che mi viene da fare riguarda l’importanza di avvertire questo senso di responsabilità; come pure è altrettanto importante il sentire la voglia di migliorare. Questo però non deve mai andare a scapito della serenità personale. È importante sentirsi e vivere sufficientemente tranquilli e a proprio agio con sé stessi perché, a fronte di qualsiasi problema, anche di quello educativo, il nostro compito non è di fare tutto, ma di fare tutto quello che sta nelle nostre possibilità. Ci si deve mettere in gioco con quelle forze che abbiamo, con quelle possibilità e competenze che possediamo, non con quelle che non abbiamo.
Sono da evitare i due estremi: l’angoscia e la presunzione.
Angoscia che innesca la crisi permanente, presunzione che induce a credere che nessuno sappia fare di più e di meglio, perciò che nessuno possa dare una mano. Due estremi da evitare perché nel caso di genitori in crisi permanente ai figli mancherà un riferimento sufficientemente sicuro e tranquillo, nel caso invece di genitori troppo sicuri i figli saranno dei puri esecutori e mai in grado di muoversi autonomamente. In entrambe le situazioni i figli non crescono né maturi né liberi e i genitori stessi non sapranno costruire la loro coppia. Se i genitori sono continuamente in uno stato di insicurezza e di crisi per i figli, come possono essere sicuri quando si incontrano tra loro? E se sono nella continua certezza di essere a posto che cosa possono darsi l’un l’altro?
Tentiamo di capire quale è il modo di stare vicino al figlio che progressivamente è costretto dalla vita a compiere un suo proprio cammino. Ogni passaggio di maturazione del figlio coinvolge sempre tutta la famiglia, da quando vi si stacca per andare alla scuola materna, poi alle elementari, alle medie, alle superiori, all’università, al lavoro, e per il matrimonio. La famiglia viene coinvolta nelle cose pratiche (lo zainetto, i libri, l’alloggio,…) ma viene ancora di più coinvolta nei sentimenti che possono essere di trepidazione, di gioia, di ansia, di diffidenza. Vengono coinvolti i genitori ma anche gli altri figli che si possono sentire, in certi momenti, trascurati senza che papà e mamma se ne accorgano neppure. I passaggi sono sempre una svolta per tutta la famiglia, la coinvolgono tutta perché questi passaggi la pongono in una situazione nuova che la costringono a cambiare modo di pensare, abitudini, relazioni, rapporti.
Il cambiamento avviene sia per chi lascia la casa che per chi resta in casa.
Per chi resta in casa, ci troviamo talvolta di fronte a mamme che dopo aver cambiato costume di vita concentrando tutta la loro esistenza per questi figli, poi si trovano ad avere tempo a disposizione, a volte molto tempo. Occorre riprogrammare la propria vita, ed è bene farlo.
Però attenzione che anche chi intraprende una strada nuova perché comincia un progressivo allontanamento da casa è costretto a cambiare molto. Ogni uscita di casa del figlio, dalla scuola materna al matrimonio, assomiglia alla nascita perché il figlio esce da un ambiente protetto, quello della famiglia, che se è fortunato si tratta di un ambiente rassicurante, dove è alimentato sia fisicamente che affettivamente in modo naturale e scontato per un’autonomia fisica ed affettiva.
Quando esce di casa il nutrimento fisico ed affettivo non è più così spontaneo né scontato, l’amicizia e l’affetto se li deve conquistare. È un passaggio molto delicato che per un po’ di tempo è caratterizzato da una specie di doppia alimentazione, specie affettiva. Si alimenta dai genitori che gli vogliono bene, ma deve imparare ad alimentarsi da solo, per il tempo che è fuori, anche dalle persone con le quali vive. Per lui è una seconda nascita e per i genitori il loro piccolo bambino è sempre meno piccolo perché intraprende una strada diversa da quella alla quale si era abituati in precedenza. Quando nasce è il tuo bambino, quando va alla scuola materna diventa anche il bambino della sua classe e della sua maestra, di tre maestre quando è alle elementari più le catechiste,…
In questa ottica nel momento in cui vostro figlio diventerà l’uomo o la donna di qualcun altro voi sarete preparati a vivere l’evento con molto equilibrio. Non è così semplice perché, quando il figlio se ne va, si crea un senso di vuoto e i genitori dicono: "Sono tanto preoccupato per mio figlio!". In realtà forse siamo più preoccupati per noi stessi perché quel nostro figlio, in parte anche giustamente, lo sentiamo come il prolungamento di noi stessi, una propaggine che si stacca. Stiamo perdendo una parte di noi stessi.
Questo senso di perdita lo avvertiamo in tutti i passaggi più o meno definitivi che nostro figlio fa. Così con le prime uscite con gli amici, con il primo innamoramento, con l’avvio al lavoro che lo rende più indipendente. E si sta in ansia alla notte, ansia benedetta colmata dal ritorno a casa a dormire, ma ci sarà un momento in cui non tornerà neppure a dormire. Spero che questo momento capiti a tutti i vostri figli, vuol dire che sarete stati così bravi da insegnargli a camminare nella vita e per la vita. Il fatto che il figlio cominci a staccarsi da voi significa che il vostro figlio sta crescendo, significa che, dopo aver attraversato gravidanza, parto, altri momenti difficili ma bei momenti di vita del vostro ragazzo vi ritrovate a capire che lo staccarsi del figlio è il vero progetto. Sofferenze, paure, gioie e speranze perché il figlio cresca nella vita è la conferma che il vostro progetto si sta realizzando bene, non la condanna ma la conferma della bontà della vostra scelta.
Il progetto del matrimonio infatti contempla che voi vi vogliate così bene da diventare sì una sola carne che si confonde nel rapporto sessuale, ma una sola carne nel figlio per sempre perché è il prodotto del vostro amore. Questo "vostro amore" lo lanciate nel mondo per creare ancora frutti di amore.
Queste cose forse noi le sappiamo tutti bene però in fondo al cuore non sono così chiare come lo sono nella mente.
Ci si potrebbe fare una specie di guida mentale del nostro comportamento verso i figli, ponendoci qualche domanda come: "Desidero che mio figlio resti sempre bambino?". Nessuno oserebbe rispondere di sì. E perché allora gli stai sempre sul collo? Perché ti impegni a far crescere sano tuo figlio se poi gli rovini tutto non facendogli vivere con la sua salute fisica anche quella psicologica che vuole? Perché rovini tutto il bene che gli vuoi impedendogli di esprimersi per quello che è?
Quali sono i compiti dei genitori? Alcune indicazioni molto generali.
Il primo atteggiamento è alimentare l’ottimismo: ricordare e dar rilievo alle cose belle della vita familiare. Se diamo rilievo alle cose belle che accadono in famiglia si insegna al figlio che la vita da adulti è una vita che si può vivere bene. Io spiego al figlio che diventare grandi non è una disgrazia ma una cosa bella, spiego che andarsene per fare una vita bella sarà un problema che avrà quando è l’età giusta, ma sarà una situazione che a lui piacerà.
Mi è capitato in una classe che c’erano problemi di rendimento scolastico che non avevano niente a che vedere con l’intelligenza degli alunni: insufficienze grosse e diffuse nella maggior parte della classe. Si decise allora di fare con questi ragazzi un’esperienza di riflessione di tre giorni per far loro capire che cosa significa diventare adulti, grandi. Si è parlato e riflettuto sulle qualità necessarie per diventare adulti. La mia sorpresa è stata costatare che sapevano perfettamente quali sono le qualità delle persone adulte. Visto che lo sapevano, ha chiesto: "Perché non lo siete, perché non avete voglia di diventarlo?".
Mi è stato risposto: "Sappiamo che cosa vuol dire diventare adulti ma, guardando gli adulti con i quali viviamo (io insegnante sono uno di quelli che loro indicano), a noi di diventare adulti non ne abbiamo nessuna voglia!"
In pratica mi è stato risposto: crescere per fare quella vita la? Sto troppo bene a fare il bambinone a quasi 18 anni.
È stato chiesto loro che cosa dava particolarmente fastidio del mondo degli adulti? Dava fastidio che tutti si lamentavano!
Noi adulti siamo troppo seri, troppo chiusi, troppo scontenti. Cominciamo la nostra giornata sbuffando e non con la gioia di avere una nuova giornata davanti. Primo atteggiamento dunque è alimentare l’ottimismo dando rilievo alle cose belle che si vivono in famiglia per far capire che diventare grandi non è una disgrazia.
Secondo atteggiamento: ricordare qual è la strada che voi avete percorso. Ricordare cioè che anche voi eravate bambini e siete diventati adulti e ricordare quanto di prezioso vi è stato dato dai vostri genitori.
Il terzo atteggiamento è sforzarsi di evitare ciò che, nel periodo della vostra crescita, vi ha rallentato o addirittura danneggiato. In particolare cercate di ricordare gli atteggiamenti dei vostri genitori che sono stati per voi di impedimento per crescere nella vita, anche se i genitori continuavano a dire: è per il tuo bene. Soprattutto di questa contraddizione è bene cercare di ricordarsi e cercare di ricordare tutta la rabbia che ci saliva al sentire questa frase e con la rabbia quella domanda che veniva tanto spontanea: ma perché non si chiede a me che cosa mi fa davvero bene!
Quarto atteggiamento: accoglienza aperta verso le persone nuove che diventano importanti per il figlio. Accoglienza verso la maestra di scuola materna, l’insegnante elementare ("Domani gliene dico quattro alla maestra!"), accoglienza verso gli amici ("I tuoi amici non mi piacciono!"), accoglienza cordiale delle nuove persone che entrano nella vita del figlio. Accoglienza vuol dire evitare gli estremi della contrarietà o della diffidenza permanente. Come pure non va bene l’atteggiamento di adozione, ossia dell’amico sempre in casa. L’amico è amico non fratello.
Occorre evitare i due estremi, come pure evitare di offendere, quando saranno più grandi, il fidanzato/a. Piuttosto cercare di non incoraggiare ma mai parlar male delle persone che ai figli stanno a cuore, perché così si impedisce loro di provare i sentimenti che vogliono.
Frasi da non dire: "Quel tuo amico mi fa proprio arrabbiare!, Quella ragazza è così diversa da te!, Sei ancora troppo giovane! ….
Di solito la non accoglienza delle persone nuove che entrano nella vita del figlio nasconde la paura che qualcuno venga a sottrarre qualcosa che per voi è prezioso, e invece, che piaccia o no, nessuno potrà mai sottrarvi vostro figlio. Voi siete e sarete sempre i suoi genitori, tutte le altre persone sono un completamento insieme con voi per vostro figlio; non sono altre (diverse) da voi, non sono contro voi, non possono esserci senza voi. Esse sono un completamento.
Un ultimo punto: dare progressivamente sempre più fiducia. Ciò favorisce un po’ alla volta la loro autonomia, il camminare con le proprie gambe fino al punto di non aver più bisogno di voi per molte cose, come ad esempio il fare il bagno, andare al gruppo, fare i compiti, ecc.
Molti genitori dicono: "Ma se già da piccoli fanno tutto di testa loro e non chiedono mai niente!".
Forse è vero, e forse è anche vero che qualche volta ti hanno chiesto un parere e tu hai risposto con un ordine o hai disatteso la loro richiesta.
Per fortuna i figli crescono con il desiderio di piacere ai genitori e qualunque cosa facciamo lo fanno per piacervi. Per spiegare facciamo l’esempio di un bambino di 5 anni che sta giocando mentre la mamma stira.
Il bimbo dice: " Mamma vieni a giocare con me".
Risposta: "Non vedi che sto stirando, non ho tempo".
Dopo un po’ la mamma ripone l’asse e prepara la cena, chiama il figlio: "Va a prendere una bottiglia d’acqua".
Risposta: "Non ho tempo, non vedi che sto giocando?"
I figli imparano molto da noi, e se chiedono consiglio mai disattendere: se poi non chiedono, non importa, che si arrangino!
Questo secondo esempio che porto da l’idea di deformazione di bene e di male che nasce da comportamenti imprevidenti che noi abbiamo.
Il bambino rompe un bicchiere del servizio bello.
"Chi è stato?".
"Io, no!".
Arrabbiati più per la bugia che per il bicchiere lo si costringe a confessare, ma poi torna la rabbia per il bicchiere ed allora giù la punizione. Risultato: se alla prossima occasione vostro figlio vi dirà la verità occorre portarlo a curare perché gli avete spiegato la volta prima che dire la verità è qualcosa che lo penalizza.
Quali sono allora le attenzioni importanti da avere nei confronti dei figli? Prendo in considerazione gli ultimi passi da fare perché aiutano ad illuminarci nel creare progressivamente le autonomie precedenti.

Non intromettersi là dove non è giusto intromettersi, imparare che ci sono degli spazi che non si devono esplorare, che appartengono a lui e a lui solo, e si deve iniziare molto presto. La casa dalle porte sempre e completamente aperte è un’idiozia, è una casa dove non c’è mai il limite per nessuno e per gli spazi privati. Questa casa insegna al bambino che non ci sono limiti o luoghi in cui non può mettere il naso, e capisce anche che i genitori non hanno limiti di mettere il naso nella sua vita. La confusione non aiuta nessuno: quando quel ragazzo si sposa, la sua casa non è casa dei genitori e talora vengono a crearsi imbarazzanti situazioni della nuova coppia.
Se vogliamo figli indipendenti incominciamo noi ad esserlo per primi. Non è giusto per nessun motivo che il bimbo di 5 anni venga a dormire nel tuo letto. La camera è del papà e della mamma non del bambino. Tra l’altro quella dovrebbe essere come il santuario del vostro amore e a volte succede che, per un bambino che vi dorme per anni, diventa la tomba dell’amore. "Ma da solo non dorme!". Anche questo fatto può nascere dall’equivoco di piccoli errori mal valutati.
Quando il bimbo fa arrabbiare lo si manda a letto per castigo, magari senza cena. Il letto e la camera è uno dei luoghi in cui la persona dovrebbe stare tranquilla con se stessa fino ad abbandonarsi al sonno. Nell’immaginario di molti bambini invece diventa il luogo del castigo, della separazione frutto del castigo, non di quella che è frutto del sonno, del riposo, della tranquillità.
Farsi una vita propria, "l’uomo lascerà suo padre e sua madre…", è uno dei comandi che Dio da, unendolo poi anche al comandamento "onora tuo padre e tua madre". Li onora ma li lascia, e se io non riesco a rispettare la vita privata di mio figlio perché a volte combina qualche guaio gli impedisco di crescere per la vita. Se combina qualcosa che non mi piace devo a volte far finta di non vedere, sceglierò altri momenti e altre forme per intervenire e fargli capire lo sbaglio, però che ci sia sempre il rispetto.

"Mamma, il mio amico ha portato a scuola un giornalino pornografico.".
"Cosa?!?! Chi è? Che cosa ha fatto?".
Se lo apostrofi così non ti parlerà più. A volte giudicare dopo tre parole significa troncare per sempre la possibilità che ti parli.
"Cosa vuoi che parli con mio padre e con mia madre che sono subito pronti a giudicare senza neanche lasciarti finire la storia!": la storia del mio racconto, non la storia delle cose che potrebbero accadere. Ascoltare con disponibilità, con cordialità senza giudicare. Il figlio nella maggior parte dei casi non chiede la soluzione del problema ma di aiutarlo a fare la fatica di cercarla, e questo fin da piccoli. È chiaro che il genitore non vorrebbe che la cercasse da solo perché gli ricorda tante sofferenze, e le vorrebbe risparmiare al figlio. È molto meglio dirgli la tua sofferenza passata e poi aggiungere: "Fa meglio che puoi.".

Le distanze vanno prese da subito, da un mese di vita del figlio, per quei tempi che l’età del figlio può consentire perché credo che questi figli a volte non riescono a staccarsi da casa perché i genitori si sono così abituati a guardare solo i figli che se non sono insieme, marito e moglie, a guardare i figli e a parlare di loro, a lavorare per loro non hanno più null’altro da dirsi, né da darsi. Questo perché qualsiasi elemento dell’avventura umana o è coltivato o si atrofizza e muore, quindi anche la relazione di coppia rischia di morire.
Una vita di coppia vissuta bene con tempi intensi dati alla coppia, con scelte autonome nelle quali i figli restano fuori renderà molto più facile l’impegno di non essere invadenti, possessivi perché non esistono solo i figli ma ci sono ben altre cose. Tutto questo renderà più facile l’evitare di sentirsi abbandonati quando si staccano ed aiuta i figli stessi nella loro autonomia.

Domande per la riflessione: