2° incontro dei Gruppi Famiglia a Vedelago
26 Ottobre 2008

In principio era la coppia?
Prima di ogni convinzione o credo esiste la reciprocità di uomo e donna

Relatori: Cinzia e Paolo Brugnera

In principio (per introdurre)
Gv 1,1-4: in principio il Verbo
Gen 1,1; 2,4: in principio Dio…; creò
- Dio fa tutto; senza l’uomo; ma tutto in funzione dell’uomo;
- Dio è "comunione d’amore e relazione profonda. E’ intimità divina" (Prologo del Vangelo di Gv.).
- Dio vive in se stesso in comunione personale d’amore (1Gv4,8);
- Autorivelazione di Dio uno e trino: unità vivente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mulieris Dignitatem 7).
- "Dio è inoltre amore e fonte di amore" Gregorio di Nissa,
- la creazione è la sua emanazione: Dio "scoppia", espande il suo amore su tutto ciò che prima non esiste e, dopo la sua Parola, ex-sto, viene fuori;
- in, con e per Cristo Dio rivela il mistero nascosto, ma taciuto da secoli (Rm 16,25; Ef 1,9-11)
"per mezzo di Lui sono state create tutte le cose" Col 1,15-17
Tra le cose ci siamo anche noi!

1. Il desiderio di Dio
Dio fa, crea, opera: è Lui l’origine di tutto.
E’ Lui all’origine dell’uomo: Gen 1,27; Gn 5,2: "Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza".
Uomo e donna (ish e isshà): unione di persone, sul modello delle persone divine che compongono la Trinità.
La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19).
Dio desidera per mezzo di Cristo riconciliare (riportare) a se tutte le cose (Col 1,20).
Dio desidera "ricapitolare in Cristo tutto" compreso anche il genere umano. (Ef 1,8-11).
Dio desidera "che il mondo si salvi per mezzo di Lui".
Dio desidera che noi compaiamo al suo cospetto "santi ed immacolati al suo cospetto" nella carità (Ef 1,4;).
Che cos’è la carità se non l’amore?
Che cosa più dell’amore umano aiuta a raggiungere questo scopo:
Uomo e donna costruiti e costituiti in unità per:
1. Aiutarsi a superare la conseguenza del peccato
2. Insieme essere aperti all’azione salvifica.
Pertanto l’uomo e la donna:
A. Ricercano insieme la grazia della redenzione di Cristo ("Fatevi imitatori di Dio , quali figli carissimi, e camminate nella carità… Cercate ciò che è gradito al Signore" Ef 5,1.10), (Gesù Cristo , il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone" Tt, 2,14).
B. Partecipano insieme alla redenzione del loro corpo " il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore… Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!" (1Cor 6,13.20).
"La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi se non di comune accordo e temporaneamente. …." (1Cor 7,4) cfr. 5,27 detto della Chiesa, "santa, purificandola,…tutta gloriosa, senza ruga… santa e immacolata" Ef 5,26-27).
Sacramento: ciascuno diventa per l’altro "segno e strumento" della grazia di Dio.

2. Il nostro desiderio dell’Altro
Desiderio: epithumia (animus, spiritus lat.) la nostra vita, animo, sentimento, volontà pensiero verso …
In quanto esseri limitati, siamo bisognosi di felicità, di pienezza, di gioia vera, di pace, di Shalom.
Desideriamo arrivare a Lui, essere con Lui .
Il nostro desiderio di Dio:
La nostra limitatezza ci "impone" il desiderio dell’Altro
- nasce dall’insoddisfazione del destino a cui siamo chiamati
- nasce dall’uscire da se, dalla finitezza della nostra natura umana
? ricerca di fede
? che pur diventando perenne ricerca, si fa accoglienza di Dio.
Ma di fronte a noi si prospettano due strade:
1. Monaco: colui che "solo" ricerca Dio, cerca la relazione diretta con Dio (Cfr Mt 19,10-12; 1Cor 7,1.7-8.32-34 "vorrei che tutti fossero come me"); unione diretta a Dio, attraverso Cristo. Non da solo come Adam, ma in intima unione con Dio (cfr. tutte le forme monacali nelle religioni e nella storia. "Ma non tutti lo capiscono"
2. Coppia: il nostro desiderio di Dio passa attraverso l’accoglienza relazione con l’altro.

3. Il nostro desiderio dell’altro
Il nostro desiderio dell’altro appartiene alla nostra natura.
Desideriamo qualcosa che ci sia simile.
Dio la esplicita nel momento della creazione
"Non è bene che l’uomo sia solo, voglio fargli un compagno che gli sia simile" (Gen 2, 18).
Il nostro desiderio dell’altro è scritto nel profondo del nostro DNA.
E’ un qualcosa che ci troviamo dentro: è forza erotica, è istinto primordiale; ineliminabile (ma è possibile sublimarlo cfr. monaco).
Adam non è in grado di fare niente (un torpore cadde su di lui).
Adam manifesta solo la sua emozione: " Questa volta essa è carne …" (Gen 2, 23).

4. La nostra nostalgia dell’Altro
"Nostalgia": etimologia "dolore del ritorno". Proviamo dolore sino a quando non torniamo da dove siamo venuti.
Il nostro desiderio arriva al massimo, al suo apice, sia per intensità che per qualità nella nostalgia: desideriamo solo tornare da dove siamo venuti: da Dio.
io è amore
Gv: Abbiamo fatto esperienza di essere amati
Abbiamo nostalgia di questo! E a questo siamo chiamati.

5. La nostra nostalgia dell’altro
1Gv 4,7: " Amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio"; "Noi amiamo, perché egli ci ha amato per primo. …Chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Gv 4,19-21).
La nostalgia dell’altro ha origine, fonte e fine nella nostalgia del Totalmente Altro.
La nostalgia ci porta verso l’Altro;
La nostalgia ci porta verso la relazione con l’altro.
La nostra persona è segnata dalla relazione (cfr. Merton: "Nessun uomo è un’isola").
Senza la relazione non esistiamo; desideriamo profondamente ricongiungerci con l’altro/a.
Andiamo verso l’altro con tutta la nostra persona, con tutto noi stessi.
La sessualità si manifesta come desiderio di uscire da sé, di andare oltre sé , di andare verso l’altro.

6. La sessualità umana
La relazione è connotata dalla sessualità:
- dato fisiologico: "la mia struttura fisica"
- dato psicologico: "la mia esperienza"
- dato culturale: "la nostra storia".
La sessualità fa dell’uomo un essere che desidera perché o
1. manca di qualcosa; non si desidera ciò che, si ha ma ciò che ci manca pertanto la sessualità svela l’incompiutezza della nostra realtà; non siamo tutto, siamo esseri indigenti (aver bisogno) genera il bisogno.
2. si orienta fuori di se, cercare qualcosa oltre se stessi, superarsi
Il desiderio può concretizzarsi in diverse maniere:
1. se proviene dal bisogno cerca il proprio appagamento; cerca di saziarsi, di spegnersi, di annullarsi come desiderio; solitamente questo comporta l’impadronirsi dell’oggetto del desiderio. Ma non si annienta mai del tutto; rimane insaziabilità.
2. se desiderio aperto (desidera di desiderare), non rinuncia alla gioia, al piacere dell’appagamento, ma vive il piacere come ulteriore apertura, come apertura al sempre ulteriore.
La sessualità non desidera "qualcosa", ma "qualcuno":
A. E’ desiderio dell’altro.
Esso si concretizza:
# come dominio dell’altro
# come farsi dominare dall’altro
# incontro affettivo:
- genera meraviglia perché l’incontrato è una persona più ricca e comunque irriducibile all’altro immaginato,
- la meraviglia rompe la nostra abitudine a non accorgerci dell’altro, ad usarlo, a inquadrarlo, a servircene,
- la meraviglia ci rivela la presenza vivente dell’altro,
- se vissuta ed accettata diventa "tenerezza": non più ignoranza, indifferenza, dominio sull’altro, bensì accoglienza, attenzione, rispetto, che sfociano nel suo riconoscimento: E’ un bene che tu ci sia, è bene che tu sia tu.
L’altro affermato e riconosciuto non è mai un oggetto, è un tu che conserva aperto il desiderio dell’io nel momento stesso in cui gli dava gioia e felicità
B. E’ anche desiderio di essere desiderato dall’altro, desiderio di essere riconosciuto dall’altro.
Esso può originare:
- egoismo, o forme egoistiche
- riconosciuto: desiderio profondo di essere desiderato e riconosciuto = dignità di ciascuno.
Il reciproco riconoscimento supera la dimensione dell’essere-per-gli-altri (protagonismo, paternalismo, assistenzialismo) essere-con-gli-altri: dove ognuno riconosce l’altro, e ne è riconosciuto, riconoscendosi compagni di strada da percorrere insieme.
Esso origina una dinamica aperta: ogni appagamento è insieme compimento che crea piacere e gioia e condizione per un ulteriore desiderare.
C. Apertura al mondo
La dimensione della creatività della sessualità non si limita al rapporto tra i due partners, ma apre un mondo, il loro mondo (cfr il fantasticare dell’innamoramento).
In questo contesto va inserita la procreazione: apertura al mondo che vuole parteciparsi agli altri; se accolto nella sua novità alimenta la creatività chiamando a rinnovare il mondo.
Creatività si apre anche al mondo sociale: scoprire possibilità di evoluzioni già presenti e introdurne di nuove: lavorare per un mondo dove tutti e ciascuno siano riconosciuti, valorizzando possibilità concrete di liberazione:
Cfr: Alesa Karamazov e Lisa: "noi andremo tra gli uomini; non li condanneremo; li tratteremo tutti da malati; il nostro amore li farà risorgere! (Dostojevskij: "I Fratelli Karamazov").

7. La coppia nel concreto della vita: capitolo tutto da scrivere

Alla fine per un rinvio
Ap 22, 17: "Lo spirito e la sposa dicono: "Vieni"; "Sì verrò presto": è questo il nostro destino.
"In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini" (Gv 1,1-18)
È uno dei brani più belli e più impegnativi della Scrittura; molto probabilmente è un inno cristiano primitivo, proveniente forse dagli ambienti giovannei, che poi è stato adattato per servire da introduzione al racconto evangelico della vita della Parola incarnata.
Certamente è un brano che porta alla contemplazione; ogni parola, ogni frase andrebbero continuamente ripetute dentro di noi, perché come un tempo la Parola prese dimora fra gli uomini, anche oggi possa costruire la sua tenda nel nostro cuore, presso il quale continuamente bussa (Apc 3,20). Il protagonista di quest’inno è la Parola:
- la Parola con Dio (vv. 1-2)
- la Parola e la creazione (vv.3-5)
- la Parola nel mondo (vv. 10 - 12b)
- la nostra partecipazione alla Parola (14-16)
Davanti a questa Parola che è l'attore principale della storia dell'uomo, della nostra storia personale quindi, il primo atteggiamento da imparare a vivere e proprio quello dell'ascolto nel silenzio, materialmente più facile da mettere in pratica in quest'esperienza di ritiro, più complesso quando la Parola richiede un ascolto più esigente, che sa farsi obbedienza che coinvolge tutta la vita; lo stesso si può dire del nostro "fare silenzio": è un silenzio di contemplazione, di meditazione, ma anche di umiltà; vale a dire che di fronte a Dio avrei tante cose da dire, forse anche giuste.
Nel Vangelo è scritto che c'è una sola parola di fronte a Dio, la Parola, che è il Figlio: egli è Parola di Dio per l'uomo, ma è anche, in Gesù di Nazareth, parola dell'uomo rivolta a Dio; credo che una delle fatiche di fede (e dunque un dono da chiedere) sia quella di imparare a fare nostre nella preghiera le parole di Gesù. Si tratta di avere nei confronti di Dio lo stesso atteggiamento che aveva Gesù verso il Padre: di ascolto, di amore, di adorazione.
Se Gesù è la Parola, ne consegue allora che l'uomo è essenzialmente "ascolto". "Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta" (1 Sam3,10).
La nostra riflessione, ora, più che soffermarsi sui singoli versetti, ruoterà attorno ad alcune parole chiave dei Prologo.

La Vita
Che cos'è la vita? qual è il suo significato profondo? Le grandi domande che ci facciamo riguardano appunto il significato, il senso della nostra esistenza, che rischiamo di smarrire persi e distratti da mille occupazioni.
Cosa ci dicono gli altri sulla vita? E cosa ci dice il Vangelo sulla vita?
Il Vangelo ci dice che la vita sta all'origine di tutto e precede la creazione stessa. La vita sta in principio (Gvl,1.2). La vita infatti è l'esistenza di Dio, origine prima e termine ultimo dell'esistenza umana. Solo lì l'uomo trova gusto e quiete, solo lì trova la sua vita. Spesso distratto ed egoista, l'uomo si sente ferito, vorrebbe essere raccolto, custodito, protetto; ma non riesce neppure ad immaginare che la vita deriva dall'amore esistente tra Dio e il suo Unigenito Figlio. Giovanni ci ricorda che all'origine della vita sta una relazione personale; si tratta di quel rapporto segreto che solo Cristo poteva conoscere. Questo rapporto segreto è la Trinità di Dio, un mistero di comunione nell'amore dei Padre e del Figlio nello Spirito Santo. Gustare la vita significa diventare figli. Diventare figli vuol dire essere ospitati in questa relazione. E questa è la vita spirituale.
La vita quindi ci è donata; non è una nostra conquista: non ci facciamo da noi.
Gv5.26; 6,57; 11,1-44; 3,15-16.36; 10,10; 14,6;17,15. Rom 6,2-11; 14,7-9.
1Gv 1, 1-2; 3,14-15; 4,9; 5,11-13.

Il significato: il Logos (Verbo)
Questa vita ha un senso, si alimenta ad un significato: questa vita può essere spiegata. E il significato della vita si dispiega nel Verbo. La parola logos in greco ha una serie di significati: ragione ultima delle cose, parola creatrice, sapienza ordinatrice, parola vivificante e quindi illuminante, parola rivelatrice. Questo vocabolo, poi, nella concretezza della vita quotidiana, significava anche il "costo del tutto", il "quanto costa" della spesa. Usando Logos, Giovanni ha utilizzato una parola altamente simbolica, che evocava una serie di valori, con allusioni infinite al senso della vita, nella sua possibilità concreta, storica, visibile, eterna. Con la parola logos, il greco percepiva tutto ciò che si riferiva al senso delle cose, al perché dell'esistenza umana.
Per Giovanni questo "significato" era presso Dio, era nascosto in Dio; era come un segreto prezioso, a cui l'uomo non aveva accesso. Ora questo segreto di Dio ci è stato svelato ed è diventato una persona concreta (carne) nell'umanità di Gesù.
La vita, la storia, hanno una logica che ci sfugge; noi tentiamo di appropriarci di esse applicando le nostre logiche. Ma la logica di Dio è diversa e lontana dalle nostre scorciatoie, ma molto vicina alla nostra esperienza concreta.
Vicina perché tutto porta la sua impronta. ("Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui"); ma ancor più vicina perché Gesù si è fatto vicino a noi, ha assunto la nostra umanità debole e l'ha salvata.
Quante volte nella vita sperimento giornate di banalità, in cui non capisco più il senso di quello che faccio. Neppure la fede sembra essere un aiuto. Non capisco più il perché della mia vita e della vita del mondo. Le relazioni mi sembrano superficiali, i rapporti con le persone talvolta non danno il gusto che mi aspetto. Mi chiedo che senso ha tutto questo? Da dove vengo? Perché c'è la vita? A quale logica s'ispira? Quale logos la alimenta?
Questa pagina ci richiama che la ragione ultima della nostra esistenza è in Dio. La tua esistenza così com'è, e la tua situazione umana, ha un perché e lo ha in Dio. Anzi lo ha solo nella dipendenza da Lui.
Nessuna situazione umana è priva di significato: sapremo riconoscere Gesù, mentre ci svela il segreto della vita?

La Luce
Questa vita si è comunicata all'uomo come Luce, perché il segreto della vita è luce per gli uomini: gli uomini che accolgono la vita che viene da Dio e ne fanno esperienza ne rimangono illuminati.
Il simbolo della luce è strettamente legato al senso che l'evangelista Giovanni attribuisce alla rivelazione. La luce proviene da un Altro, è qualcosa che si riceve e che ci raggiunge dal di fuori: ci illumina. E' la luce che si fa avanti e conquista i luoghi dominati dalle tenebre Senza questa luce la vita dell'uomo resterebbe continuamente nel buio, ossia priva di significato. Tuttavia è possibile voler rimanere ostinatamente nelle tenebre, rifiutandosi di accogliere la luce.
Questa vita che è luce per gli uomini suscita in noi alcuni atteggiamenti spirituali.
Lo stupore nel riconoscere la grandezza di Dio nei nostri confronti. L'opera del Signore è grande e la nostra vita si esprime in accoglienza di un dono e di un destino che neppure osavamo pensare. Non siamo il frutto del caso né il prodotto di processi biologici o culturali, siamo stati pensati da Dio, voluti da Lui perché partecipassimo alla pienezza della sua vita. Questo stupore poi si fa adorazione e accoglienza di questo progetto: chi accoglie diventa figlio di Dio. Questa luce continua ancor oggi a diffondersi nel mondo attraverso la Chiesa, la comunità dei discepoli del Signore che sono "luce del mondo" e attra-verso la Parola, che è lampada ai miei passi e luce sulla mia strada.
Questa pagina del Vangelo m'interroga sulla mia capacità di adorazione, di meravigliarmi di fronte all'iniziativa di Dio. A forza di sentirne continuamente parlare, rischio di abituarmici, di darla per scontata o per certa nella mia coscienza di cristiano. So allora riconoscere con stupore questa straordinaria iniziativa di Dio nei miei confronti? Mi rendo conto che nella mia vita non c'è nulla senza spiegazione ultima? Mi lascio sorprendere dalla presenza di Dio nella mia vita?
La luce che irrompe nella vita fa chiarezza, opera un giudizio, stabilisce un criterio di discernimento. Mi aiuta a riconoscere il bene dal male, mi sostiene nelle scelte, mi indica la via da seguire. Questa luce mi obbliga a prendere posizione di fronte alle cose: dove non c'è luce non ci sono differenze, non ci sono singolarità neanche sfumature: tutto è indistinto, monotono banale, confuso.
Nella luce invece si colgono le differenze, le distanze, le distinzioni: c'è quindi la possibilità di riconoscersi, di scegliersi, di amarsi. La chiarezza della luce, aurora, rende possibili delle relazioni solide, fondate sulla verità e sull'accettazione delle diversità degli altri.
La luce poi viene a fare chiaro anche sulla mia persona, su ciò che guida le mie scelte, sul groviglio di pensieri che tante volte si agitano nel mio cuore. La luce di Cristo allora è un dono da chiedere proprio per fare luce in ogni dimensione della nostra vita; un dono da chiedere Con coraggio, con la disponibilità a scoprire in noi quel male, quella fragilità, quelle debolezze che vorremmo non ci fossero.
Ma la luce splende sempre nelle tenebre: pur nella fatica, nella sofferenza delle resistenze che incontriamo fuori e dentro di noi, la vittoria è assicurata.
Gv 3,19-21; 8,12; 9,5; 12,35-36; 12,46.
Mt 5,14,16; Rom 13,12-13; 2Cor 4,6; Ef 5,8-14 1 Ts 5,4-8.
1Gvl,5-7; 2,8-11.

L'umanità di Gesù: la carne
Questa vita e il suo significato, questa luce e la chiarezza che opera nella nostra vita, non sono qualcosa di astratto, non sono idee: ma sono realtà visibili nella carne, cioè nella persona storica di Gesù di Nazareth. Chi guarda Gesù impara a vivere, impara a fare luce nella sua vita. "Guarderanno a colui che hanno trafitto". La rivelazione della vita avviene nella persona di Gesù: vivrò nella misura in cui sarò cristiano. La sua umanità (carne) è il luogo in cui risplende la gloria di Dio (non dobbiamo aspettarci qualcosa o qualcuno di più di Gesù) ed è il punto di riferimento per modellare la mia umanità: i miei sentimenti saranno quelli di Cristo Gesù, il suo modo di fare, di agire, di soffrire, di perdonare sarà simile a quello di Gesù.
Tutto in Lui annuncia la Vita che egli possiede in se stesso e che è venuto a donare: la sua vita può diventare la nostra non per una impegnata imitazione, ma per suo dono (cfr Eucarestia).
Il Verbo si fece carne: significa che si fece uomo debole e fragile, in comunione con la nostra condizione umana. La prima certezza allora è che Dio non è lontano, non è "fuori" dalla mia vita, estraneo al mio vissuto, ma vi è entrato, dandole valore.
E venne ad abitare in mezzo a noi: cioè "mise una tenda" perché si volle stabilire in mezzo a noi. L'essere "in mezzo" di Gesù ci fa riflettere come la sua vicinanza non è marginale, ma determinante, centrale. Anzi, ci scombina, perché c'è in noi la continua tentazione di essere noi al centro della vita, di noi stessi, degli altri.
Chi accoglie Gesù invece è chiamato a dargli un posto di centralità nella vita.
Questa pagina c'invita allora a dedicare più tempo e più energie per contemplare l'umanità di Gesù: Dio da ricco che era si è fatto povero per me, per essermi vicino, per sottrarmi alla mia solitudine, per accompagnarmi nelle mie difficoltà, per essere una presenza reale nella mia vita. L'onnipotenza di Dio in Gesù non ha i tratti della violenza; la sua gloria è irradiata da un luogo di apparente totale fallimento, la croce. Questo m'insegna che il segreto della vita passa attraverso il dono di sé, fino ai segni più grandi di dedizione, amore e pazienza, irreversibili e totali. La mia vita di oggi è piena di futuro se si fa piccola.
i Vangeli
Fil 2,6- 7.
Ebrei 4,14-5, 10
.

Per la riflessione e la preghiera.
Signore, la tua Parola mi dona la vita: aiutami a rendermene conto
Ti ringrazio per il dono della vita, con le sue ricchezze e povertà
Concedimi di accoglierti e di diventare sempre più tuo figlio
Signore, io sono sempre nel tuo pensiero, nel tuo cuore
Aiutami a scoprire il senso delle mie giornate nell'amore che Tu mi doni e che mi
chiami a vivere
Fammi comprendere quali sono le situazioni della mia vita che hanno bisogno di
essere illuminate da te
Fa' che non mi rassegni di fronte alle tenebre dalle quali mi sento circondare e che
tante volte minacciano anche il mondo
Aiutami a crederti compagno della mia vita in ogni momento: nella sofferenza, nel
peccato, nella gioia
Perdonami quando non ti permetto di fare una tenda nella mia vita
Aiutami a capire cosa significa per farti concretamente un posto nella vita. nella mia carne, nei miei giorni, nella mia fragilità,