LA DIVERSITÀ: OSTACOLO O RISORSA?
La famiglia come chiave di risposta per una pastorale dell’accoglienza
(seconda parte)

DIVERSITA' E LIBERTA'
Il secondo aspetto è costituito dalla presenza di un dramma all'interno dell'esperienza di diversità: questo dramma è costituito dall'interpretazione che noi diamo della diversità: se questa è segnata dalla paura ci richiudiamo su noi stessi, in caso contrario siamo in grado di costruire rapporti sempre più grandi di amore e donazione.
Entra in gioco dunque la nostra libertà con cui il tema della diversità deve sempre misurarsi.
Pensiamo all'impatto che questo elemento ha nel rapporto uomo-donna: la creazione dell'unità di coppia impone di mettere in gioco la propria libertà, ma questo non è affatto scontato, richiede fatica e impegno.
La diversità è quindi anche una sfida alla propria libertà.
Questi due primi aspetti sono fondativi, ciò che segue non è che lo sviluppo conseguenziale del discorso.

CRISTO PER COMPRENDERE LA DIVERSITA'
Un ruolo determinante per interpretare la vicenda della diversità ci viene da Gesù Cristo: infatti in Cristo noi abbiamo l'abbraccio supremo della diversità come ci dice Paolo nel cap. 2 della lettera ai Filippesi.
Paolo ci ricorda che Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua eguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo ... fino alla morte di croce.
Gesù compie quello che teologicamente viene chiamato kenosi, cioè l'abbassamento, l'annientamento, l'entrata nelle tenebre causate dal peccato; in questo modo Cristo colma l'abisso della differenza, della diversità causata dal peccato e si pone come ponte in grado di ri-orientare ogni diversità e di ricondurla al suo senso originario.
La diversità è infatti un bene che diventa valore negativo quando, a causa del peccato, non permette più agli uomini di comprenderne il senso e diventa la fonte dei conflitti e delle rivalità.
Solo in Cristo noi possiamo ricomporre tutte le diversità, quella tra Cielo e terra come quella tra uomo e donna: è in questa chiave che dobbiamo intendere le parole di Gesù quando dice che non c'è più marito né moglie, né uomo né donna. Egli non vuol dire che questi stati della persona saranno soppressi ma che non saranno più conflittuali, in contrapposizione, e saranno ricondotti alla loro armonia e al loro senso ultimo perché non sono altro che il passaggio verso quella comunione definitiva quando vedremo Dio faccia a faccia.

IL MATRIMONIO CRISTIANO
L'esigenza del matrimonio è presente in tutte le culture di tutti i tempi come una dimensione fondamentale dell'uomo.
E' vero, il peccato ne ha oscurato in parte il senso ma non ha eliminato la tensione positiva che spinge l'uomo e la donna a vivere insieme.
Il cristiano non ha strumenti diversi da ogni altro essere umano quando vive autenticamente questa esperienza di amore e donazione reciproca, salvo la Grazia che gli viene da Cristo.
Tornando a Paolo, nella lettera agli Efesini egli ci ricorda anche di essere sottomessi gli uni agli altri come la Chiesa lo è a Cristo: è la sottomissione a Cristo che costituisce il presupposto per la composizione della diversità, perché si crei veramente la reciprocità.
In questo senso la Grazia del sacramento del matrimonio non annulla le diversità ma le valorizza e le innerva nella forza della Grazia stessa, permettendo di realizzare ciò per cui Dio fin dall'origine ha pensato e voluto per l'uomo e per la donna, benedicendoli nella loro fecondità.
Oggi, come società, siamo entrati in un duplice vicolo cieco: da una parte troviamo la tendenza ad omologare tutto e tutti, comprese le differenze sessuali, rendendole di fatto indistinguibili e irrilevanti, dall'altra incontriamo la tendenza alla contrapposizione, alla separazione irriducibile.
Il matrimonio cristiano tiene lontana ogni forma di omologazione dell'uno all'altro e nello stesso tempo ogni reciproca irriducibilità, proprio perché l'uomo è capace di costruire una comunione nel rispetto delle diversità.

LA FAMIGLIA
La famiglia cristiana è allora il luogo in cui per eccellenza si può valorizzare la diversità (vedi Familiaris Consortio), che si pone come primo compito la costituzione di una comunità di persone.
Una grossa sfida del nostro tempo che impegna la famiglia è quella dell'integrazione delle diversità religiose.
Su questo argomento vi sono delle luci e delle ombre: le luci sono quelle che oggi ci vengono dalla ricchezza dei rapporti ecumenici tra le diverse confessioni cristiane, ad esempio con gli ortodossi ed i riformati.
La teologia del matrimonio presso gli ortodossi è molto diversa dalla nostra sia nella visione del matrimonio sacramentale, sia nella sua attuazione liturgica e nella prassi pastorale (pensiamo al caso tipico dei divorziati e risposati).
Il fatto che la realtà cattolica e quella ortodossa si incontrino anche attraverso i matrimoni misti è visto come un elemento di grande arricchimento teologico ed ecclesiale.
Sul fronte dei riformati ricordo l'accordo recentemente sottoscritto tra la CEI ed i valdesi proprio sulla questione dei matrimoni.
L'incontro all'interno di un vissuto familiare di un cattolico e di un riformato valdese viene ora interpretato, a fronte di conflitti radicali vissuti in passato, come una risorsa, una fonte di possibile grazia.
Ciò è molto bello ed è un grande segno di come all'interno della famiglia anche le diverse esperienze di fede possono tradursi in una crescita, in un arricchimento, in uno scambio molto prezioso.
Le ombre ci vengono dai matrimoni interreligiosi, soprattutto con i musulmani.
Sappiamo tutti, anche da casi apparsi sulla stampa nazionale, quanto sia difficile questa esperienza, anche quando c'è un impegno molto serio nell'affrontarla, proprio per le diverse interpretazioni che si hanno riguardo al rapporto di coppia tra mondo occidentale e mondo musulmano.
Questo è un argomento guardato con grande attenzione dalla Chiesa (lo stesso Direttorio di Pastorale familiare ne parla), su di esso non vi sono preclusioni di principio anche se oggettivamente si invita all'attenzione e alla cautela.

IL RUOLO DELLA CHIESA
Anche la Chiesa si è sempre impegnata sul fronte della diversità, anche se vi sono momenti nella sua storia che fanno pensare diversamente e che possono essere compresi solo entrando nelle situazioni specifiche.
Ma la Chiesa, per la sua natura cattolica, cioè universale, è stata sempre attenta alle diversità e questa attenzione oggi si esprime nel binomio: "evangelizzazione delle culture" e "inculturazione della fede".
La fede ha infatti sempre un duplice processo: entra dentro le esperienze positive delle culture e delle tradizioni umane e, nello stesso tempo, innerva queste realtà con l'originalità e la novità dell'annuncio evangelico.
Questo è un processo dagli equilibri molto difficili, perché da un lato c'è sempre il rischio di una evangelizzazione che snaturi e manipoli le tradizioni culturali, e dall'altro c'è il rischio che un adattamento del Vangelo alle tradizioni comporti una perdita dell'originalità del messaggio cristiano.

LA CHIESA E IL RAZZISMO
Come la Chiesa si pone nei confronti del razzismo? Come si pone di fronte a questa realtà che a volte si manifesta in forma eclatante e a volte in modo subdolo ?
La Chiesa è e vuole essere un deterrente contro ogni forma di razzismo, per questo ha bisogno continuamente di convertirsi alla verità del suo essere, al senso più profondo della sua missione.
La sua è una missione di comunione e di riconciliazione e in quest'ottica la Chiesa è nel mondo il crocevia della riconciliazione e dell'incontro tra popoli e razze.
In Italia ciò è meno visibile, ma credo che le comunità cristiane costituiranno sempre più il punto discriminante della capacità del nostro paese di essere accogliente e capace di integrare le diversità.
Sull'argomento vi segnalo un documento della commissione "Justitia et Pax" (Educare alla legalità) che invita a passare da una cultura dell'indifferenza e della diffidenza ad una cultura della differenza e della solidarietà: differenza nel senso di saper apprezzare e valorizzare le differenze, solidarietà come raccordo tra le differenze stesse.
Ma anche questo è solo un passaggio verso l'obiettivo ultimo che è la nascita di una cultura della convivialità, che è qualcosa di più della solidarietà.
Solidarietà è accettare, condividere, comprendere, affiancarsi; convivialità è un termine tipicamente familiare che sta ad indicare un entrare in stretto contatto, un assumere all'interno del proprio vissuto anche questo tipo di presenze.

EDUCARE ALLA DIVERSITA'
Un grosso contributo che la Chiesa dà su questi argomenti è quello dell'educazione. La Chiesa ha un compito che è quello di educare la coscienza di ogni credente, ma anche di investire le sue risorse principali nell'educazione delle nuove generazioni.
Quest'educazione deve essere fatta di ascolto, di dialogo e di condivisione: questi tre elementi costituiscono la grammatica di ogni autentico rapporto tra le diversità.

IL VOLTO DI MADRE TERESA
L'ultima immagine che può sintetizzare ai nostri occhi il senso di accoglienza delle diversità è il volto di Madre Teresa.
La sua morte, oltre a lasciarci un vuoto incredibile, ci dà la possibilità di cogliere anche alcune piste.
Il volto di Madre Teresa in questi ultimi anni era un volto segnato dalle rughe, che non indicavano tanto e non solo l'anzianità della persona ma soprattutto lo spessore del mistero della vita.
In quelle rughe si intuiva il mistero d'amore che, attraverso l'opera di Madre Teresa, era in grado di accogliere le diversità più estreme.
Sappiamo che la sua missione ha sempre avuto come elemento centrale l'accompagnamento dei moribondi, il far sì che nessun uomo morisse senza l'abbraccio di un altro essere umano. Tutto ciò esprime lo spessore di una carità che viene dall'alto e che riesce ad accogliere ogni diversità.
Questo volto può cambiare la storia perché, se lo facciamo diventare patrimonio nostro e di tutta la Chiesa, ci permette di andare oltre ogni diversità.
Il fatto che ai funerali di Madre Teresa ci fossero i rappresentanti di tante altre religioni, e che tutti si sentissero in qualche modo interpellati dalla sua missione d'amore, è il segno più grande che nella carità è possibile superare ogni diversità.
Don Claudio Giuliodori,
incaricato della pastorale familiare per la diocesi di Ancona