FAMIGLIA, LA GRANDE ALLEANZA
E' tempo di fare rete, sia nei borghi e nelle comunità locali, sia a livello provinciale, regionale e nazionale

C'è una strategia semplice per rompere l'isolamento a cui sembra condannata la famiglia. Si chiama alleanza. Solo uniti possiamo resistere alle fatiche di una quotidianità sempre più complessa, combattendo allo stesso tempo le insidie presenti i questa società, le poche promesse e le molte inadempienze della politica.
Cosa significa alleanza familiare? In primo luogo quella che sappiamo inventarci con altre famiglie, con gli amici, con i vicini, con coloro che frequentano il nostro gruppo e la nostra comunità.
Un tempo questo pur minimo sforzo associativo non era necessario. La famiglia patriarcale assicurava una presenza affidabile nella normalità o nell'emergenza. Oggi solo le famiglie potranno salvare la famiglia: se ciascuno tende la mano al vicino, se ha il coraggio di aprire la porta di casa sia per chiedere, sia per offrire aiuto, qualcosa dovrà cambiare.
Mentre gli aiuti pubblici si riducono sempre più, i buoni risultati delle associazioni familiari, attraverso le piccole, ma efficaci, forme di auto-organizzazione stanno sollecitando riflessioni più attente.
Un esempio sono i gruppi di sostegno alle coppie in difficoltà: troppi coniugi che alzano bandiera bianca perché schiacciati dai propri limiti ritenuti insuperabili, troppe famiglie che dichiarano fallimento e si arrendono disseminando il campo di morti (gli affetti) e feriti (i figli)... L'intera società ne subisce gli effetti negativi.
Altri gruppi familiari hanno saputo inventarsi piccole scuole materne flessibili, senza orari rigidi, modellate sulle esigenze dei bambini perché le "insegnanti" sono, a turno, le mamme stesse. Con il medesimo criterio sono sorte le forme di collaborazione familiare per il lavoro domestico o per l'assistenza degli handicappati.
Queste piccole alleanze, nate per rispondere ad esigenze concrete, possono rappresentare la premessa per un associazionismo familiare più maturo ed impegnativo, capace di incidere davvero sul fronte più complesso della cultura e della politica.

I NUOVI ORIZZONTI DELL'ASSOCIAZIONISMO
Le associazioni familiari sono chiamate ora a puntare più in alto. Sono chiamate innanzi tutto a lavorare sulla cultura, divenendo interlocutrici tanto disponibili quanto serie e provocatrici dei mass-media.
Continuiamo a richiedere con forza ciò che ci sembra giusto: parità scolastica, leggi capaci di superare l'attuale Far West della procreazione assistita, assegni familiari meno inconsistenti, interventi di sostegno per il lavoro domestico, una promozione convinta del part-time... Ma tutto ciò sarebbe inutile, se nello stesso tempo non lavorassimo sul piano culturale per affermare un'idea forte di famiglia e richiedere una più globale politica familiare.
Per questo difficile compito va allargata, a tutti i livelli, la rete dell'associazionismo familiare, in primo luogo il Forum delle Associazioni Familiari.

AGIRE SULLA CULTURA
Ma intervenire sui meccanismi di trasmissione della cultura non è semplice perché la famiglia non è una "materia" che si studia a scuola. I mass-media se ne occupano in termini patologici (la famiglia che non c'è, o c'è troppo, la famiglia che si sfascia, la famiglia che è malata…), anche perché la famiglia ordinaria non fa tendenza. Interessano molto di più i single o le coppie di fatto, etero o monosessuali.
Eppure siamo ben consapevoli che la famiglia è il più efficace degli ammortizzatori sociali: tanti disagi, che le istituzioni pubbliche non sanno o non vogliono risolvere, nella famiglia possono essere contenuti, e spesso risolti brillantemente. A costo zero per quelle stesse istituzioni. L'uomo che bada e basta a se stesso, è la lusinga più rovinosa di quella cultura d'impronta laicista che vorrebbe relativizzare il ruolo della famiglia.

SEMPRE PIU' SEPARAZIONI E DIVORZI
Ecco perché si parla sempre più spesso di "modelli familiari" al plurale. Come se la famiglia fosse un canovaccio da recitare a soggetto. E, se si fallisce, si può ritentare una, due, tre volte. Negli ultimi dieci anni il numero delle famiglie che si frantumano è in costante ascesa. Sono quasi sessantamila ogni dodici mesi, ma questo non fa più notizia.
Peccato che a complicare questo intenso traffico di arrivi e di partenze ci sono spesso i bambini, le vittime autentiche delle separazioni. Gli adulti avvertono innanzitutto la propria sofferenza, o i propri disagi. Ma sono i bambini le prime vittime, sono loro a subire le ferite più laceranti.
Anche a questo dovrebbero pensare le coppie che si separano, e con loro i legislatori, per evitare di rendere scontato lo scioglimento del matrimonio. Gli strumenti, tra cui quello della mediazione familiare, non mancano.
Oggi nella classifica, tristissima, degli interessi prevalenti di tante giovani coppie compaiono troppo spesso carrierismo esasperato, viaggi esotici e divertimento esclusivo. Fino ai quarant'anni ormai non si pensa quasi ad altro. Poi, quando l'orologio biologico manda i suoi misteriosi avvertimenti, ecco rispuntare la voglia di avere un figlio.

FECONDITÀ FUORI TEMPO MASSIMO
Senza un progetto di fecondità una coppia si avvia ad arenarsi nelle secche dei miseri orizzonti quotidiani, rischiando di fallire.
Così ecco rispuntare l'immagine di quel bambino a lungo rimossa per lasciare spazio ad "altro". Ma, in qualche caso, si tratta di un auspicio fuori tempo massimo perché, a una certa età, anche qualche meccanismo biologico comincia a risultare meno efficiente. E poi ci sono il peso dello stress, gli effetti negativi di una vita spesso sregolata, ecc. Non c'è da stupirsi allora se cresce il numero delle coppie sterili.
La soluzione è facile: basta rivolgersi agli apprendisti stregoni della provetta, sborsare qualche milione, e tutto si risolve. Tanto la logica è quella dell'efficientismo, del risultato ad ogni costo, dell'interesse personale che annulla qualsiasi considerazione etica.
Ma come si può pensare che un figlio ad ogni costo e comunque ottenuto, possa risolvere i problemi di identità di una famiglia dove, troppo a lungo, la capacità di donare è stata lasciata in un secondo piano?

SE L'AMORE HA IL SAPORE DELLA ...SANTITÀ
Quando l'amore coniugale è vero, profondo, uno e per sempre, diventa - da un punto di vista cristiano - anche un amore santo. E chissà quanti santi ci sono nelle reti locali di comunità.
Eppure troppo spesso, nel linguaggio di alcuni mass - media laici, si ricorre al termine "familiare" per indicare qualcosa di implicitamente negativo.
Sembrerebbe quasi che per questi "esperti" la famiglia sia soltanto un'istituzione superata, una realtà incapace di reggere il passo con le vorticose trasformazioni della società e della cultura. Cioè quel movimento di passaggio che, in mancanza di definizioni più efficaci, viene chiamato "postmoderno".

INSIEME PER UN GRANDE PROGETTO
A nostro avviso però la situazione reale è assai diversa. Proprio i nuovi orizzonti culturali, i grandi successi tecnologici e scientifici, i profondi mutamenti sociali e di costume lasciano ipotizzare per la famiglia - una famiglia rinnovata e risignificata - un futuro da protagonista.
Certo, la denatalità, il crescente ricorso all'aborto, la fragilità dei matrimoni più giovani, sono problemi che non possono passare in secondo piano e verso i quali occorre continuare a tenere desta l'attenzione. Ma i segnali incoraggianti sono nettamente superiori alle valutazioni pessimistiche.
Oggi la maggior parte dei coniugi può realisticamente pensare di trascorrere insieme 30, 40 o 50 anni. E questa nuova prospettiva permette alla coppia di immaginare e progettare un lungo cammino insieme, attraverso le varie stagioni della vita. Questo percorso per gli sposi cristiani può diventare un continuo, reciproco arricchimento umano e spirituale.
Ecco perché sarebbe fuori luogo guardare ai mutamenti socioculturali della cosiddetta età postmoderna con preoccupazione e timore.
In quelle trasformazioni, al contrario, si possono scorgere i germi per una significativa rinascita familiare. Una rinascita che passa obbligatoriamente attraverso un'alleanza: della famiglia, per la famiglia, insieme a tutte le famiglie disposte a condividere il nostro progetto.
Dino Boffo, direttore di Avvenire

Questo testo è ricavato dalla prefazione del libro: L. Moia, Facciamo un patto. Quando le famglie si aiutano ad aiutare, Effatà Editrice, www.effata.it

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