La preghiera individuale
MI CHIEDI: PERCHE' PREGARE?
TI RISPONDO: PER VIVERE!

di Bruno Forte*
Sì: per vivere veramente, bisogna pregare.
Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore è vuota solitudine, è prigione, è tristezza. Vive veramente solo chi ama e ama solo chi si sente amato.
L'amore nasce dall'incontro e vive dell'incontro con l'amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili: l'Amore oltre ogni nostra definizione e ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si rinasce sempre all'amore. Ecco perchè chi prega vive, nel tempo e per l'eternità.

Mi dici: ma io non so pregare!
Ti rispondo: comincia a dare un po' del tuo tempo a Dio. All'inizio, non sarà importante che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente.
Fissa tu stesso un tempo da dare al Signore, e daglielo ogni giorno, non solo quando ti senti di farlo.
Cerca un luogo tranquillo, dove sia presente un segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un'icona, la Bibbia, il Tabernacolo).
Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!".
Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto; non aver paura di dirGli tutto: le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, le tue eventuali ribellioni e proteste.
Metti tutto nelle mani di Dio: Lui è Padre/Madre nell'amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva.
Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte.
Ascolta la Sua Parola: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al tuo cuore. E quando avrai ascoltato, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre.

All'inizio, potrà sembrarti che il tempo da dedicare sia troppo lungo e non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno.
La tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te e quello che all'inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello.
Capirai che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: quanto porterai nella preghiera sarà trasfigurato.
Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse si saranno sciolte come neve al sole e in te entrerà la grande pace di essere nelle mani di Dio e ti lascerai condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te.

Non mancheranno, naturalmente, le difficoltà. A volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te. A volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare. A volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso".
Sentirai le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l'unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l'ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. E' quella l'ora in cui a lottare con te è Dio stesso.
Sarà Gesù a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d'Amore, inondata dalla gioia della presenza dell'Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.
Non avere paura delle prove e delle difficoltà nella preghiera: Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d'uscita, non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla.

La fedeltà nella preghiera ti darà il dono particolare dell'amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti; più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli.
Pregando, si avverte sempre più l'urgenza di portare il Vangelo a tutti. Si scoprono gli infiniti doni dell'Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa.
Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l'eternità.

*sacerdote, dottore in teologia e filosofia, docente di teologia dogmatica.
Dalla newsletter di Pastorale familiare n. 38, del 5/09/04, ripreso dal quotidiano Avvenire.
Sintesi a cura di Gabriella Rastello.

L'ARTE DELLA PREGHIERA
"In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità. (...) Per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzi tutto nell’arte della preghiera. E’ necessario imparare a pregare, quasi apprendendo sempre nuovamente quest’arte dalle labbra stesse del maestro divino, come i primi discepoli: "Signore, insegnaci a pregare!" (Lc11,1). (...) Sì, carissimi fratelli e sorelle, le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche "scuole" di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero "invaghimento" del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio".
Giovanni Paolo II: "Novo Millennio Ineunte", n. 30, 32, 33.

PREGARE E "DIRE PREGHIERE"
C’è chi "dice le preghiere" e c’è chi prega, così come c’è chi "dice poesie d’amore" e chi ama: il primo si trova sulla sponda aspra e dura del dovere, il secondo su quella vertiginosa e inebriante dell’amore.
Ci sono i recitanti e gli oranti. I primi sono soddisfatti se hanno detto una serie prescritta di formule e hanno compiuto determinate devozioni e pratiche. I secondi avvertono l’esigenza di stabilire il contatto del cuore: per loro la preghiera è un dialogo con una persona, un colloquio continuo con il Signore.
Chi dice le preghiere si preoccupa, quasi con ossessione, del numero, della quantità, dell’esattezza, di "che cosa deve dire".
Chi prega ha a cuore l’intensità della comunione, la qualità del rapporto. Non dimentica la persona con cui sta dialogando e vuole arrivare ad un "faccia a faccia" atteso e desiderato. Questo apre alla meraviglia, alla sorpresa, alla gioia, alla scoperta sempre nuova.
Chi dice le preghiere ha paura del silenzio, non sa come riempirlo.
Chi prega ha molta familiarità con il silenzio.
Chi dice le preghiere è spesso soggetto alla monotonia, alla noia, all’abitudine che appiattisce.
Chi prega sente cantare la gioia della vita, della freschezza, della spontaneità.
Chi recita le preghiere solitamente corre ("Più veloce sono, più preghiere dico").
Chi prega non ha preoccupazioni di fretta: se sei con un amico non hai voglia di andartene al più presto.
Chi dice le preghiere, quando le ha dette tutte si sente a posto: ha chiuso una partita.
Chi prega non finirebbe mai di farlo: ha aperto un tesoro inesauribile.
Chi dice le preghiere ode il suono di parole.
Chi prega si immerge nella Luce: quante cose nuove scopre se la luce aumenta!
Gesù non ci ha insegnato preghiere, ci ha insegnato a pregare: questa è la vita che il Signore vuol far crescere in noi e che è all’origine del nostro essere umano.
Padre Giuseppe Oltolina
Testo raccolto da Adriana e Sergio Corbetta