VIVERE IN FAMIGLIA IL VANGELO DEL LAVORO
Chiamati a conciliare il tempo del lavoro con il tempo della gratuità e del servizio

di Daniele Bortolussi*
Attualmente sono in corso numerose trasformazioni nel mondo del lavoro. Il mercato, sempre più competitivo, richiede nuove competenze, maggiore flessibilità, grande spirito di adattamento e intraprendenza. Queste trasformazioni del lavoro portano con sé un profondo cambiamento culturale.

Lavorare per il ben-avere
Oggi si lavora principalmente per ricercare un sempre maggiore benessere economico, alimentato e idealizzato dalla società come principio della felicità.
La flessibilità richiesta al lavoratore è segno di una crescente incertezza del lavoro, che porta a forme accentuate di individualismo.
La sicurezza del posto di lavoro è sempre stata ricercata come strumento di stabilità per la famiglia ma attualmente la precarietà, conseguenza del processo di deindustrializzazione, aumenta il senso di inutilità e accresce i disagi personali e familiari acuti, favorisce la ricerca di evasioni, accresce la disperazione e la disgregazione sociale, spegne la speranza nei giovani.
Il tempo del lavoro ha un peso sempre maggiore nella quotidianità a scapito del tempo della gratuità, del tempo donato agli altri. In molte famiglie aumenta così il benessere, ma diminuisce il peso di molti valori essenziali.
In questa nuova dimensione lavorativa, poco rassicurante, l'uomo e la famiglia devono ricercare comunque il proprio ben-essere anche a costo di andare contro corrente.

Lavoro e famiglia
Il cristiano è chiamato a vivere la propria vocazione in questo nuovo scenario e conciliare il lavoro e la famiglia alla luce del Vangelo.
L'unione Europea esalta una società attiva tutta giocata sulla produttività e la competitività. Così, anche se la famiglia rappresenta il fondamento del "capitale umano e sociale della nostra società" le viene assegnato di fatto un posto residuale.
Però l'assolvimento delle funzioni sociali della famiglia dipende essenzialmente dal rapporto tra quotidiano familiare e quotidiano professionale. Ma l'attuale società capitalistica insegna a consumare tutto, anche la stessa famiglia.

Lavoro e tempo libero
I legami familiari stabili permettono le attenzioni e l'apprendimento reciproco fra le generazioni, ma necessitano di tempo in termini sia di qualità, sia di quantità e tutto ciò ha ripercussioni significative sulla qualità della vita e la salute di bambini e adulti. Ma quanto e quale tempo è possibile oggi dedicare a coltivare questi legami?
La conciliazione tra lavoro e famiglia deve essere affrontato su due piani distinti: strutturale organizzativo e culturale (gli stili di vita).
Gli individui non possono trovare soluzioni personalizzate se non vi sono i presupposti strutturali necessari, è quindi necessario tenere in considerazione i bisogni delle famiglie che non equivalgono affatto a quello della somma dei singoli individui.

Una nuova cultura del lavoro
È necessario che la società passi ad un "assetto societario del welfare che abbia come criterio-guida quello della sussidiarietà". È necessario regolare il lavoro in modo da sostenere la famiglia, è necessaria una nuova cultura e una diversa progettualità sociale.
L'era post-industriale richiede una nuova "responsabilità sociale dell'impresa" attraverso nuove tipologie contrattuali in grado di conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia, il sostegno di reti di solidarietà tra le famiglie, la progettazione di sostegni formali e istituzionali per la famiglia, il riorientamento delle politiche fiscali.
Oltre ad un livello strutturale-organizzativo esiste un livello personale con cui rapportarsi al lavoro sia come uomini, sia come cristiani.

Lavoro e servizio
Il lavoro deve permettere alla persona di crescere e di esprimersi in tutta la sua pienezza, partendo dal presupposto che ogni uomo è immagine di Dio.
Alla luce del messaggio di Cristo il lavoro ha un fine più complesso: è il mezzo tramite cui si procura da vivere, costruisce le basi della famiglia e della società e trasforma il mondo in senso più umano.
Se ogni uomo deve lavorare ed averne la concreta possibilità, il ridurre molti giovani all'inattività è un danno per la società stessa, perché non viene permesso loro non solo di esprimersi in tutta la loro essenza, ma anche di migliorare il mondo.
La Bibbia, inoltre, richiama il lavoro come servizio reso agli altri, e impegna alla ricerca di un equilibrio fra interesse personale e gratuità.
La grande difficoltà è attualizzare il Vangelo, ossia mediare il messaggio di Cristo alla luce dei nostri tempi. Questo è un passo difficile, ma necessario; infatti, pretendere di trovare nel Vangelo la soluzione diretta ai nostri problemi è una forma di integralismo.
La nuova mentalità e cultura, anche di molti cristiani, devono essere evangelizzate, cominciando dall'ambito familiare.
* responsabile Ufficio pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Torino.
Tratto dalla conferenza alle parrocchie dell' UP 50, l’ 11/12/05 a Bra (CN).
Sintesi a cura di Laura Ferrero.

Un G.F. si confronta su lavoro e festa

L'annuncio di don Daniele è stato sicuramente di forte stimolo per la successiva riflessione all’interno del nostro gruppo famiglia.
Dapprima abbiamo affrontato la trasformazione del rapporto di lavoro in questi ultimi anni.
Dalle varie esperienze personali sono emerse situazioni molto differenti: dal lavoro ricercato come sostentamento a quello fortemente voluto anche come realizzazione personale pur svolgendosi in un contesto difficile (es. mondo della scuola); dall'incertezza di un lavoro che si teme di perdere, alla consapevolezza di chi ha un lavoro "garantito"; dal rischio del lasciarsi sopraffare da sconforto e paura del futuro, al coraggio di scegliere il lavoro domestico per dedicarsi alla cura dei figli.
Da ciò è emersa la consapevolezza che il cristiano deve essere sempre portatore di speranza nel futuro, in particolar modo nelle situazioni dove tutto appare oscuro ed incerto.
Abbiamo poi considerato le condizioni del lavoro e i rapporti personali che si instaurano.
Qui sono emerse le esperienze difficili di chi lavora in aziende dove "budget" e "risultato operativo" sono obiettivi da perseguire ad ogni costo e che si contrappongono alla nostra missione di aiuto agli altri, alla volontà di non prevaricare e all’impegno di essere strumento di Dio per un mondo più equo.
Infine abbiamo parlato del rapporto tra lavoro e la famiglia, dei tempi della vita e del lavoro che non deve diventare troppo assorbente.
Abbiamo sottolineato la riscoperta del piacere della festa dopo il lavoro, festa intesa come momento di condivisione degli affetti, del dialogo, del cibo spezzato e di preghiera familiare. Su questo tema si sono intrecciate le riflessioni segante da un desiderio di fede professata che vada oltre la festa della domenica, ma che continui come vita di tutti i giorni della settimana.
Gianni e Rossella Baratta

PAGARE DI PERSONA

Nel 1994, io e mia moglie abbiamo fondato una società di consulenza informatica. Nel giro di un paio di anni siamo cresciuti fino ad impiegare una decina di persone, tra dipendenti e collaboratori.
Il nostro cliente principale era una grande società nazionale - legata ad una grossa società pubblica - dalla quale ricevevamo in continuazione nuove commesse.
Improvvisamente la società pubblica venne ceduta ad imprenditori privati, che come prima cosa bloccarono tutti i contratti in corso, compresi i nostri. Fu la crisi, ma il problema più grande fu come comportarci con le persone che lavoravano per noi: licenziare tutti?
Sarebbe stato semplice.
Ma non ci sembrava giusto, sentivamo di avere delle responsabilità verso di loro, alcuni avevano una famiglia, altri avevano lasciato altri lavori per venire da noi.
Per questo, pur consapevoli dei risvolti economici negativi, abbiamo deciso di garantire loro lo stipendio fin quando non avessero trovato un altro lavoro.
Nel giro di circa sei mesi ognuno di loro aveva un nuovo posto e noi un mare di debiti.
Per fortuna mia moglie aveva un lavoro sicuro. Abbiamo abbattuto tutte le spese superflue coinvolgendo anche i nostri figli.
Noi come coppia ci siamo uniti maggiormente nella preghiera e nella condivisione soprattutto in quei momenti in cui ci sembrava di essere dei falliti.
La lettura del libro di Giobbe ci ha aiutato a capire ciò che è veramente importante nella vita, non le cose che pensavamo di avere conquistato con le nostre sole forze, ma le persone che incontriamo tutti i giorni, a partire dalla nostra famiglia, fino ai dipendenti e quanti altri ci capita di incontrare.
In molti ci hanno detto che siamo stati matti perché non eravamo obbligati a trovare un lavoro ai collaboratori.
Questo è vero, ma il Signore ci ha reso custodi dei nostri fratelli e lo siamo anche da imprenditori.
Le cose poi si sono sistemate. Ora la nostra società ha alle dipendenze sei persone e sembra che le cose vadano bene.
Comunque vada siamo sicuri che la Provvidenza ci sorriderà sempre, basta sapersi accontentare e usare i soldi solo come dono per sé e per gli altri, come mezzo per vivere e non come unica realtà da raggiungere.
Graziano e Loretta