FEDE E FAMIGLIA
La testimonianza di due giovani sposi
L’ "ARIA DI FEDE" CHE SI RESPIRA NELLA NOSTRA FAMIGLIA

di Milena e Nico*
Quando mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza su come vivo la fede nella mia famiglia, di come si manifesta il mio essere cristiana all'interno delle mura domestiche, le prime domande che io e mio marito ci siamo posti sono state: "Quanta aria di fede si respira nella nostra famiglia? La nostra religiosità viene percepita da chi sta intorno a noi?".
Come è difficile rispondere a queste domande! Ti "costringono" a fermarti un attimo e ti portano a riflettere su chi sei, su quello che stai facendo, e su come stai cercando di vivere la tua vita da cristiano.

Le nostre storie
Io e mio marito proveniamo da famiglie semplici, umili ma con una cultura e tradizione religiosa piuttosto diverse: la famiglia di mio marito da sempre profondamente cattolica praticante; la mia invece composta da una mamma che va a messa a Natale e forse a Pasqua e da un papà "compagno" operaio per il quale era motivo di preoccupazione l'uscita serale per andare a catechismo… "ma ci devi proprio andare?" mi diceva quando mi vedeva uscire.
Così, un po' per non fare un torto al mio caro papà e soprattutto per mia pigrizia e volontà, durante la mia adolescenza e gioventù mi sono allontanata da tutto ciò che riguardava "Dio".

Il nostro incontro
Poi crescendo si matura e proprio mentre sentivo in me fermentare il desiderio di approfondire la mia esistenza e capire dove la mia vita mi stava portando, ho incontrato mio marito. Ai miei occhi quel ragazzo trentenne che senza vergogna e con la massima umiltà mi parlava di Dio, mi diceva di andare a messa tutte le domeniche, mi raccontava di come tentava in questa vita di essere un "buon" cristiano era una vera "sorpresa"!
Ho sempre pensato a quell'incontro come il mezzo attraverso il quale Dio mi volesse riavvicinare a Sé.
Così da quel momento è cominciato il nostro cammino di coppia ed il mio riscoprire Dio ed il suo infinito Amore.
Ma la sete di imparare ad amare Dio sempre più è aumentata per entrambi con la nascita di nostra figlia Alice che oggi ha quattro anni.

La nascita di Alice
L'arrivo di un figlio ci ha spalancato le porte del cuore. Un figlio è il dono più prezioso che il Signore può donarti… la sola presenza di un neonato in famiglia fa percepire la presenza di Dio! Poi viene il duro compito di imparare ad essere genitori, di diventare educatori, di trasmettere quei valori nei quali tu credi come la giustizia, la solidarietà, l'amicizia, l'amore verso la famiglia… e la Fede.
Il desiderio di crescere nostra figlia nella fede cristiana, di farle conoscere Gesù, di riuscire a farle sentire quell'Amore di Dio che porta gioia e serenità ci ha fatto capire che noi dovevamo impegnarci di più.

Conciliare fede e vita
Abbiamo così deciso da quest'anno di entrare a far parte del gruppo famiglia parrocchiale proprio per essere aiutati in questo importante compito. Il condividere insieme ad altre famiglie un percorso di crescita spirituale ci fa sentire più forti; il confrontarsi sulle gioie e difficoltà quotidiani ci fa sentire meno soli.
Noi tentiamo di essere per nostra figlia un buon esempio e il nostro più grande stimolo ad andare avanti per questa strada è proprio l'amore per Alice.
Nella vita di tutti i giorni cerchiamo di trasmetterle il nostro essere cristiani con gesti e parole semplici: le diciamo di quanto sia importante sorridere ed essere gioiosi in quello che si fa, di essere gentili e disponibili con i propri amici; di quanto sia importante andare a trovare i nonni la domenica, dare loro un grosso bacio per dimostrargli che gli vogliamo bene e portare nelle loro case un po' di allegria.
Parliamo ad Alice di Gesù come di un amico "speciale" che le sta sempre vicino. È un amico che non può vedere ed abbracciare come gli altri amichetti, ma lo può sentire con il suo cuoricino e può parlarGli ogni volta che lo desidera.
Il rito delle preghierine serali non può mancare: è il momento in cui tutti insieme ringraziamo Gesù ed il Signore per quello che abbiamo fatto e ricevuto durante la giornata e chiediamo scusa se abbiamo avuto un comportamento che forse a Gesù non è piaciuto tanto.
Il nostro impegno è quello di far si che la nostra famiglia diventi innanzitutto un luogo dove sentirsi sempre amati per quello che si è; e che diventi per nostra figlia ed anche per noi la prima "scuola" di solidarietà, di amore per il prossimo, di apertura alla società.
Una scuola dove si impari ad accogliere la vita di tutti i giorni con fiducia e serenità, sapendo che la Fede in Dio non ti risparmia dai dispiaceri; ma è l'unico valido "strumento" attraverso il quale si può vedere il mondo con occhi pieni di speranza, di gratitudine e di amore.
*GF di Ronco Briantino (MI)

RACCCONTAMI UNA STORIA

La vita di ogni famiglia prevede tanti adempimenti obbligati, imposti dalle necessità corporali: se usati con intelligenza, si possono trasformare in momenti quasi rituali, di profonda intimità. Uno di questi momenti, che ogni adulto ricorderà sempre con tenerezza e nostalgia, è quello del coricarsi alla sera. Può essere liquidato con un veloce: Lavati i denti e va a letto. Ma può anche essere vissuto come momento di grande intimità familiare, nel quale vengono trasmesse tante ricchezze interiori, semplicemente con l'essere insieme, con il formulare una preghiera e con il racconto di una fiaba…
Ai figli non interessa tanto il racconto in se stesso, quanto piuttosto la relazione di intimità che si instaura e inconsapevolmente chiedono ai loro cari di avviare nella semplicità quel dialogo sui valori e sui comportamenti che, in età successiva, diventerà molto difficile e spesso impossibile.
Il repertorio delle fiabe può anche esaurirsi in breve tempo e in un tempo altrettanto breve può venir meno, nelle famiglie, una preziosa opportunità educativa.
Mi pare quindi opportuno segnalare una pista di narrazione altrettanto efficace, con il vantaggio che si tratta di una storia vera: il racconto della storia della salvezza, contenuto nei libri della Bibbia... Nei primi anni di vita il bimbo ha sete di conoscere questa storia e attende con desiderio di apprenderla da quei catechisti speciali che sono i suoi genitori, offrendo contemporaneamente a loro l'opportunità di stabilire con lui un dialogo destinato a prolungarsi nella vita, con la possibilità di un reciproco aiuto quando le situazioni saranno appesantite da ben altre difficoltà.
+ Francesco Ravinale, da: Famiglia e dono della fede, Asti 2006

"Beati voi che siete una famiglia!"

Beati perché siete la culla dell'amore, dove ci si ama, dove, se vivete l'uno per l'altro, diventate una sola carne.
Beati perché fate sprigionare l'amore che unisce: voi siete il luogo in cui si impara fin da piccoli a vivere relazioni gratuite, a diventare "dono" l'uno per l'altro.
Beati perché fate sbocciare la vita e date un futuro alla società. Voi siete il luogo naturale dove avviene la procreazione delle nuove vite e dove i figli possono crescere sereni e ricevere una educazione equilibrata.
Beati perché fate crescere le persone: formate la loro personalità, le aiutate a crescere come "esseri in relazione", le educate nella vita affettiva e nella socialità.
Beati perché educate i figli: trasmettete loro i valori essenziali della convivenza civile, quali la dignità della persona, la fiducia reciproca, il buon uso della libertà, il dialogo, la solidarietà.
Beati perché consolate il vecchio e il malato; siete l'unico ambiente in grado di offrire un'accoglienza ricca di calore al bambino e al malato, al disabile e al vecchio...
E per le famiglie che hanno consacrato il loro amore con il sacramento del matrimonio, aggiungo:
"Beati voi, che siete famiglie cristiane!".
Beati perché siete un "Vangelo vivo": in cui si può "leggere" il volto di Dio-Trinità, il suo amore per l'umanità, l'amore paziente, eccedente, gratuito di Cristo per la Chiesa.
Beati perché siete le "cellule" vitali delle parrocchie, costruite la Chiesa e fate crescere la parrocchia come "famiglia di famiglie".
Beati perché avete il dono di poter testimoniare, annunciare e comunicare l'amore di Dio per l'umanità e di Cristo per la Chiesa. Attraverso i vostri gesti di amore, di perdono, di accoglienza e di solidarietà, Cristo stesso accoglie, perdona e ama.
Beati perché siete la "piccola Chiesa", in cui l'annuncio del Vangelo può essere da tutti vissuto e verificato in maniera semplice e spontanea.
Beati perché avete la possibilità di portare il Vangelo nel contesto della vita di tutti i giorni, soprattutto nelle situazioni vitali di gioia e dolore, di speranza e attesa, dove si ripropongono i grandi interrogativi sulla vita.
Beati perché potete trasformare la vostra gioia di essere sposi in preghiera di lode e di ringraziamento e con essa potete affrontare i momenti del dolore e della sofferenza.
+ Lucio Soravito, vescovo di Adria-Rovigo

FEDE E PARROCCHIA
PARROCCHIA E FAMIGLIA: DAL DIALOGO ALLA CORRESPONSABILITÀ
I sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio servono entrambi per costruire la Chiesa

di Renzo Bonetti*
La pastorale parrocchiale ha una tradizione consolidata con la figura del sacerdote al centro.
In questo contesto trovano poca attuazione nella vita ordinaria delle parrocchie le indicazioni pastorali del magistero sul ruolo della famiglia.
La famiglia è chiamata in causa non per la propria identità, ma per i singoli che la compongono oppure perché fa parte della comunità.
Contro questa impostazione va ricordato che la famiglia è, tra l’altro:
• un soggetto unitario nel quale la reciprocità uomo donna diventa una carne sola;
• ha un suo codice di vita, quello dell'amore, che la qualifica in modo originale in tutto il suo percorso.
Rischiamo così, come cattolici, di chiedere alla società civile di riconoscere la priorità del soggetto famiglia prima ancora di averla realizzata nelle nostre parrocchie.
La nostra pastorale, sovente molto settorializzata, considera ancora la famiglia come un soggetto che viene prima della parrocchia mentre questa è chiamata ad essere una sua componente con tutta la sua originalità e specificità.
Una nuova progettazione pastorale deve veder interagire sacerdoti e sposi in virtù del dono-missione che scaturisce dalla loro rispettiva identità sacramentale.

Il pensiero del Magistero
"L'ordine ed il matrimonio… specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e dilatazione del popolo di Dio" (ESM 32).
Il sacramento dell'ordine è dato alla singola persona per il servizio ed il sacramento del matrimonio è dato ad una "unità di persone" per il servizio: è la "relazione" che diventa sacramento.
I due modi sono "partecipazione e diversificazione" dell'unica sponsalità di Cristo con la Chiesa.
Cristo ha voluto due sacramenti per costruire la Chiesa e nessuno dei due può pensare di farlo da solo: "Per questo, la relazione tra i due sacramenti… deve entrare e stabilirsi nella coscienza, nella mentalità, nell'agire concreto. Occorrerà iniziare con il ‘restituire’ nella prassi pastorale la rilevanza sacramentale al matrimonio, che non può essere pensato unicamente come un dato naturale" (D. Tettamanzi).

La prassi pastorale
Matrimonio sacramento e famiglia sono soggetti deboli rispetto al presbitero, ma anche gli sposi sono chiamati ad essere soggetto ecclesiale, che è memoria, attuazione e presenza di ciò che è accaduto sulla croce, e portatori nelle strade del mondo del "mistero grande".
C'è un grande spazio non solo in parrocchia ma anche fuori per gli sposi che nel loro vissuto normale possono essere "presenza di Cristo" che ama, costruttori di relazioni, testimonianza di chiesa che vive nel territorio.
La famiglia invece è convocata in specifiche circostanze (inizio catechesi, prime comunioni, cresime…) ma non è considerata parte organica e strutturale della vita della parrocchia, più "problema" che risorsa.
Spesso i progetti pastorali non tengono in conto la presenza ed il ruolo sacramentale del matrimonio e la sua specificità viene diluita nella dizione "laici" o " adulti" fino a scomparire.
Sembra che la famiglia sia solo un dato umano che non ha bisogno di fede per essere compresa, aiutata, valorizzata come risorsa per l'evangelizzazione e la pastorale.

Verso la complementarietà'
"Il ministero della coppia cristiana nella chiesa deve dirsi originale e permanente… elemento essenziale e costitutivo della chiesa stessa; non solo in rapporto alla singola coppia il cui ministero è permanente in quanto connesso ad uno stabile stato di vita, ma anche e soprattutto in rapporto alla Chiesa come tale, nella quale il ministero coniugale è qualcosa di costitutivo ed ineliminabile" (D. Tettamanzi).
La triplice configurazione a Cristo Profeta, Sacerdote e Re per gli sposi acquisisce, per la grazia del Sacramento nuziale, una specificazione di quella battesimale; queste tre dimensioni assumono una modalità ed un contenuto specifico che è dato dalla vita stessa di coppia.

Per una diversa pastorale
Si tratta di riesprimere la fede nella presenza di Cristo che agisce con e nel sacramento del matrimonio non meno di quanto agisce, sia pur in modo diverso, nel sacerdozio.
È quindi da promuovere un approfondimento teologico della relazione tra i due sacramenti per affrontare alla radice la motivazione sottesa alla corresponsabilità, per evitare che la relazione sia ridotta solo a coordinamento.
Questo vuol dire dare più attenzione alla formazione teologica e pastorale dei seminaristi sulla novità e bellezza della famiglia che è proprio la sua soggettività pastorale voluta da Cristo, promuovendo la dimensione sponsale della spiritualità del presbitero.
Da qui scaturiscono alcune proposte.
Il fidanzamento va ripensato come tempo di vera e propria iniziazione formativa per preparare ad una "missione specifica". Va migliorata la preparazione al matrimonio offrendo, almeno ad alcuni, cammini di formazione che propongano "tutto" il sacramento, dando poi loro la possibilità di vivere una spiritualità specifica. Vanno formati operatori di pastorale familiare che abbiano il chiaro obbiettivo di promuovere la soggettività di ogni famiglia chiamata innanzi tutto ad "essere", anche senza far nulla di specifico.
Per la famiglia si tratta di collaborare in modo più stretto con i sacerdoti, particolarmente nella formazione dei fidanzati, nell'accompagnamento delle famiglie, l'accostamento delle famiglie in difficoltà, la catechesi con le famiglie.

Famiglia: "buona notizia"
In questo momento storico il matrimonio e la famiglia sono un "buon annuncio" che viene offerto per salvare l'uomo e la donna nella loro identità e relazione. Se i monasteri hanno salvato la "cultura", oggi le famiglie cristiane sono chiamate a salvare la "natura" e a diffondere la bellezza della coniugalità.
Il futuro dell’evangelizzazione dipende in gran parte dalle famiglie. È tempo di valorizzare il Sacramento del matrimonio come dono prezioso che il Signore ha fatto alla sua Chiesa nel mondo.
* parroco di Bovolone (VR), già responsabile Ufficio famiglia CEI (sintesi di Paolo Albert)

FAMIGLIA E PASTORALE PARROCCHIALE

Se ripensiamo all'entusiasmo provato dopo aver partecipato al primo campo famiglie (circa otto anni fa) e alla voglia di portare anche in parrocchia il desiderio di organizzare momenti di formazione, condivisione e preghiera dedicati alle famiglie, subito ci tornano in mente anche le difficoltà che abbiamo poi dovuto affrontare.
La proposta di formare un gruppo famiglia parrocchiale portata in consiglio pastorale venne bocciata dalla maggior parte dei membri del consiglio: una parrocchia salesiana deve essere attenta ai giovani e le famiglie sono solo un corollario! Questa fu la risposta.
Non ci siamo persi d'animo e l'anno successivo partivamo con sei incontri annui e un piccolo gruppo famiglia di pochi temerari.
L'esperienza è stata comunque gratificante e ci ha dato la forza di sostenere ogni anno, in sede di programmazione, tra i vari momenti formativi parrocchiali anche quelli del gruppo famiglie.
In questi anni abbiamo capito che il nostro "problema" non è poi solo nostro: molti hanno analoghe difficoltà ad organizzare e gestire un gruppo famiglie sia perché manca la partecipazione, sia perché sono ostacolati o dal loro parroco o dagli altri animatori di pastorale parrocchiale (Caritas, oratorio, gruppo anziani, ecc.) che non vedono di buon occhio un gruppo che, secondo loro, toglie forze agli altri gruppi.
Ovviamente non è così. Chi vive la vocazione matrimoniale come segno sacramentale dell'amore di Cristo per la Chiesa, anche se partecipa a momenti di formazione propri, poi elargisce alla comunità intera la ricchezza e la pienezza del suo amore fecondo.
Noi nel gruppo ci crediamo veramente e in questo anni abbiamo continuato con fede a perseverare nel nostro progetto.
Abbiamo cosi potuto constatare che il Signore ha le sue strade e il Suo Spirito soffia impetuoso.
Quest'anno il Santo Padre ha esortato i membri del capitolo generale dei salesiani, ed in particolare il rettore maggiore, ad avere una particolare attenzione per la famiglia e di coinvolgere nella pastorale anche le famiglie, luogo primario di umanizzazione e formazione per i giovani.
Così noi continuiamo a pregare e a lasciar operare lo Spirito Santo…
Antonella e Angelo Pultronaggio

FEDE E LAVORO
Un testo anticipatore del 1984
LAVORO: TRA VOCAZIONE E ALIENAZIONE
Essere fedeli alle esigenze del Vangelo

Di Domenico Cravero*
Il mondo del lavoro merita una grande attenzione da parte del credente perché al suo interno sono in gioco dei valori enormi che debbono essere, soprattutto oggi, ripristinati.
Da troppe parti si dà per scontato che le leggi dell'economia, l'introduzione delle nuove tecnologie, la crisi, la recessione, non possono che produrre disoccupazione; che questa comunque non è un problema che riguardi i datori di lavoro i quali, per il bene del paese, debbono avere di mira solo il profitto e l'efficienza; che la classe operaia è in fase di rapido cambiamento, o, quasi, di estinzione...
Come se il dramma della disoccupazione fosse solo un problema mal posto perché, in qualche modo, la società è in grado, mediante l'assistenza, di assicurare pane e benessere alla maggioranza.
Si sta delineando addirittura la possibilità di una nuova stratificazione: da una parte una massa di disoccupati o di assistiti, dall'altra un'aristocrazia di lavoratori protetti e garantiti. In mezzo una massa di lavoratori precari, mal pagati, sfruttati.
Questa situazione è inaccettabile per un credente.

Lavoro e Parola di Dio
La Parola di Dio ci dà delle indicazioni di valore chiarissime e sufficienti ad orientare senza incertezze il nostro impegno. Riassumiamole:
• Il lavoro è un valore degno dell'uomo perché è partecipazione alla stessa creatività di Dio (Gn 1,28).
Rimanere senza lavoro o non "contare niente" nel proprio lavoro è in contraddizione con ciò che l'uomo è chiamato ad essere.
• Pur non essendo l'unica dimensione dell'uomo, il lavoro è una "vocazione": nel lavoro ti assumi la responsabilità di "custodire e trasformare" il mondo (Gn 2,15), di farlo evolvere. L'assistenzialismo rende del tutto impossibile questa missione.
• Al lavoro è sempre in qualche modo unita l'alienazione o sotto forma di peso, di fatica (Gn 3,16-19) o sotto forma di sfruttamento e di ingiustizia (vedi la denuncia dei profeti). Di questa alienazione è responsabile l'uomo con il suo peccato.
Pensare il lavoro, l'economia e le strutture produttive da un punto di vista umano è dare un contributo fondamentale per una società più giusta.
• Nel Vangelo Gesù stesso si presenta come un lavoratore (Mc 6,3). Il discorso della Montagna (Mt cap. 5-7) propone una serie di valori (scelta degli ultimi, precedenza dell'uomo sulle cose, dell'essere sull'avere...) assolutamente inconciliabili con la mentalità capitalista.
I cristiani, come Chiesa, hanno la pesante responsabilità di essere fedeli alle esigenze del Vangelo, oggi.

Lavoro e Chiesa
Questi valori dovrebbero essere predicazione e insegnamento costante nella Chiesa, anzi obbligo di coscienza per ogni credente. La Chiesa invece non è unita e coerente nella difesa del valore del lavoro.
È nata di qui la diffidenza e la spaccatura tra Chiesa e mondo del lavoro per cui anche i pronunciamenti abbondanti del magistero appaiano a molti astratti o insinceri.
Pur consapevoli di queste contraddizioni, i cristiani sono chiamati a vivere oggi un'ora profetica, a battersi cioè per alcuni valori irrinunciabili come:
Il lavoro per tutti.
In una situazione come la nostra un lavoro a "tempo pieno" forse non può essere garantito a tutti; esigerebbe una crescita indefinita dei consumi. Ma il diritto al lavoro continua a sussistere almeno come diritto ad essere attivi e utili alla comunità. Qui si pongono degli interrogativi tremendi anche per il mondo operaio: il problema dei garantiti, i contratti di solidarietà, i lavori socialmente utili...
La scelta degli ultimi.
Qui il discorso della solidarietà trova la sua verifica. Diversamente, nonostante i falsi ottimismi collegati alle nuove tecnologie, l'uomo della società futura potrebbe diventare ancora più impoverito perché le possibilità di sfruttamento sono più incontrollate e il potere più subdolo.
Un discorso chiaro sull'uomo.
L'uomo non si riduce al suo essere produttore o consumatore. Non è sufficiente la liberazione del lavoro, perché anche nel tempo libero ci deve essere un'autentica possibilità di realizzare se stessi in quegli aspetti che la società capitalistica tende continuamente a reprimere o ad alienare: l'amicizia, l'amore, la gratuità dei rapporti umani, la festa, il godimento della vita.
*parroco e ricercatore
Tratto da: GO, mensile della Gi.O.C., Torino, maggio 1984, p. 1.6; sintesi della redazione.

"TUTTA LA VITA DAVANTI"

di Noris e Franco Rosada
Ogni giorno riceviamo telefonate da gente che ci vuole vendere qualcosa. Sono chiamate che ci irritano e a cui rispondiamo bruschi o sgarbatamente, senza pensare a coloro che lavorano in questi call-center e che sovente potrebbero essere nostri figli.
Il film di Virzì "Tutta la vita davanti" è ambientato proprio in uno di questi nuovi ambienti di lavoro, lustro, patinato, e apparentemente "esagerato". Esagerati i toni, lo stile, ma anche i ritmi e i controlli che rimandano alla FIAT degli anni '50. Non c'è tempo per pause, per distrazioni, per solidarietà, non ci sono diritti, bisogna solo lavorare e "produrre" molto.
Marta (Isabella Ragonese), laureata in filosofia con 110 e lode, si trova a lavorare proprio lì, e si sente come un pesce fuor d'acqua, anche se riesce bene nel suo impegno di acchiappare clienti per vender loro un prodotto costosissimo e inutile.
Non si lascerà mai prendere fino in fondo in questo ingranaggio perverso proprio perché ha una fede tutta sua.
Infatti, non pensa che il suo orizzonte lavorativo possa essere quello ma crede che solo ciò che ha studiato e i valori culturali che le ha trasmesso la madre le faranno trovare la sua strada.
Grazie a questo suo distacco riesce meglio degli altri, affannati a inseguire obiettivi fasulli, sa essere generosa, sa aiutare e sostenere, ispira fiducia al punto di avere le segrete confidenze dei "capi", Sabrina Ferilli e Massimo Ghini, che reggono l'intera organizzazione ma che a loro volta sono pesantemente condizionati dalla casa madre americana.
Il film si sviluppa tra parodia e tragedia, mostrandoci i limiti morali dei vari personaggi, che la protagonista scopre un po' per volta e che conserva per sé tendendo fede, nonostante tutto, alla sua speranza.

Fede e lavoro: una conciliazione possibile?

Forse il lavoro è l'ambiente più ostile per chi cerca di mantenere fede a quel "CREDO" che non sta ad indicare incertezza ma verità.
Il rischio, sempre in agguato, è quello di cadere nel pensiero di Hobbes, homo homini lupus, che oggi trova nuovi motivi per alimentarsi attraverso la richiesta, che continuamente ci viene fatta, di identificarci e realizzarci con la nostra professione.
Questo porta a una serie di conflitti e attriti con tutti i colleghi, o chi per essi, che ostruiscono il nostro percorso professionale, che poi brutalmente consiste nella conquista in un livello professionale superiore, in soldoni in un aumento di stipendio.
Il lavoro può diventare un campo di battaglia in cui, come una macchina schiaccia sassi, si rotola sopra a tutto e tutti, e non si riesce più ad accorgersi dei problemi di chi ci lavora a fianco, e che è magari in panico perché non si sente ancora pronto per diventare papà (la più bella cosa che può raggiungere l'uomo).
Se poi aggiungiamo il profitto, a cui tutti dobbiamo sottostare, il tempo da dedicare alla testimonianza sembra tempo perso, o rubato, e, quando l'azienda decide di tagliare personale, lo schierarsi dalla parte degli espulsi suscita più dubbio che ammirazione.
Anche sul piano affettivo la coerenza nell’ambiente di lavoro può creare grossi problemi.
Le mie scelte personali possono essere in conflitto con gl’impegni presi il giorno delle nozze, creare tensioni con la mia sposa, avere ripercussioni in famiglia. Di tutto ciò se n'è accorta anche la nostra figlia più piccola (mentre il più grande in silenzio si limita ad osservarci), la quale ha saputo sintetizzare perfettamente quello che è avvenuto nella nostra famiglia a causa delle mie scelte, dicendo, in mia assenza una domenica a tavola: "vogliamo bene lo stesso al papà anche se ora lavora di festa".
È vero: sono stato coerente con la mia fede al punto di rifiutare compromessi sul lavoro ed essere costretto a rimettermi sul "mercato" accentando, pur di lavorare, anche orari poco compatibili con la vita di famiglia. Ma sono convinto che, a volte, fare il bene comune significa semplicemente togliere il disturbo e affrontare con fede le conseguenze, a cominciare con il chiedere perdono per quelle scelte fatte ragionando, in coscienza, più da single che da persona che tiene famiglia.
Emanuele Meneghetti