Sul confine
Il confine come luogo fecondo per l'incontro con gli altri, con l'Altro

di Gabriella Caramore *
Ho sempre avuto una particolare predilezione per l'idea del confine. Forse questo accade a tutte le persone che non si sentono a proprio agio nel mondo e nel tempo in cui vivono... Forse accade anche - di amare il confine - a chi non si trova a proprio agio nemmeno con se stesso... Ma il confine non è solo la via di fuga per sognatori malinconici. È anche luogo di sfida, una modalità di conoscenza del mondo, di incremento dell'essere. Ed è questo, credo, che mi attira di più nell'idea di confine: le innumerevoli variazioni di cui è suscettibile...

Vi è infine un'ultima figura del confine che non possiamo trascurare: quella del margine. Stare sul confine significa anche questo: sostare su un margine, lontani dal centro, abitare una periferia... In ottica di giustizia umana non vi dovrebbero essere persone che vivono al centro e altre che vivono in periferia. Come non vi dovrebbero essere periferie del mondo...
Ma vivere sul margine può riservare possibilità impreviste. Lo sguardo si fa più nitido, non accecato dalla presunzione di pulsare nel cuore del mondo... Chi sosta nel centro, sovente, ha immagine e conoscenza solo di se stesso e del proprio limitato orizzonte. Per chi sta ai margini, la realtà acquista diverso sapore... Il confine, per chi voglia viverne l'esperienza, non è più soltanto una linea, ma uno spazio in cui esperire anche i confini degli altri... Un luogo in cui sostare, conoscere, incontrare. Un luogo in cui gustare anche le gioie dell'altro, oltre alle proprie. In cui piangere i dolori dell'altro, oltre ai propri... Sul margine sono possibili gesti di libertà. Sul margine il desiderio può farsi più largo, più generoso.
Penso inoltre che chi vive un'esperienza religiosa dovrebbe aver chiaro il valore della marginalità. Stare dove si è, senza ambire a diventare o rimanere potenti nel mondo, senza tremare se si viene spodestati. Essere nel mondo, senza al mondo appartenere (gv 17,10-15). Non è con l'ambizione di un potere che si impone che si renderà servizio a ciò in cui si crede. E non è salvando la propria centralità che si salverà la propria vita.

* Sintesi dal libro: La fatica della luce. Confini del religioso, Morcelliana, Brescia 2008, p. 17.35-38.
Per saperne di più sull'autrice e sul libro cliccate qui.