Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF73 - giugno 2011 - Essere fecondi
La fecondità coinvolge tutte le dimensioni della persona

Lettere alla rivista
1-LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE

Farsi aiutare nel discernimento da chi è competente

Non riusciamo ad avere figli. Adottare un bambino italiano è impresa improba, l'adozione internazionale ci lascia perplessi. Vorremmo provare con la fecondazione artificiale ma qui sorge il problema morale. Perché la Chiesa contrasta questa procedura medica?
Una sposa dubbiosa

Risponde don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona
Desiderare un figlio, da parte della coppia, è desiderare un bene. I figli, infatti, sono un preziosissimo dono di Dio. Amore e vita sono i due valori su cui si fonda il matrimonio, definito appunto "intima comunità di vita e di amore". Nella persona umana, questi due valori sono radicati nella corporeità, in modo particolare nella sessualità umana. Essa ha due finalità o significati, unitivo e procreativo.
L'amore unitivo e l'amore procreativo sono tra loro inscindibili. Soltanto salvaguardando questa loro unità inscindibile, la sessualità rivela e mantiene sua verità di atto d'amore autentico, da cui scaturisce la comunione tra gli sposi e il dono della vita.
La fecondazione artificiale non soltanto manipola la sessualità rompendo la connessione tra i due significati, ma contraddice la realtà oggettiva del procreare umano, radicata nel significato sponsale del corpo, per cui lo sposo diventa padre attraverso la sposa e la sposa diventa madre attraverso lo sposo. Nella fecondazione artificiale il generare viene ridotto alla logica della produzione. Il figlio perde il carattere dell'essere dono di un atto d'amore e diventa oggetto di un diritto, "il figlio dovuto, ad ogni costo". Se di diritto si può parlare, è il diritto del figlio di essere non il prodotto di un atto tecnico, ma il frutto dell'atto coniugale dei suoi genitori.
Nel contesto dell'odierna cultura tecnico-scientista, la coscienza morale sta perdendo la percezione della differenza tra possibilità tecnica e liceità etica. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile, infatti, è allo stesso tempo eticamente lecito. La posizione della Chiesa non è una posizione antiscientifica o il rifiuto di una terapia medica. La procreazione artificiale non è una cura della sterilità. È una sostituzione del generare umano col produrre tecnico. La coppia che accede alla procreazione artificiale rimane comunque sterile biologicamente.
I dubbi nei confronti della proposta etica della Chiesa non possono essere risolti a livello di una semplice risposta teorica ad una situazione esistenziale.
Occorre l'esperienza di accompagnamento da parte di una persona scientificamente e moralmente competente che aiuti la coppia a maturare la propria decisione su valori razionalmente fondati e condivisi. È questo il consiglio che viene qui dato.
giancarlo.grandis@tin.it

Dialogo tra famiglie
2-SENTIRSI STRERILI DENTRO
Nulla di quanto dato ad un figlio con amore va perduto

Abbiamo scelto di avere un solo figlio. Ora questo ragazzo ha vent'anni e ci dà solo dispiaceri.
Ciò mi fa rimpiangere un secondo figlio che non ho voluto, ma ormai è troppo tardi. Mi sento fallita come donna e come madre. Mi puoi aiutare?
Eleonora

I figli sono sempre un dono e non un diritto: sia nel volerli sia nel non volerli siamo noi a decidere e quindi siamo responsabili delle conseguenze che ne derivano. I figli poi, sono una cambiale in bianco, sia che sia uno solo, sia che siano di più.
Il figlio unico, però, non ha la possibilità di misurarsi coi fratelli, di 'dividere' con altri sia l'affetto sia le cose materiali, diventa spesso il "reuccio" di casa cui tutto è dovuto, su di lui si investe molto, così il suo egocentrismo diviene egoismo e cresce con l'età.
Detto questo, avere oggi un figlio adolescente o giovane è molto più problematico di quanto fosse in passato.
È necessario 'non piangere sul latte versato', ma accettare con sano realismo che rimpiangere il figlio che non avete voluto o sentirti fallita come donna è sterile e non fa bene né a te, né alla vostra coppia né a vostro figlio. Oggi la vostra fecondità diventa coltivare la speranza che la situazione cambi: il cardinal Martini diceva "nulla di quanto dato ad un figlio con amore e verità va perduto".
Aggrapparsi a questa certezza credo sia il modo migliore perché tuo figlio continui a sentirsi amato, e quindi stimolato ad essere migliore.
Resta, comunque, intatto il vostro compito di educatori capaci anche di correggerlo, pur nei limiti che l'età di tuo figlio consente.
Anna Lazzarini

EDITORIALE
3-FECONDITÀ: OLTRE LA PROCREAZIONE
Siamo chiamati a testimoniare l’amore di Dio in una società ammalata di calcolo e di efficientismo

È opinione comune che la fecondità del matrimonio consista nel mettere al mondo dei figli. Sicuramente, attraverso loro, Dio ci ha resi compartecipi della costruzione del suo Regno sulla terra, regalandoci, al contempo, un'immensa felicità ed un grande stupore, uniti ad una buona dose di responsabilità. Ma non basta.

Essere fecondi
La fecondità è, prima di tutto, la capacità di produrre frutto, per poi donarlo agli altri generosamente, liberamente e gratuitamente, ogni giorno della nostra esistenza.
Nel nuovo testamento, infatti, Gesù non parla mai direttamente della fecondità naturale, ma bensì della fecondità spirituale, che diventa il criterio di valore della vita: "Mentre diceva questo, una donna si alzò in mezzo alla folla e disse: - Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! - Ma egli disse: - Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" - (Lc 11,27-28).
Gesù ci apre, quindi, ad una fecondità più piena, che è dono della vita per la salvezza degli altri.
In questo senso possiamo dire che una coppia può avere molti figli, ma essere sterile e viceversa. Se un genitore non sa donare un amore che va oltre l'amore di sé stesso, se non lo esprime e non lo coltiva, al di là della propria genitorialità, sarà un padre/madre sterile, in quanto ripiegato su sé stesso e perciò spiritualmente non fecondo.
Addirittura il primo frutto dell'amore di una coppia è la coppia stessa, se orientata in modo fecondo a partecipare all'opera di Dio, in modo gratuito, aperta agli altri, testimone del Suo amore in una società ammalata di calcolo e di efficientismo.

Sterili all’amore di Dio
Attraverso il Battesimo siamo chiamati, dunque, ad essere evangelizzatori e testimoni dell'amore che Dio ha per noi. Quante volte invece siamo tiepidi e spenti, tutt'altro che sale e lievito, nella nostra quotidianità!
È importante che ci soffermiamo a riflettere sui nostri comportamenti e stili di vita, che ci rendono "sterili" all'amore di Dio.
L'individualismo sfrenato della nostra società, l'edonismo, il cattivo rapporto col denaro e con le cose, ci distolgono sovente da Dio e ci rendono opachi e lontani dal suo insegnamento.
Noi non siamo fecondi, quando ci lasciamo prendere dalla tristezza e dallo sconforto e, scoraggiati, ci abbattiamo di fronte alle difficoltà, quando ci rifugiamo in un mondo immaginario per sfuggire alla realtà, quando ci facciamo accecare dall'invidia e dalla gelosia, dalla vanagloria e dall'orgoglio.

Per un servizio fecondo
Anche nei nostri gruppi parrocchiali o diocesani, corriamo questi rischi: se siamo sempre pronti a costruirci degli alibi, in modo da non renderci mai disponibili per un servizio; a non diventare, ad esempio, la coppia responsabile, facendo finta di niente, pensando che qualcun altro lo farà al posto nostro, sicuramente più bravo e preparato di noi…
Siamo invece fecondi quando la gioia del Cristo risorto e dello Spirito Santo consolatore, ci apre alla scoperta del buono che c'è in noi e vicino a noi, allo stupore per le bellezze del creato, alla gratitudine per il bene ricevuto ed a sua volta restituito, quando, con fatica e tanta gioia, stringiamo relazioni e rapporti autentici e profondi.

Essere dono gratuito
Ogni gesto fecondo nasce sempre da un dono gratuito, da Dio che ci ha amati per primo e dall'esempio di tante persone che ci hanno aiutati a crescere nella fede.
Operiamo, quindi, nella speranza di costruire un mondo migliore: c'è urgente bisogno dei nostri piccoli e quotidiani gesti di amore per testimoniare la Sua viva presenza in mezzo a noi!
Nicoletta e Corrado Demarchi

4-LA FECONDITA’ NATURALE DEGLI SPOSI
La capacità di donare la vita e di accoglierla

di Paolo Brugnera
Con il termine "fecondità" intendiamo l'attitudine costante a generare, che una coppia vive sia sul piano biologico sia su quello spirituale, convinti che esso faccia meglio cogliere il senso ampio della capacità di "far vivere", propria di ogni uomo e di ogni donna.
Tale vocabolo può essere interpretato sia in modo "attivo" (come predisposizione a donare e a far crescere la vita), sia in modo "passivo" (l'essere generati alla vita, l'essere aiutati ad accogliere la vita).

Essere fecondati
Per comprendere queste affermazioni è necessario precisare in primo luogo che se è vero che dal punto di vista fisico solo la donna ha la possibilità di essere fecondata, dal punto di vista complessivo della vita, l'uomo, sia esso maschio o femmina, desidera profondamente essere fecondato.
La persona sposata ha un bisogno essenziale: quello che il proprio coniuge sia una presenza "fecondante" per la sua identità, una presenza che la renda pienamente se stessa.
Il nostro partner è quell'aiuto simile, di cui parla Genesi 2,18-23; egli è completamento, parte integrante dell'azione creatrice e continuamente rigenerante di Dio.
Nell'abbraccio o in una carezza del coniuge, ogni parola, ogni gesto amorevole è il prolungamento tangibile dell'azione divina che cerca di far uscire, dalla fragile materia di cui siamo fatti, la nostra verità profonda.
Dio presta costantemente le sue "mani" a ogni sposo e a ogni sposa affinché portino a termine la Sua (perché nonostante tutto resta Sua) opera creatrice da sempre voluta per colui o colei che ora è il nostro coniuge.
Quest'azione del partner ci dona la nostra identità, che noi riceviamo solo dall'altro; nessuno può darsi da solo la propria identità. L'identità si riceve!
Così un figlio riceve, attraverso i gesti amorevoli dei genitori, la consapevolezza di essere "qualcuno".

Fecondità creativa
Qualche giorno fa ho sentito una signora che al termine di un week-end di spiritualità ha detto: "in questi giorni è nato il nostro primo figlio: la nostra coppia". La donna, settantenne, sposa, madre, nonna, per la prima volta aveva compreso il grande valore di essere coniugata da oltre quarant'anni.
In secondo luogo la coppia uomo-donna è sì una realtà unitaria, un "noi", ma che si realizza facendo emergere con maggiore nitidezza la specificità "uomo" e "donna".
Se la "distinzione sessuale" spinge costantemente i due a unirsi, è altrettanto vero che l'unione fisica e spirituale è ciò che li distingue sempre di più: sempre più uniti, ma sempre più diversi. La fecondità unisce la coppia, esaltando le differenze, che arricchiscono in modo, talvolta inaspettato, i due coniugi.
Spesso coppie parlano con rimpianto del loro innamoramento, dei primi tempi della loro vita coniugale, quando tutto "era straordinario".
Se questo avviene, è perché, forse, il loro amore, la loro intesa, la loro familiarità, non è cresciuta con loro, è rimasta piccola, perché non sono cresciuti insieme nella relazione.
Il terzo aspetto è che fecondità è capace di far crescere i due: la persona sposata ha corteggiato, ha promesso fedeltà, ha affrontato difficoltà, ha dedicato del tempo, senza risparmiarsi, perché l'anima gemella la aiutasse a far fuoriuscire da se stesso la propria identità.
Purtroppo tanti uomini e donne di oggi disperdono quella che è la ricchezza più originale della loro struttura fatta di unità-distinzione, cioè la capacità di far crescere qualcuno accanto a sé. Riempiono la loro vita di viaggi, di cose, di souvenir, di divertimenti, ma s'impoveriscono perché non sanno donare la loro vita a qualcuno con lo scopo di realizzarlo e di essere a propria volta realizzati. Si hanno più attenzioni agli animali domestici o all'arredo di casa che non al proprio coniuge.
La fecondità pertanto coincide con l'identità stessa di essere creati uomo-donna.

La sorgente dell’amore
Per cogliere questi aspetti è necessario addentrarci nel mistero della relazione trinitaria: dalla relazione intima, intensa, totale e totalizzante, circolare e dialogica, armoniosa e personale tra il Padre, il Figlio Unigenito e lo Spirito Santo, ha origine e fine la relazione coniugale; l'Unitrino è fonte, immagine, modello, carburante, misura della fecondità umana. Amandosi, accogliendosi, infatti, i coniugi, ciascuno per sé, ma contemporaneamente insieme, partecipano allo stesso Amore vissuto dalle tre Persone del Dio Uni-Trino.
Di fronte alla loro straordinaria esperienza di amare e di essere amati, di forza, di unione, d'intensa gioia, gli sposi, dovrebbero interrogarsi almeno su quanto sia grande e meravigliosa la sorgente da cui attingono il sorso d'acqua che essi bevono.
Possono vivere dentro la bellezza senza mai domandarsi da dove venga questa bellezza? La contemplazione di ciò che essi continuamente vivono nel loro amore li porterebbe a scoprire che questo qualcosa di cui sentono di non poter fare a meno scaturisce dall'Eterno; e nell'Eterno vedrebbero la fonte della loro fecondità. L'Uni-Trino invita gli sposi a vivere esattamente le stesse cose che Egli vive all'interno e all'esterno di Sé.
È il Suo esistere e vivere uni-trinitariamente che Dio ha costituito per gli sposi quale orizzonte, forza attrattiva e propulsiva, affinché caratterizzassero sia i loro interni rapporti sponsali che la relazione esterna che essi instaurano con gli altri: figli in primo luogo, genitori, amici, vicinanti, colleghi di lavoro. Coloro che chiamiamo "il prossimo".
La coppia, imitando il modello dell'Unitrino e attuandolo, sia pur nella precarietà della condizione umana segnata dal limite, nel proprio amore "chiama" in causa Dio-Trinità perché i rapporti sponsali o sono a immagine di quelli trinitari, che fanno "esistere" le persone, la coppia, i "prossimi" e fanno scaturire la relazione con Dio, o non sono per niente.

La differenza sessuale
Alla luce di questa certezza, la differenza sessuale è lo "spazio" che permette all'uomo e alla donna di congiungersi. Impedendo all'essere umano di pensarsi in solitudine e di rinchiudersi nell'autosufficienza e nel dominio sugli altri, essa è condizione della fecondità non solo fisica della coppia.
Infatti, Dio ci ha dato un corpo sessuato per "spingerci" alla relazione; senza forzare la nostra libertà ci pone in un atteggiamento d'incontro-confronto con chi ci è posto davanti, "di contro" (Gen 2,22).
Se siamo al mondo come maschi o come femmine è perché Dio ci vuol far gustare il suo agire che consiste nel far vivere gli altri (il coniuge, i figli, gli amici, i parenti, i colleghi di lavoro, i vicini di casa…) regalando con gioia la propria vita.
Come uomini, siamo costituiti in modo tale che per realizzarci ci occorre qualcuno "posto di fronte a noi" che ci stimoli continuamente ad accoglierlo e a donarci sempre di più.
Questo ci fa diventare al contempo amanti, capaci di amare, e amabili, capaci di lasciarci amare, sperimentando così contemporaneamente il fecondare e l'essere fecondati, sostanza della nostra fecondità.
Questo processo inizia già con il concepimento, ma entra nella fase più espressiva con l'innamoramento: in esso sembra che la persona incontrata ti "accenda", ridesti qualche cosa che era in attesa.
Il suo esserci e relazionarci con me comincia a darmi vita, accendendo l'ansia di far giungere ad una stabilità, grazie alla quale nessuno dei due riesce più a pensare a se stesso senza l'altra persona.

La fecondità nuziale
Con il matrimonio tutto ciò diventa una promessa, un impegno che predispone la condizione più adatta per l'accoglienza dei figli.
La feconda relazione tra Cristo e la Chiesa, partecipata agli sposi nel sacramento delle nozze, salva e dona la vita eterna, quella stessa vita a cui gli sposi, con la forza dello Spirito Santo, si aiutano a generarsi alla vita eterna.
Sicuramente la fecondità di coppia si esprime in modo concreto nella procreazione, per cui chiunque sia concepito è parte del disegno originario di Dio; da sempre e per sempre conosciuto da Dio; pensato, amato, accolto e atteso in Cristo.
Ogni concepito è in Dio già una sua immagine e somiglianza. Come genitori, se vogliamo la verità sui nostri figli, dobbiamo cercarla nella Trinità: nel Dio Unitrino è nato ogni nostro figlio prima ancora che noi lo abbiamo concepito.
Noi sposi "prestiamo" il fango dei nostri corpi (Gen 2,7) all'atto-intervento di Dio perché susciti in e a loro un figlio. Il figlio che nasce è sempre un evento che continua e rinnova la creazione divina che accade qui e ora, ma ha la sua origine e il suo destino nell'eterno.
Il figlio è un atto creativo trinitario sia perché lo rende presente sia perché rinvia a esso. E negli sposi Dio ha voluto concedere e prolungare il suo potere creatore. E per questo i figli restano anche un continuo richiamo per la coppia non solo a diventare sempre più "noi", ma a concretizzarsi e a crescere continuamente nella fecondità. Che va oltre la fertilità.
brugnerapaolo@teletu.it
Liberamente tratto da: Bonetti R., La fecondità degli sposi oltre la fertilità, Edizioni San Paolo, Milano 2007

5-GENERAZIONE E TRINITÀ

Nella nostra società è facile incontrare persone che ritengono che la possibilità di generare figli dipenda solo ed esclusivamente dall'integrità e dal buon funzionamento dell'apparato riproduttivo. Se l'unità di misura è solo quella umana l’avere o non avere figli ci porta a ringraziare o maledire Dio, o a rassegnarci per quanto non ci è stato dato.
La nostra visione si capovolge completamente se guardiamo il tutto con gli occhi di Dio.
San Paolo ci illumina affermando: "Io piego le ginocchia le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore" (Ef 3,14-16).Ecco da dove proviene la paternità-maternità: da Dio Padre. È Lui la fonte unica. Egli infatti ama per primo, inviando il suo Figlio unigenito (1Gv 4,9) che ci dona la vita. È Dio-Padre che "dona lo Spirito Santo perché rimanessimo in Lui e Lui in noi" (v.13).
Dio-Padre stesso è Azione-del-generare: Egli non è altro se non generazione, se non datore di vita; dare la vita è la Sua vita. Dio-Padre vuole la generazione del Figlio; la compie dandogli il suo stesso amore, dando il meglio di sé, che è l'amore. E questa azione la compie nello Spirito che potremo definire come quello spazio in cui il Padre e il Figlio si amano. Potremmo dire in modo più semplice che nelle relazioni trinitarie ogni Persona divina è dono di sé e accoglienza del dono delle altre due Persone. La Persona che accoglie, fa spazio perché l'altra possa essere se stessa. Questo "procedere", questo continuo "uscire da sé" di ogni Persona della Trinità e, nello stesso movimento, "accogliere" le altre due Persone, genera quella relazione vitale che sfocia nel "Noi" della nostra fede trinitaria.
Ogni singola e distinta Persona della Trinità, col donare sé stesso e con l'accogliere, permette alle altre di essere la pienezza di sé.
La Tri-unità di Dio è Amore dono, donante, accogliente. La fecondità divina costituisce dunque la dimensione e la dinamica interna alla vita di Dio. Il relazionarsi in Dio si esprime e si manifesta come fecondità e cioè "far essere" l'altra persona.
Paolo Brugnera

6-I FIGLI COME DONO

di Gianfranco Grandis*
L'essere sposi è il compimento del nostro essere persone. Il noi che l'esperienza sponsale fa dire è un nuovo e più completo modo di dire io.
Nel noi, l'io perde la sua egoistica caratterizzazione infantile e acquista la forma matura di essere per l'altro.
Il noi è anche all'origine della genitorialità. Il figlio è il frutto del noi coniugale. Il figlio non è mio o tuo, ma nostro. Egli è il segno tangibile dell'unità dei due.
La paternità e la maternità hanno la loro radice nella sponsalità. Lo sposo diventa padre attraverso la sposa e la sposa diventa madre attraverso lo sposo. La logica che permette di diventare genitori è la logica del dono. Lo sposo e la sposa possono diventare genitori attraverso il dono reciproco di sé che avviene nel corpo.
Il dono del proprio corpo all'altro, come segno del proprio amore per l'altro, è la condizione biologica e umana per il sorgere della nuova vita, la quale, essendo originata dal dono, ha essa stessa la caratteristica del dono.
Il figlio, procreato dall'amore coniugale, sfugge cosi alla logica del prodotto, che è la logica dell'origine delle cose, e fa pane della logica del dono, che è la logica dell'origine delle persone.
Essendo dono, il figlio è chiamato a far pane delle relazioni nuove che si instaurano all'interno della famiglia, che sono appunto relazioni familiari. Le relazioni familiari sono cosi un prolungamento delle relazioni sponsali, cosi come le relazioni sponsali sono un prolungamento delle relazioni personali.
I figli, essendo frutto dell'amore coniugale, fanno sì che il matrimonio diventi famiglia (la famiglia, infatti, è il senso del matrimonio).
Essi entrano nella comunità coniugale non certo per distruggerla o depotenziarla, ma al contrario per affermarla, per consolidarla, per approfondirla.
Essi vi entrano come persone, cioè come esseri capaci di ricevere, ma anche di dare. Il figlio, così, è chiamato ad arricchire e a portare a pienezza la comunità coniugale.
Esiste allora come un filo che collega l'essere persone, l'essere sposi e l'essere genitori. L'essere genitori è il compimento dell'essere persone e dell'essere sposi. Non si può essere autentici genitori se non si è prima sposi e, prima ancora, persone mature e responsabili.
*Tratto da: Dimensione unitiva della coppia: fecondità e accoglienza, in: Padri e madri per crescere a immagine di Dio (a cura di R. Bonetti), Città nuova, Roma 1999.

7-DIRSI SÌ PER SEMPRE
Alcune riflessioni sull'antropologia cristiana dell'amore

di Susanna Fontani*
La concezione antropologica cristiana vede nell'amore per l'altro la realizzazione della propria umanità, il senso che dà significato alla vita e alla morte, la direzione da ricercare quando si smarrisce la via.
La sessualità è inserita in questo progetto di realizzazione di sé attraverso l'amore per l'altro, piuttosto che attraverso l'affermazione dell'individuo egocentrico, intorno al quale tutto ruota, mentre esso resta fermo, al centro.
L'amore cristiano presuppone un continuo "uscire da se stessi", un movimento, una ricerca che è impossibile compiere da soli e che però porta essa stessa ad una trasformazione.

Essere sempre in cammino
È un amore, quello cristiano, che non è fatto solo di romanticismo o sensazioni impulsive e spirito di sacrificio "buonista", ma rappresenta un modo concreto di concepire la vita, implica delle scelte giorno per giorno, spinge verso una progettualità di vita a cui aderire, ma di cui nessuno può ritenersi protagonista, mai al centro, sempre in cammino, insieme, per fare esperienza di Dio all'interno della relazione.
La relazione diventa veramente intima nella misura in cui mette in luce l'esigenza di scoprirsi deboli, precari, creature fragili.
La sessualità è inserita a pieno titolo in questo progetto, come espressione massima, potente e vulnerabile insieme: se qualcosa va male è la prima a risentirne, reagisce positivamente se le cose vanno bene.
Ciò che mette in crisi tante coppie è l'idea che se l'amore c'è va avanti da sé, senza alcuna fatica e se fa soffrire significa purtroppo che qualcosa si è già "sciupato" rispetto ai bei tempi dell'innamoramento.

La metà giusta
Il desiderio della metà "giusta" da ricercare per trovare la felicità, corrispondente all'idea di evitare la sofferenza nella relazione, è ora più che mai di moda nella cultura occidentale. Quante volte si sente dire: "Sto bene con lei/lui!"
E quando non sarà così perché lo/la scopro diverso/a da me? Come reagirò di fronte a questa delusione? Con che cosa arginerò questo senso di fallimento che la delusione procura?
Siamo spinti a ritenere che la sofferenza nella relazione di coppia sia sintomo di rottura, non di crisi da superare con fiducia e pazienza. Si è ingenuamente tentati di pensare che se l'amore è autentico ci si capisce al volo, non c'è bisogno di niente; i problemi, eventualmente, possono venire dall'esterno della coppia.
Invece, se qualcosa s'è seriamente "guastato" nel rapporto intimo fra i due, meglio trovare il coraggio di cambiare persona, perché si ha il diritto di essere felici: "life is now"!
Il mito dell'androgino (vedi riquadro pag. prec.) alimenta l’idea che non si dovrebbe incontrare fatica nel vivere la relazione, ma solo nella ricerca della dolce metà perduta.
La delusione di scoprire l'altro diverso, proprio come "altro da noi" conduce alla ricerca di tanti piccoli amori, che danno vita a relazioni immature ed egocentriche in cui ognuno resta isolato, al centro del proprio mondo. Spesso sono relazioni nate per eludere la solitudine, ma che fanno sprofondare in una solitudine ancora più profonda.

L'ottica biblica
Nel primo capitolo della Genesi invece si parte dalla distinzione per giungere all'unità: si auspica una ricerca dell'altro che passi attraverso una crescita interiore.
L'altro resta distinto e diverso, non è quello giusto ma quello da amare, la relazione implica un lavoro complesso per uscire da se stessi, dal proprio egocentrismo, per andare verso una meta ignota, insieme.
È l'invito a raggiungere l'unità, "l'una caro", come progetto di vita.
Non esiste il bisogno nostalgico di un trepido ricongiungimento fusionale, ma il riconoscimento della separazione per poter successivamente creare l'unità dei due. È triste quando il riferimento più importante della relazione d'amore resta sempre ancorato al passato, al periodo iniziale dell'innamoramento passionale.
Per il dinamismo che lo caratterizza l'amore necessita continuamente di trasformarsi, in base alle fasi che attraversa, di restare in ascolto dell'altro, di avere l'energia e la fiducia di potersi affidare al cambiamento, veicolo della reciproca crescita.
'aspetto sessuale è preponderante nel cambiamento, vigile e sensibile, ne registra ogni sfumatura; più è forte la disponibilità a lasciarsi andare alla bontà della relazione, a non pretendere di cadere comunque in piedi se qualcosa va male, ma ad affidarsi alla ricerca del bene comune, più aumenterà la capacità di mettersi a nudo e di vivere un'intimità gioiosa e leggera.

I rischi della convivenza
Mi capita di parlare con giovani coppie che decidono di vivere insieme senza sposarsi, dichiarano di amarsi, ma ritengono superfluo sposarsi. Il tarlo che rode i loro pensieri è: "Ma sarà lui/lei la persona 'giusta' per me"?
Quando pongo loro la domanda sul perché convivano e non si siano sposati, succede che rispondano: "A noi va bene anche così".
Provando ad approfondire alla fine rispondono che il matrimonio è una cosa seria, che loro ci stanno provando, ma che per il momento è solo un tentativo. Non vogliono rischiare di sbagliare.
Questo è un clima emotivo che. in genere, non porta a una crescita della relazione, ma ne decreta la fine.
La ricerca di una garanzia che andrà tutto bene è impossibile da trovare.
L'ansia di vivere una relazione che può finire può essere arginata parzialmente con l'impegno dei due a costruire una solida unione, senza scoraggiarsi davanti alle difficoltà che incontreranno, che non saranno tanto quelle del mutuo da pagare, ma quelle scaturite dal non sapersi ascoltare profondamente con rispetto, pazienza, fiducia.
Manca l'affidarsi al progetto di vita insieme "per sempre" e questo lede pesantemente lo sviluppo armonioso di una sessualità matura, gioiosa, appagante, libera.
* Liberamente tratto dal libro dell'autrice: Voglio dirti sì per sempre, Gribaudi, Milano 2009, p.53-60.

8-IL MITO DELL’ANDROGINO

La figura dell'androgino entra nella cultura europea attraverso la descrizione che ne fa Platone nel Simposio: è Aristofane che, in un dialogo, narra di questo terzo genere che ha in sé sia la natura maschile che femminile.
Il mito racconta che la completezza autosufficiente rese gli umani androgini così arroganti da immaginare di dare la scalata all'Olimpo, e Zeus - non volendo distruggerli per non privare l'Olimpo dei loro sacrifici -, separò ciascuno di loro in due metà, riducendoli a solo maschio e solo femmina.
Gli uomini e le donne sono quindi il frutto di una ferita provocata da un taglio, da cui l'origine della parola "sesso"; sesso deriva infatti dal latino secare, tagliare. In quest’ottica la sessualità viene considerata come conseguenza di un decadimento dalla condizione di essere "uno", a quella di essere "due", tagliati.
Essere sessuati è essere separati non soltanto dall'altro come partner, ma dalla propria origine e dall'essere duplice da cui siamo usciti.
In questa condizione appare il desiderio, che il mito interpreta come desiderio di "fondersi" nell’altro. Da qui il bisogno di rifondersi insieme, uomo e donna, per trovare la perduta metà che sola può donare la felicità.
Il mito, come tale, mantiene il suo valore da un punto di vista culturale, ma lo stereotipo della dolce metà da ricercare resta nell'immaginario romantico di ognuno di noi e stimola ancora oggi alla ricerca faticosa e inutile della persona "giusta".
Susanna Fontani

9-DOMANI MI SPOSO
Dedicami dieci minuti, Signore.
Tutti per me e solo per me.
Senza distrazioni.
La nostra storia la conosci
ma sono io che ho bisogno
di raccontartela ancora una volta.
Giorgia ed io ci siamo conosciuti
sei anni fa (ma sembra ieri).
Servizio civile e volontariato,
quell'agosto indimenticabile
a rincorrere i nostri ragazzi "speciali"
e poi sere interminabili
a raccontarci film,
a salvare il mondo,
a tenerci la mano.
Io e lei.
Ma ora,
a due passi dal "noi per sempre",
ho bisogno che tu mi dia
un cenno di conferma.
Ho desiderato quel giorno,
ho desiderato quella notte,
ho desiderato quella vita.
Sarà festa.
Sarà fare l'amore.
Sarà aprire le finestra la mattina.
Sarà aspettarsi la sera.
Ci saranno bimbi a far confusione,
ci saranno i compleanni
e i regali sotto l'albero la mattina di Natale.
Dimmi che sarà così.
Che non smetteremo
mai di stupirci;
dimmi che non diverremo
rimasugli di affetto,
dimmi che alimenterai
ogni giorno quel fuoco,
con legna buona e profumata.
Non voglio altro.
E forse sono andato oltre
il tempo che ti ho chiesto.
Mi hai ascoltato.
E so che mi hai detto di sì.
Anch'io dirò sì.
E lei lo dirà.
Andrea G.
Tratto da : Righero. P., Hai un momento Dio?, Effatà 2010

10-TESTIMONIANZE

Un cromosoma in più
Quando abbiamo saputo che la nostra famiglia sarebbe cresciuta ancora, per scelta non abbiamo fatto esami invasivi, anche se i continui controlli facevano pensare a qualcosa di anomalo. Ma il miracolo della Vita succedeva ancora e questo ci ha dato la forza di andare avanti, abbiamo sempre pensato che la Vita è un Dono e come tale non spetta a noi negarlo, la nostra missione è quella di viverla al meglio e dare testimonianza di Amore.
Quando è nato ci siamo sentiti custodi di una vita fragile e indifesa più delle altre, tante cose che prima erano scontate, ora hanno un'importanza diversa. Dopo un inizio un po' travagliato, tutto o quasi si è sistemato; il nostro bimbo è nato con un cromosoma in più, ed è questo che fa la differenza, lo consideriamo la marcia in più per andare avanti, oltre la superficialità che dilaga, apprezzare ogni piccolo gesto, ogni traguardo raggiunto e la sensazione di stupore e meraviglia che si prova è a dir poco indescrivibile.
Certamente ci sono momenti di sconforto e smarrimento in cui ci sentiamo soli, e la vita non è per niente facile; ma anche momenti di Gioia che con un buon aiuto dall'Alto fanno sì che i momenti brutti restino parentesi. La Vita è anche una sfida, ci si deve mettere in gioco e non stare a guardare!
Elisa
Il testo integrale

Giovani sposi
La vita di coppia nasce con l'innamoramento per poi maturare a poco a poco in amore vero, la cui naturale evoluzione, almeno per me, è stato il matrimonio.
Il matrimonio per me è stato una scelta radicale, non solo perché ho mutato abitazione e status, ma perché ho iniziato una nuova vita con uno "sconosciuto", di cui ignoravo molte cose.
La convivenza matrimoniale, con la sua mescolanza di vita e di pensiero, ha stimolato il nostro primo stadio di fecondità di coppia.
Affrontando giorno per giorno scontri e dolcezze cresce l'affiatamento, la comprensione, la consapevolezza che siamo diversi e che il "diverso" che c'è nell'altro probabilmente è migliore di quello che mi è più noto.
Quando riesco a fare quel piccolo passo che mi fa superare il mio "io" e mi fa capire che l'altro non è "a mia immagine" ed è giusto che abbia un pensiero proprio, allora sento di essere andata oltre, di aver veramente capito il significato della parola amore.
Elena
Il testo integrale

Celebrare la vita
Siamo tornati da due settimane dall'America Latina con nostro figlio e ancora non ci sembra vero…
Tutto il percorso fatto in questi due anni e mezzo sembra un lontano ricordo, eppure era ieri che io e mio marito insieme abbiamo deciso di intraprendere questo impegnativo e arricchente cammino. Era ieri che ci siamo rivolti al consultorio per avere informazioni su come poter adottare un bambino, era ieri che abbiamo fatto una serie di corsi e un percorso di conoscenza e approfondimento di coppia sempre con il consultorio , era ieri che il tribunale dei minori ci ha detto "siete ok potete essere genitori", era ieri che abbiamo dato l'incarico ad un ente per seguirci nella pratica di adozione internazionale, era ieri che siamo partiti...
È oggi che stringiamo forte al cuore nostro figlio e sentiamo il calore della sua terra d'origine che è diventata nostra vivendo lì oltre un mese, è oggi che guardandolo rivediamo i sorrisi e la solarità della gente della sua terra, è ogni giorno che ringraziamo Dio di questo meraviglioso dono della vita!
Una mamma
Il testo integrale

Un figlio tanto atteso
Tra poco meno di un mese nascerà la nostra piccolina e a noi, futuri mamma e papà, non sembra ancora vero! Sarà che l'abbiamo aspettata cinque anni e mezzo e che è arrivata proprio quando non ce l'aspettavamo più, quando ormai ci eravamo "felicemente rassegnati" a una vita a due all'insegna della dedizione ai nostri nipoti…
La felicità ora è talmente grande da oscurare il ricordo dei lunghi pianti, della disperazione, del senso di impotenza, della rabbia mista a frustrazione per i continui fallimenti, il sentirsi scoraggiati, la voglia di non provarci più, di nascondere il dolore dietro alla bugia del "noi non vogliamo figli" pur di non parlarne, la lunga trafila degli esami medici da affrontare, il confronto con l'esperienza di chi con apparente estrema facilità riusciva a concepire…
L'influenza di tutte queste emozioni sul rapporto di coppia è talvolta devastante: fortunatamente noi siamo riusciti a rimanere uniti e a sostenerci vicendevolmente, anche se con non poche difficoltà.
A parer nostro un grande problema delle coppie che non riescono ad avere figli è la mancanza del confronto con chi ha esperienze simili, come se parlare di questo argomento fosse un tabù.
Sarebbe una bella opportunità provare a includere nei vari sostegni alle coppie in difficoltà anche un percorso relativo alla fecondità, per non far sentire sole e un po' ai margini le famiglie che non vedono ancora realizzarsi il desiderio di avere figli.
Fortunatamente noi abbiamo avuto la possibilità di confrontarci e appoggiarci ad alcuni amici speciali, ma per gli altri?
Simona e Rolando
Il testo integrale

11-LA FECONDITÀ SOCIALE DEGLI SPOSI
Come un sasso nello stagno...

della Comunità di Caresto*
Gli sposi hanno una via loro specifica con cui si sentono protagonisti nella Chiesa; con cui si sentono 'soggetto' attivo e non tanto 'oggetto' delle cure e impegni altrui.
Qual è la missione di due che si sposano?
Essi, che sono laici, sono mandati nel mondo circostante, ossia nella vita sociale, in mezzo alle dinamiche della vita. Il luogo della missione è la loro casa, è il loro lavoro, è il loro ambiente quotidiano.
In Familiaris consortio leggiamo che la "missione della famiglia è quella di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso.. dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo per la Chiesa, sua sposa" (n.17).
Questo avviene prima di tutto nell'amore di coppia e nella generazione - educazione - formazione dei figli; ciò costituisce il comandamento fondamentale dato dal Creatore agli uomini (Vedi Genesi): crescete, moltiplicatevi, riempite la terra...; insieme all'altro che riguarda il custodire e coltivare il giardino, ossia il lavoro.
Ma l'essere soggetto attivo nella società e nella Chiesa si estende per contagio ad altri campi, fino a raggiungere l'ambiente attorno a se e il mondo.

Il sasso nello stagno
Tutti conosciamo che cosa succede quando gettiamo un sasso in uno stagno.
La forza d'impatto genera un primo movimento d'acqua a forma di cerchio, il quale a sua volta spinge in tutte le direzioni generando un secondo cerchio più grande; poi un terzo, un quarto e così via. Non si sa quanti saranno; né il nostro occhio sa fin dove anche impercettibilmente arriva il primo impulso. Tutti i cerchi sono concentrici, quasi a sottolineare che nascono dal primo e ne sono l'irradiazione.
Ci pare bello e utile scoprire come l'energia che scaturisce dal sacramento del matrimonio (il sasso nello stagno) produca e sprigioni un fenomeno simile.
È l'irradiamento del nostro apostolato coniugale, secondo lo specifico del nostro "ministero".

Irradiare l’amore
• Un primo cerchio d'irradiamento è all'interno della coppia stessa. Gli sposi cristiani si aiutano a crescere nella fede e insieme si esercitano a praticare il vero amore educandosi a vicenda. Sono l'un per l'altro come apostoli. Il primo figlio che il nostro sacramento genera è la nostra coppia.
• Un secondo cerchio comprende i figli accolti con fiducia e amore, educati con premura e pazienza. Qualche volta possono esserci accanto a quelli generati "dalla carne e dal sangue" anche quelli affidati temporaneamente o gli adottivi.

• Un terzo è l'apertura ad altri familiari: gli anziani per esempio (cioè i genitori degli sposi, i nonni dei piccoli), ma anche altri familiari che hanno bisogno di "appoggiarsi" alla nostra famiglia in seguito a lutti, malattie od occasionali momenti di emergenza.
• Un quarto cerchio di irradiamento sono vicini, i parenti, gli amici. Quanto sia faticoso aver rapporti col vicinato nelle grandi città è noto a tutti. Eppure il vero amore all'uomo in carne ed ossa ci porta lì, prima di pensare ai lontani che si rischia di amare in modo generico e meno impegnativo.

A servizio della comunità
Ma l'impegno coniugale può estendersi alla partecipazione e animazione della vita della Chiesa, alle sue organizzazioni di catechesi, liturgia, di carità e missione. C'è qui un servizio peculiare che la Chiesa finalmente riconosce in modo esplicito: l'animazione della pastorale familiare. Qui mai dovrebbe mancare l'apporto non esteriore o di coreografia, ma interno e determinante della coppia. • Alcune esperienze con adolescenti, con i fidanzati, con gli sposi possono avere risultati splendidi proprio grazie alla presenza attiva degli sposi: è anche questo un tesoro nascosto da secoli, un carisma solo in minima parte accolto e un talento ancora poco sfruttato dalla Chiesa... purtroppo a suo danno!
• Un altro peculiare servizio che la coppia può fare è aiutare la struttura stessa della Chiesa, come anche quella dello Stato, ad essere attenta alla realtà familiare, anzi a costituirsi sempre più con stile familiare, domestico, meno massificante e disattento all'uomo; ripensare una politica che valorizzi il matrimonio e non lo penalizzi come avviene da decenni...

L’affidamento di coppia
È questa la fecondità spirituale che diventa possibile e doverosa soprattutto quando la coppia non è gravata da problemi interni che impediscono l'impegno esterno. Spesso infatti le coppie, soprattutto giovani, hanno bimbi piccoli che assorbono tempo e cuore; talvolta ci sono problemi di salute, o gravi difficoltà di lavoro, di alloggio, di sistemazione economica. Anche il documento pontificio ne tiene conto e incoraggia l'apertura della coppia 'soprattutto man mano che i figli crescono' (n. 44).
In ogni caso è indispensabile che l'impegno verso l'esterno avvenga col consenso reciproco e in pace. L'apertura per alcuni può essere un buon aiuto a superare alcune difficoltà interne; per altre invece può diventare fonte di tensione crescente tra gli sposi o anche di evasione o alienazione, soprattutto se non c'è stata una decisione comune.
• In campo caritativo 'l'apostolato delle famiglie si irradierà specialmente verso le altre famiglie più bisognose di aiuto, perché presentano situazioni di povertà, malati, anziani, handicappati, orfani, vedove, coniugi soli, ragazze madri e quelle in situazioni difficili che sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno' (n. 71). Noi questo lo chiamiamo 'affidamento di coppie'.

Un amore diffusivo
Per concludere possiamo guardare a questo amore cristiano che proviene dal matrimonio sacramento, che per natura sua è diffusivo e incontenibile.
Questo amore aperto, divino è frutto di un cammino cristiano: non basta innamorarsi e sposarsi per averlo. Ma proprio questo amore aperto fa sì che l'amore matrimoniale non si esaurisca e non inacidisca, ma trovi sempre la capacità di arricchirsi e di rigenerarsi: come il latte della mamma che solo nella misura in cui si dona, si riproduce e si rinnova!
* www.caresto.it
eremocaresto@libero.it

12-Proposte per un volontariato familiare

L'accoglienza e il servizio cristiano non sono una scelta di élite, lasciata a persone quasi 'eroiche', ma è scelta possibile a tutta la comunità cristiana.
Alcuni esempi concreti sono utili perché ciascuna coppia possa esaminare se possono essere corrispondenti alle proprie possibilità:
• Si può fare amicizia (quasi un "affidamento di coppia") con una o più famiglie con qualche difficoltà o in crisi, andarle a trovare ogni tanto, oppure invitarle... Fare una gita con i loro bambini, oppure fare il bucato o la spesa e le pulizie (se ci fosse bisogno!); andare insieme a Messa o ad un divertimento, ad una festa di famiglia. Analogamente potrebbe trattarsi di un anziano solo...
• Senza pensare subito all'affido ufficiale, c'è forse più spesso il bisogno di tenere il bimbo di quella famiglia in difficoltà per qualche ora ogni giorno... o qualche ora ogni tanto...
• C'è chi può accogliere per un periodo un bambino, o un ammalato, o un anziano, per dare la possibilità ai familiari di recarsi in qualche posto.• Una famiglia fa una scelta molto impegnativa (es.: adottare o accogliere un handicappato grave insieme agli altri familiari...): potrebbe essere aiutata da altri che collaborano alla felice realizzazione del gesto che altrimenti potrebbe anche non realizzarsi affatto o naufragare...
• Ci sono famiglie che si collegano fra loro per avere un peso sociale e politico nel difendere certe situazioni...
• Ci si può unire ad altre famiglie per una microrealizzazione che la Caritas propone durante la Quaresima o l'Avvento, per un totale di cinquecento, mille o più euro, eliminando il superfluo, utilizzando in carità quanto risparmiato dall'austerità del venerdì col digiuno...
• Pregare assieme a qualche vicino... invitare altri a pregare... (è amore anche questo!); pregare in famiglia per sé e con delle intenzioni specifiche per certi bisogni, sicuri di essere vicini e "utili" a chi è lontano e soffre...
• Autotassarsi... mettere da parte 1' 1% del proprio reddito mensile familiare...
• Partecipare a celebrazioni liturgiche o preghiere ed anche ad attività di animazione (magari insieme al personale) negli ospedali o ricoveri...; ciò aiuta a far sentire la presenza, la compagnia...
Quante altre situazioni... la vita ne è ricca!
Comunità di Caresto
Liberamente tratto da: La nostra casa. Luogo di vita cristiana, Gribaudi, Milano 2001, p.117-119

13-TESTIMONIANZE

Fare politica
Come coppia abbiamo sempre fatto politica, se per politica si intende non solo mettersi in lista in qualche partito nei periodi elettorali, ma preoccuparsi in ogni momento del cosiddetto "bene comune" ormai da noi in Veneto passato di moda.
Per far questo siamo iscritti ad un partito e insieme ad altri ci stiamo impegnando. Purtroppo non è mai stato così difficile come adesso.
Per noi il "bene comune" è dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente, poter mandare i bimbi alla scuola materna, anche se non sempre ce la fai a pagare la retta, avere i testi scolastici alle elementari, salvaguardare quel poco di campagna che ancora ci rimane altrimenti moriamo di inquinamento, fare attenzione a come ci stanno derubando la salute proclamando come innovazioni soluzioni che invece nascondono tagli indiscriminati nel campo della sanità, ecc.
Approfondire queste realtà e portarle all'attenzione di altri non è poi così facile nel nostro ambiente. Ci tacciano di "comunisti" nel senso più dispregiativo della parola, di persone buoniste che vogliono sempre salvare tutti ma non sanno fare i propri affari, perché nel nostro Veneto solo chi ha i soldi ha i diritti.
Non parliamo poi di certi preti che per mediare restano sempre nel più alto dei cieli, perché scendere in terra vuol dire prendere posizione e scontentare qualcuno.
Noi comunque continuiamo perché siamo convinti che il nostro impegno sia utile alla comunità e che la solidarietà non sia affatto passata di moda.
Chiara e Cesare Roberti
Il testo integrale

La professione
L'assistenza infermieristica può essere definita come un "arte", e se cosi deve essere svolta, richiede una grande dedizione, con una dura preparazione, come per qualunque altra opera, con ovvia differenza che non si ha a che fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano, tempio dello Spirito di Dio.
Far nascere un sorriso, creare un gesto gentile, alimentare la gioia di un abbraccio, aiutare ad elevare un grido che può diventare canto, sostituirsi come una parte di un corpo che non funziona più o funziona male, ossia vedere con gli occhi di chi non può più farlo, camminare con chi è immobile, pensare dentro la confusione di idee e di ricordi di una mente inceppata,… tutto ciò mi fa pensare che essere infermiere sia una delle più belle "arti liberali".
Rosanna Favaro
Il testo integrale

L’oratorio
Mia moglie ed io ci siamo conosciuti così. Da un paio di anni avevo iniziato a seguire il gruppo giovani della parrocchia di Cantalupa (piccolo comune a due passi da Pinerolo). Con mediocri risultati, per la verità.
Con la scusa di darmi una mano lei e con la scusa di farmi dare una mano io, abbiamo iniziato a trovare mille pretesti per vederci e stare insieme: attività da preparare, uscite da organizzare, predicatori da "ingaggiare" per i ritiri spirituali.
Dopo poco più di tre anni eravamo sposati. E abbiamo proseguito con l'impegno di animazione a quattro mani. Non per inerzia ma per scelta. La tipologia di impegno è cambiata nel tempo: dal gruppo di giovani adolescenti irrequieti (per lo più affezionati al sagrato di una chiesa che hanno frequentato molto poco!) ad un gruppo di preghiera biblico. Fino ad un cammino per giovani coppie di fidanzati "a lunga conservazione" (quelli che non hanno già prenotato le bomboniere, tanto per intenderci).
Per Cristina e per me è stato questo un modo di vivere nel quotidiano il versetto biblico che abbiamo scelto per il giorno del nostro matrimonio: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). Ma non solo. L'impegno con i gruppi giovanili ci ha permesso di allargare la nostra famiglia (non abbiamo figli) offrendo e ricevendo al tempo stesso.
Patrizio e Cristina
Il testo integrale

La scuola
Nella nostra esperienza di insegnanti ritroviamo una cosa ormai passata di moda: la vocazione a prendersi cura dei figli degli altri per brevi ma intensi tratti della loro vita.
Ogni prendersi cura, ogni "camminare con" ha a che fare con l'essere fecondi, con il dare possibilità nuove a chi ti è affidato.
Sembra strano ma quello che i ragazzi e i bambini stessi colgono al volo è la tua disponibilità a metterti in gioco, a credere in quello che fai: "tu ci credi? allora posso farlo anch'io!". Come dire: mostrami come si fa, se vuoi che anch'io lo faccia.
A volte come adulti ci scopriamo inadeguati, ma proprio allora possiamo far vivere loro il segreto della vita vera: siamo creature e non esseri onnipotenti o onniscienti. Solo così li aiuteremo a pensare di poter ricominciare, al fatto che la sconfitta non è la fine, ma solo l'occasione di un nuovo inizio.
Ci accorgiamo sempre più frequentemente della sete che i ragazzi hanno delle cose autentiche e delle cose che contano nella vita: "per cosa vale la pena di far fatica, a chi dare la nostra fiducia, a chi affidarci completamente, perché scegliere cose che durano?". Se crediamo e vogliamo essere fecondi dobbiamo tifare per loro, per un'altra umanità da realizzare, magari insieme.
I ragazzi di oggi tengono in modo particolare a queste domande sulla vita, sulla morte, su cosa crediamo e a chi crediamo: non rispondere con la vita è assumerci la responsabilità di "deviarli in segreteria" o dichiararci "non raggiungibili".
Renato e Antonella
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14-TRA BENE E MALE
È possibile, nella società di oggi, avere principi di orientamento?

di Guido Lazzarini
Il progresso continuo legato allo sviluppo accelerato della scienza e della tecnologia, esigerebbero regole condivise che garantissero a tutti l’acceso alle nuove opportunità che vi vengono via via creando.
Ma contemporaneamente, il diffondersi di modi di pensare orientati a visioni della realtà utilitariste e individualiste, tende a spingere in direzione opposta, minando i principi base di libertà, uguaglianza e convivenza civile.

Valori "fai da te"
Mentre nel passato, anche abbastanza recente, si poteva contare su norme e regole di condotta considerate corrette ed appropriate dai più, ora esse assumono spesso un valore relativo: i modelli e i valori, nella cultura attuale, non sono univoci, hanno perso buona parte del loro potere di orientamento ed anziché guidare il corso futuro finiscono con l'essere continuamente rimessi in discussione.
Ciò che era considerato patrimonio comune diviene frammentato e rimandato, spesso, alle capacità, alle risorse, alla volontà e alla determinazione dei singoli.
Sebbene l'ipotesi di miglioramento tramite un'azione legislativa della società nel suo complesso non sia abbandonata, l'attenzione si è spostata verso l'autoaffermazione dell'individuo e ciò si riflette anche nella nuova impostazione etico-politica che sposta l'attenzione da una visione complessiva di "società giusta" a quella dei diritti dei singoli individui che reclamano la loro "unicità" e vogliono scegliere ed adottare gli stili di vita a loro più consoni.

La "cosificazione" della vita
La persona è sempre più orientata a perseguire beni materiali e le dimensioni personali, intersoggettive, etiche e religiose rischiano di passare in secondo piano.
Il concetto di utilità viene a scontrarsi col valore del dono e della gratuità che si fondano sulla reciprocità e necessitano di una continua attenzione, con conseguenze negative anche sui rapporti di coppia e sulla stabilità della famiglia: ne sono una testimonianza l'aumento del numero delle separazioni e dei divorzi e la diminuzione del numero dei matrimoni e delle nascite.

Avere o essere?
Si vive una dicotomia tra l'avere e l'essere: la ricerca del benessere materiale, il pluralismo culturale e la globalizzazione hanno come conseguenze, da un lato, l'individualismo, il relativismo valoriale e la tendenza all'omogeneizzazione degli stili di vita, e dall'altro l'accentuarsi delle differenze etniche, il bisogno di distinguersi dalle masse, di competere e di primeggiare.
La difficoltà di sentirsi parte di una comunità riguarda tutti: anonimato e mancanza di solidarietà sociale determinano l'accentuarsi delle distanze fra cittadino e società e l'esaltazione della dimensione individuale e privata.
Tale crisi d'identità e d'appartenenza spinge a far sempre più riferimento a gruppi chiusi, formati da persone che si trovano nella medesima situazione.

Mancano valori condivisi
Ciò che manca nella società attuale è un insieme di norme e valori condivisi che orientino verso il bene comune della società, capaci di sostituirsi a quelli egoistici finora dominanti. È necessario promuovere un'etica della responsabilità condivisa, è necessario mettere da parte il "successo ad ogni costo" che considera bene ciò che porta profitto e potere.
Sia il modello utilitaristico sia quello individualistico tengono conto solo delle motivazioni del singolo, non si curano delle conseguenze concrete e delle ricadute negative sul prossimo.
Questi modelli non sono assolutamente in grado di porre le basi né per l'orientamento collettivo dell'azione responsabile né per raggiungere l'accordo e la collaborazione, aspetti necessari alla soluzione dei problemi.

Per un’etica della responsabilità
La vita sociale ha invece bisogno di fondarsi su alcuni principi condivisi, di facile comprensione ed effettivamente praticabili: un'etica fondata sulla responsabilità e sul rispetto reciproco.
Sicché l'etica dei principi assoluti, orientati dalle ideologie o dalle proprie convinzioni e quella della responsabilità danno origine a due diversi modi di intendere l'impegno sociale e la politica.

L'etica della convinzione personale è un'etica apolitica: si agisce seguendo propri principi senza chiedersi altro; al contrario, l'etica della responsabilità è connessa alla politica, proprio perché non perde mai di vista le conseguenze dell'agire, anzi le assume come orientamento del proprio agire.
Nella società attuale il problema prevalente è quello dell'assunzione di responsabilità negli orientamenti etici dell'agire sociale e della ricerca scientifica.

Esistenza=responsabilità
Perché perseguire un'etica della responsabilità? Perché l'uomo è investito di una missione; chi gli attribuisce questo compito non è un'istanza esterna, ma nasce dal fatto stesso di esistere.
L'esistenza impone la responsabilità della propria autorealizzazione con la missione di salvaguardare l'esistenza propria, degli altri, delle generazioni presenti e future.
La responsabilità etica nei confronti degli altri esseri è quindi esplicitata dalla missione imposta non tanto dalle istituzioni, quanto dalla realtà stessa dell'esistere.
guido.lazzarini@gmail.com

15-LA SPERANZA CHE È IN NOI

La fecondità ha anche un lato oscuro: come genera vita così può generare "morte". Siamo esseri fecondi sia nel bene che nel male e il male, si sa, fa più rumore del bene.
Generiamo vita attraverso i figli, ma anche quando suscitiamo negli altri speranza, gioia, voglia di vivere.
Generare morte è l'opposto, è l'aborto, l'eutanasia, ma anche spegnare negli altri speranza, gioia, voglia di vivere. Non solo, è anche tacere, voltarsi dall'altra parte, dire: "non mi riguarda" o peggio: "beati loro".
Così il male ha buon gioco e il bene sembra inutile, fuori moda, anche se tanti continuano a praticarlo nel loro quotidiano, nella loro famiglia, nel loro lavoro. Non scoraggiamoci! Ricordiamoci sempre che, come credenti siamo chiamati a "rendere conto della speranza che c’è in noi" (cfr. 1Pt 3,15).
F.R.

16-NOI SPERAVAMO...

Viviamo in un contesto nel quale il Cristianesimo si presenta come la fede che ha accompagnato, nei secoli, il cammino di tanti popoli, anche attraverso persecuzioni e prove molto dure...
Eppure, oggi questo essere di Cristo rischia di svuotarsi della sua verità e dei suoi contenuti più profondi; rischia di diventare un orizzonte che solo superficialmente abbraccia la vita; rischia di ridursi ad un cristianesimo nel quale l'esperienza di fede in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell'esistenza, come ci ricorda l’episodio dei discepoli di Emmaus, i quali, dopo la crocifissione di Gesù, facevano ritorno a casa immersi nel dubbio, nella tristezza e nella delusione.
Tale atteggiamento tende, purtroppo, a diffondersi: questo avviene quando i discepoli di oggi si allontanano dalla Gerusalemme del Crocifisso e del Risorto, non credendo più nella potenza e nella presenza viva del Signore. Il problema del male, del dolore e della sofferenza, il problema dell'ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall'ingiustizia.
È necessario, allora, per ciascuno di noi, come è avvenuto ai due discepoli di Emmaus, lasciarsi istruire da Gesù: innanzitutto, ascoltando e amando la Parola di Dio, letta nella luce del Mistero Pasquale, perché riscaldi il nostro cuore e illumini la nostra mente, e ci aiuti ad interpretare gli avvenimenti della vita e dare loro un senso. Poi, occorre sedersi a tavola con il Signore, affinché la sua presenza umile nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue ci restituisca lo sguardo della fede, per guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, nella luce del suo amore.
Benedetto XVI
Liberamente tratto dall’omelia tenuta nel parco di San Giuliano, Mestre, 8 maggio 2011.

PER IL GRUPPO
Brani per la Lectio:
• Gn 1,26-29 (la fecondità naturale)
• 2Tm 2,1-2.3-10 (la fecondità spirituale)
• 1Gv 5-10 (luce e tenebre)
Domande per la R.d.V.:
• Come coppia e come gruppi siamo attenti alle coppie che non riescono ad avere figli?
• Siamo fecondi nel nostro agire quotidiano? Pratichiamo e testimoniamo il bene?
• Abbiamo il coraggio di denunciare apertamente il male? Evitiamo di conformarci allo "spirito del mondo"?

17-RIFLESSIONI

Religione civile
Quando i cristiani manifestano sfiducia nella forza evangelica propria dell'umiltà cristiana e dell'inermità della fede, quando progettano una religione civile cercando di instaurare presidi e tentando alleanze strategiche con chiunque offra un appoggio alla forza di pressione cristiana nei confronti della società, allora confondono la chiesa con il regno di Dio, progettano una cristianità che appartiene al passato, che non può essere resuscitata, e che, soprattutto, contraddice la buona notizia di Gesù.
Enzo Bianchi, La differenza cristiana, Einaudi, Torino 2006

L’indifferenza
La vera differenza non sta tra chi crede in Dio e chi crede soltanto nella possibilità di vivere umanamente, ma tra chi si nutre di fiducia, di lavoro, di capacità di creare legami positivi, e chi, magari, occultata dietro le stesse parole, coltiva solo l'erba della propria indifferenza al bene comune.
Le forme che questa indifferenza assume sono insidiose, subdole. E molteplici. Vi è una indifferenza cinica, consapevole dell'inganno che mette in atto, consapevole di occultare dietro interessi umanitari e planetari un agire soltanto per il proprio vantaggio e tornaconto.
E vi è una indifferenza opaca, figlia dell'ignoranza e della lentezza del cuore, che colpisce, forse, in misura più o meno devastante, la maggior parte di noi, umanità incerta e sonnolenta, forse più pericolosa ancora di quella che agisce perversamente. Bonhoeffer affermava: "Contro la stupidità non abbiamo difese".
Gabriella Caramore, La fatica della luce, Morcelliana, Brescia 2008

Se i profeti irrompessero
per le porte della notte,
incidendo ferite di parole
nei campi della consuetudine,
riportando qualcosa di remoto
per il bracciante
che da tempo ha smesso di aspettare.
Se i profeti irrompessero
per le porte della notte
e cercassero un orecchio come patria.
Orecchio degli uomini
ostruito d'ortica
sapresti ascoltare?
Nelly Sachs, Poesie, Einaudi, Torino 1971

Giorni paradossali
Qual è la nostra situazione storica, come sono oggi i giorni che viviamo? Potremmo definirli "giorni strani". I più dotti potrebbero dirli "giorni paradossali". Perché? Le motivazioni sono moltissime e differenti.
Ad esempio, per stare all'attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come "guerra" le loro decisioni, le scelte e le azioni violente?
Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?
E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?
+ Dionigi Tettamanzi
Domenica delle Palme, Duomo di Milano, 17 aprile 2011

Dal libro dei Proverbi
Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza.
Placano l'odio le labbra sincere, chi diffonde la calunnia è uno stolto.
Chi aspira alla verità proclama la giustizia, il falso testimone proclama l'inganno.
Le labbra menzognere sono un abominio per il Signore, che si compiace di quanti agiscono con sincerità.
Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l'ira.
Con la bocca l'empio rovina il prossimo, ma i giusti si salvano con la scienza.

Cattivi esempi
Credo che oggi abbiamo veramente tanti cattivi esempi, abbiamo molte persone che a parole fanno tanti proclami, tanti annunci e poi nei fatti sono distanti dalla realtà delle presone.
Dobbiamo provare una grande indignazione nelle nostre coscienze rispetto alla grande incoerenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto.
Faccio un esempio: nel 2008 il fondo per le politiche sociali era 2 miliardi e 400 milioni di euro, ora sono rimasti 400 milioni: sono stati cancellati i soldi per gli asili nido, per le famiglie, per le pari opportunità, per tutta una serie di servizi che erano rivolti alle fasce più deboli, più fragili.
È vero che c'è un momento di grande difficoltà economica ma questa è, prima di tutto, una crisi etica e politica.
L'etica è la ricerca dell'autenticamente umano. L'etica chiede conto delle nostre responsabilità, dei nostri comportamenti, l'etica comincia dalla nostra coscienza, dalla nostra responsabilità rispetto alle cose che ci circondano.
Ora mi pare che nel nostro paese ci sia tanto chiasso, tanto rumore, ma molta distrazione nei confronti delle persone più deboli e più fragili.
Luigi Ciotti, Ottoemezzo, La7, venerdì 22 aprile 2011

18-UN LENTO SUICIDIO DEMOGRAFICO
I bambini sono, di fatto, estranei alla nostra società

di Luigi Guglielmotti*
Alla 61° assemblea Cei dello scorso anno il card. Angelo Bagnasco ha affermato che l'Italia sta andando verso "un lento suicidio demografico": oggi oltre il 53.4% delle famiglie è senza figli e, tra quelle che ne hanno, quasi la metà ne contemplano uno solo, il resto due, e solo il 5.1 % delle famiglie ha tre o più figli. Con tale trend demografico, gli italiani nel 2090 saranno 10 milioni, contro i 60 milioni attuali.
La chiesa è rimasta l'unica a promuovere e a difendere il matrimonio fedele e aperto alla vita. Il contesto culturale non aiuta la scelta responsabile e fedele dell'uomo e della donna; si teorizzano nuovi diritti individuali e si presenta la vita come un frammento da spremere il più possibile e senza scrupoli, nella logica consumista dell'usa e getta, lasciandosi guidare solo dalle emozioni e da un orizzonte intraterreno.

L' "inverno demografico" ha ripercussioni sul piano economico e politico, sociale e psicologico, culturale ed ecclesiale. Per il card. Bagnasco l'equilibrio demografico non è solo necessario alla sopravvivenza fisica di una comunità, ma è anche condizione per quell'alleanza tra generazioni che è essenziale per una normale dialettica democratica.
Infatti, agli adulti viene sottratta la missione educativa e non sono più stimolati all'autoeducazione. Le nuove generazioni obbligano gli adulti a mettersi in discussione, li provocano ad uscire da se stessi e a non ripiegarsi sui propri bisogni immediati.
La difficoltà economica del paese è certo una delle variabili della diffusa bassa natalità, ma occorre una maggiore capacità critica verso stili di vita imposti dalla società consumistica. Il mercato crea falsi bisogni per i figli, i quali abbisognano soprattutto di esperienze familiari forti, di gioie semplici, del senso della vita come dono, di relazioni intense.
Invece da circa 30 anni l'Italia ha rinunciato ad investire sui figli, consumando le risorse che doveva invece lasciare loro. Solitamente si guarda ai figli solo come portatori di "diritti individuali". mentre essi sono un "bene relazionale": questo richiede un welfare per la famiglia e non per i bambini. Si tratta di affrontare il problema dei figli a partire dalla famiglia stessa, perché i figli portano nella famiglia dei beni immateriali che costituiscono la sostanza stessa di ciò che la famiglia offre alla società come capitale sociale.
*Liberamente tratto da: Settimana, n.4, 30 gennaio 2011, p.1.16.

19-LA DITTATURA DELL’IMMAGINE
Belli e belle a tutti i costi... e non solo

di Viviana Daloiso*
Vogliono dimagrire, e non basta mai. Vogliono corpi da dèi, muscoli e curve, addominali.
Vogliono assomigliare ai divi della tv, costi quel che costi, non importano i soldi spesi, i trucchi, i ritocchi persino. Tolti i "bravi ragazzi" che ne fanno a meno - e ce ne sono, di certo, ma al caro prezzo dei giudizi impietosi e delle prese in giro dei compagni - un solo sguardo per strada o nelle scuole basta a dir tutto, sugli adolescenti d'oggi: il culto dell'immagine li ha colonizzati. E, ciò che più conta, li sta cambiando.
Ma quando è successo? Come si è arrivati alla distorta dittatura del corpo che impazza tra i giovani e di cui da qualche mese s'è accorto il Paese, sulla scia degli scandali che hanno coinvolto la politica, il mondo della cultura e della televisione, fino a entrare nelle nostre case?
Le ricerche parlano chiaro: l'età media in cui si manifestano i primi sintomi della dismorfobia (la paura di essere brutti) è scesa agli 11 anni, con 8 ragazzini su 10 che pensano già a quest'età di dover dimagrire, il 33% che usa già stabilmente prodotti di bellezza, frequenta profumerie e beauty center, il 16% delle ragazze a dieta anche se non ne avrebbero bisogno.
Ma tra la tirannide del corpo e gli adolescenti si può tirare anche il filo dei social network, dei "profili" ormai connaturati alle nuove tecnologie, per cui oltre il 70% dei ragazzi vive ormai diviso tra un'identità reale e un "avatar" virtuale, dotato di tratti idealizzati, con cui si instaurano relazioni on-line, con cui ci si confonde e ci si maschera, fingendo d'essere diversi da quello che si è.
L'impressione è che gli adolescenti siano drammaticamente in balia di esempi sbagliati, d'una corrente materialista che riconosce come legge solo l'apparenza e si nutre dell'idea che per emergere e far successo nella vita basti "mostrare", essere belli, appetibili, in linea con la moda.
Ma c'è di più, visto che innanzi a alla piaga del "piacere a tutti i costi" anche i genitori e gli educatori sempre più spesso non sanno come comportarsi, dividendosi tra l'indifferenza del "chiudo un occhio" al giustificazionismo del "sono solo ragazzi", fino alla rassegnazione e al senso di impotenza. Cambiare le cose si può e si deve, armandosi di strumenti di comprensione e di nuovo coraggio educativo.
* Liberamente tratto da: Noi Genitori e Figli, n.250, 27 marzo 2011

20-PER APPROFONDIRE IL TEMA
Alcuni libri e documenti usati per realizzare questo numero

Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, Paoline, Milano 200134.
Questo documento magisteriale si può considerare una vera magna carta del matrimonio e della famiglia. A trent’anni dalla sua promulgazione (1981) resta ancora un documento insuperabile per l’ampiezza dei contenuti e degli argomenti affrontati.
Anche in questo numero vi sono dei richiami a questo documento. Lo riproponiamo all’attenzione dei gruppi soprattutto per quanto riguarda la terza parte: Famiglia, diventa ciò che sei!
Qui i temi della fecondità nelle sue dimensioni naturali, spirituali e sociali sono trattati approfonditamente, in modo certo più ampio di quello che abbiamo avuto a disposizione per questo numero.
Manca nel documento la riflessione sulla dimensione trinitaria dell’amore sponsale, ma questa è un tema che è emerso solo successivamente.
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio_it.html

Enzo Bonetti, La fecondità degli sposi oltre la fertilità, Edizioni San Paolo, Milano 2007.
Con un po’ di presunzione possiamo dire che, in questo volume, mons. Bonetti aggiunge parte di quello che manca alla Familiaris consortio.
Lo scopo del volume è quello di spiegare l’amore che vive la coppia e la famiglia attraverso la contemplazione del mistero delle relazioni intratrinitarie.
Questo è stato l’obiettivo che Bonetti, negli anni da responsabile dell’Ufficio Famiglia della Cei, è venuto definendo e che ha segnato profondamente il modo con cui la Chiesa italiana è chiamata oggi a guardare la coppia e la famiglia.
Il libro riporta una seria di catechesi radiofoniche dell’autore e, nonostante la difficoltà dell’argomento, può essere usato nei gruppi.
Se il volume ha un piccolo limite questo si trova nei capitoli finali, dove la fecondità si incarna. Qui i temi potevano essere più sviluppati.
www.paolinitalia.it/libri/catalogo.asp?p=9&isbn13=9788821559488

Susanna Fontani, Voglio dirti sì per sempre. La sessualità nella coppia, Gribaudi, Milano 2009.
L’autrice è una collaboratrice della Comunità di Caresto, Comunità che ha contribuito con un articolo alla realizzazione di questo numero.
La Fontani, psicologa psicoterapeuta, articola la sua riflessione in tre momenti: il corpo, l’incontro, il tempo.
L’autrice sa benissimo che non mancano certo libri sulla sessualità di coppia, anzi!
Eppure l’esperienza di Caresto, l’attenzione di questa comunità verso le coppie in crisi, la sua stessa esperienza professionale sono state la molla per mettere nero su bianco il suo pensiero e la sua competenza.
Dal libro noi abbiamo tratto una della parti più "teoriche" ma, come potete vedere, per l’autrice la teoria va sempre a braccetto con la pratica.
Un libro per chi non vuole restare prigioniero degli stereotipi che circolano sulla vita di coppia.
www.gribaudi.it/public/runcms/modules/news/article.php?storyid=88

Gabriella Caramore, La fatica della luce. Confini del religioso, Morcelliana, Brescia 2008.
Un libro "impegnativo": questa è l’impressione che suscita il testo proposto e da cui abbiamo attinto tre brevi flash per questo numero.
Impegnativo perché non contiene cose banali, ma soprattutto perché non ha paura di mettere in discussione un certo tipo di fede, meglio di religiosità.
Il cammino della Caramore è quello di una persona colta e in ricerca, che ha trovato nel cristianesimo, se non la risposta ultima, almeno quella che più pienamente risponde alle sue domande di senso. Un cristianesimo che si radica soprattutto nella Parola.
Perché "la fatica della luce"? Perché come ci dice Giovanni "la luce splende nelle tenebre ma queste non l’hanno accolta". Gli uomini preferiscono le tenebre e così anche la fecondità, valore positivo, può avere un risvolto negativo.
http://www.morcelliana.it/or4/or?oid=26916

Noi Genitori e Figli, Supplemento mensile di: Avvenire, Nuova Editoriale Italiana, Milano.
Questo periodico da diversi anni accompagna le famiglie cattoliche nel loro cammino di informazione, formazione e aggiornamento.
Ogni numero presenta un tema in primo piano, molto attuale, che viene sufficientemente sviluppato. Per chi vuole vengono proposti testi per approfondire il tema. Il tutto è accompagnato da rubriche e notizie in breve che forniscono un quadro esauriente sul divenire della pastorale familiare in Italia.
Il mensile esce l’ultima domenica di ogni mese, come supplemento del quotidiano Avvenire.
Se non lo conoscete ve lo consigliamo caldamente. Non tutti i numeri hanno la stessa incisività ma molto dipende dagli interessi del lettore.
Ciò vale anche per la nostra piccola rivista che più di una volta, e anche in questo numero, ha attinto da questo periodico.
http://www.avvenire.it/shared/noi/index.html

Uomini e donne nella Bibbia
21-MARIA DI GERUSALEMME
Una donna aperta alla vita e all’accoglienza

di Paolo Brugnera
Da Gerusalemme prende avvio l'esperienza delle comunità cristiane.
Dopo la Risurrezione, la piccola comunità che si riunisce nel Cenacolo prende vita e comincia a diffondere la lieta notizia: "Gesù, quello con cui siamo stati insieme nell'ultimo periodo, che è stato messo in croce è vivo ed è risorto".
L'eco di queste parole arriva innanzitutto agli abitanti di Gerusalemme. Alcuni di questi già da qualche tempo hanno conosciuto Gesù e comprendono la portata rivoluzionaria di quest'annuncio e, accogliendolo, se ne fanno diffusori. Probabilmente tra queste persone possiamo annoverare "Maria, madre di Giovanni detto anche Marco" (At 12,12).

Maria madre di Marco
Di questa donna, non sappiamo molto: il nome, qualcosa sull'abitazione e il rapporto di parentela con un personaggio già conosciuto dai discepoli di Gesù. Proprio per questo possiamo a buon diritto collocarla all'interno dell'approfondimento sulla fecondità.
La donna in questione si chiamava Maria, o meglio Miriam; nome molto diffuso tra le donne ebree del primo secolo dopo Cristo.
Siamo al tempo in cui Erode Agrippa I, nipote di Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, diventa re della Giudea e della Samaria. Per avere l'appoggio dei farisei, molto influenti a livello popolare, egli cerca di contrastare il nascente movimento cristiano, soprattutto a Gerusalemme.

L’uccisione di Giacomo
In questa politica repressiva è ucciso il primo del gruppo dei dodici, Giacomo, figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni. Il re però vuole mettere le mani su Pietro, portavoce dei dodici e indubbio protagonista della missione cristiana a Gerusalemme e in Giudea.
Lo fa arrestare durante le festività ebraiche della Pasqua e degli azzimi; per dargli una condanna esemplare lo fa custodire in carcere "per farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua" (12,4).
Mentre Pietro "era tenuto in prigione, una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui".

Una casa accogliente
Probabilmente la comunità che prega per l'apostolo è riunita proprio nella casa di Maria. Si tratta di una casa grande, dove possono riunirsi più persone (v.12). In questo luogo non solo si prega, ma come avveniva nelle abitazioni di cui si parla negli Atti degli Apostoli, si pratica l'unione fraterna e la frazione del pane (cfr. At 2,42).
È lì che l'apostolo, miracolosamente liberato nella notte, si reca. Pietro conosceva bene quel posto; e gli abitanti della casa conoscevano bene Pietro, tanto che Rode, una fanciulla accorsa alla porta cui l'apostolo aveva bussato lo riconosce addirittura dalla voce, non apre subito, ma riferisce ai presenti che all'uscio c'è sicuramente Pietro: lo ha riconosciuto. Non vaneggia. Ma gli altri non le credono, fino a quando, persistendo i colpi alla porta, non aprono e, stupefatti, vedono l'apostolo in persona.
È in questo contesto che Pietro, come era solito fare, parla di come Dio lo ha liberato dal carcere. Con lui in quella casa arriva non solo il testimone oculare della vicenda di Gesù, ma anche l'annunciatore convinto della salvezza riservata a tutti quelli che credono in Cristo.
Maria è forse una discepola della prima ora, e fin dall'inizio, quando il pericolo di persecuzione e di morte è forte, mette a disposizione la sua casa per questi incontri, clandestini. Se i capi dei farisei o il re avessero scoperto l'ospitalità data da Maria, la sua sorte sarebbe stata segnata: lapidazione.
L'apertura alla Parola e la scelta della fede porta Maria a non curarsi delle conseguenze che potrebbe correre lei e la sua famiglia, e mette a disposizione la sua casa, quale luogo d'incontro, di annuncio e di preghiera.

Madre di Marco
Certamente la sua fecondità è ancor più evidente se pensiamo al figlio. Presumiamo che sia coniugata, forse è vedova, perché non è citato il marito. Il figlio è Giovanni Marco; di lui si parla in At 12,25; 13,5.13; 17,37-39, era cugino di Barnaba (Col 4,10), compagno di Paolo (Col 4,10; Fm 24), discepolo di Pietro, autore, secondo la tradizione, del primo vangelo ad essere scritto.
Un figlio che sicuramente ha condiviso con la madre la rivoluzionaria scelta di vita di seguire il Cristo.
La madre, Maria, non solo ha messo a disposizione la sua casa per le adunanze dei primi cristiani della comunità di Gerusalemme, ma già come donna, aveva reso la sua fertilità fisica feconda anche per la fede.
brugnerapaolo@teletu.it

22-LAVORO DI GRUPPO: ISTRUZIONI PER L’USO
Come usare al meglio le tracce o le domande che accompagnano un annuncio o un testo scritto

A cura di Franco Rosada
Scrivevamo anni fa: l’Annuncio è lo strumento che permette al Gruppo Famiglia di impostare il suo programma di formazione e consiste nel confrontarsi su un argomento di comune interesse. L’Annuncio può essere fatto da una persona esterna al gruppo, invitata a questo scopo, oppure può essere fatto dal gruppo stesso. In questo caso come si fa?
Si tratta di trovare un argomento di comune interesse, tratto da un libro o da una rivista, e confrontarsi su di esso
(GF n.36).
Da qualche anno sono in commercio libri organizzati a schede che si prestano bene per realizzare un annuncio "in proprio". Alcuni di questi libri li abbiamo presentati negli ultimi numeri della rivista. Dal libro: L’olio della lampada, della Comunità di Caresto, abbiamo tratto una serie di indicazioni per l’uso delle schede. Ve le proponiamo di seguito.

La proposta di Caresto
Dopo un conveniente tempo per l’accoglienza reciproca, l’incontro inizia con un momento di raccoglimento che può essere una preghiera (Padre nostro o altro), una lettura biblica (tra quelle segnalate in genere nella scheda scelta per l’incontro), un momento prolungato di silenzio. Si può anche scegliere di recitare il salmo 127 o il 128 che sono intonati alla vita familiare e casalinga.

Si passa quindi alla lettura ad alta voce della scheda. Questa può essere anche brevemente commentata o illustrata con qualche esempio di vita vissuta da pane di chi guida la serata (se c'è). Il tutto però deve rimanere entro la mezz'ora.

Dopo aver letto gli spunti di riflessione riportati al fondo alla scheda, è buona cosa lasciare un tempo per la riflessione personale, servendosi di un quaderno o dei fogli per annotare le proprie considerazioni.
Si può fare anche a meno dello scrivere, ma l'esperienza della nostra Comunità ha mostrato che questo aiuta la concentrazione e una migliore formulazione dei concetti che poi ognuno dirà al proprio coniuge. Basta anche annotare semplici appunti.

In genere nella coppia c'è chi si esprime meno e spesso è anticipato o soffocato dall'altro che parla di più. Il coniuge 'debole' in genere si esprime bene con lo scritto ed è facilitato da questa modalità che conviene usare con libertà. La riflessione personale può durare 5-10 minuti (a seconda che si scriva o no).

Segue il dialogo di coppia, cominciando col leggere quanto uno ha scritto, e completandolo con un commento a voce.
Anche qui è molto importante che si usi un certo stile per una buona riuscita.
Il dialogo in coppia andrebbe fatto secondo le 'regole' della comunicazione e dell’ascolto. In altre parole non è bene lasciarsi prendere subito dalla voglia di arrivare a stabilire la verità; o chiarire chi ha ragione o torto.
È necessario 'prima' lasciare un ampio tempo di dialogo per ascoltarsi reciprocamente, aiutandosi con domande ad aprirsi per capire ancora meglio. Chi dei due parla e vuol comunicare, sia attento nell'esprimere giudizi intransigenti, che possono ferire. Si esprima piuttosto comunicando i suoi sentimenti.
Il tempo previsto per questo punto non può superare la mezz'ora, se si vuoi contenere l’incontro entro le due ore in totale.

C'è poi la 'messa in comune' o confronto in gruppo, in stile condivisione, che può durare una ventina di minuti più o meno, secondo il tempo a disposizione.
Noi preferiamo che la coppia si accordi prima su che cosa 'raccontare' alle altre coppie e chi dei due parlerà. Anche questo stile fa emergere non soltanto l'individuo (chi parla più o meglio esprime spesso le sue idee e chi non parla mai...), ma diventa anche questo un implicito lavoro che costruisce la coppia.
Chi parla, lo fa a nome non soltanto suo, ma a nome della coppia.
Inoltre c'è da rispettare lo stile della 'condivisione' ossia del condividere se stessi; donare un pezzo di sé; non far ideologie, approfondimenti filosofici astratti o prediche ("Noi dovremmo... La società... Perché oggi avviene...")

Anche il sacerdote o chi la coppia responsabile non si limiti a far prediche, ma in questa parte 'condivida' con gli altri in modo fraterno.
Va anche evitato il discorso teorico, che non coinvolge personalmente, così come va evitato il semplice raccontare fatterelli di vita propria.
Nel racconto di sé è importante evidenziare il 'come' la coppia cerca di riuscire a realizzare un certo obiettivo; il perché ci riesce o non ci riesce.
Il racconto di sé non è finalizzato per la curiosità di sapere i fatti degli altri, ma per essere aiutati dall'esperienza degli altri. Ci aiutiamo infatti grazie al come e al perché.
Se non c'è fretta l'incontro può durare circa due ore.

L’incontro si può concludere in molti modi. Ve ne proponiamo alcuni.
Si può recitare la preghiera del 'Padre nostro' e, se c'è il sacerdote, si può chiedere la benedizione 'trinitaria' comune.
Si può ringraziare Dio attraverso un’intenzione di preghiera formulata secondo lo schema: "Grazie Signore per..." a cui tutti ogni volta rispondono con: "Grazie Signore".
Oppure velocemente si può ricordare 'la perla' della serata: cioè la frase o la testimonianza, o l'atteggiamento che ha suscitato maggior interesse, scaldato di più i cuori, come una 'perla' che ciascuno si porta a casa.
Liberamente tratto da: Comunità di Caresto, L'olio della lampada, Gribaudi, Milano 20105, p.10-12

23-VIVERE LA FECONDITÀ IN GRUPPO

Pronunciando la parola fecondità, salta subito alla mente il numero di quantità di figli in famiglia, o la difficoltà nel riuscire ad averli…
Il nostro Gruppo Famiglia che ormai ha compiuto la maggiore età, vanta, nel censimento di questo inizio anno, di ben 45 figli (età compresa dai 0 ai 32 anni) più 2 in arrivo e 4 in affido!
Ma secondo noi, il primo passo per essere fecondi è innanzi tutto essere accoglienti. Già nella coppia deve esserci buon spirito di accoglienza, soprattutto di quegli aspetti o elementi più negativi e fastidiosi che la coppia stessa deve saper riconoscere, compensare e migliorare affinché diventi davvero terreno fertile.
Se invece estendiamo il discorso alla dimensione di gruppo, allora l'accoglienza è l'ingrediente fondamentale per la continua rinascita/crescita del gruppo stesso. Senza accoglienza non ci può essere "l'arruolamento" di altre coppie o famiglie e quindi di potenziale fecondità in più, intesa sotto l'aspetto più ampio di impegno sociale, come descritto nell'esortazione apostolica Familiaris consortio del beato Giovanni Paolo II.
Scrive infatti il Papa: "Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico: le famiglie, cioè, devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere "protagoniste" della cosiddetta "politica familiare" ed assumersi la responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, che si sono limitate ad osservare con indifferenza" (n.44).
Sicuramente, sotto questo aspetto si fa sempre poco, ma nel nostro piccolo, diversi sono i componenti del gruppo impegnati nell'ambito della parrocchia o come catechisti, o nell'oratorio o nei corsi di preparazione al matrimonio o in società sportive giovanili, da cui si attingono nuovi elementi che a ruota danno continuità…
Ed infine ci sentiamo di dire che essere fecondi, per noi, significa anche saper incontrarci ogni mese, (21 famiglie composte di persone con età e professioni eterogenee), con piacere, senza obblighi o costrizioni, per regalarci una boccata di ossigeno dalla Parola di Colui che è Padre e quindi fecondità per eccellenza!
Gruppo Famiglie di Volvera (TO)

24-INVITO AI CAMPI ESTIVI
Una pausa estiva low-cost ed all inclusive

di Nicoletta e Corrado Demarchi
Tra tutte le esperienze di vacanza che una famiglia può fare, quella dei campi estivi è sicuramente la più coinvolgente e la più completa.
Brevemente potremmo definirla una pausa estiva low-cost ed all inclusive, nonché una full-immersion, e con l'inglese abbiamo finito!
Una perfetta sintesi, dove possiamo unire ad un costo ridotto, grazie all'autogestione ed all'impegno di tante persone di buona volontà, anche l'esperienza completa, sia per il corpo che per lo spirito, dei figli e dei genitori.
Questo periodo di condivisione nasce appositamente per conoscere nuova gente e per conoscerci meglio, per ascoltare e riflettere, nonché per giocare e divertirsi, riposarsi e rilassarci.
Come potete vedere dall'elenco aggiornato on-line (opps... un altro inglesismo!) quest'anno il calendario presenta una decina di proposte a partire dalla fine di luglio, fino a tutto il mese di agosto.
Un grazie sincero a tutte le realtà diocesane e non che, con grande spirito di servizio, hanno programmato una proposta estiva aperta a tutte le famiglie che hanno voglia di vivere una settimana di "ferie alternative".
Un invito particolare lo vogliamo fare a tutte le coppie che per varie ragioni non fanno parte di nessun gruppo famiglia, affinché questa esperienza possa essere estremamente importante per loro, per respirare l'aria di comunione e condivisione, il clima di confronto e di collaborazione e possa diventare lo stimolo giusto per costituire un nuovo gruppo nelle proprie realtà parrocchiali e zonali, partendo con entusiasmo e con tutta la disponibilità della "famiglia" dei GF.
A chi invece da anni vive l'esperienza del campo, il suggerimento è quello di cambiare un po' aria, lasciando magari i soliti luoghi ed i soliti amici, per andare a conoscere nuove coppie e nuove realtà, ed avere così la possibilità, al ritorno, di poter condividere nuove idee ed esperienze.
Non ci resta che augurarvi di fare una buona scelta e... "have you a nice holiday!!!".
curra@email.it

25-CAMPI PER FAMIGLIE 2011
Il calendario quasi definitivo

24-31 luglio
Bersezio (CN)
Tema da definire.

Relatore: Angelo Fracchia, biblista.
Org.: diocesi di Cuneo.
Info: Angela e Tommy Reinero, 347 5319786, tommy.angela@libero.it

7-14 agosto
San Giovanni di Spello (PG)
Relatori vari di alcune comunità umbre.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Antonella e Renato Durante, 0423 670886, ren-anto@libero.it

7-14 agosto
Voltago Agordino (BL)
Tema e relatori da definire.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Cinzia e Paolo Brugnera, 0438 898032, brugnerapaolo@tele2.it

14-21 agosto
Casteltesino (TN)
Tema e relatori da definire.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Valeria e Tony Piccin, 0423 748289, segninuovi@alice.it

14-21 agosto
Cagnano di Acquasanta (AP)
Tema e relatori da definire.
Org.: Diocesi di Fermo.
Info: Tania e Germano Ferroni, 0734 684062, 380 4573091, taniaferroni@tiscali.it

16-19 agosto
Chiappera (CN)
Tema: Dire, Fare, Pregare. La solidarietà possibile della famiglia cristiana.
Relatori: Giacomo e Rita Corradini
Sacerdote: don Beppe Viglione
Org.: diocesi di Mondovì (CN)
Info: Isabella e Stefano Tomatis, 0174 329404, costacalda@libero.it

16-21 agosto
Sauze di Cesana (TO)

Tema: Tempo di coppia, tempio d’amore.
Relatore: Elisa Veronesi, psicologa.
Sac.: Don Omar Larios Valencia.
Org.: diocesi di Pinerolo.
Info: Chiara e Elio Grosso, 0121 352265 oppure ufficiofamiglia@diocesipinerolo.it

20-27 agosto
Col Perer (BL)
Tema: In una società "liquida" quale progetto d'amore?
Relatori da definire.
Sac. don Giovanni Pesce.
Org. Gruppi Famiglia in Cammino.
Info: P. Maria e Andrea Antonioli, 0423 483032, fam.antonioli@-gmail.com

Il calendario, aggiornato in tempo reale, è consultabile sul sito: www.gruppifamiglia.it cercando, nella home page, tra le notizie in evidenza.

26-Speciale giovani: IL DUBBIO DI GIULIA
I brutti scherzi dell’adolescenza... e dei cattivi "maestri"

di Patrizio Righero
Fabietto e la sua colazione sono un tutt'uno. Giulia, al contrario, cerca col cucchiaio la forza di fare quella domanda. Di buttarla lì come un banale "cosa mi metto oggi?".
Dal tazzone di Giulia emerge all'improvviso un pandistelle.
Ecco il segnale. È questo il momento giusto.
- Mamma, credi che io sia gay?
Fabietto ha fatto cadere il tovagliolo e cerca di recuperalo con un piede.
- Hai sentito che cosa ti ho chiesto?
Emilia ha sentito eccome. Si è tuffata sotto il tavolo per recuperare il tovagliolo di Fabietto e le sembra che da piano terra sia più semplice buttare fuori una risposta.
- Sì. No.
- Sì sono gay o sì hai sentito?
- Ne parliamo questa sera, ok? Hai visto che ore sono?
Fabio è caduto dalla sedia portandosi dietro scodella, latte, biscotti e chissà cos'altro. L'incidente arriva come una benedizione.
Mamma Emilia rimette in piedi il pargolo. Giaccone, zaino, berretto.
- Fuori che passa il bus!
Giulia ha capito che non c'è verso. Ricaccia sul fondo il pandistelle, ingoia il tutto ed esce senza salutare.
- Ecco, tanto valeva stare zitta. Si ripete Giulia durante la prima ora.
- Mamma non capisce niente. È il ritornello della seconda.
- Questa sera farà una scenata. È la certezza della terza.
L'intervallo giunge come una liberazione. Giulia resta seduta a sistemarsi la frangia che non vuole stare al suo posto per niente al mondo.
E poi correre il rischio di incontrare Alessandra è fuori discussione.
Però non vederla… Almeno con lei ne deve parlare. E con chi altri se no?
Quell'idea era venuta a bussare alla sua testolina nell'ora di storia.
Il prof. elegante, fresco di laurea, aveva compiuto un rapido quanto improbabile balzo spazio temporale dalle crociate al gay pride. E poi la giornata contro l'omofobia. E poi un paio di film nelle ore buche.
Tanto era bastato a far breccia nel suo caschetto di capelli scuri. E l'amicizia con Alex aveva cambiato volto.

Il tempo di pulire il pavimento e sistemare la cucina era stato sufficiente a Emilia per costruire un castello di incertezze, pianificare un pomeriggio di consulenze e collaudare un discreto campionario di risposte.
Prima consulenza: chiacchierata con la collega dell'ufficio. Ma per quella va bene tutto e il contrario di tutto.
Seconda consulenza: una telefonata al marito (ma dal lavoro come si fa parlare di queste cose?).
Terza consulenza: la capo scout di Giulia.
- Così, tra un boccone e l'altro mi ha detto questa cosa. E non so che pensare.
- Ha solo sedici anni. Probabilmente sono pensieri che passano. Fa parte della crescita. Dell'adolescenza.
- Ma qui nel gruppo hai notato qualcosa…
- No. Giulia è una brava ragazza e un'ottima scout. Normale sotto tutti i punti di vista.
- Allora perché mi ha chiesto…?
- Forse è una provocazione per attirare l'attenzione. Forse il bisogno di sentirsi rassicurata.
Mamma Emilia resta perplessa. Soddisfatta a metà.

Alla fine Giulia ha ceduto alla raffica di messaggi che Alessandra le ha inviato. Dopo l'ultima ora, un panino e poi da Alex. Per studiare. Almeno questa è la scusa. Sono solo ottocento metri. Percorrerli a passo lento con l'i-pod a tutto volume aiuta pensare.
Pensare che con Alex sono amiche da sempre. Dai tempi delle elementari.
Che con lei sta bene. A suo agio.
Ancora seicento metri.
Per pensare che tutte le sue amiche hanno un ragazzo e lei no.
Che spesso si sente un po' diversa. Un maschiaccio impolverato dalla testa ai piedi per far giocare le coccinelle e i lupetti del branco.
Ancora quattrocento metri.
Per pensare che stare mano nella mano con Alex è cosa normale.
Che abbracciarla la fa stare bene.
Ancora duecento metri.
Per convincersi che il prof. di storia ha ragione quando dice che eterosessuali o omosessuali è la stessa cosa.
Cento per supporre che forse non è proprio così.
Cinquanta per fantasticare su un ragazzo scout che ha conosciuto al Jamboree e con il quale chatta una sera sì e l'altra pure.
Dieci metri per dirsi che con Alex è solo una bella amicizia.
- Era ora! Ma quanto ci hai messo?
- Oggi sono al rallenty, che ci vuoi fare?

È mamma Emilia a rompere il ghiaccio.
- Vuoi parlare di quella cosa di questa mattina?
- Non so. Forse no. Era solo una domanda buttata lì.
- Comunque non credo che tu abbia problemi. È giusto cercare di capire come siamo fatti. Non sempre i sentimenti sono chiari.
A Giulia basta.
Non le serve altro per ritornare ad essere un'adolescente serenamente burrascosa.
Non le serve altro per archiviare il prof. di storia tra i personaggi bizzarri e tendenziosi che popolano il liceo. Non le serve altro per fare pace con la sua amicizia. Non le serve altro per trovare il coraggio di telefonare al ragazzo che ha conosciuto al Jamboree.
patrizio.righero@tin.it

27-La pagina dei ragazzi: LE PERLE PREZIOSE
Che cosa serve veramente per essere felici?

Ramalah si mise in viaggio per cercare il Paese della Felicità dove non si sapeva cosa fosse l'invidia, l'egoismo, l'odio, l'ingiustizia,… tutte cose che lì tra i suoi paesani ce n'erano fin troppe. Eppure era bello il suo paese.
A sera pensò di fermarsi. Il cammello fece sentire la sua potente voce: aveva annusato qualcosa. Un sorcio schizzò via. Ramalah si accorse che si trattava di rovine di un antico villaggio. Rovistò qua e là ma inciampò in qualcosa di duro.
- Ahi!
Era un cofanetto di legno tutto intarsiato. Meraviglia! Conteneva tre perle grosse come uova di piccione.
Era forse quello il Paese della Felicità? Sistemò al sicuro il prezioso cofanetto e riprese la via. All'alba incrociò una carovana di predoni. Ramalah impugnò la scimitarra come fanno i guerrieri ma si accorse che su uno dei cammelli c'era una giovane.
- Com'è che avete quella ragazza?
- L'abbiamo presa da qualche parte e la vendiamo - rispose uno con un certo ghigno.
- Quanto? - disse con aria poco interessata - Denaro o altro?
- Dipende dal valore!
- Questa vi basta? - e fece vedere una perla.
- Per noi va bene - disse uno di loro.
- Eh…no! Anche il cammello su cui viaggia, s'intende.
- Vada anche per il cammello!
Presero quella perla e sparirono come fantasmi dietro al sole.
Quella si mise a piangere dalla gioia. Si ripartì alla ricerca del villaggio della ragazza che si chiamava Fatima.
- Perché mai hai pensato di comperarmi?
Ramalah non rispose, era convinto di aver liberato una zingarella qualsiasi magari venduta per quattro soldi dagli stessi genitori.
Trovarono una grotta profonda e vi e entrarono.
Riposarono e si addormentarono profondamente per la stanchezza.
* * *
Ad un tratto apparve, non si sa come, un omiciattolo, come uno gnomo, brutto, testa grossa, due occhi fuori dalle orbite, orecchi a punta. unghie come artigli, ci mancava solo che avesse la coda ma non si vedeva.
- Guardalo - disse - l'ingenuo che va a cercare la felicità e poi regala via perle con le quali poteva comperarsi un intero castello, cinque mogli e trenta servitori! Schiocco! Vuoi essere felice? Mangia, bevi, ruba, schiaccia i tuoi servi e falli pagare tasse insopportabili, mostrati crudele con chi non paga e uccidi qualcuno così ti rispetteranno. Ma guardalo! Non perdonare mai e poi mai a nessuno perché ti prenderanno per un debole. Riempi la tua casa di sete e velluti delicati e preziosi per mostrare la tua potenza.
Seguì un'altra sghignazzata. Ramalah lo avrebbe strozzato. Però diceva delle cose che aveva sentito da tante persone. E se fossero vere? Ma era orrendo! Fece per saltargli addosso e malmenarlo… ma qualcosa lo tratteneva e non vi riusciva.
* * *
Si svegliò di soprassalto. Era Fatima che cercava di calmarlo perché vaneggiava e parlottava nel sonno.
- Ho avuto un incubo.
Fatima gli passò la mano sulla fronte, era febbricitante.
- Magari - disse Fatima - dentro lo grotta ci sarà anche dell'acqua.
Presero le torce ed entrarono in quella profonda caverna e ad un certo punto trovarono dell'acqua fresca. Continuarono l'esplorazione.
Dopo poco si vide della luce che filtrava debolmente tra radici di vegetazione che ricopriva completamente l'uscita. Fatima a stento trattenne un grido.
- È il giardino di casa mia! - disse.
Ramalah pensò:
- Adesso è lei ad avere gli incubi.
In fondo al giardino c'era un grande palazzo a cupola. A questo punto Ramalah cadde svenuto per la febbre e la fatica. Più tardi si trovò sdraiato su una comoda stuoia ed a fianco Fatima con i suoi lunghi capelli neri. Tutto il resto lo lasciamo immaginare a voi.

Vorremmo però sapere se riuscite ad indovinare come sono state impiegate le altre due perle lasciate nel cofanetto dentro la tasca della sella. Il cammello di sicuro non le ha mangiate!
Toni Piccin

28-UNA FAMIGLIA MIGLIORE

Tutto qui, Signore.
Non c'è proprio altro.
Solo una famiglia come tante altre.
Siamo così.
Solo così.
Un marito e una moglie,
due bambini di 5 e di 9 anni,
una casa in affitto
che ci stiamo dentro appena appena.
Siamo tutto qui, Signore,
un lavoro e mezzo,
un auto da 150 mila chilometri,
un cane, un gatto e una cocorita.
Vorremmo essere di più:
più presenti in parrocchia,
più disponibili per il volontariato,
più capaci di accogliere in casa nostra
chi si trova in difficoltà.
Vorremmo avere più tempo per pregare,
per qualche ritiro,
per ritagliarci giornate di silenzio.
Invece siamo solo quello che siamo,
un famiglia chiassosa,
un po' disordinata,
sempre in ritardo su tutto
e le preghiere le diciamo la sera
prima di addormentarci
ma qualche volta qualcuno dorme già.
Ti offriamo quel che siamo:
le nostre lamentele davanti al Tg delle 20,
i compiti da finire e i piatti ancora da lavare,
le corse per far quadrare gli orari,
i quattro calci al pallone
nel cortile del condominio,
i week end a scarpinare in montagna
(che costano niente e fanno bene alla salute).
Quel che ci manca per essere
una famiglia migliore
metticelo tu, Signore,
che conosci le dosi e i tempi
e che, sopra ogni cosa,
conosci ciascuno di noi.
Letizia e Mauro (+ Enrico e Matteo)

GF73 EXTRA

TESTIMONIANZE

A-Un cromosoma in più

Quando abbiamo saputo che la nostra famiglia sarebbe cresciuta ancora, ci siamo stupiti, anche perché è successo tutto in un momento difficile dove il dolore per un aborto spontaneo mi lacerava, come se non fossi stata in grado di difendere la vita che nasceva dentro di me. Per scelta non abbiamo fatto esami invasivi anche se i continui controlli facevano pensare a qualcosa di anomalo. Ma il miracolo della Vita succedeva ancora e questo ci ha dato la forza di andare avanti, abbiamo sempre pensato che la Vita è un Dono e come tale non spetta a noi negarlo, la nostra missione è quella di viverla al meglio e dare testimonianza di Amore.
Quando è nato ci siamo sentiti custodi di una vita fragile e indifesa più delle altre, tante cose che prima erano scontate, ora hanno un’importanza diversa. Dopo un inizio un po’ travagliato, tutto o quasi si è sistemato; il nostro bimbo è nato con un cromosoma in più, ed è questo che fa la differenza, lo consideriamo la marcia in più per andare avanti, oltre la superficialità che dilaga, apprezzare ogni piccolo gesto, ogni traguardo raggiunto e la sensazione di stupore e meraviglia che si prova è a dir poco indescrivibile.
Ora che è cresciuto, anche lui vuole avere la sua parte con i fratelli; loro, vogliono condividere le vittorie sullo stesso podio, per dire che, se ce l’ha fatta è anche merito loro! Vogliono essere presenti e partecipi perché sanno che hanno un fratellino speciale che necessita dell’Amore di tutta la famiglia per crescere. A volte ci mettono anche in difficoltà perché i confronti sono inevitabili, ma la genuinità dei bambini "spiazza".
Certamente ci sono momenti di sconforto e smarrimento in cui ci sentiamo soli, e la vita non è per niente facile; ma anche momenti di Gioia che con un buon aiuto dall’Alto fanno sì che i momenti brutti restino parentesi. La Vita è anche una sfida, ci si deve mettere in gioco e non stare a guardare!
Elisa e Athos

B-Giovani sposi

Parlare di fecondità nella coppia a qualsiasi livello non è facile.
Se è difficile per chi ha sperimentato la paternità/maternità, figuriamoci per una ragazza giovane, sposata da poco più di un anno e ancora senza figli.
La vita di coppia ha una vita propria, segue un percorso, una sua crescita.
Nasce con l’innamoramento, esperienza intima e personale, che non si vuole condividere, per poi maturare a poco a poco in amore vero.
La naturale evoluzione, almeno per me, è stato il matrimonio.
L’esigenza di vivere quotidianamente accanto alla persona che amo, la volontà di condividere ogni momento con lui e di realizzare un progetto comune che andasse ben al di là della semplice convivenza sono stati i motivi della scelta radicale com’è il matrimonio.
Una scelta radicale, non solo perché ho mutato abitazione e status, ma perché ho iniziato una nuova vita con uno "sconosciuto", di cui ignoravo molte cose dalle più banali alle più profonde.
La mescolanza di vita e di pensiero, stiamola il nostro primo stadio di fecondità di coppia. La vita quotidiana non è fatta di sole coccole e carezze; è fatta di litigi, di divergenze, di cose non dette o che sarebbe meglio non dire.
Affrontando giorno per giorno scontri e dolcezze, però, cresce l’affiatamento, la comprensione, la consapevolezza che siamo diversi e che il "diverso" che c’è nell’altro probabilmente è migliore di quello che mi è sempre appartenuto.
Quando riesco a fare quel piccolo passetto che mi fa superare il mio "io" e mi fa capire che l’altro non è "a mia immagine" ed è giusto che abbia un pensiero proprio, allora sento di essere andata oltre, di aver veramente capito il significato della parola amore.
Costa grande fatica, ma la realizzazione della coppia, appaga moltissimo.
L’amore poi, ha delle esigenze proprie: è per sua natura fecondo, non è fine a se stesso. Una relazione di coppia non si può esaurire e chiudersi all’interno dei due, ha bisogno di espandersi. E il modo che ha per espandersi è generare, creare qualcosa di nuovo.
L’immagine che mi viene in mente ultimamente quando penso a un bambino è un’esplosione, dall’amore di due persone, esplode una nuova vita. Arriva un momento in cui si sente, si percepisce… che l’amore che si prova per l’altro è talmente intenso che deve necessariamente fuoriuscire, creare qualcosa..
Il desiderio di tramutare l’amore in qualcosa di reale è molto vivo. Oggi però, in una situazione di continuo cambiamento, abbiamo bisogno di fermarci a riflettere sulla nostra reale capacità – come coppia – di garantire ai nostri figli (futuri) un ambiente sereno e una buona qualità di vita.
Credo però che, alla base di tutto, sia necessario tanto amore, tanta comprensione e tanto impegno per realizzare tutto ciò. Facile a parole, difficile nei fatti!
Elena

C-Celebrare la vita

Quando nasce un bambino in una famiglia c’è grande gioia, attesa, trepidazione. Succede la stessa cosa anche in una famiglia in cui arriva un bambino magari dall’Africa o dalla America Latina.
Ecco, l’adozione è proprio come una nascita: si celebra la vita!
Ma quanta attesa! Va ben oltre i 9 mesi di gravidanza, si tratta di anni infatti, però quanta gioia quando ti dicono: "C’è un bambino che aspetta proprio voi due perché siate i suoi genitori", quanta trepidazione quando ti dicono: "È ora di partire per raggiungere il tuo bambino", quanta gratitudine verso la vita per il dono di tuo figlio e capisci e senti che la vita è un dono, lo percepisci nella pelle e nel battito del cuore di tuo figlio che lo senti tuo fin nel midollo.
Ecco, queste sono solo alcune emozioni che io e mio marito abbiamo provato in questa grande e meravigliosa avventura dentro la vita, che è l’adozione. Siamo tornati da due settimane dall’America Latina con nostro figlio e ancora non ci sembra vero…
Tutto il percorso fatto in questi 2 anni e mezzo sembra un lontano ricordo, eppure era ieri che io e mio marito insieme abbiamo deciso di intraprendere questo impegnativo e arricchente cammino. Era ieri che ci siamo rivolti al consultorio per avere informazioni su come poter adottare un bambino, era ieri che abbiamo fatto una serie di corsi e un percorso di conoscenza e approfondimento di coppia sempre con il consultorio , era ieri che il tribunale dei minori ci ha detto "siete ok potete essere genitori", era ieri che abbiamo dato l’incarico ad un ente per seguirci nella pratica di adozione internazionale, era ieri che siamo partiti...
È oggi che stringiamo forte al cuore nostro figlio e sentiamo il calore della sua terra d’origine che è diventata nostra vivendo lì oltre un mese, è oggi che guardandolo rivediamo i sorrisi e la solarità della gente della sua terra, è ogni giorno che ringraziamo Dio di questo meraviglioso dono della vita!
L’adozione è un percorso prima di tutto personale e di coppia: solo se c’è la coppia è possibile garantire ai bambini il diritto ad avere una famiglia… perché di questo sostanzialmente risponde l’adozione ad un appello gridato da migliaia di bambini affinché sia espletato un loro diritto: quello all’amore, alla famiglia e alla dignità di vita.
A noi genitori non resta che rispondere con tutte le forze a questo appello tralasciando inutili polemiche sui tempi lunghi per adottare, sulle questioni burocratiche o economiche…con la volontà, l’umiltà e l’intelligenza tutto si fa e si supera tenendo sempre presente l’obiettivo finale.. questo percorso infatti ti mette di continuo alla prova sulle motivazioni personali, di coppia, sulla resistenza all’attesa, sul tuo modo di sentire la vita. È certo che una volta intrapreso si cambia, si cresce, si ama la vita!
Una mamma

D-Un figlio tanto atteso

Tra poco meno di un mese nascerà la nostra piccolina e a noi, futuri mamma e papà, non sembra ancora vero!
Sarà che l’abbiamo aspettata cinque anni e mezzo e che è arrivata proprio quando non ce l’aspettavamo più, quando ormai ci eravamo "felicemente rassegnati" a una vita a due all’insegna della dedizione ai nostri nipoti…
Ripensandoci adesso che vediamo crescere il pancione che farà a breve diventare realtà il nostro più grande desiderio, gli anni di attesa sembrano definitivamente archiviati nel passato e la felicità è talmente grande da oscurare il ricordo dei lunghi pianti, della disperazione, del senso di impotenza, della rabbia mista a frustrazione per i continui fallimenti, il sentirsi scoraggiati, la voglia di non provarci più, di nascondere il dolore dietro alla bugia del "noi non vogliamo figli" pur di non parlarne, la lunga trafila degli esami medici da affrontare, il confronto con l’ esperienza di chi con apparente estrema facilità riusciva a concepire…
L’influenza di tutte queste emozioni sul rapporto di coppia è talvolta devastante: fortunatamente noi siamo riusciti a rimanere uniti e a sostenerci vicendevolmente, anche se con non poche difficoltà. Dopo i primi insuccessi abbiamo provato a contrastare il dolore e il senso di sconfitta che iniziava prepotentemente a farsi spazio nei nostri cuori cercando distrazioni, alternative possibili, rivolgendo le nostre attenzioni ad altri progetti, tentando inutilmente di riempire un vuoto incolmabile con cose materiali.
Man mano che il tempo passava, ci siamo anche allontanati dalla preghiera, perché ci sentivamo ingiustamente puniti da un Dio che pareva insensibile alla nostra richiesta – ai nostri occhi meritevole di essere esaudita! – di allargare la famiglia, ma così facendo ci siamo sentiti sempre più soli ed isolati, in balia di una sofferenza senza speranza.
A parer nostro infatti un grande problema delle coppie che non riescono ad avere figli è la mancanza del confronto con chi ha esperienze simili, come se parlare di questo argomento fosse un tabù, una disgrazia di cui vergognarsi e da custodire gelosamente all’interno della coppia con il risultato di rattristarsi ulteriormente per un problema che sembra essere poco diffuso, salvo poi scoprire una volta superata la paura di esternarlo di essere circondati di coppie di amici e conoscenti con lo stesso identico problema!
L’unica reale alternativa è rivolgersi a centri specializzati (le cui sale d’aspetto sono sempre piene di coppie con lo stesso riconoscibile dolore dipinto negli occhi!) nei quali viene privilegiato un approccio medico di ricerca di un aiuto da parte della scienza a vari livelli, da un semplice trattamento ormonale fino alla fecondazione assistita trascurando quasi del tutto il ben più delicato aspetto psicologico.
Sarebbe una bella opportunità provare a includere nei vari sostegni alle coppie in difficoltà anche un percorso relativo alla fecondità, per non far sentire sole e un po’ ai margini le famiglie che non vedono ancora realizzarsi il desiderio di avere figli.
Fortunatamente noi abbiamo avuto la possibilità di confrontarci e appoggiarci ad alcuni amici speciali, che ci hanno sempre incoraggiato da una parte a non mollare e dall’altra a cercare il significato di una fecondità di coppia anche senza figli naturali.
È stato un percorso duro, ma che ha avuto il risultato di renderci consapevoli di poter essere felici innanzitutto come marito e moglie e di poter offrire tutto il nostro amore in altre forme, regalandoci una nuova serenità autentica e vera.
E dopo qualche mese il miracolo è avvenuto e nonostante una gravidanza difficilissima, costellata di tante ansie e preoccupazioni, a breve ci sarà regalata una bambina tutta nostra e che avrà la fortuna di avere dei genitori più sereni, più consapevoli della grazia ricevuta, più disposti ad accoglierla come un dono del cielo e non come la realizzazione di un desiderio personale di riscatto.
Simona e Rolando

E-Fare politica

Noi due abbiamo sempre fatto politica, se per politica si intende non solo mettersi in lista in qualche partito nei periodi elettorali, ma preoccuparsi in ogni momento del cosidetto "bene comune" ormai da noi in Veneto passato di moda.
Per far questo siamo iscritti ad un partito e insieme ad altri ci stiamo impegnando.
Non è mai stato così difficile come adesso.
Per noi il bene comune è dare la possibilità a tutti di vivere dignitosamente, poter mandare i bimbi a scuola materna, anche se non sempre ce la fai a pagare la retta, avere i testi scolastici alle elementari, salvaguardare quel poco di campagna che ancora ci rimane altrimenti soffochiamo e moriamo di inquinamento, fare attenzione a come ci stanno derubando la salute proclamando innovazioni che invece nascondono tagli indiscriminati nel campo della sanità ecc.
Cercare di conoscere queste notizie e portarle all'attenzione di altri non è poi così facile nel nostro ambiente.
Ci tacciano di "comunisti" nel senso più dispregiativo della parola, di persone buoniste che vogliono sempre salvare tutti ma non sanno fare i propri affari, perché nel nostro Veneto solo chi ha i soldi ha i diritti.
Non parliamo di certi preti che per mediare restano sempre nel più alto dei cieli, perché scendere in terra vuol dire prendere posizione e scontentare qualcuno.
Fare politica per noi è anche questo: lavorare per i diritti di tutti partendo dagli ultimi, anche gli extracomunitari, ma questo anche nei nostri gruppi non è inteso come volontariato serio, pensano che "sotto sotto" qualche interesse ci deve essere e non viene considerato una cosa da cristiani.
Noi comunque continuiamo, anche se ci sembra a volte di lottare contro i mulini a vento. Siamo convinti che il nostro impegno sia utile alla comunità e che la solidarietà non sia passata di moda.
Chiara e Cesare

F-La professione

Guardare ogni giorno la vita negli occhi riportandola al cuore, generando nuova vita attraverso un sempre nuovo presente.
Credo che qui sia concentrato il senso profondo del mestiere considerato difficile di curare e assistere gli altri. Il gesto di cura, che accoglie l’estraneo, lo sconosciuto, crea implicitamente il concetto di "nuovo insieme". Un cammino tra te e l’altro, in cui sollevando le sofferenze inevitabili, lottando contro la malattia, si cerca di difendere la vita attraverso il bisogno di "salute", che non è solo assenza di malattia, ma benessere fisico, mentale e sociale. Personalmente penso che non può esserci attenzione alla persona se non nasce e cresce in noi la sensazione che la realtà dell’altro possa diventare una possibilità per noi stessi, per crescere e migliorarci.
Anche se non vorrei proprio parlare di "missione", poiché con l’elevato progresso scientifico le cure sanitarie sono diventate complesse e sofisticate, sono aumentate le competenze, ecc., ma non va dimenticato che non si deve intaccare l’aspetto etico che rimane immutato e che esorta ogni attività ed azione, per quanto professionistica, a rivolgersi alla persona umana.
L’assistenza infermieristica può essere definita come un "arte", e se cosi deve essere svolta, richiede una grande dedizione, con una dura preparazione, come per qualunque altra opera, con ovvia differenza che non si ha a che fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano, tempio dello Spirito di Dio. Far nascere un sorriso, creare un gesto gentile, alimentare la gioia di un abbraccio, aiutare ad elevare un grido che può diventare canto, sostituirsi come una parte di un corpo che non funziona più o funziona male, ossia vedere con gli occhi di chi non può più farlo, camminare con chi è immobile, pensare dentro la confusione di idee e di ricordi di una mente inceppata,… tutto ciò mi fa pensare che sia una delle più belle arti tra tutte le "arti liberali".
Rosanna

G-L’oratorio

Ma moglie ed io ci siamo conosciuti così. Da un paio di anni avevo iniziato a seguire il gruppo giovani della parrocchia di Cantalupa (piccolo comune a due passi da Pinerolo). Con mediocri risultati, per la verità. Con la scusa di darmi una mano lei e con la scusa di farmi dare una mano io, abbiamo iniziato a trovare mille pretesti per vederci e stare insieme: attività da preparare, uscite da organizzare, predicatori da "ingaggiare" per i ritiri spirituali. Dopo poco più di tre anni eravamo sposati. E abbiamo proseguito con l'impegno di animazione a quattro mani. Non per inerzia ma per scelta.
La tipologia di impegno è cambiata nel tempo: dal gruppo di giovani adolescenti irrequieti (per lo più affezionati al sagrato di una chiesa che hanno frequentato molto poco!) ad un gruppo di preghiera biblico. Fino ad un cammino per giovani coppie di fidanzati "a lunga conservazione" (quelli che non hanno già prenotato le bomboniere, tanto per intenderci).
Per Cristina e per me è stato questo un modo di vivere nel quotidiano il versetto biblico che abbiamo scelto per il giorno del nostro matrimonio: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt. 10,8). Ma non solo. L'impegno con i gruppi giovanili ci ha permesso di allargare la nostra famiglia (non abbiamo figli) offrendo e ricevendo al tempo stesso. Molti di quei ragazzi li incontriamo ora adulti. Alcuni sposati e ormai genitori.
Altri li abbiamo persi di vista. Qualcuno lo abbiamo ritrovato su Facebook. Tutti li portiamo nel cuore perché con loro abbiamo percorso un tratto di strada e condiviso un frammento di vita.
Patrizio e Cristina

H-La scuola

Nella nostra esperienza di insegnanti ritroviamo una vecchia cosa ormai passata di moda, la vocazione a prendersi cura dei figli degli altri per brevi ma intensi tratti della loro vita. Ogni prendersi cura, ogni "camminare con" ha a che fare con l'essere fecondi, con il dare possibilità nuove a chi ti è affidato. Sembra strano ma quello che i ragazzi e i bambini stessi colgono al volo è la tua disponibilità a metterti in gioco, a credere in quello che fai: TU CI CREDI? ALLORA POSSO FARLO ANCH'IO!
Come dire: mostrami come si fa, se vuoi che anch'io lo faccia.
A volte come adulti ci scopriamo inadeguati, ma proprio allora possiamo far vivere loro il segreto della vita vera: siamo creature e non onnipotenti o onniscienti. Solo così li aiuteremo a pensare di poter ricominciare, al fatto che la sconfitta non è la fine, ma solo un nuovo inizio.
Ci accorgiamo sempre più frequentemente della sete che hanno i ragazzi delle cose autentiche e delle cose che contano nella vita: per cosa vale la pena di far fatica, a chi dare la nostra fiducia, a chi affidarci completamente, perché scegliere cose che durano?
Più che risposte vogliono vedere come e cosa fai, e ci rimandano pungenti riflessioni: Quale umanità ci mostrate voi adulti? Si può essere uomo o donna in modo pieno e bello o bisogna rassegnarsi?
Se crediamo e vogliamo essere fecondi dobbiamo tifare per loro, per un'altra umanità da realizzare, magari insieme.
Non ingannateci, non riempiteci di cose che non contano, mostrateci con la vita cosa sia essenziale.
Il futuro loro e nostro, passa per la capacità di scegliere l'essenziale; spesso le risposte che aspettano stanno nel senso delle cose che facciamo, nel come le facciamo e non nel loro numero o successo. Nessuna occasione è persa, se non quelle esperienze vissute superficialmente.
I ragazzi di oggi tengono in modo particolare a queste domande sulla vita, sulla morte, su cosa crediamo e a chi crediamo: non rispondere con la vita è assumerci la responsabilità di "deviarli in segreteria" o dichiararci "non raggiungibili".
Renato e Antonella

L-LA POTENZA DI DIO PER NOI

Il profeta Zaccaria, parlando per il suo tempo e per le attese dei suoi giorni, già aveva intuito quale sarebbe stato lo stile e il modo di presentarsi del Messia di Dio. Non con i cavalli da guerra, non con la forza delle armi, ma con la mansuetudine dell’asino, la bestia da soma dei giorni di pace, e con il dominio invincibile della giustizia: "Egli è giusto e vittorioso, umile… Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni".
Ma qual è la nostra situazione storica, come sono oggi i giorni che viviamo? Potremmo definirli "giorni strani". I più dotti potrebbero dirli "giorni paradossali". Perché? Le motivazioni sono moltissime e differenti. Ad esempio, per stare all’attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come "guerra" le loro decisioni, le scelte e le azioni violente?
Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?
Come sono, quindi, i giorni che oggi viviamo? Possiamo rispondere nel modo più semplice, ma non per questo meno provocatorio per ciascuno di noi, interrogandoci con coraggio sul criterio che ispira nel vissuto quotidiano i nostri pensieri, i sentimenti, i gesti. E’ un criterio caratterizzato da dominio superbo, subdolo, violento, oppure è un criterio contraddistinto da attenzione, disponibilità e servizio agli altri e al loro bene?
Il brano del Vangelo d’oggi ci presenta Gesù come re umile e mite, e insieme come il re che dona tutto se stesso per amore e che, proprio così, annuncia la pace. Questo e non altro è il suo "dominio", che "sarà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra".
Siamo allora chiamati a interrogarci sull’unica vera potenza che può realmente arricchire e fare grande la nostra vita, intessuta da tanti piccoli gesti: la vera potenza sta nell’umiltà, nel dono di sé, nello spirito di servizio, nella disponibilità piena a venerare la dignità di ogni nostro fratello e sorella in ogni età e condizione di vita…
E da discepoli ci chiediamo: Dov’è la potenza di Dio?
Ecco, carissimi ragazzi, e con voi tutti coloro che si riconoscono come i piccoli prediletti da Gesù: la Sua potenza siete voi, infinitamente amati da Dio!
La Sua voce è la vostra voce quando acclamate Cristo come colui che viene nel nome del Signore, quando gridate a lui per poter ritrovare la forza e la gioia del vivere.
Il Suo coraggio è il vostro coraggio quando continuate a sperare in Gesù, ogni giorno e nonostante la fatica, la prova guardate a lui come al centro del progetto di Dio.
La Sua speranza è la vostra speranza quando interpretate la Sua croce e la Sua risurrezione come la sorgente sempre aperta della salvezza, come il momento permanente in cui Dio riconcilia tutte le cose e fa pace con ogni creatura e fra tutti i popoli, per mezzo del sangue di Gesù crocifisso.
Ecco, carissimi, è così che il nostro Dio viene a salvarci!
+ Dionigi card. Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, Domenica delle Palme, Milano - Duomo, 17 aprile 2011 (sintesi parte finale omelia)