ANGELI E DEMONI

Nell'esperienza cristiana angeli e demoni hanno avuto una parte rilevante. Si pensi, da un lato, agli angeli custodi, sia delle persone singole, sia delle città e delle nazioni; dall'altro, alle diffuse e persistenti credenze sull'origine demoniaca di certi fenomeni, o al mito di Faust che vende l'anima al diavolo in cambio della gioventù e della bellezza.
Un discorso corretto su questo, come su qualsiasi altro argomento, non può che partire dai dati che la Bibbia ci offre.
Il nome "angelo" viene dal greco e significa "messaggero". Esprime dunque una funzione, non ci illumina sulla natura: tanto è vero che nell'Antico Testamento anche i venti e le. fiamme sono "messaggeri" di Dio (Sal 103,4). Incontriamo tuttavia, già nella Genesi e nell'Esodo, la figura dell'angelo del Signore, inviato a compiere le sue azioni mirabili (cfr. Gn 16,7.13; Es 3,2-6).
Talvolta, nello stesso contesto, accade un fatto singolare:
l'angelo si identifica poco dopo con lo stesso Signore, senza più distinguersene. La tradizione originaria forse raccontava l'intervento di Dio in forma troppo umana; il successivo redattore del testo primitivo può avere introdotto la figura dell'angelo per salvaguardare meglio la trascendenza di Dio.
Col nome di angeli sono chiamati anche i componenti della "corte celeste" o "esercito" o "corteo del Signore" (ma anche "santi" e "figli di Dio"). Si parla dei cherubini, che sostengono il trono di Dio, o custodiscono l'ingresso dell'Eden; e dei serafini con sei ali che cantano la gloria del Dio tre volte santo (cfr. Sai 79,2; Is 6,2; Ez 10,1).
Nelle tradizioni posteriori all'esilio si trovano più frequenti riferimenti agli angeli (libri di Giobbe, Ezechiele, Zaccaria, Tobia, Daniele). Per la prima volta appaiono dei nomi personalizzati:
Raffaele (= Dio guarisce) e Gabriele (= eroe di Dio) in Tobia, Michele (= chi come Dio?) in Daniele. Ormai c'era una coscienza chiara che Dio era l'Altissimo e l'Unico: questi intermediari fra Dio e il suo popolo non erano più sentiti come una minaccia per il monoteismo, ma anzi erano considerati un tramite di comunicazione tra Dio e l'uomo.
L'Antico Testamento non fa cenno alla creazione degli angeli, anche se la loro condizione di creature risulta evidente per la totale dipendenza da Dio. Il Salmo 148,2 pone anzi gli angeli in testa a tutte le creature nella lode di Dio.
Nel Nuovo Testamento l'angelo o gli angeli appaiono soprattutto nei momenti in cui l'intervento di Dio va affermato come mistero e, insieme, come fatto reale: così nell'annunciazione a Maria (Luca) e nel sogno di Giuseppe (Matteo) e in altri episodi dei cosiddetti Vangeli dell'infanzia; così nei racconti delle tentazioni di Gesù nel deserto, dell'agonia del Getsemani, della risurrezione. Anche negli Atti degli apostoli gli angeli sono gli strumenti dell'intervento di Dio nella storia della Chiesa primitiva. Come nell'Antico Testamento, così nel Nuovo gli angeli rappresentano il mondo celeste, l'altro mondo, attorno a Dio (cfr. Me 12,25).
Nei testi apocalittici si da vigoroso rilievo alla partecipazione degli angeli alle vicende finali del mondo (cfr. Mt 13,41-42). Nel giudizio universale separano i peccatori dai buoni, accompagnano il Figlio dell'uomo nella sua seconda venuta, radunano gli eletti (cfr. Mt 24,31; 25,31). Nell'Apocalisse gli angeli sono presenti quasi ad ogni pagina. La lettera agli Ebrei sottolinea l'inferiorità degli angeli rispetto a Cristo e ne da questa definizione: "spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza" (1,14).
Infine l'adorazione degli angeli è espressamente proibita, sia nell'Apocalisse sia in Paolo, il quale anzi afferma che "noi giudicheremo gli angeli" (1 Cor 6,3): misteriosa allusione a una possibilità di peccato presente anche in loro. Questi angeli, che saranno sottoposti al giudizio degli uomini, sarebbero dunque piuttosto i demoni.
Dei demoni, nell'Antico Testamento, si parla pochissimo: appena qualche riferimento alle superstizioni popolari e alle pratiche magiche, severamente proibite e dichiarate impotenti nei confronti della potenza di Dio.
Appare il termine satan. letteralmente "avversario" (tradotto in greco con "diàbolos"): ora col significato di "accusatore" (Gb 1,6; Sai 108,6), ora di nemico militare o politico, magari suscitato da Dio (1 Sam 29,4). Soltanto negli scritti apocrifi — cioè estranei al canone biblico —, satana diventa il principe degli spiriti maligni che odiano l'uomo e operano per provocarne la morte. Questi spiriti maligni sarebbero angeli decaduti, espulsi dal cielo per una colpa variamente immaginata in quella letteratura a sfondo popolare: cedimento alla seduzione delle figlie degli uomini (secondo un'interpretazione mitologica di Genesi 6,1-4); un rifiuto di adorare l'uomo, immagine di Dio, all'atto della sua creazione; identificazione di satana col serpente tentatore.
Satana e i demoni sono una presenza frequente nel Nuovo Testamento. Satana vi è chiamato "il forte", "il maligno", "il principe di questo mondo", il "dio di questo mondo" (cfr. Mt 12,29, Mt 13,19, Gv 12,31). È il tentatore per eccellenza, che viene a "vagliare come il grano" i discepoli (Le 22,31) per "farli cadere in sua balìa", anche se non ne ignorano "le macchinazioni" (2 Cor 2,11). Occorre rivestirsi dell'armatura di Dio per "poter resistere alle sue insidie" (Ef 6,11). "Il nostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare" (1 Pt 5,8).
Satana ha il potere di tentare anche Gesù, secondo l'unanime racconto dei sinottici (cfr. Mt 4,1-11). Entra in Giuda, diventando così attore diretto del tradimento (cfr. Le 22,3). Ha un suo regno e proclama che tutti i regni della terra sono in suo potere. È la potenza delle tenebre che fa opposizione alla potenza della luce. Ha il "potere della morte", anzi è "omicida fin dal principio" e "padre della menzogna" (cfr. Gv 8,44; Eb 2,14).
Che satana disponga di spiriti ingannatori al suo servizio, è una constatazione quasi ovvia per gli autori del Nuovo Testamento. I demoni sono i responsabili delle false dottrine (cfr. 1 Tm 4,1), possono compiere prodigi, partecipano ai sacrifici pagani. Con un probabile influsso degli scritti apocrifi, si allude alla loro origine: "Gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, il Signore li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno" (Gd 6). Il "fuoco eterno" è preparato "per il diavolo e per i suoi angeli" (Mt 25,41).
Ma il dato fondamentale del Nuovo Testamento va piuttosto riconosciuto nell'annunzio che satana è vinto da Dio. A satana e ai suoi demoni "resta poco tempo" (Ap 12,12). Cristo, infatti, è venuto per distruggere le opere del diavolo. Se satana è forte, Cristo è "più forte di lui", lo disarma e lo vince (Le 11,22). Questa vittoria si manifesta non solo nelle tentazioni respinte ma anche .negli scontri con i demoni che Cristo fa uscire dagli uomini in cui erano entrati. Significativo il fatto che ai demoni viene attribuita la potenza di riconoscere immediatamente in Gesù, a differenza degli uomini, "il Santo di Dio", il "Figlio di Dio", il quale provocherà la loro "rovina" (Me 1,24.34; 5,7).
Quando i farisei tentano di darsi ragione dei miracoli di Gesù avanzando l'ipotesi di un patto concluso fra lui e i demoni, la risposta è una delle più dure di tutti i vangeli. Infatti "la bestemmia contro lo Spirito", per la quale non ci sarà perdono, viene identificata da Gesù col rifiuto di credere che la sua particolarissima autorità si manifesta proprio nell'esser "più forte" dei demoni (Mt 12,22-32).
Questo rapido sommario degli elementi offerti dalla rivelazione impone rigorosa cautela: sia nel ridurre gli angeli e demoni a "miti" in cui si proietterebbe una realtà esclusivamente umana (Paolo VI, Discorso, 15 novembre 1972), sia nel temere satana come un principio di male equivalente e contrapposto a Dio, secondo la prospettiva del dualismo manicheo.
L'esperienza della Chiesa ha conosciuto l'uno e l'altro pericolo. Agli inizi del secolo XII gli Albigesi, riprendendo appunto il manicheismo, non negavano l'esistenza 'di angeli e demoni, ma ammettevano anzi un principio non creato del male. Tale dottrina fu condannata come eretica dal Concilio Lateranense IV (1215).
Giovani bellissimi, alati e asessuali, mostri pelosi, con le corna e lunghe code: queste figure familiari nella letteratura e nell'arte dei secoli passati hanno liberamente espresso la fede cristiana a proposito di angeli e demoni. Sono figure diventate estranee alla cultura del nostro tempo e alla mentalità comune che ne deriva. Ciò contribuisce a rendere attuale l'altro pericolo, cioè la tendenza a relegare del tutto angeli e demoni nel mondo della leggenda, della favola, della fantasia infantile. Un atteggiamento del genere è contrario sia all'insegnamento biblico che ecclesiale; e riguardo al demonio in particolare contrasta con la stessa esperienza. Il mistero del male infatti non è una fantasia, ma una realtà. La sua potenza lucida che organizza distruzione e morte si accampa in mezzo agli uomini, e tuttora ne avvertiamo la presenza: "II male non è soltanto una deficienza, ma una efficienza di un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore" (Paolo VI, Discorso, cit.).
Il demonio assume di tempo in tempo un volto diverso. Occorre perciò individuarlo. La più fine astuzia del diavolo, secondo il detto famoso di Beaudelaire, sta proprio nel persuadere la gente, oggi più che ieri, che lui non esiste.
CEI, Signore da chi andremo? Il catechismo degli adulti, 1981, p.508-511