GFsigla.gif (1312 byte)

Collegamento
GRUPPI FAMIGLIA

Home

chi siamo

la storia

l'impegno

obiettivi

le attività

pubblicazioni

contatti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Accompagnare le coppie in crisi
Aprire le porte della nostra casa e offrire cuore, tempo, ascolto per accompagnare
le coppie che cercano aiuto per salvare il loro matrimonio.

Nell’autunno dello scorso anno, su invito di Manuela e Gigi Lombardi, abbiamo partecipato a Loreto ad una tre giorni organizzata dal Forum delle Associazioni Familiari. Nell’incontro vi sono stati momenti di riflessione morale, sociologica e giuridica sulla famiglia fondata sul matrimonio (era l’epoca dei DICO!) e momenti statutari, come l’assemblea nazionale del Forum. Ma per noi il momento più significativo è stata probabilmente l’ora di preghiera all’interno delle mura della Santa Casa, al di fuori dell’orario di apertura al pubblico. Ciò è stato possibile grazie all’interessamento di don Nicolli, responsabile dell’Ufficio famiglia della CEI, e alla disponibilità del rettore del santuario.
Nel viaggio di ritorno verso Torino, forse ispirati da quelle povere mura di pietra che avevano accolto la santa famiglia di Nazareth, ci siamo posti una domanda "banale".
Tutto ciò che avevamo sentito sulla famiglia era stato significativo, importante ma noi, concretamente, cosa potevamo fare per tutte quelle famiglie che vedevano il loro matrimonio andare in crisi? In questi casi i bei discorsi non possono bastare, servirebbe qualcosa di più: cosa?
Ci sono i consultori di ispirazione cattolica, ci sono sacerdoti impegnati su questo fronte, ci sono case di accoglienza e di spiritualità per la famiglia, ma le singole coppie possono fare qualcosa?
La risposta che noi quattro ci siamo dati è stata questa: non siamo degli esperti, non abbiamo competenze specifiche, ma quello che possiamo fare è: aprire le porte della nostra casa, grande o piccola che sia, ed accogliere, ascoltare e accompagnare queste coppie, nella convinzione che la crisi la possono superare solo loro ma, se ascoltati, la situazione che vivono possa diventare più chiara e, anche in caso di insuccesso, un’eventuale separazione possa essere meno traumatica sia per loro che per gli eventuali figli.
Abbiamo deciso di schematizzare questa semplice idea in dieci punti (vedi sotto) che poi abbiamo sottoposto a don Valter Danna, responsabile dell’Ufficio famiglia di Torino, trovando un’accoglienza positiva. Ne è scaturito un cammino di cinque incontri formativi, coordinati dagli esperti del consultorio Punto Familia di Torino, a cui hanno partecipato una ventina di coppie disponibili che ora si apprestano a mettere in pratica quanto hanno imparato ma, soprattutto, ad aprire la loro casa e il loro cuore a chi ha "meno" di loro.

Noris e Franco Rosada

I DIECI PUNTI DELLA PROPOSTA

1 - Individuare e contattare un certo numero di coppe sensibili al problema (minimo dieci) disponibili ad impegnarsi, con i loro ordinario bagaglio di esperienze e conoscenze, all’ascolto e all’accompagnamento delle coppie in crisi.
2 - Pubblicizzare l’iniziativa e fornire un numero di telefono che, ad orari definiti, possa ricevere le chiamate (p.e. Ufficio Famiglia diocesano, lun.-ven. ore 9-12).
3 - Chi risponde deve prendere nota di: nome, telefono, orari di reperibilità, età indicativa della coppia, età dei figli (se ve ne sono).
4 - Contatta direttamente, o tramite una coppia referente dell’iniziativa, una delle coppie disponibili all’accoglienza e all’ascolto di età e composizione familiare non troppo dissimile dalla coppia richiedente.
5 - La coppia che si rende disponibile deve, entro quarantotto ore dalla chiamata, contattare il chiamante e fissare un appuntamento presso il proprio domicilio.
6 - Nell’incontro (durata max: due ore) si accoglie e si ascolta la coppia (sperando che vengano tutti e due).
7 - In base a quanto ascoltato e condiviso la coppia disponibile propone:
   a - Ulteriori incontri di condivisione e, comunque, il mantenimento dei contatti. In subordine:
   b - Incontro con un esperto (counseling, psicologo, sessuologo, sacerdote, ecc.).
   c - Contatti con un’associazione (consultorio cattolico, avvocati familiaristi cattolici, associazione "Genitori per sempre", ecc.).
8 - L’approccio è, innanzi tutto, orientato al prendersi cura e all’accompagnamento della coppa richiedente (punto 7a) facendosi aiutare, se e quando serve, anche da altre coppie disponibili. I punti 7b e 7c vanno proposti solo a ragion veduta o su esplicita richiesta degli interessati.
9 - Le coppie disponibili è bene che si incontrino periodicamente per:
   - Confrontare le esperienze maturate.
   - Valutare l’andamento del servizio, le difficoltà incontrate, le soluzioni da proporre con l’auto di uno o più esperti.
   - Approfondire il valore umano, sociale e sacramentale del proprio matrimonio.
10 - Se l’iniziativa dimostrasse la propria validità, recuperando un numero significativo di matrimoni in crisi, la si potrebbe estendere anche ai matrimoni civili, con un progetto adeguato che coinvolga l’amministrazione territoriale.
Questa proposta può essere migliorata e integrata in base alle singole realtà locali.

Manuela e Luigi Lombardi, Noris e Franco Rosada

SOSTENERE LE COPPIE IN DIFFICOLTA'

Oggi è sempre più vasto il sottobosco delle coppie in crisi, che si trascinano in una relazione impoverita e quindi a rischio…
Molte crisi oggi maturano in un clima di grande solitudine, nel contesto di una vita frenetica nella quale la coppia è coinvolta suo malgrado nel perseA'guire molti obiettivi o nel rincorrere molti sogni…
La coppia in crisi non riuscirà mai a uscirne da sola! Qui si apre uno spazio nuovo, anche se non totalmente inedito, alle responsabilità e al servizio della comunità cristiana…
L’esperienza dei gruppi famiglie e dei percorsi formativi offerti da molte associazioni, movimenti e (purtroppo) poche parrocchie, dimostra che lì dove la coppia è agganciata a solidi punti di riferimento… essa corre molto meno il rischio della crisi irreversibile.
In secondo luogo la comunità cristiana dovrà farsi carico maggiormente delle coppie in crisi. Se il Direttorio di pastorale familiare dedica un intero capitolo alle "famiglie in situazione difficile o irregolare", non dice praticamente nulla invece riguardo alle coppie in difficoltà di relazione.
In passato si è sempre ritenuto che una coppia in crisi, avendo bisogno di un aiuto competente e specifico, fosse un problema che riguardava soltanto le strutture consultoriali o i professionisti.
Una maggiore attenzione della Chiesa alle coppie in crisi potrebbe portare anche a una svolta pastorale. Se provassimo davvero a mettere questi "nuovi poveri" al centro dell’attenzione, forse saremmo anche in grado di fare una pastorale familiare più realistica e più attenta al vissuto delle persone e non improntata solo agli ideali e alle nostre attese; una pastorale capace sì di sognare, ma anche capace di stare al passo e di condividere la sofferenza che nasce lungo il percorso di una famiglia…

don Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale familiare
Tratto da: Famiglia Oggi, San Paolo Milano, n. 8/9 2006

IL PARERE DELL’ "ESPERTO"

Formare i volontari disponibili ad aiutare le coppie in crisi: perché mai? Le coppie a cui è stata avanzata la proposta erano tutte scelte per conoscenza diretta. Fin dal primo incontro è stato chiaro che si trattava di persone un po’ speciali sia per il bagaglio di esperienze umane e cristiane, sia per la capacità di mettersi in discussione.
Eppure era indispensabile chiarirsi premesse, obiettivi e possibili itinerari. Quando tra le pareti domestiche si consumano tragedie, quelle eclatanti della cronaca nera o quelle silenziose di ogni giorno, accade che i vicini dicano: Non ci eravamo accorti di nulla. Ma accade anche che segnali ce ne siano molti. Parenti e amici sanno, nessuno fa nulla, talvolta per comodità, ma certo anche perché non si sa che fare, come muoversi.
Il senso di impotenza e di rimorso che molti di noi hanno provato di fronte alla fine del matrimonio di qualcuno a cui vogliamo bene è forse, al di là di tante spiegazioni razionali, la motivazione più forte all’esigenza di ‘formarsi per aiutare’: se c’è qualcosa da fare, facciamolo, ma facciamolo bene.
Ovvio che il percorso non fosse mirato a creare una piccola batteria di consulenti familiari: la formazione degli specialisti, di chi ha approfondito le dinamiche, le rigidità e le patologie della relazione di coppia, nonché le strategie per modificarle, non è improvvisabile in pochi incontri. Occorreva però sgombrare il terreno da una serie di possibili equivoci, quelli più legati ai luoghi comuni.
I formatori sono partiti dal principio che non si poteva far riferimento a un protocollo rigido, tipo ‘manuale del pronto soccorso per coppie in crisi’: ogni persona e ogni coppia è unica, naturalmente compresi i volontari. Valeva invece la pena di valutare anzitutto se stessi, di riflettere sui processi decisionali e sulle difficoltà della propria coppia, perché soprattutto chi offre aiuto deve prendere contatto con i propri limiti, anziché ignorarli per un malinteso senso di altruismo. Questo passaggio aiuta anche a ridimensionare la dinamica ‘della crocerossina’, a colmare l’eventuale distanza tra chi offre e chi riceve l’aiuto. In questa stessa direzione va l’analisi delle motivazioni: guardandoci dentro con spietata sincerità possiamo distinguere quelle interne, cioè non indotte da pressioni altrui, e valutarne la positività, che non è mai totale. Come dire che è utile riconoscere i lati meno nobili di noi e anche gli aspetti più ingenuamente idealistici.
A questo punto l’attenzione si è rivolta a chi chiede aiuto, partendo dall’esperienza dei volontari. Si è riflettuto sulle proprie reazioni emotive (mai ininfluenti) sia personali che del partner, rispetto alla coppia in crisi, sull’analisi della domanda (ciò che chiedono è davvero il problema?) e sul proprio atteggiamento (quel che abbiamo detto/fatto è stato utile? lo rifaremmo tal quale?).
Infine il breve percorso si è soffermato sulle modalità di aiuto. È emersa con chiarezza la validità di una parola chiave che ha fatto da filo rosso a tutto il progetto (e infatti era inclusa anche nel titolo): accompagnare. Non si tratta tanto di dire o di non dire qualcosa, di dare questo piuttosto che quel consiglio. Si tratta di affiancarsi offrendo soprattutto ascolto, accoglienza emotiva e, all’occorrenza, aiuto pratico. Di porsi alla pari, non uno scalino più in su, senza improvvisarsi psicologi-fai-da-te. Di inviare a professionisti e strutture apposite, preparando il terreno perché la proposta venga accolta, tutte le volte che se ne avverte la necessità.
In conclusione i partecipanti hanno percepito un’esigenza di ulteriore approfondimento. Hanno chiesto di confrontarsi e di avere supporto rispetto alle relazioni di aiuto che si troveranno a gestire.
Servirà al progetto questo percorso di formazione? Ci sarà veramente una serie di affiancamenti che salveranno tanti (o pochi) matrimoni? Lo speriamo. La formazione non andrà comunque perduta. Le situazioni quotidiane in cui metterla a frutto non mancano di certo.

Mariella Piccione, mediatrice familiare, consulente Punto Familia, Torino

L’ESPERIENZA DELLA DIOCESI DI MODENA

"Hai due minuti?", "Mi puoi ascoltare un attimo?". Sono spesso grida di aiuto di chi ha il cuore gonfio di dolore e ha bisogno di condividere un fardello troppo pesante. Chi ascolta a volte però sperimenta il proprio limite e la propria impotenza che è una delle realtà umane più difficili da accettare, ma c’è dietro un gran desiderio di bene che sostiene e rimotiva chi si rende disponibile, e che proviene dalla Parola di Dio, sia dell’Antico Testamento ("ascolta, Israele!") , sia del Nuovo testamento ("camminava con loro e li ascoltava…").
È nata quindi questa esigenza di formare operatori pastorali preparati all’ascolto con l’obbiettivo di promuovere nel modo più completo possibile la pastorale del "disagio in famiglia", a partire dai primi segni di difficoltà relazionali, fino alla pastorale dei separati e dei divorziati risposati.
Abbiamo quindi invitato alcune coppie e un sacerdote che provenissero da diverse parti della nostra Diocesi di Modena –Nonantola, e abbiamo offerto loro un percorso di educazione all’ascolto che in itinere è divenuto triennale, a fronte del progetto iniziale che prevedeva solo 10 incontri nell’arco di un anno. L’esperienza per noi è stata così significativa che per ben due volte abbiamo chiesto alla dottoressa Giovanna Scarpelli, nostra amica, insegnante e guida, di proseguire per un altro anno.
La qualità delle relazioni a seguito di questi incontri per noi è cambiata completamente: abbiamo sperimentato personalmente la bellezza di sentirci ascoltati col cuore e con la mente, senza essere giudicati o interrotti, con profondo rispetto anche dei nostri tempi, delle nostre opinioni e delle nostre fragilità.
Di contro abbiamo provato la grande fatica dell’ascolto attivo, che richiede un impegno ed uno sforzo notevolissimo per essere tale, ma che porta frutti insperati di sollievo e di pace. Ora siamo pronti a mettere a frutto la competenza acquisita nei diversi vicariati di provenienza, sia attivando percorsi per separati e divorziati-risposati (come già facciamo in città da alcuni anni), sia come punti di riferimento preparati ad accogliere ed ascoltare chi lo richiede, per creare un primo contatto con le situazioni di disagio che possono poi essere eventualmente indirizzate al servizio diocesano professionalmente competente in materia che è il "Centro di Consulenza per la Famiglia" o alla "Casa di spiritualità coniugale e familiare" per percorsi più attinenti al cammino di fede.
Ambedue questi servizi hanno luogo nella stessa struttura pastorale, per offrire alla famiglia con maggior facilità quello di cui può avere bisogno. Attualmente abbiamo attivato un secondo percorso di Educazione all’ascolto, frequentato da un’altra decina di operatori.
Il Centro di Consulenza e la dottoressa Scarpelli rimangono comunque e sempre i punti di riferimento per un confronto ed una supervisione a disposizione di tutti gli operatori pastorali in questo campo. Siamo all’inizio di una pastorale familiare diversa e nuova: il Signore benedica il nostro sforzo di vivere la Sua volontà!

Raffaella Benatti , corresponsabile dell’Ufficio Famiglia di Modena-Nonantola

Pagina aggiornata il 12 novembre 2007