Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia

GF103 – novembre 2019

DA COPPIA A FAMIGLIA

AMORIS LAETITIA. Il capitolo 5 dell’Esortazione

 

Lettere alla rivista

1-DIO È UN PADRE SEVERO O MISERICORDIOSO?

Il suo amore è viscerale, è quello di un padre e di una madre

 

Dio Padre ha assunto, nel tempo, volti diversi. I meno giovani ricordano un Dio giudice severo, oggi si pone molto più l’accento sulla Sua misericordia. Ma Dio che padre è?

Luca

 

Quando ci si affaccia a realtà come quella di Dio Padre, di Gesù, di Maria, ecc... che esprimono una vita tra visibilità e mistero, il linguaggio umano è sempre assai limitato. Lascia intravedere e, nello stesso tempo, nasconde. Anche le narrazioni bibliche dell’ Antico e Nuovo Testamento sottostanno a questa logica.

Ben a ragione Luca, nella sua lettera, parla di volti diversi di Dio: meglio sarebbe dire di volti diversi con cui gli uomini hanno tratteggiato l’unico Volto di Dio.

Si tratta cioè, di sottolineature umane diverse, di una realtà che supera l’intelligenza umana e la cui identità si può percepire meglio, in altro modo: riconoscendo il limite umano, attraverso il silenzio, la preghiera, l’ascolto, la contemplazione, vale a dire, maturando una profonda intimità con ciò che ci trascende.

Nel caso di Dio che è il Padre, misericordioso e giusto, ci si metta in ascolto, ad esempio, del Vangelo di Luca (cap.15), in cui sono narrate le famose parabole della misericordia, come tratto qualificante del volto del Padre unito alla “compassione”, evocata con il termine greco splánchma che, prima di designare le “viscere di misericordia” del nostro Dio (Lc 1,78), qualifica l’utero della donna.

Papa Francesco, parlando di Dio Padre e del suo amore, dice che “l’ amore di Dio, è come quello della mamma. Dio non si scorda di noi. Mai. Non può, è fedele alla Sua alleanza. Questo ci dà sicurezza. Di noi possiamo dire: ‘Ma, la mia vita è tanto brutta… Sono in questa difficoltà, sono un peccatore, una peccatrice…’. Lui non si dimentica di te, perché ha questo amore viscerale, ed è padre e madre”.

Dio è padre e madre perché genera vita, si prende cura delle realtà che ha generato. Si tratta, quindi, di una fedeltà che porta alla gioia.

Nota ancora Francesco: come per Abramo, la nostra gioia è esultare nella speranza perché ciascuno di noi sa di non essere fedele; ma anche sa che Dio lo è.

Basti pensare all’esperienza del Buon Ladrone: “Il Dio fedele”, sottolinea, “non può rinnegare sé stesso. non può rinnegare noi, non può rinnegare il suo amore, non può rinnegare il suo popolo, non può rinnegare perché ci ama. Questa è la fedeltà di Dio. Se vogliamo rintracciare i tratti umani del vero volto di Dio Padre misericordioso, dobbiamo guardare all’umanità divina di Gesù. Non tanto con i nostri occhi ma, lasciandoci guardare da Lui, dal suo volto, penetrare dai suoi occhi”.

don Giovanni Villata

 

Dialogo tra famiglie

2-IL RUOLO DELLE DONNE NELLA SOCIETÀ

Contagiare il mondo con l’empatia e la generatività

 

Il ruolo della donna nella società è sempre più significativo ma sovente risulta “fotocopia” dell’equivalente maschile.

Hai qualche suggerimento per aiutarci ad essere “materne” in una società che, alla fine, è ancora maschilista?

Ginevra

 

Io direi che le donne, per essere legittimate negli spazi pubblici (lavoro, politica, etc.) hanno dovuto spesso assumere atteggiamenti maschili, primo perché altrimenti non sarebbero prese sul serio e secondo perché sono i maschi che hanno creato i codici di comportamento di quei contesti e quindi assimilarli era ed è una necessità. Ciò non toglie che quando poi gli spazi gli hanno conquistati le donne hanno la possibilità di proporre modelli nuovi, che portino la loro empatia e generatività (più che maternità, perché le donne non sono tutte madri, non sono tutte materne e perché la maternità implica una asimmetria: io sono la mamma quindi tu sei un bambino, invece la generatività è un allargare la vita, ampliare gli spazi della condivisione e della collaborazione).

Le donne lo fanno già, possono farlo sempre di più se si aiutano le une con le altre. Non è facile per le donne aiutarsi tra loro, perché non viene spontaneo (non siamo state educate a questo), quindi se e quando lo facciamo lo dobbiamo fare per scelta. Una precisa scelta di campo.

È l’atteggiamento che ha avuto Elisabetta con Maria, ha scelto di accoglierla, farsi aiutare (e aiutarla, verosimilmente proteggendola).

Paola Lazzarini

 

Editoriale

3-IL PADRE E LA MADRE

La trasformazione della realtà di coppia e della figura paterna e materna nella Storia

 

di Franco Rosada

Il tema di questo numero è il capitolo 5 dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia che ha per titolo “L’amore che diventa fecondo”.

Come già fatto per il capitolo 4 - trattato nei numeri 100 e 101 - abbiamo utilizzato, per commentare quasi tutti i paragrafi, molti spunti e riflessioni trattati nel corso degli anni e presenti sul sito dei Gruppi Famiglia, che anche questa volta si è rivelato una vera miniera.

A sorpresa alcuni paragrafi sono risultati scoperti come: “essere figli” o “essere fratelli” ma le coppie che ci aiutano come redazione hanno sopperito alla carenza.

 

Natura o cultura?

Ragionando sul tema del numero è venuto spontaneo chiedersi fino a che punto paternità e maternità siano un fatto naturale oppure siano condizionati dalla cultura.

Lo avevano già visto a proposito dell’istituto matrimoniale, dove amore e coniugio nel corso dei secoli sono stati considerati elementi - in certi periodi - tra loro antitetici, in altri strettamente correlati (1).

Questo è ancora più vero per la figura paterna. Si può dire che la nascita del padre coincida con la nascita della civiltà. Da quando i maschi hanno accettato e condiviso il principio della “spartizione” delle femmine (2) il loro interesse si è spostato dalla lotta per la supremazia all’interno del branco alla conquista della realtà circostante, attraverso la caccia e l’individuazione di tutto ciò che poteva migliorare la qualità della sua vita, della sua compagna, dei suoi figli, del suo clan.

Nasceva quella che oggi chiamiamo cultura. Senza questo passaggio noi non saremmo quello che siamo e, in potenza, possiamo divenire.

Anche la figura materna, pur avendo una fortissima base naturale, si è evoluta nel tempo in modo complementare alla figura paterna.

Di qui la domanda: Quanto in noi è “natura” e quanto è “cultura”?

È un tema con cui facciamo fatica a misurarci, che viaggia sotto traccia - anche se recentemente è emerso a proposito della teoria del gender - ma con il quale, proprio come cristiani, siamo chiamati a misurarci e confrontarci.

1 GF101, L’amore coniugale secondo la Chiesa

2 Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri editore, Torino 2016

 

4-Lettera aperta della Redazione

CARI LETTORI...

 

Rispetto alla tradizionale uscita di settembre, questo numero vi arriva con due mesi di ritardo.

Il motivo è semplice: dopo dieci anni la rivista da trimestrale torna ad essere quadrimestrale. È stata una decisione sofferta ma inevitabile, visto lo stato dei conti dell’associazione Formazione e famiglia, intestataria della pubblicazione.

Ne avevamo già accennato negli scorsi numeri: la riduzione progressiva delle erogazioni liberali e, in ultimo, il dimezzamento delle entrate frutto delle firme per il 5x1000, hanno reso inevitabile ridurre il numero delle uscite per non compromettere il bilancio associativo.

Senza questa scelta dolorosa non saremmo stati sicuri di garantire l’uscita della rivista nel prossimo anno.

La riduzione del numero delle uscite sarà in parte compensata dall’aumento del numero delle pagine: da 28 a 32.

Le uscite del 2020 avverranno ad aprile, con la pubblicazione dei calendari dei campi, a fine agosto - inizio settembre con le iniziative per il nuovo anno pastorale, a dicembre con i resoconti dei campi.

I temi che tratteremo il prossimo anno, frutto delle vostre preferenze, saranno:

Periferie (marzo 2020), in cui troveranno spazio diversi temi da voi proposti.

Partendo dalla durezza del linguaggio in voga oggi, parleremo della relazione con gli “ultimi”: poveri, immigrati, disabili, rom..., e il valore del servizio.

Un altro pianeta, (novembre 2020), affronterà la realtà del mondo giovanile alla luce del cammino sinodale e l’educazione alla fede, anche questi temi proposti da voi lettori.

A fine agosto uscirà un numero speciale, dedicato al trentennale del Collegamento tra Gruppi Famiglia e della rivista.

Per il ventennale avevamo dedicato il numero ai gruppi famiglia italiani legati al nostro Collegamento.

Per il venticinquennale avevamo presentato la storia del Collegamento e i contenuti della nostra proposta.

Per il trentennale pensiamo di ragionare sul ruolo che il Collegamento può ancora avere e, più in generale, quali strumenti sono oggi più adatti per operare efficacemente nel campo della pastorale familiare.

Continuate a seguirci!

Noris e Franco Rosada

 

5-LA COPPIA E LA STORIA

Nel paleolitico si passa progressivamente dal branco, dove è il maschio dominante che ha il controllo sulle femmine, alla coppia uomo-donna. Con la coppia nasce anche la civiltà.

Ma oggi, in epoca di supercivilizzazione, questo vale ancora? Cosa comporta la crisi della figura paterna?

 

di Franco Rosada

All’inizio eravamo bestie. Né più né meno come lo sono ancora le grandi scimmie nostre cugine.

Di amore coniugale non era proprio il caso di parlare. Scrive Luigi Zoja (1): “agli albori dell’umanità, solo i maschi più forti del branco si potevano accoppiare con le femmine”.

Se la maternità negli ominidi è un dato innato, la paternità lo è molto meno.

La paternità inizia a prendere forma, continua Zoja, “quando i maschi si accordarono, per smettere di aggredirsi e per spartirsi le femmine secondo una regola. Le ricostruzioni dell’antropologia ci dicono che le regole più elementari delle società più semplici e antiche hanno a che fare con la spartizione delle donne"; nacquero allora le coppie, non necessariamente monogamiche.

 

Il grande balzo in avanti

Quando avvenne questo? In un periodo incerto tra 70.000 e 30.000 anni fa in un contesto di grande cambiamento che prende il nome di “grande balzo in avanti”. Questo termine è utilizzato in antropologia, archeologia e sociologia con riferimento ad una serie di trasformazioni che distingueranno da allora in poi gli esseri umani moderni dai loro antenati e da altre linee estinte di ominidi. Con il “grande balzo in avanti” l’homo sapiens comincia a mostrare la presenza di un pensiero simbolico e ad esprimere una creatività culturale (2).

“Qualunque ne sia la spiegazione”, scrive la Commissione Teologica Internazionale (3), “il fattore decisivo nelle origini dell'uomo è stato il continuo sviluppo del cervello umano”. Di conseguenza, “la natura e la velocità dell'evoluzione sono state alterate per sempre con l'introduzione di fattori unicamente umani quali la coscienza, l'intenzionalità, la libertà e la creatività. L'evoluzione biologica ha assunto la nuova veste di un'evoluzione di tipo sociale e culturale”.

All’anima sensitiva, tipica degli animali, l’uomo aggiunge l’anima intellettiva (San Tommaso d’Aquino); acquista la capacità di pensare ad un Essere superiore, a Dio (Benedetto XVI) (4).

 

Dal naturale al culturale

“Una delle spie per capire la trasformazione del rapporto fra i sessi è il dimorfismo, vale a dire la differenza di grandezza fra corpo maschile e femminile”, afferma in un’intervista Zoja (5). “Fino a 2 milioni di anni fa la differenza è molto simile a quella dei grandi primati: il maschio è quasi il doppio della femmina. Dai 2 milioni di anni in poi le proporzioni si modificano fino ad arrivare alle attuali, dove la differenza è intorno al 15% di massa corporea in più nel maschio rispetto alla femmina. E quest’ultima evoluzione risale a 100-200 mila anni fa.

In questo lasso di tempo si è costruita la funzione paterna (6).

Una delle caratteristiche fondamentali di quest’invenzione è lo spostamento dell’aggressività dalla competizione fra maschi per il possesso delle femmine alla conquista dello spazio esterno e del tempo, favorito dalla specializzazione monogamica”.

Zoja fa una sottolineatura importante: “Il maschile non paterno è animale, ed è per questo che ritorna prepotentemente sulla scena tutte le volte che l’educazione culturale si sfalda. L’identità maschile paterna è squisitamente culturale e va insegnata, ritualizzata, trasmessa; altrimenti si perde facilmente. Non è come l’istinto [come quello materno] che non ha bisogno di pedagogia perché è una forza innata, essendo stata selezionata in milioni di anni. Il paterno è un addomesticamento del maschile animale attraverso un’educazione che è tutta culturale”.

 

Il ruolo del padre

Con l’invenzione del padre avviene la profonda separazione dei compiti tra i sessi, giustificata dalla cura della prole da un lato e dalla necessità di procacciarsi il cibo dall’altro.

Le donne furono le prime raccoglitrici e coltivatrici, gli uomini si dedicarono alla caccia, così che i piccoli alla fine ricevevano cibi di origine vegetale dalle madri e carni dai padri.

E proprio dal lavoro psichico che preludeva la caccia, il desiderio di ritornare dalle femmine e dai cuccioli, la nostalgia, hanno in qualche modo permesso la nascita di quello che noi chiamiamo padre (7).

Mi ricordo, in una conferenza cui ho partecipato, un’affermazione che mi ha molto colpito. Con la nascita della figura paterna si instaura, tra uomo e donna, un patto di sangue. Il maschio si impegna, anche a costo della vita, a difendere la femmina e i cuccioli, la femmina rischia la vita, con la gravidanza e il parto, per dare al maschio una discendenza.

 

La coppia nella Storia

La realtà della coppia viene quindi da molto lontano e senz’altro contraddistingue le più importanti civiltà. Ne sono testimonianza le varie rappresentazioni artistiche che ci sono pervenute, dall’epoca preistorica, passando per la cultura egizia, etrusca, romana, fino ad oggi (8).

Va però riconosciuto che, nelle epoche più buie, la realtà di coppia sia stata, soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, molto precaria per non parlare di quelle culture, marginali fin che si vuole, dove la struttura sociale ha seguito altri modelli: la poligamia femminile, la fratellanza sia maschile sia femminile, cioè famiglie “senza padre e senza marito” (9).

 

La coppia oggi

La coppia come la conosciamo oggi, fondata sulla scelta libera di un uomo e una donna che si sentono reciprocamente attratti, è legata, come abbiamo già ricordato in passato (10), alla rivoluzione romantica di fine Settecento.

Quello che cogliamo, però, è la crisi che questa coppia attraversa.

Il “per sempre” resta un ideale ma è sempre più disatteso. In Italia dal 2007 al 2017 gli scioglimenti dei matrimoni sono passati da 50 mila a 91 mila (11). Nello stesso tempo, quasi un milione di madri cresce i figli minori da sola (12).

Di fronte al fallimento dell’unione coniugale, istituzionalizzata o meno, la cura dei figli è sempre più affidata alla sola donna.

Secondo Zoja, questa crisi è legata all’appannamento dell’immagine paterna a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Ciò è accaduto soprattutto grazie alle critiche che il movimento femminista ha mosso ai ruoli tradizionalmente assegnati a uomini e donne.

Il suffragio universale, l’alfabetizzazione di massa, il controllo delle nascite, l’ingresso nel mondo produttivo hanno radicalmente cambiato l’immagine di sé che le donne avevano e i loro ruoli sociali e familiari. Ciò ha travolto anche la fragile identità maschile.

Di fronte all’evanescenza di molti padri attuali, che ne sarà delle giovani generazioni?

Se durante l’infanzia e l’adolescenza la figura del padre è assente, i giovani ritornano a contrapporre il maschile al femminile, più in generale il “simile” al “diverso”. Lo vediamo nelle gang di adolescenti (in prevalenza maschili ma non solo) delle zone “marginali” delle nostre città. “L’uso indifferente di una violenza estrema”, scrive Zoja, “gli atti di sadismo che portano talora alla morte della vittima mostrano una modalità di relazione dove il femminile, e in genere il diverso, viene percepito come qualcosa di talmente diverso da sé da far cadere l’inibizione ad uccidere”.

Stando così le cose, in che cosa deve consistere la paternità?

Per Zoja, questa risiede nella “capacità di dire no, di porre dei limiti, di creare un’economia mentale volta al risparmio delle energie psichiche nell’immediato in virtù di un progetto, di una preparazione di futuro, di una gratificazione differita ma più intensa e proficua”.

Ne parliamo più diffusamente nel prossimo articolo.

 

1 Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri editore, Torino 2016

2 https://it.wikipedia.org/wiki/Il_grande_balzo_in_avanti_(antropologia)

3 Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio, 2004, n. 63

4 Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, p. 157

5 Intervista a cura di Daniele Balicco, rivista Allegoria, n.61

6 Le date, nei testi consultati, oscillano tra 200 mila e 30 mila anni fa.

7 Cfr. Zoja, op. cit.

8 https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=9551

9 Francesco Remotti, Contro natura, Editori Laterza, Roma-Bari 2008

10 Vedi GF101, L’amore coniugale secondo la Chiesa

11 Dossier Padri, Città Nuova Editrice, febbraio 2019.

12 Fonte: https://tg24.sky.it/cronaca/2018/05/12/madri-sole-poverta-dati.html

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Abbiamo la consapevolezza che il nostro essere padri e madri è fortemente segnato dalla cultura?

•          Cosa ne pensiamo del movimento femminista? Dove esagera? Dove ha ragione?

•          In cosa cogliamo l’eclissi della figura paterna?

 

6-UOMO E PADRE

Rispetto alla società patriarcale oggi il ruolo del padre si è notevolmente “addolcito” al punto che si parla di “mammo”.

Ma chi insegna ai figli che esiste il limite, che il desiderio non può essere sconfinato? è sufficiente la figura materna?

 

a cura della Redazione

Se la madre, per il figlio, è una presenza esclusiva durante la gravidanza e continua ad esserlo quasi del tutto nel suo primo periodo della vita, il padre entra in gioco più tardi, introducendo un limite tra la madre e il figlio.

 

Il compito del padre

“Il padre”, scrive Lucia Fronza Crepaz (1), “strappa il figlio dall'esclusivo rapporto con la madre, ferisce, fa sperimentare il distacco. È il feritore, ma, con la ferita, aggiunge un altro amore, dona la possibilità di conoscere un altro tipo di amore e un altro rapporto, di aprirsi all'altro, e anche all'Altro”.

“La funzione fondamentale del padre”, secondo Massimo Recalcati (2), “è quella di portare nel cuore del figlio l'esperienza che non tutto è possibile, far fare l'esperienza del limite. Il senso del limite è fondamentale nella formazione della vita umana.

La legge del padre non ha lo scopo di mortificare, punire, castigare ma è finalizzata a definire il limite del desiderio”.

La legge serve: “lo sanno bene i ragazzini quando su un prato vogliono fare una partita di calcio: sono obbligati a tracciare delle linee per delimitare il campo. La legge serve a delimitare il campo che rende possibile il gioco del desiderio; la legge del padre non è contro il desiderio ma supporta il desiderio”.

Oggi siamo ben lontani da una figura paterna autoritaria, di passata memoria, che non ammette obiezioni. Ma, come sempre purtroppo accade, siamo passati da un estremo all’altro.

Il ruolo del padre, scrive Luigi Zoja (3), “non è più quello di maestro di vita ma quello di cacciatore di reddito (breadwinner) e i figli valutano il genitore in misura del reddito familiare. Il figlio vuole un padre vincente, il padre vuole vincere la competizione universale, quella economica”.

 

L’emancipazione femminile

A questo si aggiunge il ruolo sempre più significativo delle donne nella società. Questo è un fenomeno senz’altro positivo ma che ha colto i maschi impreparati.

“La rivoluzione avvenuta dentro il mondo parallelo della donna, della madre, è la miglior sintesi della crisi dell'uomo, del padre moderno” scrive sempre la Crepaz. E continua: “Può essere utile un dato statistico: nell'ultimo trentennio la popolazione femminile italiana nella classe di età 25-34 anni le nubili sono passate dal 29,2% al 64,9%, nella classe di età 45-54 anni è nubile quasi il 18% delle donne”.

“È chiaro che per il mondo femminile la prospettiva di vita è in grande evoluzione. La donna sempre più avverte una grande potenzialità che non ha ancora trovato modo di esprimersi compiutamente. L'energia che sprigiona nelle aspettative di vita mette spesso l'uomo in difficoltà. Egli si trova con strumenti culturali e psicologici tramandati, che avevano retto bene la convivenza maschile/femminile, ma che si dimostrano poco efficaci di fronte alla nuova misteriosa realtà della reclamata emancipazione”.

 

Una nuova collaborazione…

Anche se siamo lontani da una piena parità tra uomini e donne, bisogna riconoscere che la strada percorsa dai movimenti femminili in poco più di un secolo è stato estremamente significativo.

Il fatto che in America e in Europa le donne hanno potuto godere, grazie alla loro determinazione, di una libertà significativamente più ampia che altrove ha contribuito a segnare la fortuna dell’Occidente e la sua attuale supremazia economico e culturale (4).

Se, ancora nel 1959, si presupponeva che dietro a ogni manager di successo giocasse un ruolo vitale e complementare una moglie casalinga, oggi, in un epoca di globalizzazione e di terziario avanzato, a volte le mogli guadagnano più dei mariti, hanno prospettive di carriera più brillanti, oppure sono l’unica fonte di reddito della famiglia.

In generale, grazie ad una maggiore parità, i giovani maschi sono più disponibili a condividere l’accudimento dei figli piccoli.

Annota Riccarda Zezza (5): “Chi passeggia di domenica mattina li vede ai giardinetti: allegri, divertiti, giocherelloni. Sono i papà part-time che, in grande numero, rivestono il loro ruolo di ‘caregiver’ a tempo. Sono papà dolcemente dedicati a bambini e bambine piccolissime, che con papà hanno molte meno regole da rispettare, e quindi si lasciano andare molto di più”.

 

O un semplice scambio di ruoli?

Stando lentamente cambiando i ruoli, e questo può essere salutare perché, osserva Elena Granata (6), “consente agli uomini di guadagnarsi spazi di cura e di tenerezza, accudimento dei figli anche in tenera età”. Questo però non significa reinterpretare maternità e paternità, ma “ semplicemente consentire ai papà di fare le mamme”. E conclude: “Non penso che un padre presente debba diventare necessariamente un ‘mammo’, come una semplicistica vulgata pare proporre”.

Oltre al rischio dell’appiattimento della figura paterna su quella materna oggi si corre anche il rischio di un capovolgimento a livello generazionale.

“Il timore che hanno oggi i nuovi padri”, afferma Recalcati, “è quello di non essere sufficientemente amati dai loro figli. Se un padre incarna il ‘no’ è chiaro che la sua immagine diventa meno amabile agli occhi dei figli. Se invece dice sempre sì è costretto lui a rincorrere il riconoscimento del figli. Non è più il figlio che vuole essere riconosciuto dal padre come un soggetto degno di valore ma, al contrario, sono i genitori che vogliono essere riconosciuti dai figli come sufficientemente amabili”.

 

Il padre che serve

È possibile oggi definire come deve essere la figura paterna?

Alcuni autori sono pessimisti. Per Zoja la nascita della civiltà è legata alla trasformazione dell’uomo primitivo in padre ma oggi, “quando non scompare, la responsabilità dei padri tende a ridursi a quella economica e la loro psicologia a raggrinzirsi in quella del maschio primordiale”.

Ancora più caustico è Ezio Aceti (7): “I padri probabilmente non ci sono mai stati. I padri che servono al mondo di oggi sono ancora alla ricerca di se stessi. E per trovarsi occorre prima di tutto che smettano di avere come modello di riferimento la madre, la donna”.

Pasquale Ionata (8) si mostra meno pessimista. Infatti scrive: “Sembra che siamo di fronte ad una vera e propria fuga dei padri: è quello che i mass media ripetono continuamente”.

Ma, secondo l’autore, i media stanno esagerando. “Infatti, a fronte dal clamore suscitato dal fenomeno sociale dell'assenza dei padri, esiste anche una maggioranza silenziosa, costituita da moltissimi padri che invece sono più che presenti in famiglia e da tantissime figure paterne sostitutive positive, di cui pochi si accorgono a parte chi ne beneficia”.

 

E allora?

“Essere buoni padri vuol dire non tarpare le ali ai propri figli. È una partita che si gioca per tutti - da sempre e in ogni tempo - su un equilibrio incerto tra vicinanza e distanza, presenza e assenza”, scrive Granata. “I verbi della paternità sembrano destinati a vivere di questo doppio registro: esserci senza imporsi, accompagnare senza prevalere, ispirare senza condizionare, orientare senza dominare, affascinare senza sedurre, comunicare senza manipolare, riempire senza saturare. Dove l'accento cade proprio su quei senza”.

“I figli hanno bisogno di testimoni che dicano loro non qual è il senso dell'esistenza, bensì che mostrino attraverso la loro vita che l'esistenza può avere un senso”, conclude Recalcati. “Un esempio è Papa Francesco: a differenza dei suoi predecessori non rappresenta il padre glorioso simbolo di Dio in terra o l'infallibilità della dottrina, ma è un padre che non teme la sua povertà”.

 

1 Dossier Padri, Città Nuova Editore, Roma febbraio 2019

2 Lessico familiare, Il padre, RAI3, 14 maggio 2018

Vedi: https://www.raiplay.it/video/2018/05/Lessico-famigliare-b1a60e9c-4509-4ea8-8030-ce00e64f7c85.html

3 Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri Editore, Torino 2016

4 È il pensiero di Vittoria Bateman, economista e femminista

Vedi: https://gruppifamiglia.wordpress.com/2019/08/26/donne-ed-economia/

5 MAAM. La maternità è un master, Rizzoli Libri, Milano 2016

6 Dossier Padri, op. cit.

7 Dossier Padri, op. cit.

8 Dossier Padri, op. cit.

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Fino a che punto la madre si può sostituire efficacemente al padre?

•          In quali occasioni il padre riesce a supplire alla figura materna?

•          Che ricordo abbiamo di nostro padre?

•          Nella vostra famiglia di origine chi “comandava”?

 

7-DONNA E MADRE

Il nuovo ruolo che la donna si sta conquistando nella società attuale sembra mettere in discussione il suo essere madre.

Infatti la società, anziché coltivare i valori materni dell’accoglienza, sembra preferire il modello del dominio e della forza, con una mascolinizzazione delle donne.

 

A cura della redazione

Al contrario dell’uomo, che ha dovuto inventarsi la funzione paterna, nella donna la funzione materna è innata, anche se inevitabilmente segnata dalla cultura.

Proprio per questo, prima di parlare della madre, può essere utile parlare del ruolo della donna oggi.

 

Uguaglianza…

“Mai come oggi”, scrive Mariolina Ceriotti Migliarese (1), “siamo stati vicini alla possibilità di capire la parità di valore tra i sessi, la loro reciprocità nella differenza; eppure, mai come oggi ne siamo lontani, sviati e confusi da una cultura che nega il valore della differenza.

Essere donna ha voluto dire per secoli essere la persona più debole perché soggetta ai tempi del corpo, alle gravidanze e ai disagi del mestruo; ha voluto dire non avere la possibilità di conoscere con la stessa libertà del maschio il piacere del sesso.

Se è così, liberarsi dalle catene del corpo diventa un progetto legittimo se non addirittura doveroso: se infatti differenza è sinonimo di disuguaglianza e se questa disuguaglianza origina dal nostro corpo di donne, allora non resta che cercare di abolire le differenze mettendo sotto il controllo il funzionamento del corpo e piegandolo al nostro volere”.

Ma questa “aumentata aggressività delle donne e la loro pretesa nei confronti di una sessualità maschile che vogliono sempre altamente soddisfacente”, continua Migliarese, “ha come conseguenza sul piano personale e sociale una modalità maschile che si fa più arrogante”.

Il risultato è “l'aumento della competitività e quella crescente inimicizia tra i sessi di cui oggi siamo tutti spettatori”.

“Le donne, storicamente, sociologicamente, non sono mai state brave a dire di no, e tantomeno a incassarlo”, scrive Riccarda Zezza (2).” Non è uno dei loro talenti naturali, né una capacità che la cultura premia; le brave ragazze dicono di sì: sono sempre disponibili, mediano, accontentano”.

Oggi che le donne iniziano ad occupare posti di rilievo nella vita sociale, e specificatamente nel mondo del lavoro, sono ancora troppo poche quelle “che agiscono con stili e comportamenti diversi, originali e non mimetici e di derivazione maschile. Il loro prevalentemente uno sguardo sul mondo di tipo maschile”.

 

…e differenza

Questa tendenza all’uguaglianza, con un appiattimento del femminile sul maschile, rivela che la società, pur non essendo più patriarcale, continua ad essere paternalistica. Infatti, conclude Migliarese, “non è ancora stata capace di strutturare le relazioni e il proprio sistema sociale in modo da valorizzare la donna nella sua differenza”, in particolare “nel tempo prezioso delle sue maternità, considerando i figli come un vero bene sociale”.

La maternità, l’essere madre, fa emergere nella donna una serie di qualità che non sono solo preziose per il figlio ma che possono esserlo anche per la società, se questa ne prendesse coscienza.

Queste qualità si possono riassumere, secondo Zezza, come una forma di leadership al femminile.

La maternità richiede, infatti, di far fronte ed adeguarsi ad un continuo cambiamento: quello del bambino.

“Un bambino è fonte quotidiana di cambiamento: ogni giorno nuovi processi, diverse richieste dall'ambiente, un ‘prodotto’ che si esprime in modo nuovo e rivela esigenze improvvise, non si sa se quando a lungo destinate a rimanere tali.

Solo la mamma può individuare le regole di questo cambiamento, la corretta interpretazione di tutti i segnali, grazie anche a una buona dose di chiaroveggenza”.

In più, “l'arrivo di un figlio rivoluziona le priorità, assorbe energie che nemmeno si sapeva di avere. Si diventa così capaci di fare più cose, e meglio, nella stessa unità di tempo”.

E, ancora, l'esperienza della maternità insegna molti nuovi linguaggi.

“La madre intuisce lo stato di benessere e l'umore dei propri figli con un solo sguardo. Anche se passano la vita a sbagliare le loro interpretazioni, ad aggiustarle e adattarle a nuove informazioni di contesto, in altre parole a impararle e disimpararle.

Si allenano a comprendere oltre le parole, sia quando queste non ci sono ancora sia quando sono rade, sgrammaticate o fallaci: ma oltre all'udito, le madri usano la vista, il tatto e anche l'olfatto per cogliere tutti i segnali che possono aiutarle a capire.

L'uso di tutti i sensi si rivela utile - e sempre più naturale - nei rapporti con tutti gli altri.

È scientificamente dimostrato che, in una comunicazione, le parole sono solo il 7% del messaggio. Il resto sono tono di voce, gestualità, contesto.

L'uso di tutti i sensi si rivela utile - e sempre più naturale - nei rapporti con tutti gli altri”.

Non sono forse queste le competenze richieste oggi dal mondo del lavoro?

 

Erotica e materna

Ogni donna si deve misurare con un grande problema: come mettere in rapporto l’essere madre con l'essere donna, la dimensione erotica con quella materna.

“Le due polarità erotica e materna”, annota Migliarese, “sono entrambe presenti nella donna, che deve cercare di trovare un equilibrio, perché l'una e l'altra da sole sono insufficienti a definire una personalità ben formata.

Nella parte erotica includo tutto ciò che nella donna riguarda il desiderio, l'autonomia, il rispetto di sé, la capacità di mantenere un buon assetto narcisistico.

È in questo aspetto, nei suoi risvolti positivi, che rientrano il desiderio e la capacità della donna di essere bella, la sua capacità di investire positivamente il suo corpo e la sua mente. È sempre qui però, nei risvolti negativi o non equilibrati di questo aspetto della donna, che possono trovare spazio l'egocentrismo, la vanità, l'autoreferenzialità infantile.

Alla parte materna positiva fa invece riferimento tutto ciò che rende la donna capace di accettare e curare i legami. È qui che rientra la capacità femminile di prendersi cura degli altri, la sensibilità al bisogno, la creatività con cui la donna sa nutrire affettivamente le persone che ama.

Per contro, qui si nasconde anche la tendenza a cercare di tenere sotto controllo le persone che sono loro legate, a negare loro una vera libertà, a tenerle sotto scacco inducendo talvolta in maniera subdola pesanti sensi di colpa”.

 

La madre

“Freud definisce la madre come il primo soccorritore”, spiega Massimo Recalcati (3). “L'altro materno è l'altro che risponde al grido di aiuto del bambino.

C'è incontro con la madre, ogni qualvolta la vita inerme trova un’accoglienza, trova un soccorso.

Non è un caso che, per esempio, Papa Francesco definisca una delle più grandi istituzioni dell'Occidente come la Chiesa, madre. La chiesa è madre perché nel pensiero di Francesco svolge la funzione fondamentale di accogliere la vita.

Potremmo anche convocare proprio una parola biblica che definisce la prima funzione della genitorialità che si trova incarnata nella madre; la parola è: eccomi.

Nella nostra cultura abbiamo una figura straordinaria di madre su cui vorrei soffermarmi: la Vergine Maria.

Maria, una giovane madre, che cresce il figlio che porta nel grembo col suo sangue, con le sue viscere, con tutta se stessa. Questa madre è una madre come tutte le madri, una madre che porta dentro il suo corpo la potenza della vita.

Ma se per un verso Maria è questo, cioè è l'esperienza della gioia della maternità - portare la vita dentro la vita - la vita che porta con sé non è sua, abita il suo corpo ma è una vita radicalmente separata dalla vita di Maria. Addirittura Maria porta con sé il figlio di Dio, dunque il figlio di un Altro.

Ogni madre fa l'esperienza di crescere il proprio figlio che non è proprio, di crescere un figlio che sarà destinato ad abbandonarla.

Ogni qualvolta noi facciamo esperienza di un'ospitalità che non realizza nessuna proprietà, noi facciamo esperienza dell'accoglienza, del dono della maternità”.

 

1 Erotica e materna, Edizioni Ares, Milano 2015

2 MAAM. La maternità è un master, Rizzoli Libri, Milano 2016

3 Lessico familiare, La madre, RAI3 7 maggio 2018

Vedi: https://www.raiplay.it/video/2018/04/Lessico-famigliare-6560efdb-8fcc-4c25-b7aa-ff94a7bf28e1.html

 

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          “Conciliare” famiglia e lavoro: “mission impossible”?

•          Essere al contempo donna e madre, erotica e materna: ci siamo mai poste il problema?

•          Le qualità acquisite con la maternità possono essere utili sul lavoro?

 

8-LA COPPIA IN DIVENIRE

Una figura maschile sempre più in crisi, una figura femminile che rivendica la parità e tende ad assumere atteggiamenti maschili.

Ma il “bello” tra maschile e femminile è proprio la diversità.

Siamo chiamati a recuperare la massima evangelica: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Non è solo una questione di fede, è una questione di civiltà.

 

A cura della Redazione

C’è ancora un futuro per la vita di coppia?

Ci troviamo oggi con una figura maschile perlopiù assente od in crisi e con una figura femminile sempre più determinata nel far valere le sue competenze, anche se condizionata dal ruolo di madre che la natura le ha assegnato.

 

Il maschio

Nella coppia è il maschio che sembra destinato a subire un ridimensionamento del suo ruolo.

Finita l’epoca del patriarcato, non solo in famiglia ma anche sul lavoro, l’uomo si trova a doversi misurare con la competenza femminile.

Questo confronto, cui non è stato preparato, lo mette di fronte, secondo Luigi Zoja (1), “con le parti più femminili e adolescenziali della sua personalità”.

Di fronte ad una società che misura tutto in termini di prestazioni, risulta difficile superare l’idea che il maschio non debba piangere mai e che la femmina debba essere civetta, in altre parole in maschio dovrebbe essere “maschio-maschio” e la femmina “femmina- femmina”, e prendere atto che vi sono tutta una serie di sfumature del maschile e del femminile.

Il maschio preferisce allora trasferire le proprie contraddizioni all’esterno, riducendo la donna a due figure tra loro non conciliabili: la madre e l’amante.

Se il maschio, continua Zoja, “ha assegnato sempre alla donna due personalità separate - l’una disponibile all’incontro sessuale e l’altra che accudisce al figlio - lo ha fatto perché dentro di sé non è mai riuscito a unificare le due identità maschili corrispondenti. Proiettando sulla compagna il suo più antico problema, il maschio dichiara la sua incapacità di costituirsi definitivamente e unitariamente come padre” e come sposo.

“Sono necessari nuovi esercizi di autenticità per disegnare i contorni del nuovo uomo”, scrive Riccarda Zezza (2). “Esercizi di confronto con la propria interiorità per confrontarsi con una sensibilità che contempla la tenerezza, la pazienza, la dolcezza, virtù più femminili che albergano dentro l'uomo, se accolte, coltivate, ascoltate.

Anche gli uomini devono e vogliono riconquistare un'identità al di là dei percorsi obbligati, al di là di ciò che sembrava essere ‘giusto’ per riconfermare il proprio genere, la propria mascolinità. Sono necessari nuovi modelli maschili, utili per far fiorire un uomo nuovo”.

 

La femmina

Dopo millenni di soggezione al maschio, la femmina rivendica, spesso con successo, un ruolo paritario nella coppia e nella società.

Come abbiamo già visto a pag. 4-5 la nascita della coppia nella società umana è frutto di un processo culturale.

“Questo rapporto era una novità rivoluzionaria rispetto ai quadrumani, e veniva favorito dal rivoluzionario rinnovamento della sessualità”, scrive Zoja. “Era un laboratorio artigiano in cui si fabbricava vita psichica La femmina, ora costante nel desiderare il suo compagno, era la logica controparte del maschio capace di ritorno, costante nella presenza accanto ai figli. A questo punto l’evoluzione selezionò le varianti psicologiche più favorevoli alla vita della specie: costanza e fedeltà sono qualcosa che oggi faremmo rientrare nella definizione di carattere. Anche il singolo rapporto sessuale ora durava di più. Probabilmente, anche questa evoluzione fu guidata dalla donna, che ha sempre dato più valore al rapporto: sia al singolo rapporto sia alla relazione. In questo modo, la compagna allevò il compagno, la madre allevò il padre, come la donna alleva il bambino. Senza madre non c’è figlio, ma nemmeno padre”.

Il fatto che, da sempre e quasi sempre, le società siano state di tipo patriarcale è legato al ruolo del maschio, le cui funzioni sono state quelle di difesa e di protezione del gruppo, mentre la femmina ha svolto ruoli di accudimento.

 

Omologazione e complementarietà

La società contemporanea fatica ad accogliere la differenza e tende all’omologazione. Nel caso del rapporto tra i sessi “assistiamo ad una modifica di elementi di identità di genere maschile e femminile”, afferma Silvano Bordigon (3), sottolineando il passaggio di elementi maschili al genere femminile, come p.e. l’uso dei pantaloni da parte delle ragazze, mentre sono sempre meno quelle che vestono gonne.

Si accetta “la donna con i pantaloni ma non si accetta l’uomo con le gonne, con gli orecchini o con il rossetto sulle labbra. Stiamo accettando ciò che passa dal maschile al femminile mentre non accettiamo ciò che dal femminile passa al maschile”.

Accettiamo la donna in carriera, a condizione che sappia “gestire il potere, esercitare il divide et impera, essere razionale, aggressiva, competitiva”, scrive Zezza, sottolineando come “sono ancora troppo poche le donne in posizione di comando che agiscono con stili e comportamenti diversi, originali e non mimetici e di derivazione maschile”.

Invece, la diversità maschio - femmina è bella e fondamentale “perché hanno due modi di pensare che si stimolano a vicenda”, riprende Bordigon. “L’eccesso di linearità del pensiero maschile viene in qualche modo sollecitato, messo in crisi dalla circolarità femminile, come la circolarità femminile ha bisogno della semplificazione della linearità maschile. Le donne hanno bisogno di questa semplificazione mentre l’uomo ha bisogno della ricchezza, della varietà, della fantasia e della molteplicità del pensiero femminile.

La donna sul piano psicologico, al di là delle trasformazioni fisiche, si ricicla sempre per cui anche a settanta anni riprende da capo, per lei il tempo non passa mai. La donna ama il presente, l’uomo il futuro e quando questo si accorcia non sa che guardare al passato.

La differenza è arricchente perché raddoppia i nostri punti di vista. L’uomo pensa alle cose e pensa al futuro. La donna pensa al presente e cura molto l’apparire. La donna ama generalmente il piccolo gruppo, l’uomo ama invece il grande gruppo”, le gerarchie.

 

Un cammino possibile

Di fronte a queste trasformazioni quale proposta si può fornire a chi crede nel valore del “per sempre”?

Nelle pagine seguenti il lettore troverà ciò che suggerisce il Magistero della Chiesa e le testimonianze di chi si impegna nel viverlo.

Ma qui, per completare il “filo rosso” che ha attraversato queste prime riflessioni, ci affidiamo ad un pensatore laico che riflette su quello che è il fondamento della vita cristiana: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

“L'accettazione del precetto di amare il proprio prossimo”, scrive Zygmunt Bauman4, “è l'atto di nascita dell'umanità. Tutte le altre regole di coabitazione umana non sono che un elenco (mai completo) di note a margine di quel precetto.

Amare il prossimo può richiedere un atto di fede; il suo risultato, tuttavia, segna il fatidico passaggio dall'istinto di sopravvivenza alla moralità.

È un passaggio che rende la moralità una parte, forse una conditio sine qua non, della sopravvivenza. Con tale ingrediente, la sopravvivenza di un uomo diventa la sopravvivenza dell'umanità presente nell'uomo.

Amare il prossimo come si ama se stessi rende la sopravvivenza umana diversa da quella di ogni altra creatura vivente. Senza questa estensione/trascendenza dell'amore di sé, il prolungamento della vita fisica, corporea, non è ancora, di per sé, una sopravvivenza umana; non è il genere di sopravvivenza che contraddistingue gli uomini dalle bestie”.

Infatti, “il precetto di amare il prossimo sfida e sconfigge gli istinti dettati dalla natura”.

 

1 Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri editore, Torino 2016

2 MAAM. La maternità è un master, Rizzoli Libri, Milano 2016

3 Vedi: https://www.gruppifamiglia.it/Piccin/Piccin_01_12.html

4 Amore liquido, Editori Laterza, Bari - Roma 2006

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Come maschi, quali virtù dovrebbero coltivare le donne?

•          Come femmine, quali virtù dovrebbero coltivare gli uomini?

•          Come conciliamo nella coppia il modo di pensare maschile (lineare) con quello femminile (circolare) e viceversa?

 

Il capitolo cinque di Amoris laetitia

9-ACCOGLIERE UNA NUOVA VITA

È vergognoso che vi siano tanti bambini che fin dall’inizio sono rifiutati, abbandonati, derubati della loro infanzia e del loro futuro. Tutti i bambini devono essere accettati

 

Ogni nuova vita ci permette di scoprire la dimensione più gratuita dell’amore, che non finisce mai di stupirci. È la bellezza di essere amati prima: i figli sono amati prima che arrivino. Tuttavia, tanti bambini fin dall’inizio sono rifiutati, abbandonati, derubati della loro infanzia e del loro futuro. Qualcuno osa dire, quasi per giustificarsi, che è stato un errore farli venire al mondo. Questo è vergognoso.

Se un bambino viene al mondo in circostanze non desiderate, i genitori o gli altri membri della famiglia, devono fare tutto il possibile per accettarlo come dono di Dio e per assumere la responsabilità di accoglierlo con apertura e affetto. Perché quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso o troppo grande, pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio, di non valere niente e di essere abbandonato alle ferite della vita e alla prepotenza degli uomini.

Amoris laetitia 166

 

Nata prematura

Si erano conosciuti non più giovanissimi, la vita fino a quel momento non era stata certamente senza problemi e il loro matrimonio aveva potuto essere celebrato solo dopo qualche anno per alcune difficoltà oggettive.

Avevano iniziato a frequentare il nostro gruppo prima ancora di sposarsi, così il loro matrimonio era stato un momento di festa per tutti.

Un figlio era sicuramente un loro desiderio profondo, nonostante l'età non fosse delle più giovani. La gravidanza iniziò con grande gioia; nonostante qualche problema, sembrava che tutto potesse risolversi al meglio.

Ma al sesto mese la situazione precipitò e la conseguenza fu un parto prematuro, con alcune complicazioni per la madre e una neonata di 800 grammi.

Inizialmente i medici non si sbilanciarono sulla situazione di Chiara e la mamma, costretta a letto, non poteva neppure vederla.

Tutte le famiglie del gruppo, immediatamente messe al corrente della situazione, iniziarono a pregare Dio affinché aiutasse questa famiglia.

Cercammo di essere vicine a questa coppia, in particolare negli incontri cui parteciparono fintanto che la piccola rimase in ospedale.

Ci interessavamo contattandoli telefonicamente affinché non si sentissero troppo soli in quei mesi in cui si alternavano momenti di speranza ad altri di problemi nella crescita di Chiara, che però da subito dimostrò un attaccamento alla vita che colpì i medici.

Ora Chiara è una bimbetta vivace e allegra e tutti noi ringraziamo Dio per il dono di questa vita, sicuri che le nostre preghiere e la nostra amicizia siano state importanti per questa famiglia.

Elisabetta e Roberto

GF56 La famiglia testimone di speranza

 

Un cromosoma in più

Quando abbiamo saputo che la nostra famiglia sarebbe cresciuta ancora, per scelta non abbiamo fatto esami invasivi, anche se i continui controlli facevano pensare a qualcosa di anomalo.

Quando Mattia è nato ci siamo sentiti custodi di una vita fragile e indifesa più delle altre; tante cose che prima erano scontate, ora hanno un'importanza diversa. Dopo un inizio un po' travagliato, tutto o quasi si è sistemato; il nostro bimbo è nato con un cromosoma in più, ed è questo che fa la differenza, lo consideriamo la marcia in più per andare avanti, oltre la superficialità che dilaga. Apprezzare ogni piccolo gesto, ogni traguardo raggiunto e la sensazione di stupore e meraviglia che si prova è a dir poco indescrivibile.

Certamente ci sono momenti di sconforto e smarrimento in cui ci sentiamo soli, e la vita non è per niente facile; ma anche momenti di gioia che con un buon aiuto dall'Alto fanno sì che i momenti brutti restino parentesi. La vita è anche una sfida, ci si deve mettere in gioco e non stare a guardare!

Elisa

GF73 Essere fecondi

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Quali sono i motivi per cui oggi non si desiderano più dei figli?

•          Cosa faremmo se sapessimo che il figlio che abbiamo concepito avrà dei problemi?

•          Quanto la fede può aiutare in simili frangenti?

 

10-L’AMORE NELL’ATTESA PROPRIA DELLA GRAVIDANZA

Ogni bambino che nasce deve sentirsi atteso, desiderato, essere la realizzazione di un sogno

 

La gravidanza è un periodo difficile, ma anche un tempo meraviglioso. La madre collabora con Dio perché si produca il miracolo di una nuova vita. Ogni bambino sta da sempre nel cuore di Dio, e nel momento in cui viene concepito si compie il sogno eterno del Creatore. Pensiamo quanto vale l’embrione dall’istante in cui è concepito! Bisogna guardarlo con lo stesso sguardo d’amore del Padre, che vede oltre ogni apparenza.

La donna in gravidanza può partecipare a tale progetto di Dio sognando suo figlio: Tutte le mamme e tutti i papà hanno sognato il loro figlio per nove mesi. […] Non è possibile una famiglia senza il sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne.

Amoris laetitia 168-169

 

Tornare ad essere mamme

Gravidanza e maternità sono viste con timore da molte donne. È la terribile sorte della nostra era: invece di gioire perché nella vita si sta manifestando una cosa nuova, fresca, libera, ci si rinchiude nel pensiero del “come sarà?”, “sarà normale?”, “soffrirò?”. È un pensiero limitante che oltretutto porta a una ipermedicalizzazione della gravidanza che, da stato “interessante” diventa stato “stressante”. Quante ecografie, quante amniocentesi, senza che nemmeno si capisca o si voglia capire a cosa servono! Nessuno aiuta oggi ad essere mamma. Anzi, molti “insegnano” - le mamme future sono imbottite di corsi, giornali e libri su come devono essere -, ma nessuno “educa”. Perché educare ad essere mamma vuol dire educare a guardare.

Un tempo una donna sapeva esser mamma senza studiare. Oggi occorrono dei corsi. Un tempo la ragazza vedeva nascere fratelli, sorelle e cugini, li vedeva crescere. Oggi, nella società del figlio unico questo è impossibile. Si procrastina l’età del primo figlio. Paradossalmente c’è una carenza di mamme, ma l’educazione esalta modelli anti-mammisti: i single, le coppie gay… e anche le bambine non sono più educate a giocare coi bambolotti-bambino, impersonandosi nelle loro mamme, ma con le Barbie, cioè impersonandosi in una bambola.

Eppure sembra che ci sia un ritorno di desiderio per la maternità, sta rinascendo la nostalgia per qualcosa che si è perso. Quante donne si stanno rendendo conto che non possono passare metà della vita cercando di non aver figli e l’altra metà disperandosi perché i figli non arrivano! Le donne, per fortuna, si stanno rimpossessando del termine mamma.

Carlo Bellieri

GF 48, Maschio e femmina li creò

 

Alcuni genitori sentono che il loro figlio non arriva nel momento migliore. Hanno bisogno di chiedere al Signore che li guarisca e li fortifichi per accettare pienamente quel figlio, per poterlo attendere con il cuore.

È importante che quel bambino si senta atteso. Egli non è un complemento o una soluzione per un’aspirazione personale. È un essere umano, con un valore immenso e non può venire usato per il proprio beneficio.

Amoris laetitia 170

 

Un figlio come un disturbo

Il desiderio di avere figli, la cura per l’infanzia, il diffondersi di un sempre più assortito mercato di prodotti per bambini convive con atteggiamenti narcisistici, connotati da ansia e da sacrifici mal sopportati.

Spesso il bambino non ha posto perché, anche se desiderato, quando crea problemi è percepito e vissuto come un disturbo.

L’orientamento ad avere figli è reso problematico dal mutamento sociale e culturale ed è influenzato da fattori esterni alla famiglia, soprattutto di tipo economico, che attraversano trasversalmente i diversi settori della vita sociale del nostro tempo.

Come conciliare famiglia e lavoro? Come gestire un secondo o terzo figlio? Non per niente oggi da più parti si chiede una politica a favore della natalità, sia a livello di sostegno economico sia a livello dei servizi offerti.

Ma si chiedono anche condizioni e orari di lavoro che rendano possibile la cura dei figli.

Guido Lazzarini

Dalla relazione al convegno CISM di Roma del 2004

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          In quali circostanze abbiamo deciso il nome per nostra figlia/o?

•          I nostri figli li abbiamo cercati o ci siamo affidati alla Provvidenza?

•          Per i figli si è realizzato quello che avevamo progettato quando eravamo ancora fidanzati?

 

11-AMORE DI PADRE E DI MADRE

Amore di madre è cura e accompagnamento nei passi della vita. Amore di padre è guida forte e sicura

 

I bambini, appena nati, incominciano a ricevere in dono, insieme col nutrimento e le cure, la conferma delle qualità spirituali dell’amore.

Ogni bambino ha il diritto di ricevere l’amore di una madre e di un padre, entrambi necessari per la sua maturazione integra e armoniosa. Non si tratta solo dell’amore del padre e della madre presi separatamente, ma anche dell’amore tra di loro, percepito come fonte della propria esistenza, come nido che accoglie e come fondamento della famiglia. Diversamente, il figlio sembra ridursi ad un possesso capriccioso.

Oggi riconosciamo come pienamente legittimo, e anche auspicabile, che le donne vogliano studiare, lavorare, sviluppare le proprie capacità e avere obiettivi personali.

Ma nello stesso tempo non possiamo ignorare la necessità che hanno i bambini della presenza materna, specialmente nei primi mesi di vita.

Amoris laetitia 172-173

 

Essere genitori

È sempre auspicabile che un bambino cresca in una famiglia dove si respira l’amore la serenità e la gioia.

Non sempre è così. Il mestiere di genitori è il più difficile del mondo e i problemi nella vita di coppia sono tanti e non sempre si è tranquilli e sereni.

I figli però, se sono amati, riescono a fidarsi e ad affidarsi.

Se la coppia ha dei problemi non deve mai risolverli a spese dei figli. Quando abbiamo messo al mondo i nostri figli abbiamo capito che il nostro compito per loro è per sempre. Dai figli non si può divorziare, anche se non sempre sono come li avremmo desiderati.

Abbiamo sempre cercato di far capire a loro che noi possiamo arrabbiarci, gridare o castigare quando serve, ma comunque qualsiasi cosa succeda non possiamo non volergli bene, perché sono i nostri figli.

Ora sono grandi e abbiamo l’impressione che ne siano consapevoli tanto che hanno un buonissimo rapporto con i loro figli e ci lasciano tranquillamente trasmettere anche a loro il nostro modo di pensare, anche se a volte non combacia con il loro. Si fidano perché li amiamo.

Chiara

 

Amore di madre

Amore di madre è cura e accompagnamento nei passi della vita di ognuno dei miei figli È fatto di baci, di abbracci, di sguardi, di sorrisi, di parole di incoraggiamento, di regole che indirizzano il loro cammino, di mani che stringono mani, di lacrime di gioia ma anche di fatica e di paura, di silenzi di attesa, di ascolto dei loro racconti, di consigli, di paure ma soprattutto di speranze e sogni condivisi e progettati ognuno a suo modo.

Nella mia strada di madre ho sempre guardato a Maria come luce ed esempio e anche adesso che i miei figli sono grandi chiedo a Lei che mi doni forza, speranza, misericordia, pace, consolazione da donare loro.

Maria Clelia

 

Amore di padre

Amore di padre è guida forte, protezione nelle avversità, rifugio nella tempesta, mano che conduce sul sentiero stretto, sguardo di perdono anche dopo l’errore.

È insegnare a correre in bici senza rotelline, giocare a pallone nel giardino, costruire una torretta sull’albero, guardarli lottare e vincere nelle fatiche e nei giochi della loro vita. È stare vicino a loro in silenzio, accettarli per quello che sono anche se sono all’opposto di come li vorrei, ma sono loro! Guardo ogni giorno all’amore che Dio mio Padre ha per me e cerco di imitarlo perché è stupendo e vorrei che i miei figli si sentissero amati così da me. Chiedo anche a San Giuseppe papà di Gesù la sua pazienza, la sua fede, il suo coraggio, la sua capacità di stare in silenzio, la sua generosità, il suo affidamento nella certezza che tutto andrà al meglio per i miei figli.

Luca

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Quanto i nostri figli colgono l’amore che ci unisce?

•          L’amore della mamma e quello del papà: quanto riescono ad essere complementari?

•          Quanto ci aiuta un atteggiamento orante?

 

12-LA MADRE

La madre è chiamata ad aiutare il bambino a sperimentare che il mondo è un luogo buono che lo accoglie

 

Una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale. Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa. La madre, che protegge il bambino con la sua tenerezza e la sua compassione, lo aiuta a far emergere la fiducia, a sperimentare che il mondo è un luogo buono che lo accoglie, e questo permette di sviluppare un’autostima che favorisce la capacità di intimità e l’empatia.

Amoris laetitia 174-175

 

Evviva i bambini!

Ricordo che da bambina pensavo che, da grande, sarei diventata mamma; appena vedevo un bimbo piccolo subito mi prendevo cura di lui d’istinto, per cui diventai la custode dei bimbi del cortile dove abitavo e loro stanziavano a casa mia volentieri.

Quando mi sono sposata eravamo partiti con il numero quattro, poi la vita ci ha fermato a due (maschi) ma ci ha dato la gioia di alcuni figli che ci hanno adottato come genitori, per cui è ritornata la stessa casa di quando ero bimba; gli amici ci affidavano i loro bambini quando erano in difficoltà ed era sempre una festa.

Ora siamo nonni, ci sono i nipoti (quattro e mezzo) e succede la stessa cosa, a volte invitano gli amici e da cosa nasce cosa…

Franca

 

Tempo di pienezza

Che bello essere mamma! In fondo al mio cuore ho sempre desiderato essere sposa e mamma. Sono madre di tre bimbi: Matteo, Daniele e Simone. Quando lo dico vedo gli occhi sgranati di chi me lo chiede.

È vero, è impegnativo, a volte vorrei fuggire, i miei spazi non esistono quasi più, ma quando li guardo nei vari momenti della giornata, li ascolto oppure ci divertiamo insieme, il mio cuore si riempie di commozione e di meraviglia, di ringraziamento a Dio per il dono ricevuto.

Allora mi dico che non devo perdere tempo in pensieri e arrabbiature ma devo amare ancora di più per riempire il loro tempo - che corre - di ricordi belli, di pienezza e di gioia.

Maria Consiglia

 

I valori che contano

Ricordo che il giorno del ritorno dalla clinica ostetrica con il primo figlio toccavo il cielo senza alzare un dito.

Lo avevamo cercato per tanto tempo ed era arrivato. Sentivo di aver realizzato un sogno.

Ho sempre cercato di passare ai miei figli, come valori fondamentali, l’onestà, il rispetto, il sorriso, la fede in Dio, valori che io ritengo importanti per la vita, per se stessi e per chi ci vive accanto.

Mi sono convinta che per essere una brava madre bisogna essere una brava psicologa, capire quando è il momento di spronare, di sostenere, o di lasciare tranquilli i figli, cercando sempre quale sia il meglio per loro.

Ora che entrambi sono all’università mi sto allenando a lasciargli percorrere la loro strada, intervenendo il meno possibile.

Fiorenza

 

Tutto è cambiato

Sono madre di tre figli: due maschi e una femmina di cui sono molto orgogliosa.

Non sono sempre stati rose e fiori ma, ora che sono nonna, godo di vederli affiatati e sereni, anche se non sempre condivido le loro scelte.

Quando ho partorito il mio primo figlio ho capito di colpo che tutto era cambiato, che quell’esserino era entrato nella mia testa e non sarebbe più uscito. La seconda e il terzo non hanno cambiato niente perché il salto ormai l’avevo fatto.

I figli ti fanno tirare fuori tutto quello che hai di bello e qualche volta purtroppo anche di brutto, ti costringono a crescere se vuoi salvarti con loro.

Chiara

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Essere madre: cosa ha significato per la vostra vita?

•          Come si trasforma la maternità quando i figli sono grandi?

•          Quanto la maternità incide nel rapporto di coppia? Lo rafforza o lo indebolisce?

 

13-IL PADRE

I figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti

 

Si dice che la nostra società è una “società senza padri”. Persino la virilità sembrerebbe messa in discussione. Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani.

Oggi l’autorità è vista con sospetto e gli adulti sono duramente messi in discussione. Non è sano che si scambino i ruoli tra genitori e figli: ciò danneggia l’adeguato processo di maturazione che i bambini hanno bisogno di compiere e nega loro un amore capace di orientarli e che li aiuti a maturare.

Alcuni padri si sentono inutili o non necessari, ma la verità è che i figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere, ma ne hanno bisogno. Non è bene che i bambini rimangano senza padri e così smettano di essere bambini prima del tempo.

Amoris laetitia 176-177

 

Se il padre è assente

La figura paterna dà più consistenza psichica al ragazzo, dà più sicurezza, dà più forza, dà l’immagine di una figura forte. Se il papà non c’è il bambino, il figlio è privato di un punto di riferimento.

La figura paterna è molto importante. Un papà che sia evidentemente autorevole. È importante sia per la bambina, sia per il bambino.

Non è che la mamma sia meno importante, ma lo è per altri punti di vista: per la delicatezza, per l’amore, per la comprensione, per tante cose.

Il papà è importante per alcuni aspetti psicologici, specialmente per la tranquillità, per la sicurezza.

I bambini che hanno sempre a che fare solo con le mamme sono molto più insicuri, non hanno un io forte perché non hanno potuto specchiarsi in un io maschile.

Don Pino Pellegrino, Scuola Famiglie Vallà (TV), 2000

 

Il ruolo del padre

Il padre è il terzo, che si interpone tra madre e figlio.

È compito del padre dare dispiaceri al figlio perché deve dire dei NO.

Questo è un compito tipicamente paterno, lo può fare anche la madre, ma è contro la sua natura.

È un compito che inizia quando il figlio ha tre, quattro anni: la moglie affida al coniuge il compito di giudice e secondino. In questo modo il padre aiuta il figlio a prendere distanza dalla madre e a crescere.

Ma anche per i padri, come le madri, c'è stato un cambiamento. Oggi sono molto più soggetti ai ricatti dei figli, dire di no p.e. al motorino può sembrare rendere il figlio lo sfigato di turno.

Questo accade perché i padri oggi sono narcisisti, hanno bisogno di sentirsi dire che sono bravi. Così la valutazione dei genitori sembra finita nelle mani dei figli.

Giovanni Capello

GF66 Genitori e figli

 

Il regalo del papà

Il papà dà al bambino maggior sicurezza. L’adolescente che ha avuto un vero papà, è più forte, e meno succube del capo branco. I bambini stravedono per il papà. Un bambino diceva: "Mio papà fa tutte le cose bene, canta anche quando si lava i denti".

La curva della stima per il papà è fatta così: a 3 anni papà sa tutto, a 13 papà sa quasi niente, a 20 il papà sa niente, a 30… se chiedo consiglio al mio papà, a 40… se avessi ascoltato il mio papà, a 50… se fosse ancora vivo il mio papà...

Il papà regala il mondo al bambino (lo distacca dalla mamma e lo apre agli altri). Il papà apre il bambino al mondo, se c’è solo la mamma il bambino vede sempre la stessa faccia.

Se c’è il papà il bambino fa meno storie per andare all’asilo perché è già abituato all’altro.

Don Pino Pellegrino, Scuola Famiglie Musano (TV), 2001

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Come si conciliano autorità e affetto nel vostro essere padri?

•          Quanto il lavoro vi condiziona e vi tiene lontani dai figli?

•          Nell’esercitare la paternità in che misura vostro padre vi è stato di modello?

 

14-ADOZIONE E AFFIDO

Mai confondere il figlio del “bisogno” con il figlio del “desiderio”. Il primo è una sorta di difesa personale contro la sterilità, il secondo è l'idea matura e consapevole del figlio come altro da sé e dalla coppia

 

Molte coppie di sposi non possono avere figli. L’adozione è una via per realizzare la maternità e la paternità in un modo molto generoso, e desidero incoraggiare quanti non possono avere figli ad allargare e aprire il loro amore coniugale per accogliere coloro che sono privi di un adeguato contesto familiare.

Non si pentiranno mai di essere stati generosi. A fronte di quelle situazioni in cui il figlio è preteso a qualsiasi costo, come diritto del proprio completamento, l’adozione e l’affido rettamente intesi mostrano un aspetto importante della genitorialità e della figliolanza, in quanto aiutano a riconoscere che i figli, sia naturali sia adottivi o affidati, sono altro da sé ed occorre accoglierli, amarli, prendersene cura e non solo metterli al mondo.

Amoris laetitia 178-180

 

Il figlio del desiderio

È duro accettare il verdetto di sterilità. Quando ci si sposa, ci si sente disponibili ad accogliere dei figli: scoprire di non poterlo fare porta a una delusione profonda perché non coinvolge solo la coppia, ma anche coloro che sono loro vicino: gli amici, i genitori, i parenti. Sapersi sterili altera la vita di coppia e diventa motivo di sofferenza, sia nella donna sia nell'uomo, poiché è una condizione che si inserisce nei meccanismi profondi di identificazione.

Nella donna, durante la gravidanza, la sua identità si esprime in uno speciale ed unico senso di completezza che la fa sentire “piena”.

Nell'uomo fare un figlio realizza la continuità della propria identità nel tempo, segno del permanere della famiglia nelle generazioni.

La coppia sterile può vivere una caduta psicologica e sociale: dalla sfera sessuale l'insuccesso investe altri ambiti, dal piano dei rapporti interni alla coppia a quello dei rapporti con la famiglia, con il gruppo degli amici, con la società. La coppia sterile si scopre incapace di qualsiasi progetto.

L'elaborazione del lutto della sterilità avviene quando si è in grado di interiorizzare la perdita della propria potenza generatrice e la reale mancanza del figlio desiderato.

Nella sterilità convivono queste due esperienze, ma c'è anche una terza componente: il bambino immaginario, in quanto i primi desideri di maternità e di paternità nel corso degli anni si sono arricchiti di fantasie, aspirazioni, proiezioni.

Ricorrere all'adozione - alternativa che in questa fase comincia a presentarsi alla coppia - non risulta sempre facile, perché moglie e marito devono ammettere di essere incapaci di procreare. Capita talvolta che ci si metta rapidamente alla ricerca di un bambino da adottare, comportamento che rivela la negazione dei propri problemi.

Può tuttavia sorgere un equivoco quando le coppie ricercano un figlio a tutti i costi: da un lato, infatti, esiste il figlio del bisogno, dall'altro il figlio del desiderio.

Il figlio del bisogno è considerato il tentativo di riequilibrare l'immagine di sé, una sorta di difesa personale contro la sterilità; il figlio del desiderio è, invece, l'idea matura e consapevole del figlio nato altro da sé e dalla coppia, concetto che subentra nel momento in cui paradossalmente non si ha più bisogno di un figlio, ma lo si desidera.

Ecco dunque che la coppia giunge all'adozione dopo attente riflessioni.

In questo caso la donna sarà riuscita a far proprio un diverso modo di vivere la maternità, che non sia come unica conseguenza ad una gravidanza. L'uomo, dal canto suo, è disposto ad accettare una paternità fondata su un profondo legame d'amore.

Maria Teresa Giacomelli

Tratto dal nostro sussidio Genitori comunque…

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Adottare un bambino: le difficoltà saranno le stesse di quelle di un figlio generato?

•          Quanta generosità serve per prendere in affido un bimbo?

•          Conoscete bene la differenza tra adozione e affido? Approfondite il tema in gruppo.

 

15-FECONDITÀ ALLARGATA

L’amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia

 

Anche la famiglia con molti figli è chiamata a lasciare la sua impronta nella società dove è inserita, per sviluppare altre forme di fecondità che sono come il prolungamento dell’amore che la sostiene.

Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello.

Con la testimonianza, e anche con la parola, le famiglie parlano di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio, e mostrano la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che ci propone.

Amoris laetitia 181-184

 

L’oratorio

Da un paio di anni avevo iniziato a seguire il gruppo giovani della parrocchia di un piccolo comune a due passi da Pinerolo. Con la scusa di darmi una mano lei e con la scusa di farmi dare una mano io, abbiamo iniziato a trovare mille pretesti per vederci e stare insieme: attività da preparare, uscite da organizzare, predicatori da "ingaggiare" per i ritiri spirituali. Dopo poco più di tre anni eravamo sposati. E abbiamo proseguito con l'impegno di animazione a quattro mani. Non per inerzia ma per scelta.

La tipologia di impegno è cambiata nel tempo: dal gruppo di giovani adolescenti irrequieti ad un gruppo di preghiera biblico. Fino ad un cammino per giovani coppie di fidanzati "a lunga conservazione" (quelli che non hanno già prenotato le bomboniere, tanto per intenderci).

Per Cristina e per me è stato questo un modo di vivere nel quotidiano il versetto biblico che abbiamo scelto per il giorno del nostro matrimonio: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt. 10,8).

Patrizio e Cristina

GF 73, Essere fecondi

 

La scuola

Nella nostra esperienza di insegnanti ritroviamo una vecchia cosa ormai passata di moda, la vocazione a prendersi cura dei figli degli altri. Ogni prendersi cura, ogni "camminare con" ha a che fare con l'essere fecondi, con il dare possibilità nuove a chi ti è affidato.

Sembra strano ma quello che i ragazzi e i bambini stessi colgono al volo è la tua disponibilità a metterti in gioco, a credere in quello che fai.

Ci accorgiamo sempre più frequentemente della sete che hanno i ragazzi delle cose autentiche e delle cose che contano nella vita: per cosa vale la pena di far fatica, a chi dare la nostra fiducia, a chi affidarci completamente, perché scegliere cose che durano?

Più che risposte vogliono vedere come e cosa fai, e ci rimandano pungenti riflessioni: quale umanità ci mostrate voi adulti? Si può essere uomo o donna in modo pieno e bello o bisogna rassegnarsi?

Se crediamo e vogliamo essere fecondi dobbiamo tifare per loro, per un'altra umanità da realizzare, magari insieme.

Il futuro loro e nostro, passa per la capacità di scegliere l'essenziale; spesso le risposte che aspettano stanno nel senso delle cose che facciamo, nel come le facciamo e non nel loro numero o successo. Nessuna occasione è persa, se non quelle esperienze vissute superficialmente.

I ragazzi di oggi tengono in modo particolare a queste domande sulla vita, sulla morte, su cosa crediamo e a chi crediamo: non rispondere con la vita è assumerci la responsabilità di "deviarli in segreteria" o dichiararci "non raggiungibili".

Renato e Antonella

GF 73, Essere fecondi

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          I figli sono un reale impedimento ad aprirsi al servizio verso gli altri o a volte sono solo una scusa?

•          In un mondo lontano da Dio come possiamo essere suoi testimoni?

•          Quanto riusciamo ad addomesticare (rendere domestico), il mondo e quanto il mondo invece ci addomestica?

 

16-DISCERNERE IL CORPO

“Ciascuno, pertanto, esamini se stesso... perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1Cor 11,28-29)

 

L’Eucaristia esige l’integrazione nell’unico corpo ecclesiale. Chi si accosta al Corpo e al Sangue di Cristo non può nello stesso tempo offendere quel medesimo Corpo operando scandalose divisioni e discriminazioni tra le sue membra.

Si tratta infatti di “discernere” il Corpo del Signore, di riconoscerlo con fede e carità sia nei segni sacramentali sia nella comunità, altrimenti “si mangia e si beve la propria condanna”.

Questo testo biblico è un serio avvertimento per le famiglie che si richiudono nella loro propria comodità e si isolano, ma più specificamente per le famiglie che restano indifferenti davanti alle sofferenze delle famiglie povere e più bisognose. Non bisogna dimenticare che la “mistica” del Sacramento ha un carattere sociale. Le famiglie che si nutrono dell’Eucaristia con la giusta disposizione, rafforzano il loro desiderio di fraternità, il loro senso sociale e il loro impegno con i bisognosi.

Amoris laetitia 186

 

Chiesa e famiglia

La famiglia è per eccellenza un evento comunicativo, ed è nella comunicazione che uno trova la propria identità di fronte all’altro. Nella dinamica della Chiesa avviene la stessa cosa: io ho bisogno dell’altro per essere Chiesa. Questo è il punto vero che avvicina la chiesa all’esperienza coniugale e familiare, anzi l’essere sposi ricorda alla Chiesa che è dall’altro che riceve ed è per l’altro che ognuno di noi esiste.

Ricordiamo che il sacramento del matrimonio è sacramento della Chiesa e nella Chiesa; nessuno è salvato per se stesso ma salvato dall’altro - per l’altro. La vera salvezza cristiana non è mai la mia salvezza ma la salvezza dell’altro ed è proprio quello che si vive nell’esperienza coniugale.

Dobbiamo fare attenzione perché sovente si fanno certe cose, si dicono certe preghiere, si praticano forme di devozione che toccano il cuore ma portano in sé una dinamica che, come diceva papa Giovanni Paolo II, è individualistica, di chiusura: "Il fedele laico non può chiudersi in se stesso isolandosi spiritualmente dalla comunità" (cfr. Christifideles 21-22).

Mons. Renato Marangoni, Scuola Famiglie di Vedelago (TV), 2008

 

Il gruppo come comunità

Una delle caratteristica fondamentali con cui possiamo descrivere un Gruppo Famiglia è quello della comunità.

Nel gruppo esiste un legame profondo d’appartenenza tra i vari membri, che supera differenze e varietà culturali. Ciascun gruppo ha, nella sua unità, caratteristiche di comunità ecclesiale: attenzione verso le necessità degli altri, rispetto della diversità, accoglienza reciproca.

L’aspetto comunitario si esprime nella disponibilità individuale a porsi al servizio degli altri non solo all’interno, ma anche all’esterno (preparazione dei genitori al Battesimo, dei fidanzati al Matrimonio, ecc.).

Anche i figli vivono il clima instaurato dai genitori: il gruppo aiuta ciascuna famiglia a creare condizioni favorevoli per la crescita dei figli con uno stile che spesso si differenzia da quello delle famiglie dei compagni di scuola o degli amici; ma se da un lato, nel confronto, i figli notano la differenza, dall’altro è rassicurante per loro vedere che i propri genitori non sono i soli a proporre uno stile di vita diverso rispetto a quello proposto dalla cultura dominante.

Tratto dal nostro sussidio: I Gruppi Famiglia, una realtà da vivere e scoprire

 

Condividere con gli altri

Da quando ci siamo sposati destiniamo circa il dieci per cento delle nostre entrate alla condivisione. Lo consideriamo un gesto di giustizia più che di carità, è diventata un’abitudine e non ci pesa.

Fino ad ora, nonostante siamo due insegnanti, non ci siamo mai trovati alle prese con difficoltà tali da rimpiangere quei soldi.

Elisabetta

GF84: Eucaristia e famiglia

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Quando facciamo esperienza di famiglia come chiesa domestica?

•          Il gruppo che frequentiamo in che misura coltiva la comunione fraterna?

•          Quale posto hanno i poveri nella nostra famiglia?

 

17-ESSERE FIGLI

Essere figli è sapere che non ci siamo fatti da soli, che la vita ci è stata donata e siamo stati accompagnati e guidati per diventare adulti

 

Tutti siamo figli. E questo ci riporta sempre al fatto che la vita non ce la siamo data noi ma l’abbiamo ricevuta.

Il grande dono della vita è il primo regalo che abbiamo ricevuto.

Per questo il quarto comandamento chiede ai figli […] di onorare il padre e la madre (cfr Es 20,12).

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: i genitori non devono essere abbandonati né trascurati, tuttavia, per unirsi in matrimonio occorre lasciarli, in modo che la nuova casa sia la dimora, la protezione, la piattaforma e il progetto, e sia possibile diventare realmente “una sola carne”.

Amoris laetitia 188-190

 

Una famiglia numerosa

Io sono cresciuta in una famiglia di dieci persone. La vita non era male anche se segnata da tante ristrettezze. Il papà era autorevole, qualche volta autoritario. Quello che aveva, e in principio erano debiti, l’ha sempre distribuito in maniera più giusta possibile, pensando più a noi che a lui.

La mamma, che con otto figli aveva il suo daffare, era la persona più dolce del mondo.

Ogni tanto volava qualche ciabatta, ma quando la masnada si calmava ci chiedeva scusa per aver perso la pazienza. Per noi era il castigo più grande vederla soffrire. Quando qualcuno si ammalava ci chiamava tutti spiegandoci che in quel periodo dovevamo star più buoni del solito perché nostro fratello aveva più bisogno delle sue attenzioni.

Noi siamo cresciuti, loro son diventati vecchi e ora sono fra le braccia Dio. Li abbiamo assistiti dandoci dei turni per non lasciarli mai soli, tutti i fratelli.

È stato un impegno, non una forzatura. Erano i nostri genitori. Non ci hanno lasciato tante cose, ma tanti valori da vivere.

Chiara

 

Figlio unico

Forse per la mia salute cagionevole, forse per le ristrettezze economiche, sono nato e cresciuto come figlio unico. Il mio universo era mia madre: non ho voluto andare alla scuola materna per non staccarmi dalle sue gonne e sono andato alle elementari solo perché era obbligatorio.

Quando sono stato adolescente la mia occupazione principale è stato lo studio: sentivo che i miei contavano su di me, avevano delle aspettative, non potevo deluderli.

Al momento di iniziare a lavorare, la vita mi ha presentato il “conto”. Non riuscivo ad avere una vita sociale, desideravo innamorarmi ma temevo le femmine.

E allora è entrato in scena mio padre. Grazie a lui sono riuscito, a poco a poco, ad uscire dal “guscio”, ad avere delle relazioni, ad incontrare quella che sarebbe diventata mia moglie.

Anche lei era figlia unica!

La prima cosa che abbiamo deciso insieme è stata quella di avere almeno due figli: e così è stato.

Fabrizio

 

La propria strada

Essere figli è sapere che non ci siamo fatti da soli, che la vita ci è stata donata e siamo stati accompagnati e guidati per diventare grandi.

I nostri genitori hanno impresso un segno di amore nella nostra vita e questo ci accompagnerà per sempre.

In questo segno ci sono i loro sogni e le loro aspettative su di noi che non sempre coincidono con le nostre.

Essere figli diventa allora la capacità di separarci da loro, individuando la nostra strada, anche se questa non corrisponde ai loro desideri ma alla necessità che ciascun figlio ha di diventare se stesso.

Luca

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Cosa ha significato per noi nascere in una famiglia numerosa o, all’opposto, essere figli unici?

•          Quanto siamo stati condizionati, nel scegliere la nostra strada, dai genitori?

 

18-GLI ANZIANI

Molte volte sono i nonni che assicurano la trasmissione dei valori ai loro nipoti e la loro iniziazione alla vita cristiana

 

Come Dio ci invita ad essere suoi strumenti per ascoltare la supplica dei poveri, Egli attende anche da noi che ascoltiamo il grido degli anziani. Dobbiamo risvegliare il senso collettivo di gratitudine, di apprezzamento, di ospitalità, che facciano sentire l’anziano parte viva della sua comunità. Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna.

Gli anziani aiutano a percepire “la continuità delle generazioni”, con “il carisma di ricucire gli strappi”.

Molte volte sono i nonni che assicurano la trasmissione dei grandi valori ai loro nipoti e molte persone possono constatare che proprio ai nonni debbono la loro iniziazione alla vita cristiana. I racconti degli anziani fanno molto bene ai bambini e ai giovani, poiché li mettono in collegamento con la storia vissuta sia della famiglia sia del quartiere e del Paese.

Una famiglia che ricorda è una famiglia che ha futuro.

Amoris laetitia 191-193

 

Provare ammirazione

Le stagioni della vita si rispecchiano nell'esperienza della famiglia e della coppia. Proprio nell'incontro fra generazioni possiamo misurare, come persone, lo scorrere del tempo e, come cristiani, come questo tempo sia occasione di grazia e di salvezza.

Occasione di grazia è la meraviglia nel constatare che ogni giorno, come genitori e come figli, siamo impegnati nel costruire le nostre realtà familiari, perché siano piccole comunità di persone ma anche piccole chiese domestiche.

Provare meraviglia significa non dare per scontate le relazioni fra generazioni ma coltivarle in modo franco e aperto; quando vite e storie si intrecciano è inevitabile che vi siano momenti di discussione e di confronto, ma senza mai rinunciare al dialogo.

Il confronto è sempre arricchente e mai scontato: da una parte c'è l'esperienza e dall'altra la forza del nuovo.

Questi due elementi si traducono per entrambe le parti in un'originale quotidianità che aspira a sfidare il tempo, a patto che si sappia essere aperti, attenti a cambiare per amore dell'altro, in altre parole a "convertirsi".

"Convertirsi": che parolone! Può sembrare molto lontano dalla vita di tutti i giorni, eppure le gioie e i dolori, le difficoltà in genere sono realtà che non ci lasciano uguali a prima, ma ci cambiano e ci spingono a cogliere l'essenziale.

È così ci scopriamo a sbirciare con occhi diversi i nostri genitori mentre giocano e sorridono con i nostri figli (e così ci permettono di dedicare del tempo per noi due, per le altre famiglie); quando attendono preoccupati l'esito di un esame medico importante; quando gioiscono di fronte ad un traguardo importante che noi abbiamo raggiunto; quando piangono per la morte dei loro genitori, o di uno dei loro figli...; quando si rimboccano le maniche, ora che sono in pensione, per permettere ad altri di stare meglio.

Sommersi dai nostri impegni ammiriamo i nostri genitori per la forza e l'energia interiore che mostrano; e nei loro momenti immancabili di malattia o di stanchezza impariamo a stare loro vicini, in punta di piedi, perché non si sentano in colpa nel darci “tanto disturbo”.

Il loro accogliersi fra sposi è intessuto di gesti quotidiani di disponibilità, di rinuncia a favore degli altri, siano essi i mariti/mogli o i nipoti o gli amici o chiunque abbia bisogno.

Ci stupisce sempre la loro capacità di accogliere ciò che cambia, senza averlo programmato o pensato: lo accolgono preoccupati di essere all'altezza del compito, per la felicità dell'altro.

Chissà chi li sorregge in questa stagione della vita in cui ci parrebbe giusto ricevere almeno in misura paragonabile a quanto hanno dato; noi crediamo che li muova il bisogno di far continuare nei loro figli e nipoti la storia della "Salvezza", di generazione in generazione...

Antonella e Renato Durante

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Come riusciamo a conciliare le sensibilità delle diverse generazioni?

•          Cosa ci proponiamo di fare quando saremo anziani?

•          Prenderci cura dei nostri anziani. Cosa ci motiva?

 

19-ESSERE FRATELLI

Un fratello - o una sorella - è una risorsa importante durante la crescita e la sua presenza lascia il segno per tutta la vita

 

Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo! Crescere tra fratelli offre la bella esperienza di una cura reciproca, di aiutare e di essere aiutati. Bisogna riconoscere che avere un fratello, una sorella che ti vuole bene è un’esperienza forte, impagabile, insostituibile, però occorre insegnare con pazienza ai figli a trattarsi da fratelli.

Tale tirocinio, a volte faticoso, è una vera scuola di socialità. In alcuni Paesi esiste una forte tendenza ad avere un solo figlio, per cui l’esperienza di essere fratello comincia ad essere poco comune. Nel caso in cui non sia stato possibile avere più di un figlio, si dovrà trovare il modo di far sì che il bambino non cresca solo o isolato.

Amoris laetitia 194-195

 

Fratelli: una risorsa

Fratello o sorella si nasce o lo si diventa generalmente da piccoli; un fratello (o una sorella) è una risorsa importante durante la crescita e la sua presenza lascia il segno per tutta la vita.

Condividere la dinamica del rapporto figlio - genitore insieme ad una persona che ti sta accanto e si relaziona come un tuo “pari”, conferisce una marcia in più, anche perché ti fa subito imparare, con la sua sola presenza, che tutto il mondo non gira solo intorno a te e che tutto va diviso, a partire dalle cure e dall’affetto dei genitori.

Ringrazio per questo i miei genitori e il Signore che ha permesso di esaudire il loro sogno di avere molti figli, perché oggi, a quasi sessant’anni, non riesco ad immaginare come sarei vissuto senza i miei fratelli.

Sono stato coccolato dalla sorella e dal fratello più grandi da ragazzo; quando ero giovane padre abbiamo vissuto tanti momenti di gioia e comunione con i tanti figli ed i nipoti, ma l’esperienza più significativa della nostra condivisione parentale l’abbiamo però vissuta in età matura, in occasione della lunga degenza della mamma, affetta da demenza senile. I ruoli si sono, strada facendo, delineati, chi si è ritrovato ad avere una propensione per gli aspetti economici, chi per gli incarichi prettamente sanitari e chi, come me, ha curato più l’aspetto sentimentale e affettivo nei confronti di una persona bisognosa di coccole e di cure.

Il rapporto fra noi è diventato intenso e profondo, ci siamo sentiti uniti e spinti dal desiderio di condividere e raccontarci i momenti che ciascuno da solo viveva con la mamma, con una intimità così intensa da essere difficilmente condivisibile con i rispettivi mariti o mogli. E così anche la sofferenza viene suddivisa, insieme ci si aiuta a portare il “peso”.

Fabio Andreuccetti

 

Tanti ma felici

Io sono la quarta di otto fratelli con circa 20 anni dalla prima all’ultima. Non ci è mai mancato nulla di indispensabile, ma solo quello. Papà faceva il contadino, due volte all’anno andava in città a pagare le tasse e ci comprava libri da leggere sulle bancarelle perché costavano poco e palle per giocare. Era tutto quello che poteva permettersi, ma per noi era tantissimo. Vivevamo in campagna e inventavamo ogni giorno giochi nuovi, qualche volta anche pericolosi: bastava che i nostri genitori non ci scoprissero. La mia infanzia come vedete è stata felice e serena anche se c’era poco.

Come fratelli ci siamo sempre aiutati, anche ora che abbiamo i figli grandi. Noi abbiamo tre figli molto diversi per età. Anche nel periodo adolescenziale in cui non sai come prenderli e i genitori sono degli emeriti cretini sono riusciti ad aiutarsi fra loro proprio perché noi facciamo fatica a capire il loro linguaggio. I più grandi riuscivano a rimediare alle marachelle dei piccoli prima che arrivassero a noi.

Ora che hanno tutti superato i 30 anni si parlano, si aiutano e si stimano e si vogliono bene. Questa è l’eredita che vogliamo lasciar loro.

Chiara Borsato

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Come insegniamo ai nostri figli a trattarsi da fratelli?

•          Qual è lo stato di salute dei rapporti con i nostri fratelli/sorelle?

•          In età adulta, cosa può guastare il rapporto che da bambini avevamo tra di noi figli?

 

20-LA FAMIGLIA ALLARGATA

I gruppi famiglia, i campi estivi per famiglie, questa stessa rivista sono un esempio di come si può crescere come coppia e come famiglia

 

L’amore tra i membri della stessa famiglia - tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare. In tale ambito si inseriscono anche gli amici e le famiglie amiche, ed anche le comunità di famiglie che si sostengono a vicenda nelle difficoltà, nell’impegno sociale e nella fede.

Questa famiglia allargata può anche aiutare a compensare le fragilità dei genitori, o a scoprire e denunciare in tempo possibili situazioni di violenza o anche di abuso subite dai bambini, dando loro un amore sano e un sostegno familiare quando i loro genitori non possono assicurarlo.

Infine non si può dimenticare che in questa famiglia allargata vi sono anche il suocero, la suocera e tutti i parenti del coniuge.

Amoris laetitia 196-198

 

I gruppi famiglia

Siamo sempre stati convinti che il Signore accompagna il nostro cammino permettendo incontri, esperienze, amicizie che ci aiutano a crescere. Uno di questi momenti, nella nostra vita di coppia, è stato l’incontro con i Gruppi Famiglia avvenuto, per la prima volta, nel 1989 quando, giovani sposi, abbiamo partecipato alla due giorni a Castelnuovo Fogliani.

In quell’occasione abbiamo conosciuto amici splendidi come Anna e Guido, Toni e Valeria, Franco e Noris che con tanta semplicità e tanto entusiasmo hanno condiviso con noi la gioia di essere sposi e la voglia di crescere, ogni giorno, come coppia.

Così ci siamo avvicinati allo stile dei GF riuscendo, negli anni a venire, a proporlo nella nostra parrocchia coinvolgendo anche coppie di paesi vicini.

Le coppie che con noi hanno fatto il cammino dei GF hanno conservato il ricordo (e la nostalgia) dei bei momenti di crescita vissuti insieme, ma soprattutto hanno imparato che è possibile coltivare l’amore reciproco anche nelle difficoltà del vivere quotidiano.

Maria Teresa e Angelo Negri

GF87 25 anni tutti a colori

 

I campi estivi per famiglie

Durante il mese di agosto abbiamo avuto il piacere di visitare ben tre campi estivi per famiglie, una giornata per ogni campo ed è risultata per tutti noi un'esperienza molto arricchente e piacevole. L'unico rammarico è quello di non essere riusciti a visitare più campi durante le nostre vacanze.

Ci siamo immersi fin da subito, nel clima di "famiglia allargata" molto partecipe e conviviale, dove si raggiunge una comunione di intenti e di cuori che difficilmente ed in così poco tempo si può sperimentare in altri ambienti. Insieme ai relatori, esperti e competenti, abbiamo approfondito temi vari di spiritualità familiare che fanno nascere il desiderio e l'esigenza di conoscere di più il Mistero e la Grazia del sacramento matrimoniale e la voglia di pregare maggiormente.

Abbiamo respirato e vissuto un gran desiderio di condivisione, di mettersi in gioco, di prendere spunti e confrontarsi con altre famiglie che affrontano situazioni e problemi diversi dai nostri.

Un grande esempio di servizio e gratuità sono stati per noi gli organizzatori, gli animatori e le cuoche, che con premura ed attenzione costante hanno fatto sì che tutto funzionasse per il meglio.

Abbiamo incontrato e conosciuto sacerdoti, completamente a loro agio nel clima di festa e di raccoglimento, che guardano con fiducia alle famiglie come ad una grande risorsa della Chiesa.

Ogni componente familiare, dai più piccoli ai più grandi, ha dato il suo personale ed unico contributo per la riuscita del campo!

Nicoletta e Corrado Demarchi

GF66 Genitori e figli

 

Per il lavoro di coppia e di gruppo

•          Quanto vi è utile per la vostra vita di coppia partecipare ad un gruppo famiglia?

•          Avete mai dedicato una settimana per partecipare ad un campo famiglia o ad un’altra esperienza di spiritualità familiare?

 

21-PER APPROFONDIRE IL TEMA

I libri usati per realizzare questo numero

 

Giulio Meazzini (a cura di), Padri, Città Nuova Editrice, Roma 2019.

Si tratta di un piccolo dossier in formato tascabile con un centinaio di pagine che viene pubblicato tre volte l’anno e spedito come allegato al mensile Città nuova, rivista del movimento dei Focolari.

L’apparenza dimessa non deve far sottovalutare la qualità del contenuto.

Ad una prima scorsa le considerazioni possono sembrare banali, leggendo il testo con calma si scopre che non è così.

Gli interventi, in questo caso sei, sanno spaziare bene sull’argomento.

La curatrice scrive: “Il lettore troverà contributi molto diversi tra loro; l'unico fattore comune è forse un pizzico di speranza. L'obiettivo è favorire una riflessione consapevole e magari... anche un cambiamento nello stile di vita di tutti noi padri, madri, figli e figlie”.

 

Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri editore, Torino 2016.

Abbiamo “scoperto” l’autore e questo volume grazie al dossier di Città nuova, (vedi sopra).

Si tratta di un saggio sulla paternità molto letto e citato. L’autore è uno psicanalista junghiano impegnato anche come saggista.

Ci troviamo di fronte ad un testo di quasi 400 pagine che, come è scritto nel sottotitolo: “dalla preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre”, fa un lungo excursus intorno alla figura paterna.

Delle quattro sezioni che compongono il libro abbiamo trovato molto interessanti la prima e l’ultima, apprezzando meno, perché contenenti troppi spunti specialistici, le altre due che trattano la figura paterna nell’antichità greco-romana e nella modernità occidentale.

Dobbiamo confessare che questo testo ha ci molto guidato nella scrittura dei primi 4 articoli di questo numero.

 

Mariolina Ceriotti Migliarese, Erotica e materna, Edizioni Ares, Milano 2015.

Come in una matrioska, dalla lettura del libro di Zoja siamo arrivati a questo testo grazie a due parole chiave: erotica e materna.

Si tratta di un bel volume, scritto da una neuropsichiatra, che opera anche come psicoterapeuta per adulti e coppie.

Lo abbiamo utilizzato nell’articolo dedicato alla figura materna ma il testo contiene molti altri spunti, che ne rendono interessante la lettura sia a lettori adulti sia a lettori giovani.

Abbiamo usato il maschile, anche se il libro è dedicato al “femminile”, perché una conoscenza seria dell’altra metà del cielo può essere molto utile anche ai lettori maschi.

Ma può anche essere utile alle lettrici, che ritroveranno nel libro molto di se stesse, e delle difficoltà ad essere, in ogni stagione della vita, allo stesso tempo “erotiche e materne”.

 

A. Vitullo - R. Zezza, MAAM. La maternità è un master, Rizzoli Libri, Milano 2018.

Il libro raccoglie l’esperienza dell’autrice che, dopo una carriera in azienda, ha fondato la piattaforma Maam - Maternity as a master. Da allora gira il mondo spiegando a donne e uomini delle grandi aziende che dopo la nascita di un figlio possono aumentare le capacità e le competenze, anche sul lavoro.

Scrive l’autrice: “Come donne, cresciamo pensando che occuparsi dei figli e realizzarsi pienamente sul lavoro siano strade in conflitto. La maternità, invece, è un valore aggiunto che le aziende dovrebbero conoscere e usare, nella sua capacità di moltiplicare competenze ed energie”.

Un’utopia? fino ad un certo punto: almeno 40 grandi aziende italiane hanno utilizzato Maam per formare i propri dipendenti, donne e uomini con bambini da zero a tre anni, sulle competenze trasversali che si acquisiscono da genitori.

 

Comunità di Caresto, Le età della coppia, Gribaudi Editore, Milano 2017.

Non poteva mancare, in questa rassegna di libri dedicata all paternità e alla maternità, un libro per le coppie. Prima di essere padre e madre si è amanti e sposi.

È a loro che è dedicato questo agile libretto che si rivolge a coppie giovani e meno giovani.

Tre sono le parti in cui è suddiviso il libro: la sessualità, il matrimonio, la vita adulta.

Ognuno dei tre temi è declinato per fasce d’età: il libro può essere utile tanto ai fidanzati quanto alle coppie mature.

Scrivono gli autori: “Ogni età può essere una bella età se ci si lascia trasformare con fiducia e positività dalla continua creatività di Dio ‘che rinnova come aquila la nostra giovinezza’ (Sal 103,5)”.

In più, ogni capitolo è corredato di domande per il lavoro personale e di coppia.

 

22-NOTIZIE DAL COLLEGAMENTO NAZIONALE

L’incontro del 16 giugno ad Airasca (TO)

Eletta la nuova coppia responsabile del Collegamento

 

di Antonella e Renato Durante

Ci siamo ritrovati ad Airasca, tre mesi dopo l’incontro di Ronco Briantino, per provare a trovare insieme una risposta ad alcune questioni che erano emerse nell’incontro brianzolo e in particolare ad un nodo che non eravamo riusciti a sciogliere. Eravamo solo in cinque famiglie, e questo aspetto, a volte penalizzante, in questa occasione è stato prezioso per poter fare più facilmente sintesi. Ma procediamo con ordine.

C’è, in questo momento, una fatica che attraversa tutta la Chiesa, e coinvolge anche la pastorale familiare. Rispetto a trent’anni fa, quando è iniziata l’esperienza del Collegamento, il livello culturale cristiano è molto cambiato, si riscontra una grande fatica in tutti i campi.

La crisi che noi cogliamo al nostro interno è anche presente a livello diocesano e parrocchiale; in generale c’è una profonda indifferenza verso i fondamenti del messaggio cristiano, al punto che a volte le proposte di cammini catecumenali vengono accolte come “moleste”.

È giusto dare i sacramenti a tutti coloro che li richiedono, senza troppi approfondimenti? Rispondere con il perché almeno così si ha occasione di vedere persone che altrimenti non incontreremmo mai, è un po' rinunciare ad annunciare la buona notizia del Vangelo.

A livello di pastorale familiare la gente ha paura ad aprire le porte di casa per non dover mostrare le proprie insicurezze. Le coppie che partecipano alle iniziative proposte (per esempio i campi) non si sentono tenute a coinvolgere altre famiglie, pur apprezzando l’esperienza fatta.

In questo contesto si è inscritto il nodo che dovevamo risolvere: la nomina di una nuova coppia responsabile del Collegamento. La prima proposta è stata quella di costituire un direttivo, in cui tutti i presenti fossero coinvolti, per gestire in modo collegiale il Collegamento stesso. Ma in questo momento chi ha una visione complessiva, seppure non immediata, della nostra esperienza? La coppia che cura la redazione della rivista e ha riscontri da tutte le famiglie che la ricevono.

Così Noris e Franco Rosada hanno accettato di coordinare il direttivo assumendo l’incarico di coppia responsabile. Tutti siamo loro riconoscenti per il lavoro insostituibile svolto in questi anni, stupiti ancora una volta per la disponibilità espressa e profondamente grati al Signore; a loro auguriamo buon inizio garantendo la nostra collaborazione e preghiera.

 

23-FARE DISCERNIMENTO

di Noris e Franco Rosada

Sono passati trent’anni dall’inizio del cammino del Collegamento tra Gruppi Famiglia e ora tocca a noi, che lo abbiamo percorso fin dall’inizio, diventarne responsabili.

Non è un impegno che abbiamo cercato, ma la realtà delle cose l’ha reso quasi inevitabile.

In un momento in cui la generazione dei fondatori si avvia al tramonto e le generazioni successive non riescono ad offrire - per il momento - un ricambio, vanno bene anche i “topi da biblioteca”.

Infatti, è noto a molti che il nostro impegno da parecchi anni è interamente rivolto alla rivista di collegamento mentre i campi e le scuole non sono nelle nostre corde.

Per ovviare a questo limite saremo affiancati da un direttivo, formato dalle coppie che ci hanno eletto: Corrado e Nicoletta Demarchi, Maria Rosa e Franco Fauda, Renato e Antonella Durante, Ernesta Magni Brambilla.

Tutti insieme saremo chiamati a fare “discernimento” per capire se, dopo trent’anni di cammino, il carisma che ha ispirato la nascita del Collegamento abbia esaurito o no la sua spinta e individuare cosa è più utile, nell’oggi, per le coppie e le famiglie

Confidiamo, con l’aiuto del Signore, che altre coppie si possano aggiungere al Direttivo in modo che, tra cinque anni, possa succederci una coppia “giovane”.

 

24-CAMPI ESTIVI 2019

Un’estate di belle esperienze e di belle famiglie

 

Costano – Assisi, 4-11 agosto

Campo formato light, sei famiglie con figli e animatori al seguito, cucina autogestita e tanta voglia di sperimentare ancora una volta la fraternità fra famiglie. Ospitati di giorno in giorno da comunità sparse fra Umbria e Marche, siamo stati travolti dalla calda amicizia di chi ha pregato e ha atteso con gioia il nostro arrivo.

Noi famiglie provenienti da Puglia, Veneto, Friuli e Lombardia affrontiamo una sorta di pellegrinaggio per rinfrancarci nello spirito, per cercare il caldo abbraccio di quelle persone che ancora una volta ci incoraggiano e gioiscono delle nostre vite, come fossero più che fratelli e sorelle.

In questo clima di profonda vicinanza, non è stato difficile ricordare Gianprimo che molte volte ha percorso queste strade con noi, piangere e stringerci in un fraterno abbraccio per poi ripartire.

La ricarica di Spirito ti serve per l’inverno e si fa meraviglia quando vedi i figli crescere di anno in anno, alternarsi nell’accogliere i nuovi bambini e ragazzini.

Il sapore di quest’estate ce lo ritroviamo addosso, come un odore persistente. Sono i nostri figli che ce lo ricordano e in particolare il loro coraggio: Maria a 19 anni in Perù ad Ancòn e Giorgia 21 anni a Ndola in Zambia per un periodo di missione… sorelle di chi è sicuramente più povero.

Che dire… a leggere i fatti della vita delle famiglie c’è da ritrovare la speranza.

Un grazie a chi ha creduto ancora una volta a questa esperienza vissuta insieme dalle famiglie e chissà… un arrivederci al prossimo anno.

Renato e Antonella

 

Bessen Haut, 10-18 agosto

Dopo nove anni in cui abbiamo fatto esperienze diverse (i nostri figli ormai adulti fanno le vacanze per conto loro...) abbiamo deciso di partecipare nuovamente ad un campo famiglie, in particolare quello di Bessen Haut, nella nostra diocesi, dove eravamo già stati nel 2010.

Abbiamo pensato che il tema “Non di solo pane... quando la preghiera è di casa” fosse adatto alle famiglie di tutte le età, anche quelle “giovani da più tempo” come noi.

Conoscevamo già alcune famiglie, altre le abbiamo incontrate per la prima volta, ma è sempre stimolante e arricchente confrontarsi con persone nuove, che aiutano a scoprire meglio anche noi stessi.

L'attività del mattino, guidata dal relatore don Paolo Scquizzato, ci ha portato a riflettere in profondità sul Padre Nostro, sviscerandone ogni giorno una parte, lasciandoci provocare da alcune affermazioni, cercando di andare oltre gli insegnamenti già ricevuti e a volte dati per scontati, imparando a confrontarci in modo anche vivace, con l'obiettivo di aiutare la nostra fede a diventare veramente adulta.

Sono tanti gli spunti che ci siamo portati a casa e sui quali c'è molto da lavorare.

Proviamo a citarne due tra gli altri: “l'Amore trasforma, non cambia, parte sempre da una realtà concreta ma vede con il cuore” - “Dio non ha figli da perdere; l'Amore lascia liberi, non può trattenere, ma lontano dall'amato l'amore si disperde”.

Spunti che sembrano facili ma poi la loro attuazione nella nostra vita quotidiana non è così semplice!

Una novità che abbiamo apprezzato è stata la meditazione mattutina guidata dal relatore, sempre partecipata, secondo il metodo cristiano del monaco John Main: venti minuti di silenzio totale, al termine del quale ci veniva proposta la lettura del Vangelo del giorno.

Anche la camminata nella natura, al termine della quale abbiamo incontrato il nostro vescovo, mons. Derio Olivero, venuto a celebrarci la messa, è stata un bel momento di condivisione.

Un grazie particolare ai cuochi, che sono stati veramente ottimi nel loro servizio gratuito e agli organizzatori del campo.

Anna e Ferruccio

 

Valle di Cadore, 17-24 agosto

Fuori dalla galleria, il ponte e poi il bivio: di qua si va ad Auronzo, di là a Cortina. Siamo in Cadore, in montagna, anche quest’anno si va al campo famiglia.

Campo famiglia non campo scuola, perché nessuno insegna e non ci sono maestri. Sono all’incirca trent’anni che in Veneto, Piemonte, Umbria e in altre parti d’Italia i Gruppi Famiglia organizzano settimane autogestite, dedicate alla condivisione e al confronto cristiano, con uno stile familiare , dove la vita quotidiana si confronta con la spiritualità.

Quest’anno siamo a Valle di Cadore, le Dolomiti ci accolgono con la loro bellezza e il loro clima gentile.

Il tema della settimana è:” Famiglia che coltiva e promuove la fede”. Ad aiutarci nel percorso c’è Don Daniele Vettor, parroco di Vallà.

Una settimana che inizia domenica pomeriggio, con l’arrivo alla Casa Alpina Villa Letizia del furgone con le provviste e il materiale per l’animazione dei bambini e ragazzi; poi una dopo l’altra arrivano le cuoche - gentilissime volontarie - gli animatori e le animatrici, carichi di adrenalina ed entusiasmo e le famiglie, alcune già svezzate ed esperte, altre nuove e un po’ impaurite.

L’ampio cortile si riempie a poco a poco di saluti, strette di mano, baci e abbracci, vociare di bambini che, trovata una palla, giocano quasi si conoscessero da sempre.

Valigie, borse, zaini prendono il via sulle spalle degli sherpa familiari verso le camere, dove vengono abbandonati, mentre gli scarponi rimangono nei bauli delle macchine, in attesa di essere calzati per le uscite su per i sentieri.

Non c’è tempo per disfare e mettere in ordine, troppa la voglia di conoscersi e scambiarsi informazioni sui figli e sui paesi d’origine: “Tutto bene? Ti vedo cresciuta! Ma sei ingrassato! Ti vedo in formissima! Ci siete anche voi! Quanto ci avete messo ad arrivare?”.

Con l’affettuosa accoglienza, un po’ di frutta, panini con la Nutella, the e caffè inizia il campo famiglia.

on l’arrivo del sacerdote c’è anche la possibilità della S. Messa e delle lodi mattutine, momenti che assumono valenza personale e profonda, accompagnandoci nel cammino della settimana. È ora di cena e come a pranzo e colazione ci suddividiamo i compiti: chi apparecchia, chi serve a tavola, chi lava i piatti (anche se qui a Villa Letizia c’è la lavastoviglie!) chi pulisce i luoghi comuni.

Qui si mangia semplice, sano e abbondante, non va sprecato nulla: anche questo è uno stimolo da portare a casa. Il caffè sveglia tutti al mattino e alla sera dà nuova energia per affrontare le serate, a cui tutti partecipano: sono un momento in cui ci si lascia andare allegramente, in cui ci si mette in gioco e tante paure e inibizioni cadono, creando un’atmosfera di amicizia e complicità.

Certo le serate sono preparate, prima di arrivare al campo, dagli animatori ma poi ciascuno ci mette del suo, donando agli altri un po’ di gioia e allegra accoglienza.

Le famiglie si presentano dapprima con timore e poi con un grande sorriso, ci stanno agli scherzi e alle prove di abilità ; i bambini diventano figli di tutti, i mariti cercano vittorie azzardate contro le mogli in giochi di abilità, poi tutto si ricompone e una benedizione di don Daniele manda tutti a letto.

Domani si iniziano i lavori, un percorso di approfondimento, conoscenza e condivisione basato sulla parola di Dio: il relatore accende i fuochi, estrapola argomenti e concetti e poi lancia la palla alle famiglie che in coppia o in gruppo condividono e si confrontano alla luce del loro vivere.

Un percorso che si snoda durante tutta la settimana, alternato da uscite in montagna. Un alternarsi di bellezza, fatica, profondità e arricchimento interiore, momenti dedicati alla riconciliazione con Dio e con se stessi che si concludono con il rinnovo delle promesse di matrimonio, in una semplice liturgia ricca di sentimento.

È passata una settimana, ora spetta a noi portare a casa gl’insegnamenti di don Daniele e ruminarli, come abbiamo sperimentato nella Lectio Divina e Revisione di Vita.

Antonio e Fiorenza,Tony e Valeria, storici organizzatori e anime dei campo famiglia, tirano le conclusioni e dopo una serata finale di grande festa ci salutano e ci danno un arrivederci al prossima occasione che siano gli incontri dei gruppi famiglia nelle varie parrocchie di origine o che sia il campo famiglia dell’anno prossimo.

Intanto teniamoci in contatto!

Gigi Agostinis

 

25-MANDATECI UNA E-MAIL…

È in corso di attuazione la riforma del terzo settore che coinvolge anche noi, come associazione senza scopo di lucro.

Tra le novità vi è anche quella di inviare a fine anno una ricevuta di quanto versato a coloro che ci sostengono. Questo si può fare attraverso una lettera personalizzata oppure attraverso una e-mail.

Questa soluzione è la più economica ma, purtroppo, non abbiamo tutte le vostre e-mail.

Fateci un regalo di Natale! Mandate una mail con il vostro nominativo a formazionefamiglia@libero.it.

Ve ne saremo grati!

La redazione

 

26-COME SI FA AD ORGANIZZARE UN CAMPO ESTIVO?

L’esperienza del Collegamento tra Gruppi Famiglia ha come punto fondativo l’esperienza dei campi estivi. Il primo campo fu organizzato nell’estate del 1984 sulle Dolomiti venete, ben sei anni prima della nascita del Collegamento stesso.

La caratteristica dei nostri campi è sempre stata quella di coinvolgere l'intero gruppo familiare, non lasciando nessuno ai margini.

Per la coppia si propone un coinvolgimento “adulto”. Si cerca di far leva sul suo “desiderio” di crescita, di apertura, di rinnovamento. Per i figli si propone un cammino parallelo, sotto la guida di animatori preparati, che in più momenti della giornata incontra quello dei genitori.

Per questo motivo nel 2013 abbiamo deciso di realizzare un sussidio dedicato a questo tema, in modo da raccogliere le esperienze maturate nel corso degli anni.

Il sussidio è scaricabile dal nostro sito - su cui si trovano anche foto dei materiali usati - ma si possono richiedere anche copie cartacee alla redazione scrivendo a:

formazionefamiglia@libero.ti.

Da quest’anno è disponibile anche un modello del quaderno che viene usato per il cammino parallelo dei bambini e dei ragazzi.

Ne potete avere un “assaggio” a pagina 28 dove viene riportato il “cammino” del primo giorno di campo.

 

27-LA NUVOLA SONORA

Dal quaderno per l’animazione dei bambini e dei ragazzi al campo per famiglie di Valle di Cadore (BL)

 

di Chiara Maria Boldrini

C'era una volta, ma c'è ancora oggi, una nuvola di nome Sonora. Era molto piccina ma talmente bella che sembrava un piccolo ciuffo di panna montata. Sonora, come tutte le nuvole, viveva nel cielo ed era un cirrocumulo molto curioso.

Dovete sapere che, anche se si divertono a creare forme buffe, le nuvole sono esemplari molto seri, ligi al dovere. Ognuna di loro ha un compito preciso: sa dove e quando portare pioggia, ma soprattutto quanta.

Il capo di tutte era il Signor Hans. Hans era un uomo grande, con due grossi baffi e i capelli azzurri; era un uomo molto buono e tutte le nuvole gli portavano rispetto.

Alle quattro di ogni mattina, Hans distribuiva a ognuna di loro il compito della giornata.

A chi toccava portare pioggia riceveva un secchio pieno d'acqua e, dopo averlo caricato sulle spalle, viaggiava sopra il Mondo per far piovere dove ce n'era bisogno: un po' sui monti, un po' sui fiori e un po' sulle colline ... tutto il Mondo veniva dissetato.

Quel giorno il Hans affidò a Sonora il compito di portare il secchio d'acqua verso Ovest e arrivare fino all'oceano.

Dunque, Sonora si mise in viaggio verso Ovest, come le aveva ordinato Hans, ma si chiedeva che cosa se ne facesse l'oceano di quelle poche, pochissime gocce contenute nel suo secchio.

L'oceano era ormai all'orizzonte; Sonora era molto contenta: anche quel giorno avrebbe compiuto il suo dovere.

Mancavano pochi minuti all'arrivo, quando la corrente su cui stava viaggiando iniziò a scarseggiare e la piccola nuvola cominciò a sbandare. Qualcosa la stava trascinando via. Qualcosa di molto forte. Un vento potente.

Sonora lottò con tutte le sue forze per rimanere nella sua corrente, ma l'avversario era troppo forte e riuscì a strattonarla via. Via, lontano. L'oceano era sempre più distante; il nuovo orizzonte aveva un colore diverso, tutt'altro che blu e verde acqua: era marrone, rossastro, immenso. Il nuovo orizzonte era il deserto.

Allora la forte corrente che l'aveva trascinata fin lì cessò all'istante. In un attimo vi fu la quiete più totale.

Il deserto era davvero silenzioso, molto di più di quello che le avevano raccontato.

Eppure, a guardarlo meglio, non faceva così tanta paura. Era enorme e su quei chilometri infiniti c'erano erbacce di ogni tipo. “Devono essere stati dei bei cespugli, peccato che senza pioggia siano seccati”, pensò.

Tra questi cespugli si ergevano maestosi degli alberi strani: alti, altissimi, verdi con dei rami grossi quasi quanto il tronco ... ma senza foglie, e niente fiori. Lì sembrava tutto morto.

Dentro Sonora c'era un temporale di emozioni. La paura di non sapere dove fosse, di non sapere come tornare a casa, altalenava con la curiosità frizzante che la caratterizzava da sempre.

Ovviamente, come potrete immaginare, vinse la curiosità: non perse tempo e cominciò a girare quel posto affascinante.

Sintesi della Redazione

 

Per approfondire

•          Le nuvole del racconto avevano regole precise: sai individuarne qualcuna?

•          Perché Sonora voleva essere: diligente, ordinata e puntuale?

•          L’oceano aveva davvero bisogno della sua acqua?

•          Com’era l’animo di Sonora quando il vento la trascinò nel deserto?

 

Per interrogarsi

•          L’ordine e le regole sono cose importanti. Secondo te a che cosa servono e chi le deve stabilire?

•          Si può vivere facendo sempre quello che gira in testa?

•          Anche i propositi sono molto importanti! Ma quante volte si riesce a fare quello che ci si propone?

•          A volte ci viene comandato di fare qualcosa che non riusciamo a capire…ti è mai capitato?

 

Il racconto è stato tratto dal libro dell’autrice: Il deserto di Sonora, GEDI Gruppo Editoriale S.p.A. Roma 2018 ed è acquistabile su Internet.

 

28-CI ACCOMPAGNANO DAL CIELO

 

Mons. ENRICO MASSERONI

Padre Enrico Masseroni, arcivescovo emerito di Vercelli, è venuto a mancare lunedì 30 settembre, dopo una lunga malattia.

Questo è il ricordo di Anna e Guido Lazzarini.

 

Negli anni a cavallo tra ’80 e ’90, nell’ambito degli incontri regionali della pastorale familiare, abbiamo conosciuto, tra gli altri, i coniugi Beltramo, di Mondovì, che, molto interessati al nostro ‘metodo’ per avviare gruppi famiglia e sostenerne il cammino, ne hanno parlato col loro Vescovo, già molto deciso ad occuparsi di pastorale familiare. Mons. Masseroni è stato l’unico Vescovo a prendere l’iniziativa, tutte le altre scuole sono partite da sacerdoti – parroci o delegati diocesani per la pastorale familiare – o da laici, e i vari Vescovi sono stati solo presenti a qualche incontro.

Grazie a lui, abbiamo avviato la scuola triennale (prima a Mondovì poi a Ceva).

La partecipazione delle coppie è stata molto numerosa, P. Enrico era sempre presente ed anche molti sacerdoti, da lui sollecitati e sostenuti.

Questa, per noi, è stata un po’ una sorpresa, perché, in altre Diocesi, la presenza dei sacerdoti era assai rara.

Un momento rilevante, nel corso del secondo anno della scuola, è stata una proposta di Mons. Masseroni: offrire un corso di esercizi spirituali residenziali presso l’istituto Madonnina del Grappa di Sestri Levante. Sono stati giorni molto intensi di spiritualità e fraternità.

Il Vescovo, oltre alle meditazioni (a partire dalle “case” nel Vangelo), ha offerto una presenza continua (condividendo dal pranzo alle passeggiate serali) e una commovente disponibilità a dialoghi personali e confessioni.

Questo momento ha rafforzato i vari gruppi sorti nelle parrocchie, soprattutto nel senso di aiutarli a curare la spiritualità di coppia e di famiglia e a non cadere nell’attivismo o nelle “chiacchiere” fra amici.

Trasferito a Vercelli ci ha chiesto di proporre nella sua nuova Diocesi il medesimo percorso.

Questo invito è stato un’ulteriore testimonianza del Suo credere nella famiglia e, per noi, un incoraggiamento a continuare l’impegno delle ‘scuole’ per i gruppi famiglia.

Anche a Vercelli la partecipazione è stata molto numerosa e costante, facendo emergere, come a Mondovì e a Ceva, coppie preparate e disposte ad assumersi la responsabilità di essere coordinatori del loro gruppo parrocchiale e di mantenere i contatti, tramite il Collegamento, coi gruppi delle altre Diocesi.

Quanti e quali gruppi siano rimasti vivi, in questi anni, non lo sappiamo, e nemmeno quante e quali coppie e famiglie abbiano ricevuto un sostegno alla loro vita di Fede: a noi è stato concesso di seminare e ne siamo grati…il resto lo sa il Signore…e, ora, anche Padre Enrico.

 

CANZIO PELLEGRINI

Canzio, con la moglie Irene, ha iniziato il suo cammino nei Gruppi Famiglia con la scuola di formazione di Arona, iniziata nel 1988.

Erano allora una coppia di “giovani” sposi, con solo 5 anni di matrimonio alle spalle, anche se come età anagrafica non erano più giovanissimi.

Li abbiamo conosciuti qualche anno dopo, ad un campo invernale, che è poi diventato una sorta di appuntamento annuale in cui incontrarci. Ma loro partecipavano anche ai campi estivi, tanto da collezionarne un record.

Poi ci siamo persi di vista, anche se non sono mancate le occasioni per sentirci via telefono.

Qualche mese fa Irene ci ha comunicato la scomparsa di Canzio, avvenuta il 4 giugno.

Sapevamo che come coppia erano impegnati sia al livello parrocchiale sia diocesano ma solo leggendo l’articolo in sua memoria riportato sul giornale diocesano, abbiamo potuto cogliere l’ampiezza del loro impegno.

Collaboravano, per la zona di Comignago (NO), alla cronaca locale per la Stampa Diocesana Novarese; aiutavano nella correzione delle bozze in redazione; l'assistenza ai malati in ospedale nell'ambito dell'Associazione Volontari Ospedalieri; l'opera di volontariato nelle case di riposo, come l'Opera Pia Curti di Borgomanero; la partecipazione agli incontri dell'Università della Terza Età di Borgomanero; l'attività di assistenza ai bambini nel pre-scuola; la partecipazione attiva in Parrocchia e nelle associazioni del paese.

Canzio, soprattutto, aveva due grandi passioni: il calcio e la musica. La sua squadra del cuore era la Juventus, ma ha sempre seguito con calore le vicende del Comignago Calcio, di cui scriveva settimanalmente la cronaca delle partite per l’Informatore. L'altra sua passione, la musica, la coltivava partecipando al coro dell'Università della Terza Età.

A Irene va tutto il nostro affetto in questo momento di lutto, e ci fa piacere ricordare una sua frase di qualche anno fa: “facciamo ‘colpo’ perché siamo una bella coppia e il segreto è stata l’esperienza dei Gruppi Famiglia!”.

Noris e Franco Rosada

 

29-ULTIMISSIME dal Collegamento GF

L’incontro del 20 ottobre a Ronco Briantino (MB)

In cammino verso il trentennale del Collegamento

 

a cura della Redazione

L’elezione, a giugno, della nuova coppia responsabile del Collegamento è stato solo il primo passo di un cammino di ripensamento dell’esperienza dei gruppi famiglia.

Per questo, terminata l’estate, ci siamo incontrati a Ronco Briantino per continuare a lavorare insieme.

Era presente anche Guido Lazzarini, storico iniziatore dell’esperienza dei GF, che ha portato il suo prezioso contributo.

 

I campi estivi

Per prima cosa abbiamo fatto un bilancio dei campi estivi.

I campi sono andati bene (vedi le testimonianza riportate a pag. 26-28) ma purtroppo le famiglie presenti sono state meno di quelle previste e/o prenotate.

I campi sono un’esperienza molto significativa per le famiglie che partecipano ma molto onerosa, in termini di tempo e impegno, per le coppie che li organizzano anno dopo anno.

Siamo stati quindi in difficoltà a programmarli per il prossimo anno.

Mentre sembrano molto probabili le conferme per Valle di Cadore ed Assisi, più problematico risulta quello di Bessen Haut.

L’idea che è emersa è stata quella di ridurne la durata, passando da una settimana piena – da domenica a domenica – ad un fine settimana esteso (p.e. dal giovedì alla domenica) non necessariamente programmato nel mese di agosto.

Saremo più precisi nel numero di aprile della rivista e, comunque, anticiperemo le informazioni sul sito e sul blog.

 

La rivista

Il nostro foglio di collegamento, grazie all’impegno della redazione, continua ad essere apprezzato.

Il numero dei contributi liberali in quest’ultimo anno – dopo il calo dell’anno scorso – è ritornato ai livelli del 2017 e l’ammontare medio dei singoli contributi si è alzato.

Ci auguriamo che il passaggio della periodicità da trimestrale a quadrimestrale – che speriamo possa essere limitata al solo prossimo anno – non comprometta l’apprezzamento della rivista da parte dei lettori.

 

Il collegamento

Su questo tema abbiamo individuato delle grandi “fatiche”.

Sono anni che non veniamo più contattati, come Collegamento, per tenere delle scuole e anche per quanto riguarda singoli interventi, le richieste latitano.

Anche laddove era presente un collegamento zonale, è p.e. il caso di Castelfranco Veneto, questo è ultimamente venuto meno.

Questo ci suggerisce, da una parte, che le realtà parrocchiali, zonali e diocesane da tempo hanno fatto propria il modello di pastorale familiare basato sui gruppi famiglia, dall’altro che non sempre è stato colta la valenza del Collegamento.

Essere “in rete” vuol dire riconoscere che abbiamo bisogno degli altri, che abbiamo necessità di aprirci ad altre esperienze, che la parrocchia, il parroco ci possono dare molto ma non tutto ciò che ci serve come coppia e come famiglia.

Per questo abbiamo deciso di organizzare, nel mese di marzo 2020 due incontri di collegamento regionali (vedi riquadro a fondo pagina).

 

Il trentennale

A questa importante scadenza sarà dedicato il numero di agosto-settembre della rivista ma soprattutto, abbiamo deciso di aderire al ritiro di Pentecoste che si terrà presso la Casa per la famiglia di Loreto (AN) dal  22 al 24 maggio del prossimo anno.

Trovate tutti i dettagli e le informazioni utili a pag. 32.

 

30-I COLLEGAMENTI REGIONALI

Veneto

L’incontro di Collegamento regionale si terrà sabato 7 marzo 2020 presso il Centro Parrocchiale di Vallà (TV), in piazza Caduti, 18.

Orario 16,30 -18,30

Piemonte

L’incontro di Collegamento regionale si terrà sabato 28 marzo 2020 presso l’oratorio della parrocchia della SS. Annunziata a Torino, in via Sant’Ottavio, 5.

Orario 16,30 -18,30

Il contenuto degli incontri è in via di definizione. Sarà in parte basato sulle risposte che ci fornirete attraverso un questionario che troverete a breve sul sito www.gruppifamiglia.it e che gli abbonati riceveranno per Posta.

 

31-30°COLLEGAMENTO GRUPPI FAMIGLIA

Loreto (AN) 22 – 24 maggio 2020

LA CASA LUOGO DI FECONDITÀ

 

Durante l’ultimo incontro di Collegamento che si è tenuto domenica 20 ottobre a Ronco Briantino abbiamo deciso di festeggiare i trent’anni del Collegamento tra Gruppi Famiglia partecipando al ritiro di Pentecoste che si terrà a Loreto (AN) il 22 – 24 maggio 2020.

Perché questa scelta? Per la centralità geografica di Loreto, per la sua spiritualità (la basilica custodisce la Santa Casa di Nazareth), perché papa Francesco ha voluto che il santuario divenisse Casa di ogni famiglia.

Il programma prevede: accoglienza entro 18,30 del venerdì sera, conclusione dopo il pranzo della domenica. Ci saranno riflessioni guidate, momenti di preghiera, tempi per il confronto di coppia. Sabato sera si recita il Santo Rosario e si partecipa alla fiaccolata in piazza.

Dedicheremo il sabato pomeriggio ad incontrarci fra noi e a festeggiare il trentennale.

Il Ritiro sarà condotto da mons. Renzo Bonetti (già responsabile per 10 anni dell’Ufficio Famiglia nazionale) e avrà per tema: La casa luogo di fecondità: il dono dello Spirito con Maria e Giuseppe.

Vi aspettiamo numerosi, Noris e Franco Rosada

Per informazioni e chiarimenti ci potete contattare al 338 1474856 (Franco)

 

INFO: i costi sono contenuti: Adulti 76,00 € a testa per 2 giorni di pensione completa dalla cena di venerdì al pranzo di domenica. Riduzione bambini: 0-5 anni gratis; 6-12 anni sconto 50%.

La prenotazione va effettuata usando questo link:

http://www.loretofamily.it/la-casa-luogo-di-fecondita-il-dono-dello-spirito-con-maria-e-giuseppe/#iscrizioni

e va confermata tramite l’invio di una caparra del 30% da effettuarsi tramite bonifico bancario da versare a:

Delegazione Pontificia per il Santuario della S. Casa di Loreto

c/o UBI Banca – Filiale di Loreto IBAN: IT 55 G 03111 37381 0000 0000 1877

Vi invitiamo ad effettuare la prenotazione al più presto, per evitare di non trovare più posto nella Casa.

P.S. Per conoscere e diffondere l’iniziativa vi suggeriamo questo breve video:

https://www.youtube.com/watch?v=9v-oPk49UiE